Capitolo undici

Deidamia stava piangendo dalle tre del mattino. In quel momento l'orologio segnava le otto. Si vergognava sul serio di sé stessa.

Quando suo padre era entrato nella sua camera, alle sette, per dirgli che era il momento di andare a scuola e che Achille era giù, aveva detto di stare male.
Non lo diceva quasi mai, perciò suo padre aveva fatto spallucce ed era andato a lavoro, lasciandola sola a casa.

Aveva sulle gambe l'album di ferragosto. L'unica volta in cui si erano detti ti amo. Era stato reale, allora? La sua prima volta, era stata reale?

Deidamia amava Achille da quando ne aveva memoria. Aveva amato con l'innocenza dei bambini quel suo sorriso e quel suo entusiasmo e adesso amava il suo carattere, il suo essere un testardo e la sua speranza perenne. E anche gli addominali scolpiti, si.

Deidamia aveva tre amici, ed escludendo Patroclo e Achille c'era solo una persona che poteva chiamare: Penny. Penelope era saggia e intelligente e l'unico altro numero della sua rubrica in grado di farla tornare a galla.

Purtroppo Penny era anche a scuola. La stava riempiendo di emoji ma non era poi di grande supporto. Era sveglia dalle cinque e chattava con lei da allora. Cercava di consolarla ma era più brava con la matematica che con i sentimenti.

Mia avrebbe dato fuoco al mondo, se solo avesse potuto. Oppure sarebbe rimasta lì, in quella stanza, per sempre.

Penny:
Tesoro, mi dispiace così tanto. Ti giuro che non ne sapevo nulla.

Deidamia gli credeva.

Non che lei fosse stupida: vedeva il modo in cui Patroclo guardava Achille. Non era arrabbiata con lui. Anche lei lo guardava così. In un altro mondo, magari, si erano supportati a vicenda e avevano passato pomeriggi a parlare della loro cotta comune.

C'erano solo due colpevoli in quella storia: lei e Achille.
Achille, perché era un bellissimo idiota, incapace di rendersi conto che quella chat era praticamente una rottura e lei, perché a ferragosto si era illusa di poter essere ricambiata da lui, quando avrebbe dovuto capire che il suo coming out portava a quello.
Era stata una sciocca. Come se Achille potesse mai amarla: Patroclo era immensamente più bello, intelligente, talentuoso e gentile di lei. Lei era solo Deidamia.

Come poteva meritare qualcosa del genere?

Era per questo che in quel momento era sola: non era abbastanza brava.

×××

Avevano bussato alla porta. Deidamia, con il pigiama e la coperta addosso, arrancò verso la porta. La testa le faceva un male assurdo.

<Chi è?>

<Sono Patroclo. Apri.>

Deidamia impallidì. Guardò l'orologio; segnava le undici e dodici. Impossibile.

<Che ci fai qui?> disse con voce rauca.

<Sono il tuo migliore amico> rispose semplicemente lui. <Penny ha detto che è successo qualcosa tra te e Achille. Non so cosa, lui neanche sembra saperlo. Non aveva neanche capito che avevate rotto e neanche io. Però non eri a scuola. Sono preoccupato per te. Per favore, apri?>

Deidamia esitò. <Sei solo?>

<Si.>

Aprì la porta con un gesto secco e un momento dopo Patroclo la stava abbracciando.

<Ho portato del gelato. Tanto gelato> le sussurrò all'orecchio. Deidamia quasi rise. Patroclo era sempre troppo gentile con tutti, e con lei in particolare.

<Ti voglio bene.>
In contrapposizione alla risata, quella frase quasi bastò per farla scoppiare a piangere. Non si era mai sentita tanto lunatica o fragile. Non era mai stata tanto ridicola, si disse, del momento in cui si era ritrovata a singhiozzare sulla spalla di Patroclo.

<Perché non sei a scuola, per l'amor degli dei?>

<Perché la mia migliore amica ha un pigiama triste e sembra un involtino primavera> Patroclo sorrise. Deidamia si lasciò condurre sul divano. Si sedettero vicini, come facevano quando Achille combinava qualche casino e loro due si preoccupavano per lui.

Era stato Achille a unirli, ma la loro amicizia era più grande di lui. Mia lo aveva dimenticato. Ora si chiedeva come avesse potuto rimuovere qualcosa di tanto potente come quell'amicizia.

Patroclo era l'amico di una vita ed era quello da chiamare ogni volta che doveva sfogarsi sui propri sentimenti e le proprie ansie. Era andato a prenderla in ospedale, quando sua madre era morta, senza che lei gli avesse chiesto niente. Era sempre stato lì per lei.

<Achille è innamorato> confessò Deidamia. Poi si rese conto che non spettava a lei dirlo. <Non ti dirò di chi.>

<Non di te?>

<Non di me> confermò lei.

Patroclo sospirò. Stava così male per Mia: Achille aveva la dote innata di incasinare tutto. Aveva sperato che non l'avrebbe fatto questa volta, con Deidamia. <Mi dispiace. Vuoi guardare Titanic? Può aiutare?>

<Non sono così banale!> protestò la ragazza. Non che non le andasse un film, però c'erano un paio di argomenti da affrontare prima. Avrebbe dovuto chiamare Achille? Sinceramente, non se la sentiva proprio.

<Vedremo Tuo, Simon perché ho bisogno di credere di nuovo nell'amore, ok?> disse.

<Sissignora> scherzò Patroclo. Gli era attivato un messaggio.

Deidamia si sporse per sbirciare. <È lui?>

Patroclo controllò: <Si>. Non sapeva che reazione aspettarsi da lei.

<Che vuole?

<Sapere dove- e cito testualmente- accidenti sono e perché le ragazze non dicono cosa devi dire, e poi una serie di imprecazioni> le disse Patroclo, sbirciando il messaggio.

<Gli dici che sei qui?> gli domandò mentre aggiustava la coperta in modo che coprisse entrambi.

<Vuoi che non lo dica?>

Deidamia esitò. <In realtà credo di dovergli parlare, prima o poi. Però... più poi che prima. Digli di non venire qui.>

Patroclo annuì e digitò qualcosa. <Quindi ti ha detto che gli piace qualcun altro?>

<No, non ci è ancora arrivato. Gli piace da un sacco ma non ci arriva> spiegò lei. Achille era cieco e anche Patroclo lo era. Assurdo pensare che nessuno dei due avesse realizzato di essere la cotta dell'altro.

<Beh, sei sempre stata tu quella brava con le relazioni> ammise Patroclo.

<Ah, sta zitto!> borbottò lei, per poi appoggiarsi a lui. <Fai il bravo amico e fai partire il film.>

<Daccordo, però ammetto di sentirmi un po' un cuscino. Non sono tanto morbido!>

<Lo sei. E sei anche coccoloso> scherzò lei, mentre Patroclo le passava una vaschetta di gelato e ne prendeva un'altra per sé.

<E... Patroclo?> Deidamia si voltò a guardarlo.
<Si?>
<So che sei innamorato di Achille, puoi smetterla di nasconderlo.>

Patroclo trasalì. Aveva un miliardo di domande e delle scuse già pronte sulla punta della lingua, perché era indecente essere innamorati del ragazzo della propria migliore amica, ma Deidamia era tranquilla, anzi, gli aveva rivolto un sorriso rassicurante, nonostante gli occhi arrossati per il pianto.

Qualcosa in lui si ruppe. Si sentiva a metà tra l'urlare di gioia e lo scoppiare a piangere.

La sua migliore amica lo sapeva. Sapeva chi amava, e gli voleva bene lo stesso. Deidamia non lo odiava.

Un enorme, gigantesco peso se ne andò dal suo petto.

<Ah, un'ultima cosa> fece lei.

<Cosa?>
Patroclo non sapeva più cosa aspettarsi.

<Anch'io ti voglio bene, anche se incasini la mia vita> sussurrò.

Patroclo scosse la testa, non capendo cosa volesse dire. Era bello, pensò, avere la certezza che nonostante tutto (i suoi sentimenti, il suo passato, la sua vita incasinata, Achille) avrebbe sempre avuto Mia come amica.

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