Buon compleanno, Nina!
- Ma che fine hai fatto? -
Le pupille dilatate di Liam fissavano quelle di Nina in attesa di una risposta e lei non riusciva a fare altro se non rivedere se stessa dentro quello sgabuzzino.
Quanto era passato? Quanto tempo era rimasta là dentro con Riccardo?
A lei sembrava un'eternità, ma sforzandosi di tornare lucida si convinse che fossero trascorsi non più di dieci minuti.
- Te l'ho detto, sono uscita a fumare. Non mi stupisce che tu non mi abbia nemmeno sentita. -
Lo vide incassare il colpo e si sentì terribilmente in colpa e ancor di più le salì il magone quando lui allungò una mano per accarezzarle il viso. Ma accadde qualcosa di peggiore, qualcosa che la fece tremare più di qualsiasi forma di senso di colpa: appena le dita di Liam le sfiorarono la pelle, Nina si irrigidì. Su quella stessa guancia sentiva ancora bruciare l'impronta incandescente delle labbra di Riccardo e il suo cuore perse un battito.
Spostò lo sguardo oltre le spalle di Liam e lo vide passare con dei piatti vuoti in mano. Non la guardò, e senza rendersene conto Nina sospirò di sollievo. Non avrebbe saputo nascondere le proprie emozioni: era troppo presto.
- Hai ragione, Nina, perdonami. -
Lei tornò a posare gli occhi sul fidanzato, che prendendole la mano proseguì: - Tra poco arriva la torta, dai andiamo. -
Senza aggiungere altro si lasciò guidare di nuovo verso il loro tavolo e non le ci volle molto per capire quanto tutti fossero nervosi per qualcosa e infatti, appena misero piede sulla veranda, Matteo si precipitò da Liam.
Le rivolse un'occhiata eloquente, che significava che la sua presenza non era gradita e che quanto avevano da dirsi non era qualcosa che lei poteva ascoltare.
Andò quindi a sedersi, lasciandoli da soli a confabulare e anzi, fu grata di avere la possibilità di starsene per un po' in disparte e di provare in quel modo a rimettere ordine dentro la sua testa impazzita.
Ma ben presto capì di non esserne in grado, perché ogni volta che abbassava le palpebre il suo cervello le proiettava davanti sempre la stessa immagine. Che poi era la stessa del...
... del ragazzo sorridente che sta venendo verso di noi con la mia torta tra le mani...
I loro occhi si calamitarono gli uni con gli altri e lei avvertì nel proprio ventre un'onda bollente che la fece arrossire. Spostò quindi lo sguardo su Liam e Matteo, che accortisi dell'arrivo della torta, si rivolsero un cenno d'assenso e a passo svelto raggiunsero il tavolo.
Le luci si spensero e l'unica cosa che Nina riuscì distintamente a vedere fu il viso di Riccardo illuminato dalla luce della candelina.
I ragazzi intonarono un improbabibile e stonatissimo "tanti auguri a te", mentre lei non riusciva a distogliere lo sguardo da quei due pozzi neri che erano i suoi occhi.
Sembrava volerle parlare attraverso di essi.
Sembrava volerla rendere partecipe di una dolce, piccante promessa.
- Buon compleanno, Nina... - mormorò posandole davanti una torta Charlotte con le fragole.
Lei deglutì.
- Grazie... -
- Avanti, Nina. Soffia! -
Era suo fratello Matteo che la incitava ad accelerare i tempi, mentre Liam le passava un braccio intorno alle spalle tese.
Fingendo una tranquillità che le era del tutto estranea, Nina soffiò sulla candelina e sorrise davanti all'applauso di chi le stava intorno.
Con la coda dell'occhio vide Riccardo allontanarsi, mentre un sussurro al vino rosso arrivò bollente a lambirle un orecchio.
- Il mio regalo, amo'. Aprilo. -
Lei si voltò a guardare Liam porgerle una piccola busta dai mille colori e piuttosto curiosa la afferrò, impaziente di aprirla.
- Oh... -
Abbozzò un sorriso nell'estrarre un buono omaggio di un rinomato centro estetico per una seduta di massaggi.
Non era nemmeno di coppia...
Con l'amaro in bocca pensò che avrebbe quasi preferito un altro mazzo di rose, se non altro per quello Liam si sarebbe dovuto prendere il disturbo di sceglierle.
Scosse la testa e sollevò il mento per guardarlo e ringraziarlo, ma l'attenzione del suo fidanzato era già rivolta altrove. Nina vide Matteo muovere il capo in un cenno d'assenso verso lui e gli altri, e in un attimo tutti furono in piedi: lei compresa.
Liam le passò accanto accarezzandole distrattamente una guancia.
Nemmeno fossi il suo barboncino!
Poi come un fulmine uscì dal ristorante insieme agli altri. Suo fratello le andò vicino mentre lei, ancora confusa, osservava il fidanzato andare via.
- Nina, non sai quanto mi dispiace, ma... dobbiamo andare via subito. -
Lei non rispose, limitandosi a guardare la torta ancora integra sul tavolo.
- Ci vediamo domani, ok? - continuò Matteo.
Infine Nina si decise ad alzare gli occhi su di lui.
- Che state combinando, Matte'? -
In risposta lui le sfiorò il mento con le dita, le posò un bacio su una guancia e, come Liam, sparì dalla sua vista.
Rimase da sola al centro della veranda, più preoccupata per ciò che sarebbero andati a fare loro che delusa per l'intera serata. Sospirando infilò il cappotto, afferrò la borsa e a passo lento raggiunse la sala principale.
- Ti hanno lasciata da sola? -
Riccardo le si era materializzato accanto e quando lei si voltò incontrò la sua espressione dispiaciuta.
- Almeno hanno pagato il conto? - domandò imbarazzata.
Nel frattempo erano arrivati fuori dal locale e infreddolita dall'aria pungente Nina si strinse nelle spalle.
- No, ma lo faranno. Succede spesso, tranquilla. - le rispose.
Nina fece una smorfia.
Voleva solo andarsene da lì. Erano troppi gli avvenimenti che il suo cervello stava tentando di elaborare e avere Riccardo di fianco non le era d'aiuto. Non riusciva nemmeno a guardarlo in faccia. Non voleva guardarlo in faccia. Il rischio di impigliarsi di nuovo nella sua tela era troppo alto e lei non ne aveva davvero bisogno.
- Allora se per il conto già sai io me ne vado. -
Mosse poi un passo verso il marciapiede, ma il tono perentorio della voce di lui la bloccò.
- Non se ne parla, Nina. Dammi cinque minuti e ti accompagno. Non andrai in giro da sola. -
Lei si voltò piano. Riccardo era serio e la tranquillità con la quale stava fumando la sua sigaretta le lasciò intendere con estrema chiarezza che sapesse alla perfezione che lei gli avrebbe ubbidito.
Ma chi ti credi di essere?
Un sorriso beffardo prese vita sulle labbra di Nina.
- E tu chi saresti, mio padre? - avanzò con decisione fino a fermarsi a pochi centimetri dal suo viso.
Lo fissò con sfida, cercando di sfuggire al bagliore malizioso che intravide nelle sue iridi.
Non riuscì a decifrare la sua espressione e nemmeno lui la aiutò con le parole. Rimase in silenzio, limitandosi a sostenere il suo sguardo, al che fu lei a incalzarlo ancora.
- Cosa ti fa credere che io abbia vogl... bisogno che tu mi accompagni? - si corresse.
Le labbra di lui si sollevarono in un ghigno.
- Devo davvero ricordartelo qui, puledrina? -
Nina avvampò.
- Vaffanculo! - e dandogli le spalle s'incamminò a passo svelto, per quanto il tacco dodici glielo permise, verso casa.
Complimenti, Nina. Ti sei proprio messa in una bella situazione.
Pensò che non solo si era fatta quasi sbattere dentro uno stanzino da un tizio che nemmeno conosceva, ma che come se non bastasse, il suo fidanzato, che per la cronaca avrebbe potuto benissimo aprire quella porta e beccarla con la lingua del suddetto tipo infilata in profondità nella gola, l'aveva lasciata nel bel mezzo del taglio della torta proprio insieme a lui!
E che cosa faceva quello stronzo? La prendeva pure per il culo.
Invece di proseguire per il porto, deviò verso la scogliera. Aveva bisogno di sentire il vento pungerle il viso, aveva bisogno di respirare la salsedine e di far perdere il proprio sguardo sul tappeto scuro che ricopriva il mare.
- Rischi di farmi licenziare, lo sai? -
Lei ignorò la sua voce e si arrampicò sugli scogli più bassi, fermandosi quando ne raggiunse uno abbastanza in piano.
- Sai nuotare? -
Era proprio dietro di lei, ma ancora una volta Nina finse di non sentirlo e continuò a fissare il buio orizzonte.
Ma che razza di domanda è poi?
- No perché se cadrai in mare, - continuò lui imperterrito - visto che ho notato che anche stasera je l'hai ammollata* cor vinello, non credo che mi butterò per tirarti fuori. Come sai non mi chiamo Jack Dawson e Anzio non è il Titanic. -
- Puoi anche andartene se vuoi. Non ti ho chiesto io di seguirmi. - mormorò lei controvento, per nulla divertita dal suo umorismo.
- No infatti. Me lo ha chiesto tuo fratello! -
Fu in seguito a quella frase che il cuore di Nina perse un battito. Un altro.
All'istante davanti ai suoi occhi si palesò uno scenario del tutto diverso da quello che fino a due secondi prima si era immaginata.
Quella sensazione che da tempo aveva di essere seguita.
Riccardo che si materializzava sotto il suo ombrello, in piena notte e nel bel mezzo di un temporale.
E poi ancora lui che la riportava a casa una sera in cui aveva esagerato con la birra.
Al parco, quello stesso pomeriggio.
Lavorava nel ristorante preferito di Matteo...
Cosa sei, una specie di fantasma?
Più o meno!
Da quando ho i cani da guardia alle calcagna?
Mentre le tornavano alla mente quelle frasi sentì lo stomaco rigirarsi su se stesso, e una rabbia cocente fece accelerare il ritmo già impazzito del suo cuore.
Si girò di scatto per affrontarlo, trovandolo spaventosamente vicino al proprio viso, tanto da poterne sentire il respiro rovente.
- Allora è questo che sei, il fottuto cane da guardia di mio fratello e di Liam! - gli sibilò in faccia.
Lui spalancò gli occhi: sembrava sorpreso. Ma Nina non gli lasciò il tempo di replicare... era un fiume in piena.
- Da quanto mi segui? Quanto ti pagano? Cosa penserebbero se sapessero quello che hai fatto poco fa al ristorante, eh? -
Poi vide mutare la sua espressione. Non c'era più stupore, ma rabbia: la stessa che provava lei per essersi lasciata raggirare come una stupida.
Quando le sue mani le afferrarono il viso, lei provò a ritrarsi, ma la sua fermezza e la potenza del suo sguardo non le permisero di lottare come avrebbe voluto.
- Perché pensi questo? Credi che io abbia architettato tutto quanto? -
La sua voce era bassa e profonda, ma riusciva comunque a sovrastare il rumore sordo del vento e delle onde che si infrangevano sugli scogli sotto i loro piedi.
- Tu... tu li conoscevi già. Quella cosa di Liam che s'incazza perché qualcuno mi ha visto con te non era altro che un teatrino. -
- Liam... -
Digrignò lui tra i denti.
- Sì, Liam. È una finta anche il fatto che non vi sopportate, vero? Pensa un po': da domani sarà anche peggio. Sarà reale, Riccardino, perché gli dirò che il suo tirapiedi ha provato a farsi la sua ragazza a pochi metri da lui! -
Nina trasse un lungo respiro, lottando contro la voglia impellente di prenderlo a sberle. Le mani di lui erano sempre sul suo viso, ma ora i suoi occhi le fissavano affamati le labbra.
- Gli dirai anche di quanto fossi eccitata là... dentro a quello spogliatoio? - mormorò sfiorandole la bocca con il pollice - Gli dirai che le tue labbra non erano più rosse per il rossetto ma per i baci che ci siamo dati? Glielo dirai, Nina? -
Lei deglutì a vuoto, mentre il suo corpo venne percorso da un lungo brivido che le mozzò il respiro.
- Piccola Nina... non dare a me del bugiardo quando sei la prima a raccontare un mare di cazzate. -
Infine Nina trovò la forza per staccarsi dalla sua presa e grazie ai due passi in più che ora li separavano fu in grado di ragionare con maggiore lucidità.
Si strinse le braccia al petto. Riccardo aveva infilato le mani nelle tasche dei pantaloni e la osservava con una tranquillità che rischiò di farla impazzire per il nervosismo. Sembrava quasi divertito.
Ma leviamo anche il quasi...
- Perché non mi hai detto che sei fidanzata? - le domandò a bruciapelo.
Lei scosse le spalle con supponenza.
- Perché avrei dovuto? -
Poi però gli torno sotto.
- Non provarci, fantasma del cazzo! Tu lo sapevi. Sapevi ogni cosa. - gli ringhiò in faccia.
- Dimmi la verità. - disse subito dopo lui, sollevando sfacciatamente un sopracciglio - Anche tu ti infili quella robaccia bianca nel naso? No perché i tuoi sbalzi d'umore mi preoccupano quasi più della tua sordità! -
Non ci posso credere. Ma da quale cinepanettone è uscito questo qui?
Troppo sbalordita per replicare, Nina distolse lo sguardo portandolo su ciò che li circondava: il nulla.
In quella zona del porto, di notte, in pieno inverno, non si avventuravano neppure i gatti. Solo qualche temerario pescatore. Ma quella sera, con il vento che tirava e il mare agitato, nemmeno Sampei avrebbe azzardato una battuta di pesca.
Ma chi voleva prendere in giro? Domandò Nina a se stessa.
Sapeva che Riccardo l'avrebbe seguita e lei lo aveva condotto lì, dove nessuno avrebbe potuto vederli. Mai avrebbe potuto immaginare che quel qualcuno che la controllava, fosse proprio lui.
E ancora lui sembrò leggerle nel pensiero, perché muovendo un passo nella sua direzione riprese proprio quel discorso.
- Non so che film tu ti sia fatta, Nina. Ma ti assicuro che ti sbagli. Conosco tuo fratello e gli altri perché vengono spesso da Remo. Non sapevo che tu fossi la sorella di Matteo, né tantomeno la ragazza di Liam. -
Senza che lei avesse il tempo per ritrarle, Riccardo le afferrò le mani.
- Tu non sei mai venuta insieme a loro, altrimenti credimi... me ne ricorderei. Succede spesso che ad un certo punto della cena, tuo fratello e i suoi amici ricevano delle telefonate che, non so per quale motivo, li costringono ad andare via in tutta fretta. Questa sera è successo che c'eri anche tu, e così Matteo mi ha semplicemente chiesto di accompagnarti a casa. -
Lei lo scrutò dubbiosa.
- Sei libera di non crederci. Sei libera di pensare che io ti segua come un'ombra, che sia uno stalker o quello che ti pare... ma ti garantisco che ti sbagli. -
Una sferzata di maestrale arrivò a pungerle le ossa, mentre le sue convinzioni cominciavano a vacillare.
- Hai le mani gelate. Dai, scendiamo da qui, ti porto a casa e lì sarai libera di mandarmi a quel paese... di nuovo! -
Le strizzò l'occhio e a lei sfuggì una smorfia simile a un sorriso. La rabbia sembrava sfumata così come era arrivata: all'improvviso e senza una vera ragione.
Si convinse di essere solo stanca, stanca di quella giornata che doveva essere speciale ma che si era trasformata in un'autentica giostra senza protezioni.
Lasciò che lui la aiutasse a scendere dagli scogli, protetta dal calore delle sue mani forti, dalle quali si staccò non appena posò i piedi sul cemento.
In silenzio si avviarono verso il centro.
Lui le camminava a fianco, ma rimaneva a debita distanza. Lo vide accendersi una sigaretta e fumarla con nervosismo. Avrebbe voluto dirgli qualcosa: che le dispiaceva ad esempio. Ma non lo fece, e senza più essersi scambiati una sola parola, arrivarono davanti al portone.
*je l'hai ammollata cor vinello.
(Ci sei andata giù pesante con il vino)
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