•Andrà tutto bene fratello•Sirius Black

«È tardi?»chiesi io sbadigliando mentre vedevo Harry con ancora gli occhi spalancati come se fosse una specie di indemoniato o roba del genere.
«No guarda, sono solo le tre meno dieci DI NOTTE e qui con noi è presente un bambino di un anno appena. No, Sirius, non è tardi»mi rispose Remus parlando velocissimo e scandendo tutte le parole senza sputare. Stava sicuramente impazzendo.
«È ironico vero?»chiese un po' intontito James mentre guardava il licantropo al nostro fianco.
«Si James, questa si chiama ironia. E nella mia ironia c'è il motivo per cui tuo figlio dovrebbe andare a dormire, immediatamente!»esclamó Remus mettendosi le mani tra i capelli e guardando verso il basso.
«Remus ti serve quella pasticca babbana emh...James, come si chiamava?»chiesi io non ricordardandomi, come mio solito, il nome di quella strana pillola che prendeva molto spesso Lily...danfante...giangellante...
«Pranquiccante»finì James ma non ero molto sicuro che il nome giusto fosse quello.
«Ah si, grazie fratello...come stavo dicendo...»ma questa volta fu Remus ad interrompermi alzando una mano verso di me.
«Si chiama tranquillante, idioti.»spiegó lui arrabbiato come non mai e visibilmente infastidito dall'orario.
«Grazie Remus, tu si che sei utile. Non come questo cervide cornuto...»iniziai io e tutti quanti sapevamo come andava a finire ogni volta che iniziavamo a parlare in questo modo.
«Disse il cane che infangava i miei vestiti!»esclamó lui in risposta.
Andammo avanti così per un po', punzecchiandoci su tutti i nostri difetti(una lista veramente infinita)fino a quando Remus sbottó.
«Mer la barba di Merlino, inizia a raccontare una maledetta storia a questo bambino o saró costretto io a raccontargli la fiaba della buonanotte intitolata "la morte del padrino cane e del padre cervo cornuto!"!»alzó di molto la voce e io ghignai.
«È un nome troppo lungo. Se scriveresti un libro non lo comprerebbe nessuno...»anche sul viso di James era comparso un ghigno. Perchè si sapeva, lasciare Remus Lupin a bocca asciutta senza qualcosa con cui controribattere era qualcosa di praticamente impossibile, e io c'ero riuscito.
«INIZIA A RACCONTARE SIRIUS!»
Scoppiai a ridere per poi iniziare a pensare a quale particolare episodio della mia vita raccontargli. Ce ne erano tanti, veramente troppi. Fino ad adesso gli avevo parlato solo di momenti divertenti(tranne quello che si riferiva a quando ho abbandonato casa mia, ovvio)forse ora dovevo fargli capire che la vita non funziona veramente così, che succedono cose belle come cose brutte, soprattutto le seconde. Quindi, capii, che era il momento di farlo, di parlargli più seriamente. Dovevo parlargli di Marlene e di quello che eravamo stati. Di quello che potevamo essere oggi.
«Devo farlo»annunciai più a me stesso che a James e Remus che, dal mio sguardo che faceva intendere che il mio cervello stava lavorando, capirono a cosa mi stavo riferendo. A lei. Presi un bel respiro per trattenere le lacrime e iniziai a parlare riferendomi ad Harry come avevo fatto fino a quel momento.

«Sirius hai preso la giacca?»mi chiese la mia ragazza guardando una lista con scritte disordinate(oblique, verticali, orizzontali, al contrario...) e con una penna tra le labbra mentre mozzicava il tappo.
«Si Lene»risposi io facendole vedere la giacca di pelle che indossavo. E per farle vedere intendevo che lei non alzó nemmeno lo sguardo quando gliela indicai.
«Hai preso lo spazzolino?»ribattè lei cancellando dalla lista il promemoria "Ricordare a Sirius di prendere la giacca"e passando a quello successivo.
«Si Lene...»dissi io sbuffando facendo aprire la valigia con un incantesimo per poi far levitare lo spazzolino. Lo rimisi dentro accatastandolo sopra la pila di vestiti che "qualcuno" mi aveva ordinato di mettere. "Nel caso si sporcassero di sangue?" "Nel caso ti fai la pipì addosso ad un'appostamento?" "Nel caso servono a James e Peter e Lily non si è occupata di loro?" Ancora mi risuonavano quelle frasi apparentemente inutili(perchè si, secondo la mia mentalità era inutile solo pensare che Lily Evans, la stessa Lily Evans che ha programmata la lista degli eventi di un'anno intero, si sia dimenticata di mettere dei cambi nella valigia di James e Peter) e non me le sarei tolte dalla testa per tutto il viaggio verso Londra.
«Hai preso il...»ma la interruppi togliendole quella lista dalla mano e leggendo la sua prossima domanda: "Ricordare a Sirius di prendere la pasticca babbana per il mal di testa, la ticaperina". Lessi di nuovo e a quel punto decisi che era arrivato il momento di darci un taglio, un taglio in tutti i sensi. Misi il foglietto difronte al viso di Marlene e lo strappai in due. Poi sovrapposi le due metà e le ristracciai, formando così quattro pezzi. Andai avanti così fino a quando i pezzetti erano talmente piccoli che una formica avremme potuto trasportarli senza problemi. Proprio perché erano piccoli li presi tutti quanti tra le mani, mettendole a cucchiaio, e buttai tutti i pezzettini di carta in bocca masticandoli lentamente davanti a lei, che aveva un'espressione assassina mista all'impressionata.
«Ti sentì realizzato, ora?»mi chiese rigida mettendo le mani sui fianchi. Quella posa non portava da nessuna parte. Di solito, quando si metteva così, non portava cose buone, per niente.
«Oh si molto!»dissi io distraendola e accarezzandole i fianchi con le dita. Lei alzó gli occhi al cielo sorridendo e si avvicinó a me.
«Sirius...»mi sussurró con delicatezza guardandomi fisso negli occhi mentre mi metteva le braccia intorno al collo allacciando le mani dietro alla mia nuca.
«Dimmi»risposi io mentre le mettevo una ciocca bionda e sbarazzina dietro l'orecchio.
«Mi raccomando di non fare cazzate mentre sei in missione. Devi stare attento anche a Peter e soprattutto a James, ora che lui e Lily stanno insieme è sempre più difficile tenerli lontani quindi vedi di farlo rigare dritto!»mi disse gesticolando con il dito e con una faccia di chi la sa lunga mentre io sorridevo ricordando a memoria questo discorso.
«Si mamma»ribattei io facendola ridere a quel nomignolo.
«E soprattutto torna da me e...»ma non finì la frase che una piccola saetta dai capelli biondi cenere e gli occhi dello stesso colore di un mare in piena tempesta si fece strada tra i mobili della casa venendo incontro a me e Marlene.
«Papà!»gridó lei attirando la mia attenzione. Io la presi in braccio e la feci mettere sul mio braccio sinistro così potevo guardarla meglio per salutare mia figlia.
«Bella, mi raccomando, vedi di controllare la mamma e prenditi cura di lei. Promesso?»le chiesi io porgendole il mignolo della mia mano che si legó al suo molto più piccolo mentre mi diceva:
«Promesso!»l'abbracciai per bene e le posai un bacio in mezzo ai capelli che mi ricordavano tanto quelli della donna che amavo. La feci scendere e poi salutai Lene con un bacio a stampo che, mi ero premurato di farlo, approfondii facendo avanzare la lingua.
«Fa attenzione»si raccomandó un'ultima volta passandomi una foto. La presi e la misi in tasca, appuntamdomi mentalmente che l'avrei vista qualche minuto più tardi.
«Si sta tranquilla. Ci vediamo fra qualche giorno piccole!»dissi io uscendo di casa mentre loro mi salutavano.
Stavo camminando verso il punto in cui nessuno babbano mi avesse visto mentre mi smaterializzavo, il mio solito punto. Era anche il punto in cui ci facevo i miei bisogni quando mi trasformavo in Felpato.
Non passó molto tempo che mi ricordai di guardare la foto. La tirai fuori e la guardai attentamente. Eravamo io, Marlene e Bellatrix(mia figlia) che ci abbracciavamo sul divano del salotto quel Natale. Sorrisi mentre vedevo i volti felici impressi nella carta babbana. Ma quel sorriso non duró molto.
Ci fu un'esplosione. Mi girai e vidi la mia casa, in fiamme, e sopra di essa aleggiava il Marchio Nero, il simbolo dei Mangiamorte. Non poteva essere.
Mentre camminavo velocemente(anzi correvo)mentre la casa mi ripetevo che sicuramente erano riuscite ad uscire dall'abitazione prima dell'incendio, ne ero certo, o almeno pensavo di esserlo. Avanzai verso il cancelletto che ancora era intatto e non le vedevo da nessuna parte. Mi feci largo tra le fiamme mentre davo un'occhiata dalla porta di casa. Guardai l'interno mentre il fuoco e il suo calore mi facevano arrossare il viso. O forse era rosso dalla paura di quello che poteva essere successo. Poi, vicino al divano, proprio dove le avevo lasciate, vidi le loro chiome bionde sul pavimento di legno che facevano da contrasto tra le fiamme. Entrambe avevano gli occhi spalancati e si potevano intravedere i segni della maledizione senza perdono. Non ero consapevole, anzi, non volevo esserlo, di quello che era successo veramente. Tirai fuori la bacchetta e lanciai qualche incantesimo che avrebbe coperto le fiamme al mio passaggio. Non mi ero nemmeno accorto che stavo piangendo. Piangevo e non sapevo nemmeno bene per cosa. Ancora non ci volevo credere, alla loro morte. Mi feci largo nei punti in cui il fuoco era scomparso e mi avvicinai ai loro corpi. Prima vicino a quello di Bella, ancora con il suo calore e i suoi occhi grigi come i miei che potevano sembrare vivi e pieni di speranza. Poi guardai Marlene che fissava un punto davanti a sè. Era capitato molte volte che guardasse il vuoto ma mai che lo guardasse senza riuscere a vederlo. Perchè ormai lei non poteva più vedere. L'ultima immagine che le era stata impressa nella mente erano i Mangiamorte e la sua uccisione. E io, d'un tratto, non avevo più niente. Non avevo più casa, non avevo più moglie, non avevó più figlia, non avevo più una famiglia.
«Vi amo, tanto...»dissi mentre singhiozzavo e le narici mi si riempivano del fumo che il fuoco stava causando. Le strinsi sempre di più a me inspirando il loro odore per l'ultima volta.
Vidi la foto che era caduta a terra e stava bruciando insieme alle mie due vite e nella foto, dietro di noi e appeso sul muro, era rappresentato il quadro di un cervo e una cerva.
Perció, decisi, che era il momento di andarmene. Le fiamme ormai mi sfioravano e il fumo mi aveva invaso le narici. Le lasciai lì, a bruciare, mentre uscivo di casa debole e impotente. Le avevo lasciate perchè volevo che morissero dove sono vissute fino ad ora. Mi appoggiai alla staccionata ancora intatta e presi lo specchietto gemello che avevo con James.
«J-James...»sussurrai singhiozzando. Dopo qualche richiamo il suo volto con quel ghigno malandrino comparve e, appena vide le lacrime sulle mie guance, il sorrisetto sghembo sparì.
«Vieni, t-ti prego»implorai io tenendo tra le mani quel piccolo oggetto come se fosse la mia ancora di salvezza. Lui non se lo fece ripetere due volte e qualche secondo dopo comparve davanti a me smaterializzato.
«Che è succ...»ma dopo aver visto la casa dietro di me e la mia faccia completamente bagnata sembró capire. Io non resistetti. Gli andai in contro e lo abbracciai.
«Loro sono m-morte»dissi io singhiozzandogli sulla spalla mentre lui mi teneva stretto a sè.
«Andrà tutto bene fratello. Verrai a vivere da me e Lily, non c'è problema...»mi rassicuró lui con un tono di rottura nella voce. Dopotutto, Marlene era la sua migliore amica.
«Io...io non...»ma non riuscii a terminare la frase che scoppiai a piangere sulla sua felpa.
«Andrà tutto bene...»mi ripetè di nuovo cercando di rassicurarmi.
«Andrà tutto bene fratello.»

«Bene, ho finito»annunciai appena abbi smesso di raccontare.
«C-che cosa?! Hai finito?»mi chiese incredulo Remus ma sapevo che quella sua incredulità era dovuta al fatto che non vedeva l'ora che smettessi di parlare per lasciarlo dormire in santa pace. Alla fine, mi dispiaceva per lui. Non dormiva nelle notti di luna piena e lo lasciavo(lo costringevo a restarci)sveglio fino a...
«Che ore sono?»domandai io a mia volta, ignorando completamente la sua domanda-affermazione.
«Le tre e mezza, forse è il momento di andare a dormire, Harry sarà stanco...»disse James ammiccando a Harry che stava seduto nel suo lettino a fissarci con l'aria più sveglia di quanto si potesse immaginare.
«Ma che razza di padre irresponsabile che sei! Tuo figlio ha solo un'anno e qualche mese e tu ti chiedi se le tre e mezza del mattino sia un'orario non adeguato a mandarlo a dormire, certo James, certo...»farfuglió Remus poco prima che una furia rossa si scaraventasse nella cameretta del piccolo di casa.
«CHE COSA STAT...IHHHH! HARRY È ANCORA SVEGLIO?! IO VI UCCIDO TUTTI, TE PER PRIMO BLACK!»urló lei puntandomi il dito contro appena ebbe attraversato la porta e visto che suo figlio era ancora arzillo.
«Perchè proprio me?»chiesi io cercando di difendermi, ovviamente non ci riuscii.
«Perchè sono convinta, anzi, so per certo che tu sei l'ideatore di questo assurdo piano per tenere in piedi mio figlio come se fosse un'adulto!»gridó lei in risposta e avvicinandosi al pargoletto che ci osservava confuso.
«E poi te, Potter. Come ti salta in mente di tenere TUO figlio ancora sveglio?! SONO LE TRE E MEZZA, PER MERLINO! SAI DOMANI CHE GIORNO È?! È HALLOWEEN! E TUO FIGLIO NON POTRÀ ANDARE A FARE DOLCETTO O SCHERZETTO PERCHÈ L'IDIOTA DI SUO PADRE L'HA TENUTO SVEGLIO! SEI UN VERO IDIOTA!»disse lei marcando sul TUO.
«Si, confermo anch'io...»sussurró Remus guardando a destra e schierandosi dalla parte di Lily per poi essere cacciato a suon di urla.
«E tu non pensare di essere meglio! Dove sono finiti i tuoi mestieri da mamma verso Sirius? Mi deludi Remus, mi deludi...»disse lei prendendo Harry in braccio e andando nella stanza matrimoniale. Questo voleva dire che avremmo dovuto dormire tutti in camera mia. Ma ogni volta che succedeva questo ecco le conseguenze:
-Io e James dovevamo trasformarci in Animagus;
-Io dovevo dormire sul tappeto di casa Potter;
-James dormiva fuori da casa SUA.
Ci lanciammo degli sguardi che ognuno afferró in un modo. Io e James dovevamo entrare nella mia stanza o Remus l'avrebbe avuta vinta. Per sua sfortuna eravamo due dei migliori atleti ad Hogwarts ai nostri tempi. Per nostra sfortuna lui correva come uno psicopatico in fuga una volta al mese sotto forma di lupo mannaro.
Eravamo nei guai.
Ma non era una novità. Perchè il nostro nome era Malandrini.

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