- Capitolo Sei -
No!
Forza alzati, tu non sei così.
La mia coscienza mi spronava a tornare ad essere me stessa.
Ma ancora non aveva capito, che la vecchia Felicity era morta.
Dovevo rialzarmi, posare le forbici e riprendere in mano la mia vita.
Guardai ancora il mio polso e avvicinai la lama, quel tanto che bastava a far uscire una goccia di sangue.
Lo avevo fatto di nuovo.
Ero caduta ancora in quel limbo.
Pensai alle mie sorelle, a Charlie.
Come potevo farlo ancora?
Con un gesto secco, scaraventai le forbici lontano dalla mia vista e poggiai la testa sul bordo della vasca singhiozzando.
Patetica, ero patetica.
Dovevo preparare tutte le mie cose per la partenza, ma non riuscivo a fare altro oltre a commiserarmi per la mia stupidità.
Da quella notte, mi maledivo ogni santo giorno, riuscivo a trascorrere l'intera giornata in pace senza ricordi, ma appena poggiavo la testa sul cuscino, quello che avevo vissuto tornava a trovarmi.
La mia mente aveva più forza di me; tutto mi ricordava quella sera: un profumo, un colore, un oggetto.
Nei sogni poi, era un continuo rivivere ogni minimo particolare perfino le sensazioni provate.
Sognavo tutto, e nel momento in cui lui mi afferrava per i fianchi mi svegliavo, urlando.
Sapevo benissimo che non potevo vivere così.
Cominciai a ridere da sola, senza motivo.
Mi strofinai il viso con una mano e il sangue fresco mi colò sul petto.
Dannazione!
Sospirai e mi alzai, diretta al lavandino per lavare le mani e i denti.
Riflessa nello specchio c'era una figura che non riconoscevo.
Cosa ero diventata?
Una ragazza spenta, vuota e trasandata mi guardava di rimando.
I miei pantaloni, rigirati più volte in vita, per quanto erano larghi, mi scendevano sui fianchi.
La maglietta che pendeva sulla mia spalla faceva intravedere il completino di pizzo di Victoria's Secret.
Non avevo bisogno nemmeno di guardare i miei capelli o di annusarmi per sentire il mio odore. Sapevo benissimo che puzzavo da morire e che i miei capelli avevano bisogno di essere lavati.
Dio!
Come avevo fatto a ridurmi così!Avevo bisogno di una doccia e subito.
Forse la mia coscienza aveva ragione, io non ero così.
Dovevo trovare una soluzione, dovevo combattere, rialzarmi e tornare ad essere me stessa.
Lo dovevo alla me di due anni fa, alla luce che mi mancava da troppo tempo.
Mi diedi un'ultima occhiata e poi girai su me stessa diretta in camera.
Un dettaglio sulla porta del bagno, prima di oltrepassarla, attirò la mia attenzione.
Graffi e smalto secco.
Sorrisi di un sorriso vero dopo ore, forse mesi.
Celine, mia sorella, a dieci anni li aveva lasciati per scappare da Crystal che la rincorreva con una spazzola, solo perché la prima aveva rubato degli orecchini all'altra e questi si erano rotti.
Quel giorno avevano generato un caos talmente grande, da scomodare anche i vicini.
Erano in ogni circostanza amiche, ma anche nemiche.
Tornai in stanza sorridendo e scuotendo la testa.
Anche lontane erano capaci di esserci.
Gli occhi mi caddero sull'orologio appeso alla parete mentre mi sedevo sul letto. Le sette.
Di solito la sera dopo cena, io e le gemelle ci sentivamo per telefono, ma ieri sera dopo la notizia del trasferimento, avevo chiamato Charlie e poi l'avevo spento.
Avrei dovuto chiamarle, raccontare anche a loro cosa fosse successo.
Magari trovare una soluzione insieme.
Mi alzai di corsa e scavalcando tutte le cose che avevo gettato a terra, andai alla ricerca del mio defunto telefono.
La mia camera era piccola, normale, con una scrivania, un armadio, pareti lilla e viola.
Al centro c'era un letto con baldacchino fatto apposta per me da mio nonno Jon. Era tutto un caos ora però. Ci avrei messo mesi a ritrovarlo.
Guardai alla mia destra e calde tende color lavanda contornavano la mia finestra con vista mozzafiato.
Era il mio posto preferito.
I miei per Natale, qualche anno fa, mi avevano regalato una poltrona soffice lilla.
A detta loro, erano stanchi di vedermi seduta per terra a leggere.
Di solito mi rannicchiavo proprio lì a contemplare il paesaggio con una buona lettura.
Guardai la poltrona e notai il mio telefono.
Mi sedetti, lo accesi e mentre aspettavo, cominciai a pensare alle gemelle.
Cosa potevo scrivere per non allarmare nessuno?
Giocherellai con la collana che portavo al collo, un regalo delle mie sorelle per il mio tredicesimo compleanno.
Era un medaglione a forma di cuore apribile, con all'interno due foto che ci ritraevano.
Una fatta un'estate al mare quando eravamo in vacanza e l'altra un selfie di noi tre allungate sul mio letto.
Sospirai e guardando fuori mi accorsi che il cielo mi stava regalando un'emozionante tramonto.
Sorrisi amareggiata a quella vista, amavo e odiavo quel momento.
Adoravo i colori, le sfumature degne di cartoline o di quadri dipinti da pittori, ma odiavo quello che ne veniva dopo.
La notte, l'oscurità, il buio.
Involontariamente, mi toccai il fianco come ero solita fare quando sentivo le tenebre avvolgermi.
Lo facevo sempre, un gesto automatico e inconsapevole, accarezzare l'unico tatuaggio che avevo.
Tre parole che racchiudevano un mondo.
Promise Spice girls.
Una promessa.
Quella che io e le gemelle ci eravamo fatte tempo fa.
Qualsiasi cosa fosse successa, noi ci saremmo state.
Tre parole, mille significati.
Quando Celine l'anno scorso ci parlò di farlo eravamo sicure della nostra scelta.
Erano tornate dal college per le vacanze natalizie.
Un giorno chiuse in camera mia a parlare di come fosse cambiata la mamma, nonostante la sua assenza e i suoi modi.
Dopo svariate ore, eravamo arrivate a un'unica conclusione; c'era qualcosa che non andasse in lei.
Era diversa, quando papà non c'era, soprattutto nei miei confronti.
Nei momenti in cui lui era nei paraggi, lei era tutta sorrisi, abbracci e baci. Dolce come il miele ed eternamente preoccupata per noi.
Quando non c'era lui , nei confronti di Crystal e Celine era inesistente, come se non le importasse nulla di loro.
Nei miei riguardi invece, diventava una belva, furiosa e cattiva.
Così Crystal sentenziò che non era importante se la mamma c'era per noi, tanto noi tre ci saremmo state l'una per l'altra.
Celine concordando con lei, propose così di farci un tatuaggio uguale che rappresentasse la nostra promessa.
Potevamo allontanarci chilometri e chilometri, ma ogni volta che posavamo gli occhi su di esso, dovevamo ricordarci che altre due persone nel mondo lo avevano sulla loro pelle uguale al nostro.
Sorrisi e alzai la maglietta.
Le tre parole scritte con inchiostro nero mi guardavano di rimando.
Dovevo scrivergli.
Feci un lungo respiro e aprii la chat di gruppo con le mie sorelle.
TY: Ehi.
CELINE: Che succede?
TY: Nulla. Perché? Scusate per ieri, il telefono é morto.
CELINE: Ty! Non prendermi per il culo! Cosa sta succedendo?
CRYSTAL: E che cavolo! Sto studiando!Possiamo video chiamarci stasera come sempre?
Oh! Chi é morto?????
CELINE: Cara la mia sorellona, IL TELEFONO É MORTO.
Santo Cielo, che rincoglionita! Leggi il messaggio di Ty, e per la cronaca, il mondo non gira intorno a te .
CRYSTAL: Si ok ok, stai zitta! Cosa diamine succede?
TY: ma perché vi allarmate cosi? Non è successo nulla di grave!
CELINE: perché ci allarmiamo? e ce lo chiedi anche? Cry fai svegliare tua sorella, è ancora nel mondo dei sogni! Come te del resto! XD
CRYSTAL: CELINEEEE! Noi ci preoccupiamo sempre per te e poi, dai piccola, tu che scrivi "Ehi?" ma da quando? Di solito ci riempi di frasi sdolcinate, "Amori miei", "Stronze del mio cuore", non "Ehi" !
TY: Ok. Non vi allarmate. Fra due giorni, ci trasferiamo, andiamo ad abitare a Sacramento.
CRYSTAL: COSA??????
CELINE: No, nononono no. Aspetta, aspetta. Cosa? Spiegati meglio!
TY: Mamma e papà hanno deciso così. Hanno ricevuto una promozione al Mercy General Hospital e dobbiamo trasferirci, il resto ve lo lascio immaginare.
CELINE: Sai quello che significa?
Le mie sorelle sapevano cosa c'era lì.
Sapevano il dolore che avevo affrontato e quel peso che portavo ogni giorno.
CRYSTAL: Oh Ty! Amore mio....
TY: Io non ce la faccio. Vi prego aiutatemi. Ho provato a fargli cambiare idea ma non vogliono.
CELINE: Sai come stanno le cose. Abbiamo litigato con mamma e papà per il matrimonio, non parliamo con loro per questo motivo, l'unica cosa che ci lega a quei due, sei tu cucciola.
Troveremo una soluzione, ma non chiederci di parlare con miss stronza egoista e mister coglione succube...
CRYSTAL: CELINEEEE! Cazzo, sei sempre così sensibile come un procione! Ty sai come sono diventati, papà non è più lo stesso, si fa comandare da mamma.
CELINE: Ma che vuoi Cri? Chiamala per il suo vero nome! ovvero quella grandissima p....
CRYSTAL: Celine e che cazzo, basta... lo so anche io cosa è, ma regolati, c'è Ty.
Comunque troveremo una soluzione, vedrai.
CELINE: Ho detto solo la pura verità. Vado a farmi la doccia, ci sentiamo dopo zuccherino.
TY: Ok. ci sentiamo stasera.
Spensi il telefono e mi allungai sul letto ammirando il soffitto.
Milioni di stelle mi ammiravano a loro volta.
Mi avevano dato speranza nei giorni bui, così come le mie sorelle me ne avevano data ora.
Chiusi gli occhi esausta e i ricordi di quella notte riaffiorarono come un uragano.
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