Capitolo 1 - Frammentazione
Sulla sua moto, Xenja seguiva gli altri soldati, silenziosa. Ascoltava le loro voci senza distinguere le parole. All'orecchio sinistro portava l'auricolare, in caso di necessità una voce l'avrebbe fatta riemergere da quello stato di assenza e in pochi secondi sarebbe stata pronta a entrare in azione. Ora però aveva bisogno di godere di quel momento di rigenerante solitudine.
Comunicò l'intenzione di fermarsi un attimo e gli altri non cercarono di convincerla a seguirli. Con lei era meglio non mettersi di traverso. Per tutti Xenja era un osso duro, sicura e determinata in ogni situazione. Nessuno di loro sapeva che cosa in realtà nascondesse dentro.
Si fermò sul ciglio della strada, gli anfibi piantati nella terra umida. Calciò un sasso che rotolò via tra l'erba sporca di fango, lo guardò prendere velocità mentre si allontanava da lei rimbalzando sul pendio scosceso. Xenja tolse il casco e si concesse un respiro profondo. L'aria era umida.
La guerriera spostò lo sguardo verso l'orizzonte e i suoi occhi frugarono il buio percorrendo le morbide forme delle colline che degradavano fino all'ampia valle che ospitava Torre Alta. Da quell'altezza la città pareva un quadro impressionista pervaso di fascino retrò. Nessun luogo era mai riuscito a farle sobbalzare il cuore in quel modo.
Una vocina insistente quanto fastidiosa si affacciò dalla mente per suggerirle che quello stato d'animo era dovuto a qualcosa di ben preciso. Immagini del presente e del passato so sovrapponevano per ricordarle di un tempo in cui quel luogo era stato la sua casa.
Per quanto non volesse ammetterlo, sapeva che Torre Alta avrebbe risvegliato in lei una moltitudine di emozioni da tempo sopite. Forse era giunta l'ora di chiudere definitivamente con il passato. Non poteva dimenticare che proprio lì aveva imparato i significati di fiducia, lealtà e amore. Sempre lì, però, era stata trascinata in fondo al baratro della delusione, del tradimento e dell'odio.
Inspirò a fondo mentre frammenti del passato irruppero nella sua mente. Attese immobile che la bufera passasse. Non avrebbe permesso a nessuno di annientarla. Era già accaduto e aveva giurato a se stessa che non si sarebbe ripetuto.
Cacciò via i pensieri del passato mentre il vento prese a soffiare portando con sé una sensazione di fredda tranquillità.
Si infilò il casco, strinse la mano sulla manopola dell'acceleratore e diede gas. Stava per arrivare alla meta e doveva essere pronta.
A tutto.
***
Esteban buttò l'asciugamano nel cesto di vimini dei panni sporchi e prese a vestirsi con movimenti rapidi e precisi. Un paio di pantaloni militari neri, una maglietta dello stesso colore e anfibi di cuoio con la punta rinforzata era tutto ciò che gli serviva. A volte indossava la divisa delle Guardie del Re e solo di rado, nelle occasioni ufficiali, metteva l'uniforme. Preferiva la praticità dei vestiti in cotone a un completo che lo faceva sentire come se fosse inamidato.
Utilizzava lo specchio sopra il lavabo solo quando doveva farsi la barba, nella ritualità di quel gesto quotidiano. Lunghi e lisci capelli neri che non legava mai gli cadevano sulle spalle. La mascella destra e parte dello zigomo erano segnati da una cicatrice. Quella linea lunga e sottile era ormai parte di lui, incancellabile, a ricordargli l'unico momento in cui aveva abbassato la guardia.
Spense le luci, scese le scale, attraversò la sala dalle pareti in sasso, recuperò cellulare e chiavi dal tavolo e uscì nella notte fonda.
Perlustrò la zona con attenzione. A poco a poco il buio aveva fagocitato ogni angolo, l'intero giardino della dimora reale era immerso in un'oscurità innaturale, costringendolo ad aprire bene le palpebre per scrutare tra gli alberi. Giganteschi cedri del Libano si ergevano maestosi tutt'intorno, proteggendo dall'alto con le loro ampie ramificazioni le costruzioni degli Antichi Reali.
Esteban su muoveva con passo felpato sull'erba ancora bagnata, continuando a passare in rassegna ogni rumore, ombra o movimento. Doveva avere il controllo su tutto.
Dopo l'attacco del Generale Vitus, il primo Protettore del Re, al loro centro di addestramento, il saccheggio dell'arsenale e l'uccisione di una trentina di soldati, nulla sarebbe stato più come prima. Il cuore pulsante del Regno era stato brutalmente violato dalla brama di potere di un essere ripugnante, una zecca che Esteban non vedeva l'ora di schiacciare. Avrebbe messo le mani su quel figlio di puttana e gli avrebbe fatto sputare anche l'anima. La sua natura possessiva e vendicativa pulsava sotto pelle in attesa dell'incontro con Vitus.
Dei trenta soldati massacrati, undici erano sotto il suo comando. Esteban non era certo il tipo che si affezionava facilmente a qualcuno, ma i suoi soldati erano parte di un gruppo consolidato nel corso degli ultimi tre secoli. Conosceva ogni loro debolezza, ogni punto di forza. Trovare dei sostituti altrettanto validi non sarebbe stata un'impresa facile.
Pochi giorni prima il Consiglio lo aveva nominato formalmente Generale pro tempore della Guardia del Re. Occuparsi del centro di addestramento ora rientrava tra i suoi compiti. A dirla tutta, teneva gli occhi aperti anche sulla dimora reale. Proteggere la Famiglia Reale era la sua unica missione, lo scopo dell'intera vita.
Intravide Alex parlare con un gruppo di soldati. Esteban non si diresse verso di lui ma proseguì per il centro: l'avrebbe comunque incontrato da lì a pochi minuti. Il giovane vampiro era stato incaricato della sicurezza della dimora reale e stava facendo un ottimo lavoro, nonostante tutto quello che gli era piovuto addosso nel giro di poco tempo: la morte della sua madre adottiva, l'aver scoperto di essere figlio di una strega. Essersi innamorato senza speranza della Principessa Elenoire. Una situazione davvero incasinata. Sulla lealtà di Axel però non dubitava.
Essere soli aveva un sacco di vantaggi: zero distrazioni, niente angosce, alcuna possibilità di ricatto, nulla da perdere e un mare di libertà. Il paradiso in terra.
Esteban salì sulla moto e partì a tutta velocità. Vitus non avrebbe fatto passare ancora molto tempo prima di attaccare di nuovo, ed era facile supporre che quel bastardo stesse pianificando un massacro su vasta scala. Ma questa volta non avrebbe potuto contare sull'effetto-sorpresa: lo stavano aspettando a braccia aperte.
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