Prologo 4: Mostri & Tiranni
Quella era Parigi, di sicuro.
Ma non quella che Chat Noir conosceva.
Era abbastanza sicuro che, nella Parigi normale, non ci fosse una gigantesca farfalla che avesse trasformato nel proprio nido tutto quello che c'era dalla Tour Eiffel ai Champs Elysèes.
Forse era l'ennesimo piano di Papillon per impadronirsi dei Miraculous, ma non sembrava il suo stile: c'era una discreta mancanza di cittadini trasformati in super-criminali con superpoteri e vestiti sgargianti.
Si appoggiò al bastone e roteò a fissare il resto degli Eroi di Parigi, che sembravano perplessi quanto lui.
Bunnyx in particolare sembrava nervosa, guardandosi intorno con fare preoccupato.
< È... è tutto sbagliato! > sbottò la ragazza, all'improvviso < Questo non succede, nel passato! Non sarebbe dovuto succedere! >
< O-kay... > cominciò Chat < Questo è inquietante, sono il solo a pensarlo? >
< Non serve preoccuparsi. > minimizzò Queen Bee, appoggiandosi alla ringhiera del palazzo su cui si trovavano e ammirando la farfalla appoggiata ai piedi della Tour. Sembrava esserci qualcuno davanti alla farfalla, una figura umana.
< Ma tu guarda. > disse una voce proveniente da un alto palazzo, e appartenente ad una figura dorata stagliata contro la Luna < Sì, voi andrete bene per ingannare l'attesa. Forse una di voi sarà perfino degna di ricevere i miei eredi. >
< Chi ti credi di essere? > domandò Bunnyx, preparandosi a combattere, presto imitata dal resto degli Eroi.
< Fate attenzione. > li avvertì Ladybug < Non sappiamo di cosa sia capace, quindi non attaccatelo prima di avere... >
Queen Bee e King Monkey si gettarono all'attacco, balzando in aria e attaccando l'avversario dai lati, più veloce che poterono.
< ...un piano. > esalò Ladybug, roteando gli occhi al cielo.
Il nemico reagì in una sfrazione di secondo, più con noia mista a leggera irritazione che altro.
< Chi vi ha dato il permesso di insozzare l'aria che respira chi vi è superiore? > domandò l'uomo, alzando a malapena un sopracciglio.
King Monkey, quando fu abbastanza vicino, potè vedere un gelido disprezzo crudele scintillare nei suoi occhi rossi come il sangue.
< Un imitatore del Re delle Scimmie? > chiese l'avversario, con un sorriso arrogante < Patetico. Lascia che ti mostri come si fa. Ryui Jingu Bang. >
Dal nulla apparve una specie di fuoco fatuo dorato e perfettamente circolare, subito dietro all'avversario, e dal fuoco fatuo emerse la testa ornata d'oro di un lungo bastone di legno.
L'arma cominciò ad allungarsi a dismisura, centrando King Monkey alla bocca dello stomaco e spingendolo verso il basso, incassandolo nel pavimento davanti agli altri Eroi e continuando a spingere, spingere e spingere, scaraventandolo con forza sempre crescente attraverso tutti i dodici piani del palazzo e giù, fino a sotto le catacombe di Parigi.
L'intera faccenda richiese meno di mezzo secondo a dir tanto.
< Come immaginavo. > disse l'avversario < Spazzatura. Cercate almeno di morire dignitosamente, vermi. >
Altri di quei fuochi fatui apparvero, tutto intorno agli Eroi, e altre armi emersero.
Spade, lance, arpioni di ogni foggia, puntati verso gli Eroi da ogni direzione.
< Dietro di noi! > urlò Ladybug, mentre lei Chat Noir si mettevano sulle traiettorie, vorticando le armi per deflettere i proiettili che arrivavano sempre più numerosi e veloci.
Carapace si unì a loro, tenendo pronto lo scudo e parando la gragnuola di colpi, ma ogni nuovo impatto lo costringeva a retrocedere, senza sapere per quanto ancora avrebbe potuto resistere.
< Forse questo scontro non sarà completamente una perdita di tempo, dopo tutto. Gae Bolg. > sorrise l'avversario, sprezzante, prima che una nuova lancia, dalla punta rossa decorata di cinque anelli incisi su ogni lato, e vibrante di luce scarlatta, emergesse alle sue spalle.
< Vediamo se sai scattare come un gatto, o se ti rivelerai solo un altro inutile cane bastardo... >
E con quello, la lancia partì, scagliandosi contro Chat Noir che, troppo impegnato a deflettere i proiettili, non potè evitarla, rimanendo colpito in pieno petto, come se l'arma avesse deviato la propria traiettoria di proposito per trafiggerlo dritto al cuore.
La punta della lancia si divise in sette spuntoni, che si divisero a loro volta.
< Alla fine, altro non era se non un sassolino sulla mia strada. La sua intera città meriterebbe di essere rasa al suolo per aver osato dare i natali ad un essere che, pur così insignificante, ha avuto l'ardire di farmi impegnare almeno un po'. >
Fu allora che Queen Bee, ignorata fino a quel momento, colpì col suo pungiglione velenoso.
Il suo urlo si espanse nella notte, quando lunghe catene chiodate si avvolsero intorno al suo corpo, penetrando il costume con i lunghi spuntoni acuminati.
< Dovresti sentirti onorata, ragazzina. > disse l'avversario, con un ghigno di superiorità < Diverrai una delle spose di Gilgamesh di Uruk, Re degli Eroi. >
La afferrò per i capelli, costringendola ad aprire la bocca per urlare, prima di silenziarla con le proprie labbra, assaporandola.
Gli altri Eroi non ebbero neanche la forza di urlare, per qualche secondo, in stato di shock, mentre le lacrime rigavano le guance di Queen Bee.
< Lasciala stare! > urlò finalmente Ladybug < Lucky Charm! >
Qualcosa apparve tra le mani di Ladybug: una coppia di spade ricurve, decorate dal simbolo del Taijitu.
Quello sembrò attirare l'attenzione di Gilgamesh, che interruppe la gragnuola di colpi e si staccò dalla vittima.
< Le armi del Faker? > domandò, senza tentare di nascondere la punta di rabbia nella sua voce.
Lasciò Queen Bee a pendere, avvolta dalle catene e singhiozzante, e balzò giù in mezzo agli eroi, esaminando Ladybug con sguardo interessato.
< Hai il potere di creare qualunque cosa, vero? > domandò < Molto bene. È deciso, allora. >
< Cosa è deciso? > domandò Viperion, preparando la lira.
Altre catene si avvolsero intorno alla sua gola, e cominciarono a vorticarlo intorno, schiantandolo attraverso diversi edifici per poi lanciarlo via, oltre i confini di Parigi.
< Ti ho forse dato il permesso di abbaiare, cane sanguemisto? > domandò Gilgamesh, tornando a rivolgere il suo sguardo a Ladybug. < Tu sarai mia moglie, e le altre le mie concubine. Dopotutto, possiedi un potere degno di una divinità, e quindi sei di qualità abbastanza alta perché io ti faccia l'onore di farti mia. >
Ladybug scattò, ma quelle maledette catene la bloccarono, torcendole i polsi fino a farle perdere le armi.
< Potere impressionante, ma ti manca l'addestramento. > commentò Gilgamesh, annoiato, mentre le catene immobilizzavano anche il resto degli Eroi.
Tornò in cima all'altro palazzo, portando con sè Ladybug, Bunnyx, Ryuko e Renà Rouge, mentre sopra al resto degli Eroi si materializzavano dei giganteschi cannoni decorati.
< Questo Noble Phantasm è la manifestazione del massiccio uso dell'artiglieria impiegato dal Sultano Mehmet II di Turchia. > spiegò Gilgamesh, con un ampio gesto della mano < Per voi marmaglia basterà. >
Dopo, tutto accadde molto in fretta.
Chat Noir smise di fingere di essere stato trafitto, protetto dal costume.
Pegasus riuscì ad aprirgli un portale.
Il biondo apparve sopra la batteria di cannoni, disintegrandola con il Cataclysm, usandola per darsi la spinta contro Gilgamesh.
< Cos-? > riuscì a dire il Re degli Eroi, prima di essere colpito allo zigomo dal pugno di Chat.
L'impatto fu a malapena abbastanza da fargli girare leggermente il capo.
< Abbastanza impressionante. > commentò Gilgamesh, colpendo il braccio di Chat Noir con un gesto noncurante del dorso della mano e spezzandogli il radio e l'ulna.
< Chat! > urlò Ladybug.
Gilgamesh la ignorò.
< La tua potenza avrebbe potuto farti guadagnare il mio rispetto. > continuò il Re di Uruk, tenendo gli occhi puntati sull'agonizzante Chat Noir < Ciònondimeno, hai osato distruggere uno dei miei tesori. Meriti una punizione esemplare. Gungnir. >
Un'altra lancia apparve, infilzando Chat Noir al ventre da parte a parte.
Ladybug non riuscì nemmeno a parlare, non voleva crederci.
Presto cominciò ad iper-ventilare, i polmoni che si gonfiavano come mantici, l'aria che entrava e usciva a ritmo sincopato.
< Non esiste armatura che possa resistere alla forza della lancia di Odino, Padre di Tutti. > spiegò Gilgamesh, sorridendo < Hai avuto fortuna con la Gae Bolg, ma la tua buona sorte si è esaurita nel momento in cui sei incorso nella mia ira. >
Chat Noir era piegato in due, gorgogliando ed urlando per il dolore, le braccia strette alla ferita sanguinante.
< Questo dolore è insopportabile, vero? > domandò Gilgamesh, sollevando la Gungnir ancora infilzata nelle interiora di Chat < L'aorta squarciata, gli addominali rovinati, gli intestini ridotti in poltiglia... una punizione adeguata per l'affronto che hai compiuto verso la mia regale persona, verme sanguemisto. >
Roteò la lancia e fece semplicemente cadere Chat Noir giù dal palazzo, su di un cumulo di immondizia.
< Ha raggiunto il suo giusto posto. >
I fuochi fatui riapparvero, circondando gli Eroi rimasti bloccati dalle catene.
< Addio. >
Seattle
Contemporaneamente
Il Dragonzord pilotato da Bright era circondato: davanti a lui si trovava Destoroyah, la mostruosità nata dall'Oxygen Destroyer, mentre dietro di lui avanzava una creatura simile ad un innaturale incrocio, irto di spuntoni chitinosi, tra una cavalletta e una formica regina.
La Regina dell'orda aliena nota come Legion.
Bright si fece scricchiolare il collo e si preparò a suonarle di santa ragione a quelle due creature, facedo roteare il Dragonzord su se stesso e infilzando Destoroyah al petto con la coda a trivella, mentre cercava di tranciare la Regina a pezzi con le motoseghe in fiamme.
Lunghe fruste tentacolari d'energia emersero dal corno nasale della Regina, bloccando le motoseghe e cominciando a stritolarle, mentre la corona di aculei della creatura iniziava a crepitare di energia elettromagnetica.
Bright capì di avere poco tempo prima che il Dragonzord venisse investito dal patriarca di tutti gli attacchi EMP, così fece fuoco con tutto quello che aveva contro la Regina, svuotando le camere d'alloggio dei missili sparati dalle dita, e scaricando in un colpo solo il corno laser della bestia meccanica.
I due attacchi partirono in contemporanea, e per quanto la Regina fosse riuscita a bloccare il Dragonzord, metà abbondante della sua testa insettoide venne spazzata via dal colpo di corno, mentre la pioggia di missili le squarciava il carapace chitinoso in più punti.
Fu allora che la coda a tenaglia di Destoroya si conficcò nel collo del Dragonzord, quasi decapitandolo.
< Vuoi la guerra? > domandò Bright, aprendo l'armadio dell'arsenale < E guerra sia! >
Lo scienziato volò fuori dalla cabina di pilotaggio, atterrando sul braccio proteso di Destoroya e correndovi sopra a velocità sovrumana grazie ai pattini a retro-razzi ai suoi piedi, mentre le spade laser, dalle lame allungate al massimo e dalle guardie a croce, penetravano in profondità nella carne del Kaiju, e i due Combirequiem Binati Pesanti montati sulle spalle facevano fuoco a volontà contro il volto di Destoroyah, mantenendolo accecato e distratto.
Bright continuò a percorrere la spalla e il collo, fino ad arrivare davanti al muso della bestia, ancorandosi al suo zigomo grazie al Meccanismo di Manovra Tridimensionale collegato alle spade laser.
Finì di scaricargli in faccia le armi da fuoco a spalla, ed estrasse dalla tracolla l'arma che aveva pronta per lui: una specie di lungo forcone dall'asta simile ad una doppia elica di DNA, che si separava nelle due punte incredibilmente aguzze, che catturavano la luce del sole rilucendo di rosso.
La Lancia di Longinus.
Impugnandola con entrambe le mani, la conficcò ripetutamente nell'occhio di Destoroyah, scaricando ad ogni colpo nel cranio del mostro le arcane energie dell'arma, colpendolo ancora e ancora.
< Dal cuore dell'Inferno, io ti trafiggo! > urlò Bright < Nel nome dell'odio, sputo il mio ultimo respiro su di te, o maledetta bestia! >
Riuscì a ridurgli l'occhio in poltiglia e a appiccare fuoco alla metà sinistra della sua faccia, prima di essere investito dall'alito all'Oxygen Destroyer di Destoroyah, che rapidamente gli liquefece le carni, riducendolo ad uno scheletro che, ancora impugnando la Lancia di Longinus, si schiantò in uno Starbucks.
Per le strade di Seattle, la battaglia continuava, contro le orde di servi di Destoroyah e contro l'alveare di Legion.
Le munizioni di Gabriel Seth e le gemme di Rin si erano ormai esaurite da tempo, e ora il Maestro Capitolare si arrangiava con l'enorme spadone a catena, o schiacciando il nemico sotto gli stivaloni, mentre Shirou faceva scudo alla sua amata brandendo le sue spade ricurve.
Rimaneva il fatto che gli insetti e i crostacei erano semplicemente troppi, e Shirou non osava tentare di nuovo di evocare la Lancia di Ea.
Finalmente, Naofumi riuscì ad aprire un varco, erigendo intorno a loro una muraglia di scudi di luce smeraldina, permettendo al gruppo di tirare un attimo il fiato.
Ma già le orde si avvicinavano, arrampicandosi sulla barriera, infilando le zampe chitinose nelle fessure tra uno scudo e l'altro, o raspandoli con forza, tentando di spalancare una breccia.
Naofumi si alzò, preparandosi ad usare l'artiglieria pesante del suo Scudo, ma qualcosa lo trattenne. Raphtalia, in ginocchio dietro di lui, aveva gli occhi umidi per le lacrime, e gli stava tirando il mantello.
< Ti prego, no... > pigolò la ragazza-procione < è troppo pericoloso! >
Naofumi esitò.
E il nemico fece breccia.
Bright aveva appena finito di rigenerarsi, quando vide che, davanti a lui, dentro l'edificio su cui si era schiantato, si trovava qualcun altro.
Una ragazzina di massimo quindici anni, con la capigliatura di un azzurro chiarissimo e occhi rossi, vestita con un'uniforme scolastica giapponese.
< Salve? > le domandò, incuriosito.
< Lancer Class, Ayanami Rei. > rispose lei, tendendogli la mano destra e materializzando nell'altra la Lancia di Longinus < Sei tu il mio Master? >
Per qualche istante, ci fu silenzio, interrotto solo dal suono della battaglia sottostante, poi Bright parlò.
< Rei, giusto? Posso comprendere che ti piaccia l'uomo maturo, ma non sono un Lolicon... >
Rei non rise nè si acciglio.
In effetti, il di lei volto non tradì nessuna emozione.
La ragazza si limitò a balzare giù dal palazzo e ad atterrare nel bel mezzo della battaglia, iniziando a vorticare la Lancia come un derviscio, annientando decine di creature ad ogni spazzata, mentre le punte si allungavano a trafiggerne dozzine ad ogni affondo.
Intanto, Bright si accorse che, rigenerandosi, la sua mano destra aveva qualcosa di nuovo: uno strano tatuaggio intricato, che riluceva di un bagliore rosso.
Rei infilzò l'ultimo drone della Legione e conficcò la lancia nel terreno, voltandosi a guardare gli altri.
< Chi siete, voi? > domandò, sempre con la sua espressione neutra.
Naofumi non rispose, troppo occupato ad accudire Raphtalia e a curarla con la magia, ma Rin si fece avanti.
< Mi chiamo Tohsaka Rin. Il ragazzo coi capelli ramati è Shirou, l'uomo in armatura è Gabriel Seth, quello dipinto di blu è Ko'atal e loro sono Naofumi e Raphtalia. > disse, indicando gli altri mano a mano che li presentava < E tu sei? >
< Lancer Rei. > rispose la ragazza dai capelli azzurri < Qualcuno tra voi è il mio Master? >
< Non direi. > ammise Shirou, con una scrollata di spalle.
< Allora deve essere proprio quell'uomo in cima al palazzo. > riflettè Rei.
Proprio allora, dall'edificio uscì Bright.
< Incredibile. > disse < Siamo in una città disabitata e infestata di mostri, il mondo è a un tiro di sputo dall'Apocalisse... e l'ascensore funziona ancora. > parve accorgersi solo allora della comitiva di gente che lo fissava con espressione stranita < Oh, salve, gente pittoresca. Qual buon vento vi porta in questo Inferno sulla Terra? >
< Da quel che capisco, siamo tutti giunti qui attraverso dei portali dalle nostre linee temporali d'origine... > riflettè Ko'atal.
< Cosa è un Servant? > domandò Rei, interrompendolo e guardandosi intorno, per la prima volta leggermente accigliata < E un Ruler? Ho queste parole in testa, e sento che quel tipo è il mio Master, ma... non so cosa significhi, tutto questo. >
< Un Servant è uno Spirito Eroico, o Divino, che viene evocato dal Trono degli Eroi per aiutare il suo evocatore, ovvero il Master. > spiegò Rin < Ne esistono diverse categorie, come quella di Lancer a cui appartieni, e quella di Ruler, ovvero un Servant evocato non da un Master, ma da una volontà soprannaturale, come il volere del Sacro Graal, per sovrintendere all'operato degli altri Servant. Tuttavia, non ho mai sentito parlare di te, quindi forse provieni da una linea temporale in cui il Trono degli Eroi non esiste... >
< Sei brillante come al solito, Rin. > sorrise Shirou, sincero ed ammirato.
< B-b-beh, è ovvio! > balbettò Rin, a testa alta ma con le guance rosse < Sono pur sempre l'erede dei Tohsaka! >
Qualcosa si mosse tra le ombre.
Qualcosa di grosso.
Un dragone dalle corna ritorte e dalle ampie ali sbrindellate, grondanti di sangue come l'ampio squarcio alla zampa anteriore destra, avanzava con passo claudicante, assistito da una giovane donna bionda vestita di blu.
< Il Ruler. > disse Rei, chinando rispettosamente il capo.
< Uno Spirito Eroico? > domandò Giovanna, avvicinandosi, mentre Sieg si riposava a terra, leccandosi la ferita alla zampa.
Dopo le dovute presentazioni, raccontò loro tutto: di come si fosse materializzata in quel mondo e avesse attaccato il mostro che Bright aveva chiamato "Destoroyah", solo perché Sieg, la sua cavalcatura, venisse ferita dalla coda del Kaiju.
Shirou si limitò ad ascoltare, mentre lentamente nella sua testa prendeva forma un piano.
Saito era di nuovo perfettamente in forze, grazie alla polvere secreta da Mothra, così aveva deciso di imbottigliarne un po' e portarsela dietro, per precauzione.
Si sentiva carico di energia come mai prima di allora.
Stava girando per Parigi insieme a Louise, diretto verso il luogo dello scontro che aveva visto dalla Torre, quando sentì un lamento di dolore.
Proveniva da un cumulo di rifiuti.
Delfringr in pugno, Saito andò ad ispezionare l'immondizia, trovandoci un ragazzo biondo agonizzante, con una strana lancia che lo attraversava da parte a parte.
< Questo farà male. > gli disse, spingendo la lancia più a fondo, per evitare che, estraendola, la punta danneggiasse ulteriormente gli organi interni.
Prevedibilmente, il ragazzo urlò, gli occhi spalancati e inondati dalle lacrime di dolore, fino a quando Saito non versò la polvere sulla ferita.
Il ragazzo ansimò, tastandosi la pelle ricostruita e rimettendosi in piedi.
< Grazie. > disse, tendendo la mano < Mi chiamo Adrien Agreste. E voi siete? >
< Saito e Louise. > rispose la ragazza dai capelli color rosa pesca < Cosa ti è successo? >
< Un uomo in armatura dorata ha attaccato me e i miei amici, portandosi via la mia Lady e le altre ragazze. > disse, cupo, mentre da dietro di lui emergeva un piccolo esserino dagli occhi gialli.
< Adrian, so che sei preoccupato, ma ti prego, non fare nulla di eccezionalmente stupido... >
< Plagg, anche Tikki è nelle mani di quel pazzo. > ribattè Adrien, secco, zittendo il suo Kwami.
< Come osi, tu, verme? > domandò una voce sprezzante e arrogante che portò Adrien a serrare i pugni fino a conficcarsi le unghie nei palmi delle mani.
In fondo alla strada, illuminata dalla pallida luce della Luna, stava la figura di Gilgamesh, uno sguardo furioso negli occhi puntati su Saito.
< Quel miserabile era stato condannato a morte dal verbo del Re degli Eroi, e la mia mano aveva eseguito la sentenza capitale. Con quale presunzione ritieni di avere il diritto di interferire? >
< Explosion! > urlò Louise, puntandogli contro la bacchetta e causando una delle sue solite devatanti deflagrazioni.
Quando il fumo si diradò, videro che dall'angolo della bocca di Gilgamesh spuntava una singola, minuscola goccia di sangue.
Il Re degli Eroi, con espressione stupita, si portò la mano alla bocca, per poi osservare la goccia catturata dal suo guanto dorato.
< Inconcepibile... > mormorò, a metà strada tra l'interessato e il furioso < Una semplice ragazzina che è capace di ferire la mia carne perfetta? Ritengo che saprai sdebitarti e scusarti adeguatamente. Enkidu. >
Adrien vide quelle maledette catene apparire di nuovo, avvolgendosi intorno a Louise e stringendola fino a costringerla a mollare la bacchetta magica.
< E adesso morite. > sibilò Gilgamesh, materializzando i suoi fuochi fatui e colpendo entrambi i ragazzi.
Adrien non poteva difendersi, senza i suoi poteri, mentre Saito era troppo concentrato su sua moglie nelle mani di quel lurido bastardo.
Entrambi finirono infilzati al suolo e coperti di ferite, mentre Gilgamesh, senza degnarli di un altro sguardo, se ne andava con Louise, che scalciava e lo insultava nei modi peggiori che le venissero in mente.
< Presto imparerai ad usare quella tua boccuccia per compiacere il tuo Re. >
Saito riusciva soltanto a gorgogliare il nome di Louise, strisciando per terra e ignorando il dolore, mentre allungava la mano destra verso la figura dorata che si allontanava e usava la sinistra per tenersi le interiora dentro, premendo l'avambraccio sul ventre.
< Louise! >
Il grido squarciava la notte, suscitando nulla più che un ghigno beffardo sul volto del Re di Uruk.
< Louise! >
Sangue dalla bocca e lacrime dagli occhi, che si mescolavano colando sull'asfalto.
< Louise! >
E finalmente, quando ormai Gilgamesh era sparito e Saito era certo di stare per morire dissanguato, qualcosa accadde.
La disperazione spalancò le porte del tempo e dello spazio.
In un bagliore di luce e fiamme, una figura vestita di bianco, con una cintura di seta rossa in vita, apparve davanti a Saito, tendendogli la mano.
Aveva capelli candidi come la neve, e tra le mani brandiva uno spadone immenso.
Grazie al potere del Gandafr, Saito lo riconobbe come un Jian cinese, seppur sovradimensionato e coperto di decorazioni.
< Classe Saber, il mio nome è Yu Zi, Maestro dell'Aura Forgiante della Spada. > disse calmo il guerriero < Sei tu il mio Master? >
ANGOLO AUTORE
Ed ecco un altro prologo, spero vi piaccia ^^
Commentate numerosi e fatemi sapere se qualche personaggio vi è sconosciuto, che cercherò di fornire delucidazioni.
Se questo capitolo vi ha impressionati, aspettate l'ultimo prologo, in cui ne vedrete delle belle, ve l'assicuro ^^
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