Sogno e realtà

Finalmente ho finito con quel periodo di febbre assurda, sembro uno zombie.

Il virus ha fatto il suo lavoro e davanti allo specchio non mi riconosco.

Il viso scarno e pallido, ho perso un po’ di tono muscolare, sono dimagrita tantissimo.

Ludo quando viene a stento mi guarda, dice che i miei occhi fuoriescono come lame di cristallo, che sembro una versione di Psyco pronta solo con lo sguardo a ucciderla.

Stefania spesso mi fa compagnia, mentre il figlio gioca in cortile, lei si prende cura di me.

Mi parla di mamma, dice che era la sua migliore amica. Piange ogni volta che guarda il suo ritratto che ho sul comodino.

Si asciuga in fretta le lacrime e mi racconta aneddoti sulla loro amicizia adulta.

Dice che mamma le era stata vicino mentre lei divorziava, che è stata una grande amica. Quando ci siamo trasferiti a Milano si scrivevano lunghe lettere.

“Scherzavamo sul suo nome, Destiny perché era destino incontrarci”

Si mia mamma si chiamava Destiny, mi manca sentire l’odore di camomilla che si propagava per tutta la casa, che puntualmente preparava quando mi ammalavo.

O l’odore intenso dei suoi brodi, un toccasana per questi periodi…

Stefania fra le tante cose che mi racconta, mi ha detto che fa ripetizioni a casa sua…

Non sarebbe una cattiva idea, approfittando della malattia magari andare male in qualche materia… chi lo va a vedere se é vero o meno, così potrò vedere casa di Antonello.

Ho una gran voglia di parlargli, lui gioca nel mio cortile ma non é salito, almeno non da quando sono completamente lucida.

Il suono del computer mi fa capire che mi stanno chiamando.

Apro l’icona ed ecco lui Mark.

“Ehi cucciolotta di ghiaccio ho una notizia per te” cantilena

Non rispondo quindi lo prende come un invito a continuare a parlare.

“Per le feste di natale ti vengo a trovare, contenta?”

Rimango impassibile davanti allo schermo, ci sto ragionando troppo, ma mi da fastidio che si sia presa la libertà di trattarmi come una bambola di pezza.

Ho lo sguardo basso, e sto torturando il maglione di ciniglia verde.

“Ehi occhi di ghiaccio, guardami! Non sei contenta che il tuo orsacchiotto venga a mangiare un po’ di miele?”

Ma come parla questo? Miele...orsachiotto..

“Alice guardami!”

Scatto in piedi come una molla, mi ha spaventata con il suo tono autoritario.

Una volta in piedi il passo successivo é inevitabile, stacco la presa dal muro, lo schermo si chiude con un vortice nero e un rumoretto che sembra risucchiarsi tutto il male elettromagnetico

Questo gioco non mi va più bene, sono stanca di essere considerata da lui una pezza da piedi, quando vuole si può ripulire le scarpe, come vorrei che ci fosse mia mamma mi insegnerebbe a saper trattare con queste persone.

Un consiglio lo avrei accettato ben volentieri, a mio padre non lo posso dire, non mi posso sfogare con lui, vive in un mondo tutto suo. É stato già imbarazzante quella volta che mi trascinò dal ginecologo perché aveva trovato una mutanda da uomo in casa su a Milano, costringendomi, nonostante la risposta negativa del dottore, a usare la pillola.

Mi ha fatto sentire così disprezzata e poco amata, non mi aveva creduta e quello forse é stato ciò che mi ha fatto più male. Chissà se un giorno riusciremo a parlare come due persone civili, senza la sua costante paura che io possa tradire la sua fiducia.

Suonano alla porta, trascino le mie ossa fin lì.

“Perché hai spento il computer?”

Sono pietrificata, Mark che ci fa qui?

“Ma che hai? Sei malata?”

Mi gira la testa, le gambe mi cedono, buio.

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Un nuovo capitolo, spero vi piaccia. Buona lettura e un abbraccio virtuale

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