Il tempo per essere felice.


«Pà, ma mi spieghi che cosa cavolo dovremmo scrivere ancora?» sbuffò Simone, una volta preso posto in una delle sedie del grande tavolo bianco, posto in salotto. 

Sembrava davvero di essere a scuola, in quell'istante.

Dante aveva preparato due fogli a righe vuoti e siglati, e due penne a sfera nere.

«Mi pare che l'abbiamo ripetuto più volte, Simone. No?»

«Ma nun ce sta un modo pe- che ne so- evitalla 'sta cosa?» intervenne Manuel, «Voglio dì, professò, ma chi l'ha mai presa 'na sufficienza in un tema?»

«Tu. Parecchie volte, anche.»

«Io? Forse se sta a sbaglià, professò, io non credo che-»

«E invece, si. Vedi Manuel, tu ti sottovaluti tanto ma stai facendo ottimi passi avanti negli ultimi tempi.».

Il braccio sinistro di Simone, già avviluppato intorno al collo di Manuel, lo strinse ancora di più, avvicinando il volto del maggiore verso il suo e baciandone le labbra morbide e ancora profumate di caffè.

«Bravo amore, hai visto?»

E altri piccolo baci schioccarono rapidi sulle labbra fino a che la voce di Dante non richiamò la loro attenzione.

«Molto bravo, sì. Peccato che poi vi facciate sospendere!» tuonò infatti il docente, sovrastando il rumore dei loro baci.

 «Avanti su, scrivete.» li esortò, porgendo ad entrambi le due penne. 

«Ah! Quindi ce lo detta lei, professò?»

«Riconosco il bel tentativo, Manuel, ma no. A parte la consegna. Avanti!»

Attese che i due fossero pronti per scrivere e  «"Scuse formali e ragioni del mio gesto". » 

Si accertò che entrambi annotassero la piccola consegna quindi augurò loro buon lavoro per tornare alla lettura di quel piccolo manuale, interamente dedicato ad Epicuro e dalle pagine ormai ingiallite per il troppo tempo passato dentro ad uno scatolone. 

«Come dovremmo iniziare? Con l'ennesimo mi dispiace

«Potrebbe essere un'idea, Simone, sì.»

Il sonoro ed esasperato sbuffare di Simone riempì la stanza , mentre un angolo del foglio, investito dal suo stesso fiato si sollevò per aria. 

 «È tutto così stupido.» borbottò. «Ma non possiamo almeno- che ne so!-»

«-scrivere due frasi così poi semo liberi?»

Gli occhi di Simone si fecero di fuoco e saettarono su Manuel, il quale, a sua volta, sollevò lo sguardo dal foglio, posandolo sul più piccolo. 

«Dico sul serio, Simò, scrivi due frasi e basta. Non ha senso mettersi qua a protestà ancora.» 

«Scusami, ma tu ora da che parte stai?» lo rimbeccò Simone.

« Sto dalla parte mia, che non voglio perdere un pomeriggio seduto qua perchè vorrei passà sto tempo cor ragazzo mio e dalla tua , visto che il ragazzo mio, fino a prova contraria, sei te.»

Ogni protesta di Simone messo a tacere, lasciando spazio ad un sorriso imbarazzato e un paio di parole scritte sul foglio che aveva davanti. 

«Manuel, ti comunico che hai appena preso 9 in filosofia.» 

Una lieve risata lasciò le labbra di Manuel, «Per aver detto a lui de dasse 'na mossa?»

«Beh, ti pare poco?»

Manuel scosse la testa, trattenendo un'altra risata. 

«Famo che lo regalo a Simone» propose. «Però solo se decide a scrive 'ste due cazzate così che ce ne annamo da qua.»

«il 9 è appena sceso ad 8 e mezzo. Per il "cazzate", sai com'è.» puntualizzò Dante, sistemandosi gli occhiali sul naso e sorridendogli.

«Mannaggia. Vabbè oh, Simò, otto e mezzo mica è male!» 

Dal canto suo, Simone sembrava essersi immerso totalmente nella scrittura.

Ricurvo sul foglio posto in diagonale per stare più comodo, pareva non porre attenzione ad altro che alle parole che man mano venivano impresse sulle righe.

Aveva una strana abitudine, Simone, quando era particolarmente concentrato in qualcosa. 

Era piuttosto buffo a vedersi ma, mentre gli occhi sembrano focalizzarsi sempre di più su di un immaginario obiettivo e l'espressione si faceva così corrucciata da conferire al volto rigidità e compostezza, la sua lingua scivolava lentamente fuori, fino a che la punta non facesse capolino tra le labbra carnose.

Ed ecco che la serietà del suo sguardo tornava ad ispirare dolcezza e il viso tornava ad essere quello di un bimbo cresciuto in fretta, che si atteggia a grande ma non riesce a nascondere i tratti infantili che lo tradiscono.

«Simò, oh-» lo richiama Manuel, distraendolo per un istante. 

Simone sembra piombare sulla terra di colpo, solleva lo sguardo e «sì?»

«Me lo dai un bacio?» 

Arricciò le labbra per enfatizzare la richiesta, rivolgendole a Simone, pronte a sentire quelle dell'altro e speranzose di riceverne anche più di uno.

Speranza che svanì quando gli occhi incrociarono la figura di Simone che, inarcate entrambe le sopracciglia con aria di sfida ed un sorrisetto scherzosamente maligno delineato sulle labbra, agitò vistosamente l'indice in segno di totale diniego.

«Te lo scordi.», sentenziò. «Hai detto che non dobbiamo distrarci.»

«Giusto. Era per metterti alla prova, eh. Mica volevo seriamente-»

Fu interrotto dalle labbra di Simone che lo misero a tacere con un bacio sulle labbra. 

« Grazie. Ora sì che me riesco a concentrare.»

«Sei proprio 'n paraculo.»

«Ti amo.»

«Eh, anche io.»

«Quindi me fai copiare?»

Simone annuì, lasciando scorrere la penna sul foglio per l'ultima frase di quel tema che, alla fine, doveva ammettere, non era stato così male scrivere. 

In quelle due facciate aveva raccontato di sé, del suo amore per Manuel, di come questo fosse nato e di come lui  si sentisse, da quando Manuel era al suo fianco. 

Era stata una silente chiacchierata a cuore aperto con il foglio.

"Manuel è tutto ciò che io non riesco ad essere.", aveva scritto.

"È quello che riesce a sdrammatizzare e rendere ogni cosa più facile, più sopportabile.

Ed è vero che il mondo mi sembra un posto più sicuro da quando lui è con me, dove posso sentirmi al sicuro e non devo stare per forza allerta. 

Grazie a Manuel, ho imparato che posso abbassare la guardia, perchè lui è con me e mi protegge sempre.

Ed è lui che controlla che tutto sia al suo posto e che nulla possa farmi del male.

Quello che ho capito è che lui, da mesi, filtra la realtà.

Ad esempio, sembra non essere mai stanco. Ma io so che, in realtà, lo è. 

Lavora tutti i giorni ma, quando torna a casa, ha sempre un sorriso sulle labbra e corre ad abbracciarmi come se non contasse nient'altro che il nostro stare insieme e anche se, ormai, i mesi passati sembrano  essere un lontanissimo ricordo, lui non smette mai di preoccuparsi per me, di chiedermi se sto bene o se mi serve qualcosa.

Mi riserva ogni attenzione, ogni cura. 

E non manca mai di quell'occhio di riguardo che mi rivolge mentre tutti gli altri sono troppo impegnati a guardare altrove, per notare che io resto indietro. 

Manuel è l'unico che aspetta che io sia al suo passo, per gioire con me del fatto che lo sia.

E credo che il minimo che io possa fare, per lui, sia amarlo, come merita di essere amato."

Ripiegò il foglio in quattro parti e appose nome e cognome sulla penultima colonna, prima di lasciarlo scivolare sul tavolo, verso Manuel.

«Puoi prendere solo la parte finale.» puntualizzò. «Quella delle scuse, questa qua.»

Indicò l'ultima colonna, coprendo le altre con la mano libera. 

«Perchè? Non posso legge che hai scritto nelle altre?»

«Sono cose che già sai.»

«Eh. Se le so già, che problema c'è?»

Il progressivo imporporarsi delle guance di Simone non fece altro che accrescere la bramosa curiosità del maggiore che continuò quindi a sbirciare tra le dita affusolate del più piccolo nel tentativo di captare qualche parola. 

Riuscì a coglierne solo un paio, piuttosto slegate tra loro, ma decise comunque di accontentare Simone e di non insistere nel voler leggere, anche perchè, a giudicare dalla luce calda e  ambrata proveniente dalla finestra, il pomeriggio era quasi del tutto passato. 

Si armò quindi di buona volontà e in fretta e furia riempì di parole ogni riga vuota.

«Finito!» esclamò, dopo qualche minuto. 

Scattò in piedi, raccolse entrambi i fogli e li consegnò a Dante.

Allungò una mano verso Simone, intrecciando le dita alle sue mentre anche il più piccolo scattava in piedi. 

«Professò, noi andiamo.»

«Dove andate, Manuel?»

«Porto Simone a cena fuori.»

Dante poteva giurare d'aver visto il volto di suo figlio illuminarsi, in quell'istante.

Del resto, pensò, quella era per Simone la sua prima cena fuori. 

Con la persona che amava. 

Frugò nelle tasche dei pantaloni a coste blu e tirò fuori una banconota per porgerla a Manuel quando, «No, professò, no.», lo interruppe subito il ragazzo.

«Non serve! Voglio portà Simone a cena fuori e lo porto io, mica lei. Non me servono soldi.»

Rimise quindi la banconota in tasca, stupito dal gesto di grande maturità appena dimostrato dal suo alunno.

«Va bene, allora divertitevi. Non fate tardi e-»

«- e tutte 'e raccomannazioni che sappiamo! Arrivederci professò, a più tardi!»

Simone salutò Dante con un cenno del capo, lasciandosi trascinare da Manuel che lo guidava verso l'esterno della casa, mano nella mano. 

Recuperarono le giacche lasciate all'ingresso ed uscirono insieme, raggiungendo la moto.

Indossati i caschi e saliti sulla mano, il rombo del motore giunse alle mura di casa Balestra come un lontano brusio, mentre i due sfrecciavano già sullo sterrato verso il centro città.

«Simò, me raccomando, tieniti bello stretto.»

«Ma dov'è che andiamo?»

«Dove ce portano 'e ruote.»

E le ruote li portarono in pieno centro città. 

Lasciarono la moto in uno dei vicoli lastricati in pietra arenaria e iniziarono una lunga passeggiata tra le piccole stradine del centro che si presentavano semi deserte. 

Era una sensazione nuova, quella di poter passeggiare per le strade del centro, godendo del puro camminare mano nella mano.

L'aria fresca sfiorava i loro volti in una carezza costante e la città sembrava essersi fatta bella solo per loro, con le sue luci e i colori.

«Ti piace qui?» chiese Manuel, ad un tratto, indicando un piccolo ristorante. 

I tavoli in legno, piccoli e quadrati, occupavano parte del marciapiede e le tovaglie a scacchi, bianche e rosse, conferivano un'aria familiare ed accogliente. 

Ad accoglierli, una simpatica ragazza dalle lunghe trecce bionde che indicò loro il primo tavolo libero, alla sua sinistra. 

«Potete accomodarvi qui, se volete!»

E così fecero. Preso posto l'uno accanto all'altro, per restare comunque vicini, e ordinati due squisiti piatti di spaghetti che Simone, con immenso suo stupore, riuscì ad arrotolare al primo colpo. 

Fu una piccola vittoria quella.

Sollevò la forchetta a mezz'aria e «Amore, guarda!», esclamò.

Gli occhi di Manuel si fecero grandi e la bocca si schiuse per lo stupore.

«Amore ma sei bravissimo! Non ne casca nemmeno uno!» disse, rivolgendogli quindi un immenso sorriso. 

«Potrei passare la sera così, ad arrotolarli e poi metterli giù.
Solo per vederti sorridere così, per me.»

«E certo che sono felice! È 'n traguardo, no? 'Na cosa da spuntà dalla tua lista!»

Simone ricambiò il sorriso con uno forse ancor più grande, annuendo. 

«Sai, oggi ho scritto questa cosa, nel tema.» , confessò. 

«Ho scritto che tu sei l'unico ad aspettarmi, che lo fai sempre.
Che sei l'unico che, in tutti questi mesi, è riuscito a trovare e a dedicarmi il tempo per essere felice, insieme a me.»

«Amore ma io- io non ho fatto nulla di speciale.» 

La voce del maggiore, colma d'emozione, quasi gli morì in gola, nel pronunciare quelle parole.

«Invece non è vero. Sei stato paziente e hai saputo prenderti cura di me, in ogni situazione.»

Prese le mani di Manuel tra le sue, portandole alle labbra per depositare due soffici baci sul dorso. 

«Grazie per non avermi mai lasciato solo.» sussurrò, contro la pelle chiara del maggiore. 

Lasciò che le mani di Manuel gli accarezzassero il volto, beandosi di quelle attenzioni.

«Io non potrei mai farlo Simone, mai più.  Perchè ti amo, davvero, come mai prima d'ora.»

«Amore mio.» sussurrò il più piccolo, in risposta.

Un bacio sulle labbra, seppur timido e casto, seguì con assoluta naturalezza. Le labbra si unirono per qualche istante e gli occhi si chiusero, sentendosi al sicuro. 

«L'avresti mai detto, amò? Io e te, a cena fuori, che ci baciamo.» ridacchiò Manuel sottovoce , mentre le punte dei loro nasi ancora si sfioravano per quanto vicine fossero.

Simone scosse il capo, incurvando le labbra ed arricciandole in una stretta risata.

 «Abbiamo fatto un sacco di strada, io e te.»

«Dalle liti in corridoio ai baci a lume di candela, direi che è tanta, sì.»

Risero insieme, ricordando quei tempi ormai lontani in cui ogni occasione era buona per litigare, spintonarsi e farsi separare dai compagni che tentavano di evitare scoppiassero risse. 

«Però t'ho sempre amato, credo.»

«Ah sì?»

«Sì, litigare con te, alla fine, era un modo per averti accanto.» , ammise.

«C'è sempre stato qualcosa in te che me incuriosiva, me attirava. 

Io ce volevo entrà a tutti i costi nel tuo mondo e quando tu  ti sei fatto coraggio e m'hai cercato, ero felice d'aver trovato, finalmente, un amico di cui fidarmi.»

«Davvero?»

«Si! Pensa che mi madre me prendeva in giro, perchè non facevo altro che parlare di te.» 

«La mia vita è tutta un "Simone, Simone, Simone."» aggiunse, coprendo il volto con entrambe la mani per celare il rossore delle sue guance e gli occhi ormai lucidi.

«Ma tu stai al centro del mio mondo. E non può che essere così.»

Sollevò il capo verso il cielo, le dita a coprirne nuovamente i tratti.

«Mannaggia, oh! Non volevo piagne stasera!» sbuffò, asciugando le piccole lacrime impossibili da nascondere.

Le braccia di Simone, tese verso di lui, trovarono il proprio posto intorno al suo collo. 

Le mani accarezzarono la nuca, lasciando che le dita giocherellassero con i ricciolini scomposti che ricadevano sulle spalle del maggiore.

Le labbra premute contro il suo collo lasciarono una scia di piccoli baci caldi e ritmati, fino alle labbra che vennero catturate tra le lacrime.

«Ti amo, Manuel.» sussurrò, direttamente sulle sue labbra. 

«Ti amo tantissimo.»

Si baciarono ancora, a lungo, illuminati dall'insegna a neon di quel vecchio locale, e dalle piccole candele, che adornavano il tavolo e riscaldavano i loro visi.

Si ritrovarono, qualche ora dopo, tra le coperte. 

Fu naturale per Manuel stringere tra le braccia il più piccolo e per Simone accoccolarsi al suo petto e lasciarsi cullare dal battito del suo cuore. 

Manuel si beò del sentire le dita di Simone accarezzargli il volto, e volutamente lo spostò lievemente per poter baciare il palmo della sua mano ed i polpastrelli.

I ricci del più piccolo gli solleticavano il mento.

Non resistette alla tentazione di respirarne avidamente il profumo e le mani, poggiate appena sulla sua schiena, ne sfioravano ogni angolo scivolando leggere.

Bastarono pochi istanti affinché quelle lievi carezze accompagnassero Simone nel mondo dei sogni.

Manuel lo avvolse tra braccia e rimase a guardarlo. 

Scrutò i suoi lineamenti, distesi e sereni. 

Le labbra schiuse e il respiro lento e caldo.

«Buonanotte, amore mio.» sussurrò, prima di chiudere a sua volta gli occhi e abbandonarsi tra le braccia di Morfeo. 

«Tanto ci incontriamo nei sogni, come ogni notte. No?»

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