օշ
⚠️ Trigger warning: accenni di violenza su minori ⚠️
Si massaggiò la testa, spostando i capelli dalla fronte. Gli sembrò che le palpebre fossero incollate le une alle altre, tanto faticò a schiuderle.
Levi si ritrovò a fissare il soffitto ingiallito, la stessa disposizione di macchie e intonaco scrostato che lo salutava un attimo prima di coricarsi e lo accoglieva appena sveglio. Una vita sempre uguale, ripetitiva nella sua costante imprevedibilità. Ogni giorno diverso, eppure identico al precedente.
Inspira. Espira. Inspira. Espira.
Ruba. Combatti. Sopravvivi.
Si rizzò a sedere su quel materasso troppo vecchio per essere considerato anche solo vagamente comodo. Con le mani stropicciò il viso stanco dopo l'ennesima notte tormentata dagli incubi.
Le piante dei piedi toccarono il pavimento gelido, percorrendo il breve spazio che separava il letto dal bagno. Liberò la vescica con un grugnito roco per poi gettarsi nella doccia. Il boiler non aveva riscaldato l'acqua, come al solito. Si fosse lavato sotto la grandine sarebbe stato meglio. Avvolse un asciugamano in vita e strofinò i capelli con fare distratto. Caffè, aveva bisogno di caffè.
Con la pelle ancora umida andò ad aprire la credenza, in cerca dell'occorrente per la pozione magica che lo avrebbe rimesso in sesto. Aprì il cassetto delle posate, rovistò tra le poche rimaste, sbuffò seccato. Si voltò di scatto e la lama del coltello che aveva appena lanciato sfiorò la gota di Eren, conficcandosi nel muro alle sue spalle.
«Ti avevo detto di sparire.»
«Mi rendi molto difficile andarmene, andando in giro svestito così...»
«Cos'è, devo chiamare un esorcista per farti sloggiare da queste quattro pareti di merda?!»
Il demone avanzò verso di lui, oscurando l'ancora fievole luce dell'alba che tentava di rischiare la stanza triste e fatiscente. Levi strinse gli occhi a due fessure, infastidito: odiava dover alzare lo sguardo verso qualcuno.
«Ti offro un rimedio più economico e, soprattutto, più piacevole...» sillabò, umettando le labbra con irritante lentezza. «Concediti a me. Diventa mio, Levi, nel corpo e nell'anima. Posso offrirti tutto ciò che desideri, sollevarti da quest'esistenza di stenti e incertezze.»
«Pretendere l'anima è un cliché; dovreste cambiare registro, di tanto in tanto. Anche la questione del sesso è piuttosto prevedibile. Almeno non hai chiesto il mio cuore, ma in fondo mi sarei stupito del contrario... Dopotutto, a cosa vi servono i sentimenti?»
Eren serrò la mascella, le iridi smeraldine che si bagnavano nell'oro come fossero pepite. «Assolutamente a niente» quasi ruggì, saturando l'aria di rancore col solo respiro.
Levi accennò un sorrisetto beffardo, andando a recuperare il coltello ormai spuntato dal cartongesso. L'altro dovette ritrarsi, respinto dalla barriera che emetteva scariche e scintille.
«Dalla tua reazione non sembra. Sai perfettamente cos'è l'odio: ti scorre nelle vene al posto del sangue, e ci sei aggrappato come un naufrago a una scialuppa.»
«Non sai niente di me! Vorresti farmi la predica proprio tu? Vivi come un rifiuto in questa fogna di quartiere, lottando ogni giorno per un tozzo di pane; hai spacciato, mentito, perfino ucciso per questo! Dimmi, Levi, dov'è l'amore di cui tanto cantate mentre vi togliete la vita a vicenda?»
Il ragazzo tacque, gettando poi la posata nel lavello. «Se esiste, non l'ho mai provato.»
«Perché è una menzogna che vi raccontate, per sentirvi meno sporchi mentre vi impossessate di un bene che non vi appartiene o baciate la donna di qualcun altro; vi illudete di avere una possibilità di redenzione per tutte le azioni che vi insudiciano dentro, appesantendovi fino a farvi strisciare come larve verso un'inevitabile fine» sibilò, maligno. «Notizia flash: Dio non esiste, non vi porgerà la mano a cavallo di una nuvola, e il Diavolo non vi aspetta col forcone tra le sue dita adunche; le uniche tracce che lascerete della vostra presenza, in questo mondo marcio, saranno le conseguenze di ogni singolo gesto che avrete compiuto... L'amore è solo un'illusione.»
Eren sparì in una nube di fumo nero, così come era apparso la notte prima nel vicolo. Levi fissò il punto vuoto qualche istante, basito, avvolto dal tanfo di zolfo che l'altro si era lasciato dietro. Era totalmente impreparato a quella repentina uscita di scena. La sorpresa però si trasformò presto in irritazione. Quel maledetto era letteralmente fuggito, abbandonando il discorso a metà: tutto quel parlare di anime, inevitabilità, potere e poi lo piantava in asso di punto in bianco! Masticando parolacce e bestemmie, si ripromise di folgorarlo con una bella scarica elettrica se solo avesse osato ripresentarsi alla propria porta e dopo gli avrebbe piantato una lama in gola, giusto per togliersi lo sfizio di vederlo annaspare nelle sue stesse stronzate.
—
Fece scivolare la bustina nel palmo tremante del giovane, scambiandolo con la cifra concordata. Aveva la faccia pulita, di uno tutto casa e chiesa. Per un attimo si domandò perché cercasse della droga: semplice curiosità, una stupida scommessa, stress da vita perfetta...? Accantonò la questione non appena le loro pelli si separarono, prendendo direzioni opposte. Se davvero era come affermava Eren, se realmente non c'era modo per espiare i propri peccati, allora era inutile porsi simili quesiti: ne aveva già spediti troppi al camposanto per farsi venire gli scrupoli di coscienza adesso. Il cliente si allontanò quasi di corsa, con l'adrenalina che lo faceva tremare da capo a piedi neanche fosse un fuscello al vento, e Levi attraversò il quartiere, silenzioso, rendendosi invisibile tra le ombre dei lampioni, sue alleate. Superò la cantinola di Mike, dove ogni notte la gente scommetteva qualunque cosa – soldi, auto, qualcuno aveva puntato persino la moglie...! – nella speranza di recuperare quanto scialacquato. Il tanfo di sigarette e cubani superava la barriera delle finestre serrate, tanto era intenso, sollevandosi fino al marciapiede. Si sarebbe potuta definire un luogo di perdizione, ma cosa c'era da perdere per chi non aveva mai posseduto niente?
Arrivato all'angolo, Levi cercò di non guardare verso il palazzo cadente alla propria sinistra – aveva già avuto troppe rogne in sole ventiquattr'ore – eppure non riuscì ad evitarlo. Qualcosa gli si strinse nel petto a vederli rannicchiati sulle scale nell'androne, e si avvicinò ai due mocciosi. La piccola piangeva, stringendo il fratello in una morsa che avrebbe stritolato chiunque, mentre lui le accarezzava la testa con movimenti regolari, tentando di calmarla. Era successo, ancora.
«Dovreste andarvene da qui. Finirete stecchiti prima del tempo» mormorò. Isabel sgranò gli occhioni, aggrappandosi alla sua gamba.
«Fratellone!» singhiozzò, e Levi la prese in braccio, cercando sul suo volto segni di percosse.
«Sta bene, non le ha fatto niente» lo rassicurò Farlan. Al contrario di lei, il bambino aveva un occhio nero, il labbro spaccato e la maglietta strappata sulla schiena dove, in preda alla furia, era stato strattonato affinché non sfuggisse alle grinfie del proprio carnefice. Aveva protetto la sorella, pagandone lo scotto.
«Sei stato coraggioso» gli disse, offrendogli il pugno in segno d'intesa e Farlan sorrise trionfante, ricambiando il gesto.
Levi mise Isabel a terra, i codini storti e un po' arruffati, dopodiché guardò entrambi con espressione seria.
«Prendete un treno, andate da vostra zia.»
«Non possiamo lasciare la mamma da sola. Chi si prenderà cura di lei?»
«Lei non si prende cura di voi: preferisce ubriacarsi e farsi picchiare fino a svenire, piuttosto che lasciare questo squallore e quella... bestia.»
«Ma è la nostra mamma...» piagnucolò Isabel. Levi avrebbe voluto dirle che averli messi al mondo, per quella donna, era stato solo un errore di calcolo e non un atto materno, tuttavia si morse la lingua; preferiva preservare quel briciolo di innocenza che ancora possedevano.
Farlan lo guardò con fierezza. «Le proteggerò io, tranquillo.»
A quelle parole Levi sospirò, sconfitto.
Era più di un anno che le cose andavano avanti in quel modo. La prima volta che li aveva incontrati, di ritorno dal giro, Isabel era mezza svenuta e con una costola incrinata. L'aveva rimessa in sesto come meglio poteva, incapace di fingersi cieco dinanzi un tale scempio. La successiva, Farlan aveva dei cocci di vetro conficcati in una mano. Aveva fasciato anche lui, pulendo la ferita alla bell'e meglio – non girava di certo con un kit per il pronto soccorso...!
Avrebbe voluto dare una lezione a quell'animale – chi non lo avrebbe desiderato? – che si ritrovavano per patrigno, ma con quale diritto? Non era un familiare e nemmeno un conoscente; Levi era soltanto uno spacciatore di passaggio che li ricuciva a stento, sperando che riuscissero a vivere gli ultimi scampoli di un'infanzia decente, prima che fosse troppo tardi. E comunque, non ci avrebbe ricavato nulla se non altri guai.
«Sono certo che lo farai. Nel frattempo vatti a comprare una bistecca da mettere su quell'occhio» disse, allungandogli qualche banconota dall'incasso della serata. «Quando si sarà sgonfiato mangiatevela, che siete pelle e ossa, intesi?»
«Grazie, fratellone, sei il nostro angelo custode!» Isabel lo abbracciò di nuovo, finalmente più serena, tirando poi il fratello verso il supermarket notturno. Farlan lo salutò e insieme sparirono dietro l'angolo.
Levi rimase lì qualche secondo ancora, rimuginando sui tanti modi in cui poteva essere definito tranne "angelo", soprattutto dopo le ultime scoperte sui contorti meccanismi dell'universo. Fissò la tromba delle scale, quasi temesse che quell'orco potesse seguire i bambini e riprendere la propria opera lì dove l'aveva interrotta. Nessuno si mostrò e il ragazzo si incamminò verso casa, le mani in tasca e la mente altrove. Sopra un tetto, abilmente celato nell'oscurità, qualcuno lo osservava, curioso.
Forse non l'aveva mai provata sulla propria pelle, ma dentro di sé Levi sapeva esattamente cosa fosse la compassione... cosa fosse l'amore. Eren ne era sicuro, e voleva scoprire di più su di lui e quell'inutile sentimento che lo aveva mosso, lì dove lussuria e cupidigia avevano fallito.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top