Capitolo 3 - Sussulti

Esteban Biatas era entrato a fare parte della Guardia del Wanax da più di due secoli. Il suo compito era sempre stato quello di proteggere la loro Razza, facendo tutto il possibile per non uscire allo scoperto, vietando quindi di mietere vittime tra gli umani, se non in casi eccezionali. La severità era una scelta obbligata poiché alcuni vampiri, soprattutto tra i più giovani, venivano sopraffatti dalla brama di sangue che li spingeva a uccidere gli umani per inebriarsi con il sapore irresistibile del loro liquido scarlatto.

Non esisteva possibilità di salvezza per i vampiri travolti dalla dipendenza di sangue umano e per questo l'Esercito del Wanax era costretto a intervenire nei loro confronti, mettendo in atto quanto previsto dall'Antico Codex: la condanna a morte. Non sempre però era possibile punire i ribelli e le migliaia di casi di persone scomparse senza lasciare traccia alimentavano dubbi e sospetti.

La situazione si complicava ancora di più dal momento in cui erano proprio i membri dell'esercito a restare vittime della brama di sangue. In quei casi era compito della Guardia del Wanax intervenire per l'esecuzione della pena definitiva. Questo portava a momenti di grande tensione che spesso sfociavano in aspri conflitti interni.

Il Consiglio del Wanax aveva il compito di governare la Razza e garantire la pace all'interno del mondo dei vampiri. I più anziani ricordavano ancora con preoccupazione la ferocia della Grande Guerra combattuta fra due fazioni opposte. Solo quando era salito al trono Thoros, il loro attuale Wanax, era iniziata una nuova Era. Per evitare nuove scissioni e conseguenti guerre interne tra i membri della Razza, doveva essere eliminata ogni causa di conflitto. Ma ora uno dei Generali aveva tradito e cercato di accaparrarsi il potere per sé stesso. Lo spettro di un'altra grande guerra era diventato quanto mai reale.

Da quando c'era stata la rivolta, Esteban non aveva più avuto pace. Era deciso a scoprire dove si fosse cacciato Vitus e quanti altri membri della Razza avessero avuto a che fare con il traditore. Cercò un po' di pace lontano da tutti. Aveva la sensazione spiacevole che non tutti coloro che avevano preso parte al complotto fossero usciti allo scoperto.

***

Damian avviò il potente motore del SUV e cominciò a guidare verso nord. Si guardò intorno, soddisfatto. Tutto stava andando esattamente secondo i piani: Alex era fiaccato dalla morte della madre adottiva e dalla scoperta di essere nato dall'unione di un vampiro con una strega, una nemica naturale della loro Razza. La principessa era praticamente reclusa nell'appartamento reale, sotto stretta sorveglianza e sospettata di tradimento a causa del legame sentimentale che aveva con Vitus. Il Wanax, Thoros era alle prese con i mille problemi che la rivolta aveva procurato e annichilito dal tradimento di colui che aveva sempre considerato come un fratello. Ora aveva dato un po' di filo da torcere anche a Esteban. Per quanto lo riguardava il grosso vampiro non era mai stato un ostacolo, ma qualche distrazione qua e là non poteva che facilitare le cose.

Mancavano soltanto poche tessere per completare il mosaico. Doveva catturare Vitus e ucciderlo con le sue mani: avrebbe eliminato un complice pericoloso che in futuro avrebbe potuto tradirlo e soprattutto si sarebbe garantito l'eterna riconoscenza del Consiglio degli Anziani.

La strada verso un futuro trionfale era spianata. Il mondo poteva dire addio alla vita conosciuta fino ad allora.

***

Xenja si infilò una maglietta pulita sui jeans elasticizzati presi dalla sacca che aveva a tracolla. Optò per le sneakers in pelle, l'unico paio di scarpe che si era portata di scorta. Erano un po' consumate ma più comode rispetto agli anfibi. Le aveva prese all'ultimo momento prima di partire, scegliendo quelle piuttosto che una maglia o un pantalone.

«Ehi, tutto bene?» domandò Luc da dietro la porta.

Xenja raccolse l'asciugamano da terra e andò ad aprire al suo collega. Non era proprio un amico, ma per i suoi standard si poteva considerare tale.

«Ma certo. Essere umiliata davanti a tutti era proprio il sogno della mia vita».
Irritata entrò in bagno per appoggiare l'asciugamano sul bordo del lavandino.

«Dovevi aspettarti che non ti avrebbe accolta a braccia aperte», ribatté lui.

Xenja non replicò, si limitò a dargli una piccola pacca sul braccio e se ne andò, più che mai decisa a mettere subito le cose in chiaro con quello stronzo di Esteban.

Era stanca per il viaggio e soprattutto per la lotta nella gabbia, ma la doccia l'aveva in parte ricaricata ed era pronta ad affrontare l'esimio Comandante. La rabbia faceva il resto, generando nuova forza per combattere. L'addestramento sarebbe cominciato nel giro di poche ore.

Uscì dal dormitorio, convinta di quello che stava per fare. Se Esteban non era cambiato – e non sembrava esserlo – quello era il momento peggiore per affrontarlo, ma lei se ne fregava dei momenti giusti, di quelli sbagliati e persino del suo cuore che, appena presa la decisione di andare a incontrarlo, aveva cominciato a battere impazzito. Lo ignorò. Qui non si trattava di cuore ma di orgoglio, e teneva più al secondo che al primo.

Lo cercò per un'ora buona prima di decidere di imboccare un viottolo che portava verso la cima della collina. Intravide una sagoma scura appoggiata a un albero. Si avvicinò sforzandosi di non badare all'agitazione che aumentava, facendole pulsare le tempie. Avanzò ancora qualche passo verso di lui, il ritmo divenne martellante.

«Ti sei data un gran da fare per trovarmi», esordì Esteban, la voce perfettamente piatta.
«Ho bisogno di parlarti».
«Prima dell'addestramento faresti meglio a riposarti. Chi non supera le prove torna a casa».
«Non mi pare di averlo letto nel Regolamento », ribatté lei.
«Dovresti guardare meglio, in appendice c'è un capitolo intitolato "Buon senso"».

Fece ancora qualche passo e si fermò a circa un metro davanti a lui.
«Puoi pensarla come ti pare, ma io stasera ho superato la tua stramaledettissima prova e mi sono guadagnata non solo di restare ma anche quello di farmi ascoltare».
«Hai solo trovato il modo per farmi rispedire a casa cinque incapaci tutto qui».

Xenja sbatté le palpebre più volte. «Cosa? Damian ci ha convocati qui per sostituire i vampiri uccisi da Virus e tu dimezzi le forze del gruppo silurando cinque soldati?»
Lo guardò incredula. «Ma come cazzo ragioni?».
«Se non ce la fanno a immobilizzare una femmina, come possono sperare di riuscire a combattere contro dei vampiri in preda alla brama di sangue?».

Xenja sostenne il suo sguardo, anche se le sembrava che volesse spogliarle l'anima. Era ancora più duro di come lo ricordava. Lasciò perdere l'argomento dei cinque soldati congedati, in fondo non era affar suo, e andò dritta al sodo.
«Voglio la conferma che non tenterai mai più di mettermi in imbarazzo di fronte agli altri. Ignorami o fai come diavolo ti pare, ma non prenderti gioco di me. Non lo accetto. Ho rinunciato a tutto per entrare nell'esercito e ora ci resto. Non sarai tu a mandarmi a casa, Comandante». Caricò il tono sull'ultima parola quasi per spregio, non certo per rispetto dovuto al rango.

Esteban la trafisse con lo sguardo. «Non ti sembra di osare un tantino troppo?».

«No», gli rispose con voce ferma. Il cuore mancò un battito quando lui si staccò dall'albero e con un passo si avvicinò a lei. Era così vicino da sentirsi sopraffatta e seppure fosse buio la sua memoria riusciva a completare i particolari di quel viso nascosto nell'ombra. Posò lo sguardo sulla cicatrice. Quella linea in rilievo, lunga una quindicina di centimetri, gli deturpava la guancia, rendendo il volto del vampiro ancora più ostile.

«Puoi andare», furono le uniche parole che pronunciò.

Sostenne ancora il suo sguardo nell'inutile attesa di una conferma che infatti non arrivò, poi girò sui tacchi e si incamminò in direzione del dormitorio. Voleva allontanarsi in fretta dal vampiro che un secolo prima aveva mandato in frantumi il suo cuore. Si rifiutava di credere che ancora sussultasse, solo a nominarlo. Decise che avrebbe dormito fino all'ultimo minuto prima dell'addestramento, mancavano meno di due ore.

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