•Eravate voi, non è vero?•Sirius Black
«Che ore sono?»chiesi a Remus mentre Harry sbadigliava sonorosamente. In fin dei conti, per un bambino di un anno e qualche mese quest'ora non è proprio adatta.
«L'una e quantacinque»risposi dando un'occhiata all'orologio che era appeso al muro giallo e celeste.
«Dovremo lasciarlo dormire?»domandó ancora guardano il cielo illuminato da una luna a spicchio e dalle stelle che la circondavano.
«Non possiamo!»esclamai io, cercando di utilizzare un tono di voce più basso possibile.
«E perchè scusa?»ribattè non capendo, con la confusione leggibile negli occhi.
«Mancano ancora due anni da raccontargli e in più e in pratica sono i più importanti!»risposi come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
«E va bene, ma se Lily e James, soprattutto Lily, si svegliano e ci beccano mentre cerchiamo di raccontare una sensata favola della buonanotte ad Harry io daró la colpa a te, chiaro?»disse serissimo. Non avevo mai visto Remus così serio. Anzi si, ma in poche occasioni è serio. Ha sempre una battuta pronta e le risposte a tutto, come se avesse un vocabolario interiore di risposte già progettate con grande lavoro. Sembrava quasi che se le programmasse prima di iniziare una conversazione con qualcuno.
«Emh, si. Ok»
«Ragazzi...»cercó di dire Remus mentre noi ci ingozzavamo di tutto quello che trovavamo di fronte.
Era una serata di febbraio inoltrato ormai. Al nostro solito, quando era sabato, ci stavamo abbuffando in Sala Grande sotto lo sguardo schifato della Evans. Quella ragazza era una vera rompiscatole.
«Taci Remus»disse James appena la sua bocca fu vuota, dopo aver ingoiato il suo boccone di tacchino.
«Si ma...»cercó di replicare il biondo ma questa volta fui io ad azzittirlo.
«Remus, dovresti mangiare. Insomma, fra pochi minuti verrà Madame Pomfrey per portarti al Platano Picchiatore»affermai mentre cercavo di togliermi una spina di pesce che mi si era infilata tra i denti.
«Appunto per questo. Io devo andare»annunció e si alzó dalla panca malamente. Camminava tutto curvo e si grattava spesso e un po' ovunque.
Lo guardai per qualche minuto e poi alla mia visuale si aggiunse anche l'infermiera. Lei appoggió le mani sulle spalle del mio amico e gli disse qualcosa. Sicuramente era qualche avvertimento per la nottata che Remus avrebbe passato. Tipo "mi raccomando sii prudente" oppure "non uscire per nessun motivo o ragione dalla Stamberga Strillante, o saranno guai tra Albus Silente e il Ministro della Magia, chiaro?". Gli dicevano sempre così. Come se lui potesse controllarsi quando si trasformava. Perchè non capivano? Perchè non capivano che in questo modo avrebbero solo aiutato l'autostima di Remus ad abbassarsi sempre di più, fino a renderla completamente inesistente? Remus non è un tipo che si vanta. Non è un tipo che sa di poter fare qualsiasi cosa o che ne è certo. Non è un tipo che ride. Era così. Remus Lupin non rideva quasi mai. Ogni giorno, quel suo pensiero negativo, trovava il modo per riaffiorargli alla mente, per torturarlo in tutti i peggio modi. E io sapevo che Remus non riusciva a sopportare una cosa del genere.
«Sirius, perchè stai stringendo i pugni?»mi chiese James, riportandomi al mondo reale, a quello in cui vivevo veramente. James stava guardando la mia mano stretta a cazzotto.
«Dovresti aprirla. Ti sta uscendo sangue dal palmo...»mi fece notare mettendo le dita nella mia mano facendo leva per farmi mollare la presa. Ci misi un po' per capire il suo intento.
«Dovremmo andare»annunció Peter. Tutti e tre sapevamo a cosa ci stavamo riferendo. La sorpresa per Remus stava per realizzarsi, sperando in modo positivo per il lupo che c'era in lui. Ci alzammo dal tavolo contemporaneamente e molto in fretta.
Iniziammo a camminare a passo veloce verso la torre dei Grifondoro per prendere tutto il necessario per l'occasione.
«Caput draconis»dissi riferendomi al ritratto della signora grassa. Questa era la prola d'ordine delle tre settimane e, per fortuna, non me l'ero ancora scordata. Un record, insomma.
«Muoviti Peter»intimó James al più piccolo di noi, fisicamente, che al momento si era imbambolato a guardare le caramelle tutti i gusti+1 sul tavolo. Sicuramente qualche ragazzino del primo le avrà dimenticate lì sopra. In tal caso, misi la mano nel pacchetto e ne presi una che poi misi subito in bocca. Il sapore forte della liquirizia mi invase le papille gustative nell'arco di sei secondi. La sputai.
«Liquirizia...»sussurrai mentre la calpestavo prima di entrare nella stanza mia, dei Malandrini e Frank.
«Io odio la liquirizia»spiegai cercando il pezzo di carta che avevo nascosto per bene tra le coperte del mio letto.
«È arrivato»annunció Peter guardando fuori dalla finestra mentre anche James si dava da fare nel cercare il suo Mantello. Senza quello non avremmo mai potuto fare metà delle nostre malandrinate.
«Allora dobbiamo muoverci»disse quest'ultimo mentre prendeva il pezzo di stoffa e si dirigeva alla porta lasciata aperta.
Scendemmo le scale in fretta e poi diedi un'occhiata veloce all'orario. Erano le nove e quarantasette. Questo voleva dire che la trasformanzione sarebbe iniziata entro qualche minuto.
«Dove state andando?»chiese una voce stridula da dietro la poltrona della Sala Comune. La persona che aveva parlato si riveló e la prima cosa che collegai alla Evans erano i capelli rossi.
«Non sono affari tuoi Evans»giustificai prendendo James per la manica e cercando di trascinarlo fuori dal ritratto. Inutile combattere quando si tratta della Evans.
«Evans, quale onore!»urló appena vide la fonte di quella voce.
«Piantala Potter. Dove state andando così conciati?»ribattè ancora più acidamente la ragazza. Quanto la odiavo quando faceva così.
«A fare un picnic!»esclamó Peter prendendo per il gomito sia me che James e trascinandoci per i corridoi di Hogwarts con la forza. Non c'era un'anima viva per tutto il castello. Sicuramente stavano tutti mangiando. Tutti tranne la Evans, ovviamente. Lei deve rompere le scatole e farsi gli affari altrui ventitré ore su ventitré. La ventiquattresima ora la utilizzava per fare la So-Tutto-Io in classe.
«Dopo mi ringrazierete»disse Peter appena fummo vicini al Platano Picchiatore che, come al solito, si stava agitando e non poco.
«Perfetto, Peter ora è tutto nelle tue mani»sussurrai al nostro amico che stava già strizzando gli occhi e si era messo con i gomiti piegati e serrati al corpo. Era la sua solita posizione da concentrazione.
Erano passati svariati minuti quando io e James iniziammo una partita a "Chi si gira i pollici più velocemente".
«Peter puoi muoverti? Sirius mi straccia a questo gioco e io non posso essere battuto da un cane del genere!»gridó quando vinsi l'ennesima partita.
«Qualcuno l'ha registrato e...eih! Sono un cane affascinante!»mi protessi. Appena terminai di dire queste parole vidi il corpo di Peter ridursi di molto prima di trasformarsi in un topo. Si grattò il muso con le zampette e poi partì a razzo verso il tronco-radice principale dell'albero. Successe tutto in un attimo. Peter schiacció la sporgenza con il suo minimo peso e i rami della pianta si bloccarono di scatto.
«Pronto?»mi domandó James quando capimmo entrambi che era il nostro momento. Adesso toccava a noi trasformarci. Lo facevamo per Remus, era questo quello che contava.
«Mai stato più pronto di così»risposi con una nota di bugia nella voce. Non era del tutto vero. In realtà avevo paura. Si, paura. E se non fossi riuscito a trasformarmi? E se non fossi riuscito ad aiutare Remus? E se la trasformazione non avesse funziona bene e Remus attacca uno di noi? Mi sarei sentito tremendamente in colpa. Insomma, ero stato io l'ideatore del gruppo per questo piano. Vederlo fallire in uno di questi modi sarebbe stato più che straziante. Io lo facevo per Remus, per fargli capire che non è del tutto quello che è e che puó essere molto di più, se solo lo vuole.
«Sirius? Ci sei?»mi chiese James per la seconda volta in una sera, sventolandomi una mano sulla faccia.
«Questa sera ti vedo un po' assente...»mormoró prima di entrare nella sua fase di concentrazione. Lo guardai per un attimo prima di entrare nel mio mondo canide.
Iniziai a pensare profondamente a tutto quello che volevo, a quello che stavo per diventare.
D'un tratto tutto si fece grigio, come in un film bianco e nero, e la mia normale visuale si abbassó fino ad arrivare a più o meno mezzo metro da terra. Gli odori di tutto il parco si fecero strada in me. Mi girai e vidi il mio riflesso negli occhi da cerbiatto di James: ero diventato un cane nero, completamente nero.
Il cervo mi fece segno con le gigantesche corna potenti di varcare le radici dell'albero.
Andammo a passo veloce sotto la terra. Presi Peter in groppa e dopo vari scricchiolii del pavimento arrivammo al punto in cui Remus stava subendo la trasformazione.
Lo vidi. Era più alto del solito ed era pelle e ossa, con degli squarci di un colore rosso fresco sparsi su tutto il corpo. Gli occhi iniettati di sangue non sembravano i suoi. Si giró verso di noi appena avvertì il nostro odore e vidi una scintilla di speranza passargli attraverso gli occhi. Eravamo apprezzati.
Giocanmo con lui per tutta la notte fino a stremarci, cosa che era molto difficile per Remus. Lui era sempre attivo. Ci riposavamo e poi giocacamo ancora fino alla stanchezza.
D'un tratto, mentre ci rincorrevamo, vidi il lupo venire verso di me, sicuramente per giocare un po' dato il suo andamento felice, ma sicuramente James avrà intuito che Remus mi stesse per attaccare. Vidi il cervo venirmi in contro ad una velocità stratosferica e prendermi per le corna per poi sbattermi contro l'armadio della stanza. Anche Peter era stato colpito da James ma non aveva niente di grave. L'ultima cosa che ricordo di aver visto era una ferita tra il mio pelo nero che iniziava a perdere sangue e le corna di James vicine alla mia cassa toracica, come stava facendo il lupo.
Il mattino dopo, quando mi svegliai, ero in infermeria. Accanto al mio letto c'era Peter che dormiva della grossa, ronfando pesantemente e sulla sedia all'altro lato del letto c'era James che si guardava le dita. Diciamo che se le studiava. Lo faceva per ricordarsi tutti i minimi dettagli che avrebbe potuto sfruttare per acchiappare il boccino. Eh già, roba da matti.
«James? Sirius?»chiese la voce di Remus, molto grave e rovinata, quasi invecchiata. Io e il mio amico, che eravamo stati interpellati, ci girammo di scatto e vidi che il letto vicino alla finestra era occupata dal biondo che ci guardava incredulo.
«Che ci fate voi due, anzi tre, qui? Che avete combinato?»ci domandó. Ed ecco che iniziava il solito interrogatorio di quando io o qualcun'altro del nostro gruppo si trovava con qualche ferita o in infermeria.
«Beh, io e Sirius abbiamo litigato ieri sera e Peter si è messo in mezzo»disse James riponendo un pezzo di legno delle sue corna sotto le coperte del letto più vicino cercando di non farlo notare. Anche io vidi alcuni ciuffi di peli neri del mio Animagus che mi premurai di sparpagliare sul pavimento.
«Non potete capire cosa mi è successo. Ieri sera non sono stato da solo! Sono venuti un cervo, un cane nero, sembrava quasi un orso e un topo. Mi hanno aiutato, sapete? È stato bellissimo riuscire a passare una notte di luna piena con più piacere e quasi senza la paura di uccidere una persona!»spiegó Remus, piegando le labbra verso l'alto, aprendole in un sorriso. Era raro vedere Remus Lupin sorridere. E sapere che ero stato la ragione del suo sorriso, almeno per una volta, mi rendeva fiero.
«Davvero?!»gridammo io e James con una visibile e molto finta nota di novità. Il cervello di Remus sembró pensarci un po', riuscivo quasi a vedere i suoi ingranaggi lavorare attraverso le orecchie. Il lupo mannaro si alzó in piedi e si diresse prima verso il letto in cui James aveva nascosto il pezzo delle sue corna e poi verso il punto su cui avevo buttato i miei ciuffi di peli. Prese entrambi e se li rigiró dalle dita. Poi ad un certo punto gli si sarebbe potuta disegnare una lampadina sopra la testa. Aveva capito tutto. Sapeva che eravamo diventati Animagus illegali solo per aiutarlo. Lo capii quando lo sentii dire:
«Eravate voi, non è vero?»
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