Scemo scemo, però ti amo.
Alla fine avevano provato a scriverla sul serio, la lettera.
Quella che sembrava un'idea pazza e scellerata per sbarazzarsi per un po' della presenza di Dante e nonna Virginia ed avere un po' di tempo per stare completamente soli, si era rivelata essere l'ennesima occasione per ridere insieme e tornare due bambini complici di uno scherzo ai danni di chi li teneva sott'occhio.
Si erano quindi ritrovati un pomeriggio, dopo la scuola e una volta rientrato a casa Manuel da lavoro, a recuperare uno sgualcito blocco note e una penna, chiudersi in stanza e mettere in atto il piano.
«Allora, Simò.» aveva ordinato Manuel, sistemando tutto l'occorrente davanti al più piccolo
«Scrivi.»
«Perchè io? »
« Perchè io sò la mente, Simò! Te sei il braccio! »
«Va bene, mente.- » l'aveva canzonato l'altro, lasciandosi sfuggire una risata nel vedere l'altro già intento nel ricercare le parole giuste per rendere il tutto più credibile « -sono pronto.»
Manuel sembrava aver preso più che seriamente la questione.
Andava su e giù nervosamente lungo la stretta fila di mattoni che costeggiava i due letti uniti e ancora da rifare.
Con le mani ai fianchi e lo sguardo corrucciato, sembrava scorgere sulle stesse suggerimenti utili alla riuscita del piano.
«Scrivi: Professò!» esordì, controllando che l'altro si mettesse davvero all'opera ed eseguisse
«Lo chiamerà professò 'sto tizio, no? »
Prima parola e primo dubbio. Vai così, Manuè. Sei sulla strada giusta.
«Credo di sì. »
«Allora. Scrivi: Professò! Qui le giornate passano lente- che c'avranno questi da fà in carcere? »
«Non ci sono ancora stato, Manuel. »
«Manca poco, nun te preoccupà.» una risata al limite dell'isterico tradì il tono scherzoso che aveva cercato di mantenere.
In fondo, sapeva bene che l'ipotesi di cacciarsi seriamente nei casini non era distante da quel mondo sporco e corrotto che in tutti i modi cercava di rinnegare, come se non ne avesse mai fatto parte.
«Basta che ce finisco con te...» aveva tagliato corto il piccolo, stringendosi nelle spalle.
Era assurdo come ogni singola parola di Simone si rivelasse essere come una carezza sul cuore di Manuel, in qualsiasi circostanza.
Si avvicinò alla scrivania, piazzandosi dietro la sedia dov'era seduto il più piccolo.
Lasciò ricadere le braccia intorno al suo collo, abbracciandolo forte e segnando i suoi lineamenti con una scia di baci bagnati e piccoli morsi che si susseguivano nella bramosia di sentire l'altro, di sentirlo suo.
«L'amore mio sei tu! 'O sai, sì?»
La risposta la diedero le mani di Simone che andarono ad intrecciarsi alle sue, per poi avvicinarle alle labbra e baciarle lente.
La diedero i suoi occhi che si velarono di lacrime e il cuore che iniziò a danzare nel petto.
«Anche tu lo sei. Lo sei sempre stato.» mormorò, con ancora le labbra a sfiorare il dorso della sua mano.
Quelle di Manuel sono ancora attaccate alla sua guancia, i denti ne catturano una piccola porzione, stringendola in un'impeto di euforia, fino a fargli quasi male.
«Anche se me mordi sempre e tra un po' me scippi 'n pezzo de guancia!»
«Eh vabè mò.. sei esagerato amò - »
Si allontanò quel tanto che bastava per controllare di non aver lasciato segni. I piccoli solchi lasciati dalla stretta dei denti si mescolavano al colore rossastro assunto dalla pelle e alle tracce di saliva rimaste sopra.
« -T'ho fatto male?»
«Tsk!» Piegò lievemente il collo, puntando il mento verso l'altro, per riavvicinare la guancia alle labbra dell'altro. « Continua. »
Non se lo lasciò ripetere due volte, riagguantò tra le labbra la sua pelle, tirandola a sè e catturandola in un bacio prima di lasciar strisciare la lingua sopra la parte morsa, fino alla sua bocca, schiusa e tremante.
Le loro lingue s'intrecciarono in una danza tanto scomposta quanto urgente, lasciandoli annaspanti e costretti a staccarsi qualche istante per riprendere fiato prima di tornare ad assaporarsi freneticamente.
Facendo leva sulle ginocchia, Simone strisciò indietro la sedia quel tanto che bastava per permettere all'altro di sistemarsi a cavalcioni su di lui.
Con le ginocchia ai lati del suo corpo, i piedi arretrarono sul pavimento freddo quel tanto che bastava al costringerlo ad un instabile equilibrio che lo spingesse ancora di più verso Simone, schiacciandolo contro la spalliera della sedia.
Le mani di Simone, ancora strette a quelle di Manuel, si sciolsero dalla presa per ricadere pesanti lungo i fianchi a ricercare le gambe dell'altro.
Affondò le dita sui polpacci magri ma muscolosi tirandoli a sé, facendo collidere perfettamente i loro bacini già roventi.
Risalirono rapide per soffermarsi prima sulle cosce, ben avvolte dal leggero tessuto dei pantaloncini indossati, poi sulle natiche che afferrò con forza tale da far sussultare il maggiore che con il volto ancora poggiato sulla sua spalla lasciò andare un gemito, soffocandolo sulle pareti del suo collo.
Il suono giunto alle orecchie di Simone, accompagnato dal calore che si propagava dal collo fino alle labbra, era forse il più erotico che lui avesse mai sentito.
Con una prontezza di movimenti che quasi si sorprese di avere, scattò in piedi con ancora il maggiore avvinghiato al suo corpo.
Le gambe di Manuel, ora strette intorno al suo bacino, ricreavano delle linee geometriche che avvolgevano completamente il suo corpo, come a delineare un perimetro invalicabile che nessuno, eccetto lui, avesse il diritto di oltrepassare.
Con passo incerto, raggiunto il letto, Simone si lasciò ricadere sopra i letti disfatti.
Le lenzuola azzurre stropicciate vennero spinte sul pavimento da Manuel nel tentativo di puntare le ginocchia sul materasso per non gravare troppo con proprio peso sul braccio del più piccolo che lo sosteneva.
Si sorprese di quella lucidità mantenuta, anche in un momento come quello in cui tanto il suo corpo, quanto quello del ragazzo che ora giaceva sotto di lui, mandavano chiari ed evidenti segnali di una perdita totale del controllo.
Avere cura di Simone era sempre il suo primo pensiero.
Catturò le sue labbra in un bacio lento e umido, esplorando ancora una volta la sua bocca calda, baciandole e succhiandole con fare esperto.
Facendo leva sui gomiti, si tirò sù posizionandosi meglio sul bacino dell'altro con un lento movimento, provocando una scarica elettrica lungo tutto il corpo del minore che deglutì a vuoto, mordendosi le labbra.
Allungò le braccia verso quelle del maggiore, afferrandole e tirandoselo addosso.
Con le mani strinse i lembi della sua canotta, sfilandogliela via e lasciandola cadere scompostamente sui cuscini.
Lasciò che l'altro lo spogliasse a sua volta, sollevando le braccia e la schiena per accompagnare i suoi movimenti.
Manuel rimase fermo su di lui a guardarlo.
Simone appariva davvero come la cosa più bella che i suoi occhi avessero mai avuto la fortuna di osservare.
Le spalle larghe avevano ripreso tono, la pelle pallida e liscia gli conferiva una magnetica eleganza, le braccia forti e tese verso l'altro.
«Sei il più bello del mondo, Simò.»
Si spinse nuovamente in avanti, facendo del proprio corpo un'onda perfetta che s'infranse su quello dell'altro, lasciando una scia di baci umidi e caldi, dapprima sulla sua pancia, poi sul petto.
Affondò la testa sull'incavo del suo collo, mordendo piano la piccola porzione di pelle che era possibile sollevare dalla clavicola, inebriandosi del suo profumo.
Le mani di Simone, larghe sulla sua schiena, continuavano ad accarezzarlo, mescolando quella sensazione di pace data dal sentire le sue dita strisciare lente su di lui al leggero dolore dato dalle unghia che premevano, graffiandolo appena.
Lasciò scorrere la lingua sul suo collo, fino all'orecchio.
Strinse tra i denti il suo lobo, senza stringere eccessivamente la presa.
Un leggero lamento uscì dalla bocca del minore, un gemito soffocato.
Annaspa per regolarizzare il respiro e richiamare l'attenzione dell'altro.
«Manuel- »
«mh.»
«Manuel, io- io- »
«Manuel! Simone! Ragazzi!!»
La voce di Dante, come una bomba che esplode nel silenzio di una città, irruppe in quell'istante nella stanza, giungendo alle orecchie di Manuel come il più assordante degli allarmi.
«Non ci credo. È un incubo. È un fottuto incubo. Deve essere un incubo. Non è vero, non-»
Quel delirio isterico e disperato di Simone venne interrotto dalla mano di Manuel, piazzata malamente sopra la sua bocca.
«Shhh! Zitto Simò! Non capisco dov'è. »
«Chi se ne frega di dov'è! Sarà giù- »
Il tono confuso e piagnucolante si trasforma presto in una supplica rivolta all'altro ragazzo
«-Ti prego, ignoriamolo. Ti prego Manuel, ti prego, ti prego.. »
Con le mani strette intorno ai polsi del maggiore, tentò senza successo di tirarlo di nuovo a sé.
Manuel ancora fermo su di lui, con lo sguardo rivolto verso la porta, sembrava pronto a scattare.
Sospirò rumorosamente, lasciando schioccare la lingua sul palato e si costrinse a tirarsi sù.
«Amore, io- io te prometto che riprendiamo da dove ci siamo lasciati. Te lo prometto. »
Guardò il più piccolo piagnucolare, ancora steso sul letto.
Riconosceva il suo esasperare le cose, ma era comunque un colpo al cuore vederlo così.
Prese posto sul letto accanto a lui, la testa del minore poggiata sulle sue cosce, accarezzò lento i suoi ricci e la sua fronte imperlata di piccolissime gocce di sudore.
« Sei la cosa più bella che esista. » sussurrò, sfiorando con le dita il suo volto.
« Vorrei urlarlo al mondo intero, che il ragazzo più bello dell'universo sta con me.»
« Al mondo intero, eh? Poi sò io che sono esagerato »
« Famo Roma e provincia? »
Una risata di gusto sfuggì dalla labbra di Simone.
Scosse piano la testa, coprendo il volto con una mano.
Si sorrisero prima di spingersi l'uno verso l'altro, facendo incontrare le loro labbra.
« 'Nnamo a vedere che vole, và. Prima che me becco l'ottantacinquesimo cazziatone nel giro di ventiquattr'ore »
« Ottantacinque rimproveri in ventiquattr'ore è un record. »
« Te c'hai un fenomeno pe' fidanzato, te l'ho detto io! »
« seh seh.»
Si rimisero in piedi lentamente, sistemarono rapidamente la camera e recuperarono le loro maglie, non facendosi mancare altri baci fugaci, qualche abbraccio e mani che osavano.
Raggiunsero Dante poco dopo, giù nel salotto, intento a sistemare la grande libreria che riempiva completamente due delle tre pareti disponibili.
Sulla terza, aveva sistemato delle fotografie, probabilmente recuperate in quei scatoloni che andava disfando man mano.
« Finalmente, eccovi!» aveva urlato il professore, vedendoli spuntare dalla cima delle scale.
Era da tempo che Simone riusciva a scendere le scale in perfetta autonomia, ma quando Manuel era a casa, si concedeva di lasciarsi prendere per mano e guidare giù.
« Serve 'na mano professò? »
« Si, mi servirebbe una mano. » rispose deciso Dante.
Allargò le braccia, ad indicare la libreria in cui i vari libri sembravano disposte con un ordine preciso e metodico.
«Vedete? Sto cercando di sistemare tutti i volumi perché - sai Manuel- ne ho parecchi! » spiegò con un tono fiero, di vanto « E ho un dubbio.»
«Che dubbio? »
«Secondo voi, vanno bene disposti per autore o per argomento? »
«Tu ci hai chiamato per questo? Solo per questo? » il tono di Simone è duro e vagamente isterico.
I pugni stretti lungo i fianchi vennero presto raggiunti dalle mani di Manuel che ne accarezzarono il dorso.
«Si, Simone. Da padre, voglio un consiglio da mio figlio e dal ragazzo di mio figlio! Non me pare 'na cosa così strana. » Si giustificò l'uomo, rivolgendosi a Manuel «È strana, Manuel? »
«Devo esse onesto, professò? »
«Mettili come diavolo te pare e basta, va bene? Metti tutto come te pare!»
Rinsaldò la presa sulla mano di Manuel
«Amore, ti va se ci prendiamo qualcosa?»
Non attese nemmeno una risposta, dirigendosi diretto verso la cucina e trascinando con sè Manuel.
Il maggiore gettò uno sguardo dispiaciuto al professore come a volersi giustificare a nome di entrambi.
«Amore, so che sei arrabbiato però tu padre-»
«Non sono io quello. »
«Che? Che vor dì-»
«Quello delle foto. Quello delle foto non sono io. »
«Che vuol dire che non sei tu? »
«Che è Jacopo. Quattordici anni a nascondermi pure il fatto che sia esistito e mò - mò mi spara le sue foto in giro per casa? »
«Tu sei sicurò di 'sta cosa Simò? Le hai solo viste de sfuggita, magari- magari non era lui » ipotizzò nel vano tentativo di rincuorare il ragazzo, seppur tradito dal tono incerto e tremolante.
Simone scosse la testa, in segno di diniego.
«Le avevo trovate, quelle foto, quando ho scoperto di lui. Le conosco a memoria, speravo solo di non- di non trovarmele in giro per casa. » la voce si spezzò in un singhiozzo.
Era come se Manuel potesse vederla riaprirsi, quell'enorme ferita che aveva Simone in mezzo al petto.
Come se si stesse riaprendo proprio in quell'istante, davanti ai suoi occhi.
Lasciandolo incapace di reagire di essere utile, di lenire quel dolore così grande per un uomo così piccolo e fragile come Simone.
Non pronunciò una parola, allargò solo le braccia, lasciando che Simone vi si rifugiasse dentro.
Accarezzò la sua nuca, affondando le dita tra i ricci morbidi mentre sentiva le lacrime del più piccolo inumidire la sua spalla.
«Amore, sono sicuro che non l'abbia fatto per ferirti »
«Però fa male uguale »
«Lo so, lo so che fa male »
Lo strinse più forte che poté, le mani ad accarezzare piano la schiena scossa dal pianto.
Si ritrovò a pregare che quel dolore passasse automaticamente a lui, fece aderire il suo petto a quello del più piccolo, come a creare un canale diretto che collegasse i loro cuori.
Ti prego, ti prego, se esisti, ti prego, dallo a me. Dallo a me.
Lui ne ha sopportato troppo, dallo a me.
Aspettò con gli occhi serrati che i singhiozzi cessassero e il respiro di Simone si regolarizzasse prima di scostarsi a preparargli un bicchiere d'acqua e la fetta di una mela.
«Guarda amore, è a forma de cuore. »
Una lieve sorriso si fece largo sulle labbra del più piccolo.
Strizzò gli occhi lasciando cadere le ultime lacrime aggrappate alle sue ciglia, tirò su col naso e prese tra le mani la fetta direttamente dalle mani di Manuel.
Si sforzò per mettere a fuoco ed analizzarne la forma.
«È vero, sembra un cuore. »
«Mangiala, ti tirerà un pochino sù. »
Restò ad osservarlo mentre sembrava ritrovare un po' di pace ed anche il suo cuore sembrò ritrovarla man mano.
Le suppliche che si ripetevano in loop nella sua testa andavano ad affievolirsi, lasciando spazio all'unico pensiero di amare Simone, di averne cura.
«Vieni con me a dare una forma alle nuvole?»
«mh? »
«Lo facevo sempre, da piccolino. » prese a raccontare
«Mamma non aveva a chi lasciarmi quindi me portava con lei a lavorò, no? Faceva la cameriera in un locale che aveva un giardino da ricchi! Solo che io m'annoiavo, non potevo fà casini quindi ce passavo le ore, a dare una forma alle nuvole. »
Simone ascoltò quel breve raccontò immaginando come dovesse essere quella versione mini di Manuel, tutto concentrato a guardare le nuvole e a rintracciarvi le forme più strane.
Era bellissimo, era pieno d'amore.
Come lo era anche in quell'istante.
Come lo era sempre.
Annuì alla proposta, si asciugò il viso con le mani e « Andiamo »
Sgattaiolarono fuori di casa, andandosi a stendere vicino la piscina ancora vuota.
«Guarda, ce stanno un sacco de nuvole. »
«Quella, Manu. Guarda » indicò con un dito una nuvola nel cielo
«Quella sembra una macchina.»
«È vero! Sembra una macchina! E quella- quella sembra un orso.»
Voltò il capo verso Simone, osservandolo mentre copriva con una mano gli occhi per farsi ombra.
Era così bello, così immerso in qualcosa che gli alleggerisse mente e cuore.
«Quella.. quella sembra un cuore. »
«Beh, sta sopra de te. Dev'essere per forza un cuore!
Sono sicuro che se ce sta un Dio, per ora sta modellando le nuvole per renderle belle per te »
Simone arricciò il naso in una piccola smorfia e sorrise.
«È strano, sai.»
«Cosa? Che sta un Dio che c'ha tempo pure de modellà le nuvole?
Amò ma quello ha i segretari che sistemano le cose al posto suo! »
Simone lasciò andare una risata, rotolando appena su di un fianco per abbracciare il maggiore.
«Che scemo che sei » mormorò.
«Scemo scemo, però ti amo. »
Simone sorrise.
Lui poteva sentirlo, quell'amore.
Gli scaldava il cuore, lo curava, lo proteggeva.
«mh mh, sei scemo scemo, però ti amo. »
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