Idea di felicità.


Tradizioni e abitudini in casa Balestra erano sempre state le stesse.

Gli orari intorno ai quali venivano svolte le azioni quotidiane erano grossomodo ben definiti. 

Soprattutto da quando tutto si svolgeva sotto la guida di nonna Virginia, i ritmi venivano scanditi in modo preciso e puntuale e , ad essi, si erano tutti adattati. 

Perfino Manuel e Simone erano riusciti a mantenersi in linea con quei ritmi, mettendo in pausa ogni loro attività quando nonna Virginia richiedeva la loro presenza durante le piccole fasi della giornata che coinvolgevano tutti, come i pasti o le piccole riunioni per le decisioni da prendere. 

Ed era sempre lei ad occuparsi di fare l'appello per richiamare tutti all'attenzione e reclamare la loro presenza. 

Anche quella sera, il copione fu lo stesso.
Si avvicinò piano alle scale e « Simone! Manuel! »

Nessun segno di vita. 

Si schiarì leggermente la voce, sapeva di aver avuto un leggero calo per le eccessive prove della sua ultima pièces teatrale. 

Sul palco, lei proprio non sapeva risparmiarsi. 

Si strinse nel cardigan bianco che la scaldava, massaggiandosi piano il collo per lasciar fuoriuscire quanta più voce possibile.

« Simone! Manuel! » 

 «Mamma ma cosa ci chiami a fare? Non ci sono. Cos'è? L'età?» la canzonò rapido Dante, il quale l'aveva appena raggiunta nel salone, dopo aver gettato in un angolo le chiavi dell'auto ed il giubbotto sulla poltrona vicino l'ingresso.

«Ah no? Scusami e quando pensavi di dirmelo, di grazia?»

« A dirti il vero, cara mamma, non pensavo di doverti avvisare.»confessò il professore, stringendosi nelle spalle. 

«Dopo la visita Simone ha voluto che lo lasciassi a casa di Manuel e così ho fatto. Mi sembrava anche giusto, aveva bisogno di lui.»

Sollevò la manica del maglione bordeaux per dare una rapida occhiata all'orologio da polso
«Torneranno a breve.»

«Beh? Com'è andata con Simone?» chiese la donna, approfittando di quell'attimo di pace per poter scambiare qualche parola con il figlio. 

«Bene. Per lo meno, credo bene.» il tono incerto lasciò sfuggire quell'aura  costante di dubbio e mistero che non gli dava mai pace, in merito al suo operato come padre.

 «È bello, sai, mamma, vederlo tornare alla vita di un ragazzo della sua età.» spiegò, quasi commosso. 

«Vedere che è tornato a scuola, che non ha più il braccio bardato- ha solo una cicatrice che, mi ha spiegato il dottore, dovrebbe andare via nel giro di qualche tempo - mi rende felice.
Vederlo vivere il suo primo amore-» 

«Beh, primo.» lo interruppe Virginia «C'è stata anche Laura, prima di Manuel.»

«Hai mai visto Simone così innamorato di qualcuno, mamma? »

Si guardarono per qualche istante negli occhi, madre e figlio.
Concordi su quella tacita risposta così palese agli occhi di tutti. 

«Oggi li ho osservati un po'.» 
«Da lontano e senza farmi vedere. Ovviamente. Altrimenti chi lo sentiva Simone» precisò immediatamente, sbuffando una risata per la possibile reazione del figlio qualora l'avesse scoperto. 

«Si sono abbracciati così forte che sembravano indissolubili.» 

«Manuel è molto innamorato di Simone, Dado.»
«Lo vedo, sai? Da come lo guarda, da come lo protegge. Manuel per Simone farebbe di tutto.»

«Manuel per Simone fa già di tutto.» rispose subito il professore.

«Io e Anita gli abbiamo chiesto uno sforzo notevole: tra la scuola e il lavoro.»
«Anche farlo tornare in officina, con il rischio rientri in contatto di nuovo con quelle realtà- alla fine- è anche un modo per metterlo alla prova.» 

«E speriamo vada tutto bene.»

«Hai fatto la cosa giusta, Dado.» rispose certa la donna, avvicinando al figlio per un amorevole ed incoraggiante pacca sulla spalla.
«E sono sicura che il ragazzo non deluderà.»

«Per la prima volta, lo penso anch'io.»


Manuel e Simone rincasarono qualche ora dopo.
Si erano soffermati più del dovuto a casa di Manuel, per espressa volontà di Simone che aveva chiesto al maggiore di aspettare Anita, per scusarsi e ringraziarla.

Era stato un bel confronto, il loro.

Simone le aveva parlato a cuore aperto, pronto ad accogliere tutto l'amore che una mamma può offrire e pronto a mostrare quanto ce ne fosse nel suo di cuore, di amore per Manuel.

Era stato difficile per lui, trovare delle parole che spiegassero le sue emozioni.

Si era spesso ritrovato a guardare Anita senza essere in grado di pronunciare una parola e a stringere ancora più forte la mano di Manuel che intanto gli stava accanto.
Si era ritrovato, alla fine, a pronunciare a voce bassa un « Avevo paura.»  per giustificare i modi scontrosi avuti l'ultima volta che si erano visti e a  non lasciarsi vincere dall'emozione quando Anita gli aveva raccontato quanto si erano detti nello studio di Dante.

«È la prima volta che vedo Manuel così - devoto » aveva detto, strappando ai due una risata
«e non ridere Manuel, è vero! Devoto a 'sto amore che sembra così forte da far scoppiare il mondo intero»

«A mà. Dacce 'n taglio.» l'aveva interrotta il figlio

« Sta a diventà troppo sentimentale qua 'a cosa. Poi me tocca consolà pure lui che-»  con un rapido colpo d'occhio era andato a cercare quelli del compagno, ritrovandoli già lucidi.
«-amore, non piangere, dai! Aspetta n'attimo.»

Aveva rovistato nelle tasche del giubbotto e tirato fuori dalla tasca un pacchetto di fazzolettini, porgendone uno a Simone  «Tieni. »

«Ma da quando ti porti dietro i fazzoletti, Manuel? Fino a ieri te asciugavi il naso sulle maniche ogni volta e io dovevo lavà 'e tue magliette zozze»

«Da quando c'ho 'n fidanzato che piange pure se je cade per terra 'na patatina dar pacchetto.» aveva detto, prendendo in giro il più piccolo e rimediando un leggero scappellotto da parte della madre.

«Oh! Me sò organizzato!»

Il piccolo aveva asciugato i lacrimoni già spuntati agli angoli degli occhi, lasciandosi andare ad una risata di gusto.
Del resto lo sapeva anche lui, di essere diventato estremamente sensibile negli ultimi mesi.

«Sei proprio scemo.»

«Ma 'sta zitto, panda sentimentale , e amami. »

«Come se non lo facessi già.» 

«E a me nun me basta mai, 'o sai.»


Erano usciti entrambi più arricchiti e più sereni, da quel dialogo avuto con Anita.

E mentre rincasavano, facendo un breve bilancio della giornata, Simone pensò che quello rappresentava l'ennesima spunta verde messa nell'infinita lista cose delle cose che avrebbe dovuto sistemare.

Un piccolo tassello era tornato finalmente al suo posto. 

Uno dei tanti da sistemare ma, come gli ripeteva quel ragazzo che continuava a stringere a sè come se il vento potesse da un momento all'altro spazzarlo via

"Da qualche parte toccherà pur iniziare, no?"


Tornati a casa e date le dovute spiegazioni ad un' eccessivamente apprensiva nonna Virginia, si erano defilati da possibili domande scomode per rifugiarsi in salotto a guardare un film, sdraiati vicini sul divano.

« Into the wild.  Regia di Sean Penn.» aveva letto Simone, girandosi tra le mani la custodia di quel vecchio dvd, acquistato anni prima in chissà quale bancarella dell'usato, senza mai aver il tempo di fermarsi lì a guardarlo. 

«Ti va?»

«Non l'ho mai guardato.» ammise il maggiore, stringendosi nelle spalle.
Le gambe incrociate sul divano ben coperte da un morbido plaid in pile color carta da zucchero. 

«Allora lo guardiamo insieme.» concluse l'altro, rivolgendogli un sorriso. 
Sfilò il disco dalla sua custodia, lo inserì nel lettore posto sotto la tv ed accesa quest'ultima, prese a sistemare i dvd che aveva lasciato sparsi per la stanza. 

«Simò, lasci tutto com'è?»lo richiamò subito il maggiore «Ce penso io, te lo prometto! »
La voce incrinata di un piagnucolio.

Allungò le braccia verso il più piccolo, nella tacita richiesta di un abbraccio, aprendo e chiudendo le mani come fosse un bambino.

«Ora vieni qua e m'abbracci?» 

Era davvero impossibile per Simone resistere ad un'immagine del genere.
Spostò in un angolo del pavimento la pila di dvd recuperati, totalmente incurante degli altri sparsi qua e là.

Sorrise a quel cucciolo di uomo seduto sul divano che sembrava non aspettare altro che un po' d'amore. 

Lui.

Lui che era sempre quello che lo copriva di mille attenzioni, seduto lì, supplicante per ricevere un abbraccio come fosse questione di vita o di morte. 

Si avvicinò piano al divano, sollevò il plaid e si accoccolò tra le braccia del maggiore.

Fece scivolare le sue braccia sotto la sua felpa e intorno alla sua vita, poggiando le calde mani sulla sua schiena. 

«Che c'è, amore mi? Ti sò mancato oggi?» mormorò con le labbra incollate al suo collo, prima di lasciare una scia di baci caldi lungo le linee segnate dalle vene.

« Me manca stare soli-io e te. Tutto qua. » la voce calda e pacata, ridotta quasi ad un sussurro

«Mi manca poter vivere solo di te.» 

«Lo so, amore.» sospirò il più piccolo, la testa poggiata sul suo petto.

 «Anche a me manca il tempo insieme. È strano- e difficile- non averti sempre con me.»

«Cacciamo via tutti e restiamo soli. Che dici, mh?» 

Il più piccolo sbuffò una risata «È una proposta allettante.»

«Ce l'ho! Tu padre non c'ha quel suo alunno- » strizzò gli occhi nello sforzo di ricordare, schioccando le dita per aiutare la memoria «- a Napoli?! »

«Manuel, lo sai non possiamo fare casini.» tagliò corto il più piccolo, vagamente terrorizzato dalle idee che avrebbe potuto partorire quel genietto malefico che stringeva tra le braccia.

«Amò, non facciamo casini! Basterebbe tipo- che so- scrivere 'na lettera! »

«'Na lettera? Per far finì mi padre in galera ? » chiese l'altro, sollevando appena la testa per puntargli addosso i suoi occhi grandi e interrogativi. 

«Che c'entra! » allungò una mano per colpire la nuca del più piccolo, lasciando lì la mano a massaggiare la piccola porzione di pelle colpita, mormorando un brevissimo «scusami»

Si schiarì la voce per portare il tono più basso possibile, si guardò rapidamente intorno per accertarsi d'essere lontano da occhi e orecchie indiscrete. 

Allungò le mani a recuperare gli estremi della coperta, la portò sopra la testa, a coprire per intero la figura sua e del fidanzato steso sopra di lui. 

« Scriviamo 'na lettera- finta, ovviamente - per chiedergli de raggiungerlo a Napoli. » gli sussurrò, chinando il capo il più possibile per raggiungere l'orecchio del più piccolo. 

«Tu- sei - un - pazzo.» 

«Oh avanti, Simò!» sbuffò, già esasperato
«Te sei accollato cose peggiori! Abbiamo rubato una macchina insieme! Te spaventi di scrivere una lettera falsa?! »

«Tu hai idea della punizione infinita che ce becchiamo quando, appena arrivato a Napoli, scopre che è tutta 'na minchiata?» 

«Vabbè! Poi ce pensiamo alle conseguenze!
 Intanto ce leviamo dalle palle per un po' tu padre- e pure mi madre!
Non 'o so. La possiamo mandare a fà visita a qualche parente sparso pe Roma» 

«Ma perchè, scusa, te che parenti c'hai?» 

«Che ne so! » si strinse nelle spalle «Ce l'avrò un parente sparso per lo stivale. Lo trovo e la spedisco a farje visita.

Simone scosse il capo divertito prima di tornare a poggiarlo sul suo petto. 

«Sei tutto folle tu.»

«Sò folle, va bene. Ma è perchè vojo stà con te.» 

Prese con entrambe la mani il volto del più piccolo, per avvicinarlo al suo.
Simone assecondò i suoi movimenti, puntando i piedi e spingendosi con un movimento del bacino verso di lui.

Fecero incontrare le loro labbra in un bacio lento e bagnato.
Le loro lingue s'intrecciarono in una piccola danza. 

L'avevano atteso entrambi, quel bacio.
Per tutta la giornata. 

Si staccarono qualche meraviglioso istante dopo, lasciando le loro labbra a sfiorarsi lente e schiuse.

Era inebriante, sentire il respiro dell'altro nella propria bocca.

E mentre alla tv un giovane Alexander Supertramp trovava il suo magic bus, le loro mani strisciavano lente le une sopra il corpo dell'altro, indugiando  e soffermandosi su ogni muscolo caldo e teso. 

«Facciamolo.» 

La voce di Simone arrivò alle orecchie di Manuel in ritardo.
Percorse la sua testa come una scossa elettrica.

«Co-cosa hai detto, amò? Non ho- non ho capito bene.» balbettò, imbarazzato.

«La storia della lettera, dico. Facciamolo. »

«Ah. La lettera- sì. Va bene» rispose vago. 

Aveva pensato a qualsiasi cosa, in quei pochi istanti di imbarazzo e indecisione. 
Qualsiasi. 
Tranne la lettera.

Si morse la lingua e si maledì mentalmente per l'ennesima magra figura fatta.

"Tu subito a pensà chissà che, Manuè! Non puoi aspettà che uno prima te spiega le cose?
Tu vai e parti coi film a luci rosse! Cambia argomento! Cambia argomento! "

«Te sta piacendo il film? De- de che parla 'sto film?» 

Afferrò piano le spalle del più piccolo per sollevarlo.
Si rimisero seduti, l'uno accanto all'altro. 
Fece scorrere un braccio intorno al collo del più piccolo, tirandoselo addosso. 

Restarono abbracciati a guardare distrattamente le scene che si susseguivano, intervallate da meravigliosi monologhi del personaggio principale durante i quali Simone ascoltava attento ogni parola, come fossero rivolte esclusivamente a lui. 

Con la testa poggiata sulla spalla del maggiore, Simone sentì presto il suo respiro farsi più profondo e lento.
«Amore, dormi?» sussurrò piano.

Sollevò lo sguardo per osservare il fidanzato e sì.
Manuel era decisamente crollato tra le braccia di Morfeo. 

Si risistemò per sedersi composto, accompagnò lentamente il busto del maggiore verso il suo, tirandoselo addosso, a cullarlo piano tra le braccia.

Si sentì il ragazzo più fortunato del pianeta, nel poterlo stringere tra le sue braccia e fargli da cuscino con il suo petto. 

Era sempre lui a rifugiarsi tra le braccia del fidanzato.

Era bello sentirsi nella parte di chi protegge e non di chi va protetto.

Restò il più immobile per non svegliarlo, avendo cura di coccolarlo piano con lenti movimenti della mano, su e giù per la sua schiena e coprendogli piano le orecchie quando dalla tv proveniva un suono troppo forte che avrebbe potuto svegliarlo. 

Aveva perfino abbassato il volume al minimo, per evitare che ciò accadesse e per poter ascoltarlo dormire.


Il film, intanto, era quasi giunto al termine.

Alexander Supertramp, sdraiato sul polveroso pavimento del suo magic bus, reggeva un romando di  Lev Tolstoj  "Felicità familiare".

Avvolto nel suo giubbotto marrone per ripararsi del freddo, ne leggeva a voce bassa uno stralcio.

"Ho vissuto molto, e ora credo di aver trovato cosa occorra per essere felici:

una vita tranquilla, appartata, in campagna. 

Con la possibilità di essere utile alle persone che si lasciano aiutare,

e che non sono abituate a ricevere.

 E un lavoro che si spera possa essere di una qualche utilità;

e poi riposo, natura, libri, musica, amore per il prossimo.

Questa è la mia idea di felicità. 

E poi, al di sopra di tutto, tu per compagna, e dei figli forse.

Cosa può desiderare di più il cuore di un uomo?"

Simone ascoltò con estrema attenzione quelle parole, facendole proprie.

Abbassò lo sguardo verso il maggiore che ancora dormiva, tra le sue braccia. 

Pensò che era Manuel, la sua idea di felicità.

Lo strinse ancora di più a sé per abbracciarlo e sentirlo suo.

Si chinò a baciare la sua fronte, affondando una mano tra i riccioli morbidi.


"Cosa può desiderare di più il mio cuore, quando ho te, Manuel?" 





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