The Torturer (Pt. 2)
- Non le dispiace se dò un'occhiata in giro, vero?- domandò infine Hank, aggeottando la fronte ed assottigliando le palpebre. Quell'uomo, per quanto apparentemente gentile e disponibile alla comunicazione, continuava a dargli degli atroci sospetti.
Z
latko sembrò innervosirsi leggermente. -Mah... Come ho detto la casa è grande, piena di stanze- disse, guardandosi intorno e facendo scorrere gli occhi sul soffitto sopra alla sua testa - Se non è un problema preferirei accomapagnarla, tenente. Non vorrei che finisse per perdersi-.
-Addirittura.. - grugnì lui. -E va bene-.
Il russo lo condusse fino al salone principale, dove un enorme moquette rossa antica si allungava sul pavimento fino alla grande scalinata principale che conduceva al piano superiore.
Non appena i due iniziarono a salire, davanti all'ultimo gradino verso l'alto apparve una figura massiccia, spaventosamente alta e robusta. In un primo momento Hank credette che si trattasse di un uomo, ma solo pochi secondi il signor Zlatko disse: - Oh, eccolo. Lui è Luther, il mio Androide domestico-.
Lo sguardo del tenente si soffermò sulle spalle larghe e muscolose della macchina, di pelle scura e dall'aspetto impassibile. Non aveva mai visto un androide così massiccio, non pareva affatto un modello destinato ai lavori domestici.
-È... Proprio grosso- borbottò, continuando a salire le scale mentre il robot, immobile, li attendeva al piano di sopra con le mani unite dietro alla schiena.
-Sì... A dirla tutta sarebbe stato un modello destinato ai lavori mercantili- rispose Zlatko -È un regalo di un mio vecchio amico, penso lo abbia riprogrammato prima di darmelo-.
Il tenente Anderson volse il suo sguardo all'uomo e scosse lievemente la testa. - Se devo essere sincero non me ne intendo molto, ma da quello che so è severamente vietato dalla legge intervenire sulla programmazione del proprio androide. Potrebbe essere pericoloso, chiaramente-.
- Non saprei dirle- ribattè lui, stringendo le labbra. -So solo che me lo ha dato così... Io non me ne capisco niente di robotica-.
"Bene, siamo in due allora" pensò Hank.
Non appena i due si trovarono di fronte a Luther, il suo padrone gli impartì un comando.
-Luther, accompagna questo gentile signore per una visita completa alla casa, mostragli pure tutte le stanze-.
Hank si guardò intorno ed iniziò a sentirsi piuttosto teso. - Mi fai... Accompagnare da lui?- chiese.
-Sì, se non le dispiace tenente... Avrei un paio di cose da fare-.
La situazione stava diventando sempre più strana, ed un brutto presentimento stava nascendo come un piccolo fiore nella mente di Hank, crescendo a dismisura. Quell'uomo stava cercando di nascondere qualcosa, doveva stare molto attento.
Il possente Androide dalla pelle scura gli fece cenno con le mani di seguirlo e si incamminò lungo un corridoio, ai lati del quale si alternavano con un ritmo simbiotico quadri appesi e porte tutte uguali.
Luther ne aprì una ed entrò senza esitare, seguito da Hank che si muoveva decisamente con maggiore titubanza. La stanza nella quale si trovavano adesso pareva essere una specie di salotto, decorato con un grande tappeto arazzo sul pavimento ed un maestoso camino antico, dentro il quale serpeggiavano delle fiamme incandescenti. Lungo le pareti, un numero imprecisato di scaffali mettevano in mostra una collezione notevole di libri, impilati con cura e sistemati con ordine.
L'androide attese poco meno di un minuto, poi disse: - Mi segua-. Si diresse a passo lento verso una porta infondo alla stanza, che portava quasi certamente a quella successiva. A quanto pareva le stanze erano connesse tra loro non solo tramite gli accessi sul corridoio.
Hank emise un breve sospiro e seguì i passi pesanti di Luther, che aprì l'accesso a quella che pareva essere una camera da letto. Vi era un grosso armadio antico appoggiato alla parete sulla loro destra, un paio di comodini scoloriti ed un imponente letto matrimoniale, che pareva tuttavia inutilizzato da molto tempo. Dalla finestra posta dietro alla testata del letto si potevano intravedere le luci lontane della città.
-Prego- disse ancora l'androide, riprendendo il cammino verso la porta successiva. Quando quest'ultima venne aperta, però, il tenente sentì il suo disagio crescere a dismisura.
Quella in cui si trovò questa volta non era una stanza come tutte le altre; a terra, il pavimento grezzo era spoglio di qualsiasi elemento d'arredo; vi erano un paio di scrivanie di acciaio poste ai lati della stanza, e due statue di marmo sistemate al centro della stanza. Una lunga fila di fineste raccoglievano luce dall'esterno, ed un vecchio candelavro spento pendeva dal soffitto.
Hank si guardò intorno con preoccupazione, finché il suo sguardo non fu catturato da un dettaglio che solo allora aveva notato: a terra sotto ad una delle finestre, giacevano quelli che parevano essere componenti di androidi.
Un intero tronco superiore femminile, con tanto di braccia. Un paio di articolazioni distese sul paviemnto. Una testa maschile.
Il tenente osservò quegli oggetti in silenzio, e nella sua mente iniziarono a comparire una lunga serie di domande.
Dove aveva preso quei componenti?
Perché li possedeva?
Era forse stato lui a smontare quegli androidi? Di conseguenza, era stato lui a riprogramamre Luther?
In quel preciso momento Hank realizzò di essere davvero finito in una situazione pericolosa; capì che doveva andarsene via da quel posto, e tornare magari munito di un mandato di perquisizione e del supporto di qualche collega.
Tuttavia, non ebbe il tempo di fare assolutamente nulla. Ancor prima che potesse rendersene conto, una delle porte dietro di lui si spalancò violentemente, andando a sbattere contro alla parete.
-Luther, prendilo- esclamò a gran voce Zlatko, mentre si precipitava all'intero della stanza.
Il tenete alzò la mano ed afferrò l'impugnatura del revolver che teneva nascosto sotto alla giacca, ma non ebbe neanche il tempo di estrarlo. Sentì un colpo sordo ed un improvviso quanto acuto dolore all'attaccatura del collo; non ebbe il tempo di gridare né tanto meno di reagire e si ritrovò a terra solo pochi attimi dopo.
Percepì il pavimento freddo a contatto con la sua guancia, poi un secondo violento colpo sulle sue costole. Subito dopo, l'uomo svenne.
......
Hank aprì le palpebre lentamente; le sentiva pesanti, stanche.
I suoi occhi impiegarono diversi secondi a mettere a fuoco l'ambiente che lo circondava, anche a causa del fatto che era scarsamente illuminato.
Un pungente odore che non riuscì ad identificare raggiunse le sue narici; tentò di alzarsi ma le suole delle sue scarpe scivolarono su qualcosa di viscido che si trovava sul pavimento. L'uomo abbassò lo sguardo e toccò quel materiale con la punta di un dito, per poi sollevarlo ed avvicinarlo al suo viso.
Sangue blu. Il pavimento era ricoperto di Thirium, la sostanza che nutre tutti i biocomponenti degli androidi. Paragonabile al sangue umano.
-Merda...- farfugliò, tentando ancora una volta di tirarsi un piedi. Con lo sguardo compì un giro su sé stesso, creando di capire dove si trovasse e come fosse arrivato fino a lì.
Si trattava di una stanza di medie dimensioni, priva di illuminazione elettrica e di ogni qualsivoglia tipo di elemento d'arredo. A giudicare dell'altezza dell'unica finestra presente, Hank poté dedurre che quella stanza si trovasse nel seminterrato della vecchia villa.
Sollevò una mano e la poggiò sul suo collo ancora dolorante, mentre continuava a guardarsi intorno. Man mano che i suoi occhi si abituavano a fendere l'oscurità, riusciva a vedere un numero sempre maggiore di dettagli.
Il suo cuore mancò un battito quando si rese conto che l'ammasso scuro difronte a se non era un armadio o un tavolo, bensì un enorme mucchio di componenti di androidi ammassati uno sull'altro. L'uomo indietreggiò turbato di un paio di passi, finendo per sbattere contro a qualcosa; si voltò di scatto, e notificò con orrore la presenza di un robot seduto a terra, con la schiena poggiata contro il muro e lo sguardo basso. Pareva essere attivo ma non si muoveva, fatta eccezione per il rapido e continuo sbattere delle sue palpebre. Era completamente spoglio, e la sua pelle sintetica era così danneggiata da lasciar intravedere quasi tutti i componenti interni del suo corpo; ed il suo cranio era stato orrobilenete aperto, modificato con qualche tipo di componente proveniente chissà da dove.
Hank emise un mugulo di disgusto e terrore, tornando a voltarsi nella direzione opposta. Un'altro androide, ridotto in condizioni simili, giaceva disteso a terra nell'angolo più distante di quella stanza.
"Quell'uomo è un pazzo " pensò il tenente portandosi le mani alla testa "Sono finito nella tana di un pazzo, maledizione.... E di sicuro si trova qui anche il prototipo".
Senza neanche rendersene conto, si soffermò su quell"ultimo pensiero.
Connor era quasi certamente stato catturato e gettato in quello scantinato assieme agli altri robot; forse era stato smontato, forse era stato ridotto nel peggiore dei modi.
Per una ragione che dapprima non riuscì a spiegare, si scoprì profondamente turbato da quel pensiero. Era passato in modo improvviso dell'indifferenza più totale ad una profonda preoccupazione per la sorte di Connor.
Senza che potesse in alcun modo evitarlo la sua mente ripercorse i ricordi più recenti; vide il volto serio e pacifico di quella macchina, lo sguardo semplice e leale nel quale, qualche volta, gli era quasi sembrato di intravedere qualcosa di umano.
Il solo pensiero che quel pazzo di Zlatko avesse fatto a pezzi quel robot gli faceva accapponare la pelle.
Adesso non si trattava più di risolvere un problema legale con la Cyberlife.
Adesso si trattava di Connor.
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