5.TRAMONTI ROMANI

Jeremy Duven era sempre stato un uomo sportivo, amava correre, amava la sensazione di libertà che gli dava la corsa, la fatica nelle gambe, il sudore che sentiva scorrere lungo la schiena, la musica nelle orecchie tutte queste cose lo facevano sentire un uomo normale, e sentirsi normale era la cosa di cui aveva più bisogno in quel momento della sua vita.

Tutti i giorni appena aveva un ora libera usciva dallo stato vaticano in pantaloncini e maglietta e cominciava la sua corsa in salita, la corsa che prediligeva, in fondo la corsa in salita poteva benissimo essere la metafora della sua vita, le difficoltà che aveva incontrato le aveva affrontate sempre di corsa convinto che nel momento in cui avesse rallentato non sarebbe più ripartito con lo stesso impeto e lo stesso coraggio.

Ed anche quel pomeriggio di un tiepido marzo romano stava correndo con la testa leggera sulla salita del Gianicolo, nessun pensiero in quel momento, nessuna preoccupazione, solo una versione acustica dell' Halleluja di Leonard Cohen nelle orecchie che in quel momento rendeva la sua corsa più poetica e rilassante.
Era ormai quasi giunto al Belvedere quando il suo telefono cominciò a vibrare, rallento' giusto un po' la corsa giusto per vedere di chi si trattasse

ANNIE

Quel nome sul display lo fece trasalire, ma di certo non poteva evitare di rispondere, in fondo lui stesso gli aveva detto che poteva chiamarlo ogni volta che voleva. Si fermò, tolse gli auricolari e rispose

-Ciao Annie

-Ciao...

-Tutto bene?

-Si...avevo solo voglia di parlare un po' con te

-Dimmi

-Mi manchi

Jeremy degluti' e strinse i pugni, anche a lui mancava, quel mese passato insieme a New York era stato un meraviglioso salto nel passato, avevano chiacchierato, avevano scherzato, si erano ritrovati dopo 25 anni ed era come se non si fossero mai lasciati.

-Anche te...mi manchi

Un leggera risata dall'altra parte

-Allora che si dice nelle stanze del potere della chiesa?

-Tutto procede, e sai che rapporto difficile ho con il potere, e te invece?

-Io tutto bene, il lavoro procede per il meglio

-Come sta il piccolo Jeremy?

-Bene, sta molto bene sai che tra poco meno di un mese sarà il suo compleanno?

-Oh davvero? Dimmi la data precisa così gli manderò un regalo

-Lui ha espresso un desiderio

-E quale?

-Parlare con te

Il cuore di Jeremy perse un battito, rimase in silenzio per un attimo

-Lo chiamerò...

-Veramente?

-Certo

-Grazie, ne sarà felicissimo e lo sarà anche Josh

-Sarà un piacere per me, però dimmi la data del suo compleanno, vorrei veramente fargli avere un regalo

-È il 4 aprile

-Appena rientro me lo segno in agenda, ora sono fuori

-A far del bene?

-No a correre

-Jeremy non devi fare sforzi lo sai

-Mi sento bene, è solo una corsetta leggera e ne ho bisogno

-Guarda che sei assolutamente in forma

-Non lo faccio per essere in forma, lo faccio perché ne ho bisogno per liberare la mente ed affrontare i problemi in modo più sereno

-Interessante, dovrei andare a correre anche io

-Uhm non ti ci vedo molto a correre

-Hey potrei sorprenderti!

-Allora la prossima volta correremo insieme

-Non esageri eminenza!

Jeremy si mise a ridere, e si rese conto in quel preciso istante di quanto davvero gli mancasse la compagnia di Annie, di quanto amasse parlare e scherzare con lei, di quanto si sentisse capito e accettato da lei che...lui...

-Annie devo andare, ho un appuntamento tra un ora e devo tornare indietro e farmi una doccia per essere presentabile

-Giusto hai un immagine da conservare...una bella immagine

-Quanto ti piace prendermi in giro?

-Tanto

-A presto Annie

-A presto Jeremy...un bacio

L' uomo chiuse la comunicazione e si sedette su una panchina, non era arrivato al belvedere del gianicolo, non gli importava il suo cuore e la sua mente erano in conflitto, da un lato sapeva quanto amasse la sua missione, quanto fosse legato alla chiesa, all'aiuto verso il prossimo ma dall'altro sapeva anche quanto volesse bene ad Annie, quanto lei contasse per lui. Normalmente le due cose non sarebbero state in contrasto, e non avevamo motivo di esserlo, erano solo amici, certo c'era un passato, un vissuto, ma era passato non c'era stato nessun tipo di contatto tra loro da 25 anni ma allora perché si sentiva, in un certo senso di tradire il suo ruolo? La sua missione? Perché non riusciva a vivere il tutto con serenità? Quali erano le sue colpe? Non sapeva, non poteva sapere...e se avesse saputo? Avrebbe sposato davvero la sua causa? Avrebbe fatto davvero quella scelta? Sarebbe il cardinal Duven ?
La risposta non la sapeva, ma sapeva fin troppo bene che avrebbe passato un altra notte insonne a cercare risposte che non avrebbe trovato, a cercare un Dio che sembrava l'avesse abbandonato.
Osservava il cielo, il tramonto su roma, un immagine che normalmente gli dava serenità ma che questa volta gli dava malinconia, una sensazione nuova che però in quel momento non poteva perdere tempo ad analizzare, doveva rientrare nei sacri palazzi quanto prima, aveva un incontro ben poco piacevole con il cardinale Augusto Frazi un uomo che amava il potere, che amava il comando e con cui si era scontrato più e più volte e questo incontro non sarebbe stato migliore degli altri.

Passò l'ingresso del Perugino e salutò i gendarmi alla guardiola, e continuò a camminare verso il suo appartamento che si trovava nel primo palazzo a sinistra, proprio davanti la casa Santa Marta dove sarebbe entrato per la prima volta come cardinale elettore nel prossimo conclave, si ritrovò a pensare alle sensazioni che avrebbe provato, questi pensieri gli derivano dal fatto che sapeva bene cosa volesse Frazi.

Mentre si vestiva dopo aver fatto una doccia ripensava al colloquio avuto di sfuggita qualche giorno prima con il cardinal Dario Poretto, lui si era un suo amico, un amico vero che conosceva da anni e con cui aveva condiviso la sua prima missione in uno sperduto villaggio del Perù.
Dario lo aveva informato che il Santo Padre Paolo VII non stava bene e che da lì a qualche giorno avrebbe probabilmente affrontato un ricovero al Gemelli per un check up completo e che ovviamente Frazi stava già cercando voti per il suo protetto per il prossimo conclave.
Jeremy aveva provato un enorme rabbia, e anche in quel momento la provava, sperava davvero che il motivo dell'incontro che gli aveva richiesto Frazi fosse un altro o l'avrebbe cacciato in malo modo dal suo ufficio.

Uscì da quella casa che gli sembrava più che altro una prigione e si diresse verso il suo ufficio nel palazzo apostolico. Il sole era ormai tramontato ma la temperatura, nonostante fosse marzo era piacevole, aveva sempre amato camminare in silenzio e da solo ma era leggermente in ritardo quindi decise di tagliare per la basilica in quel momento ancora gremita di pellegrini, camminava a passo svelto per cercare di evitare incontri con vescovi e cardinali che poco digeriva.
Arrivò nel suo ufficio, quello di rappresentanza, dove non amava stare, preferiva di gran lunga l'ufficio che aveva alla congregazione per le cause dei santi, voleva accendersi una sigaretta ma si ricordava bene del divieto che aveva emanato Giovanni Paolo II di non fumare nel palazzo apostolico, sospirò e pensava al fatto che, non potendo fumare una sigaretta mentre aspettava un essere odioso e viscido come Frazi come poteva tenere a bada la voglia di prenderlo a pedate nel culo?

-Eminenza il cardinal Frazi è qui

La voce del suo segretario lo fece sussultare, doveva darsi una calmata o sarebbe finita male

-Grazie Marco, fallo passare

Dopo poco la porta si aprì e il cardinal Frazi con la sua camminata spocchiosa e il suo sguardo da chi si sente superiore entrò nel suo ufficio

-Jeremy carissimo, come stai?

-Bene Augusto e te?

-Non c'è male, non c'è male

-Prego accomodati

-Grazie

-Allora a che devo il piacere di questa visita?

-Sono certe che ti siano giunte le voci sulla salute di sua Santità

-So solo che dovrà fare un check up, ma credo sia normale per un uomo della sua età

-Già, ma lui lo fa perché ultimamente ha grosse difficoltà nella respirazione

-Questo non lo sapevo

-Si pensa che abbia un tumore ai polmoni

-Ah già c'è una diagnosi...interessante dato che ancora deve ricoverarsi

-Non fare l'ingenuo Jeremy, non ti si addice, sai bene che dobbiamo prepararci

-E a cosa?

-A quando tornerà alla casa del padre

-Beh quando avverrà ci penserò

-Ti piace giocare la parte del boy scout vero?

-Non gioco nessuna parte Augusto, non ho mai fatto funerali senza il morto

-Bisogna pensare al dopo...morto un Papa se ne fa un altro...

-Questo avviene da duemila anni...cosa vuoi da me Augusto?

-Il tuo voto, quando sarà e saremo tutti nella sistina ci saranno due correnti, tu vuoi essere nella corrente dei vincitori o dei perdenti?

-Mi vedo nella corrente dello Spirito Santo che sceglie il meglio per la sua Chiesa

-Poetico...

-No...credente...non credo abbiamo nulla da dirci Augusto

-Ti ho teso una mano

-Non mi interessa grazie

-Finirai chissà dove

-Non importa, sarà ciò che Dio vorrà per me, ora se non ti dispiace ho da fare

-Come vuoi, se cambi idea sai dove cercarmi

-Non ti cercherò, ma grazie dell'offerta

Il cardinal Frazi uscì dall'ufficio di Jeremy e lui sbatte' violentemente i pugni sulla scrivania, così violentemente che il suo segretario entrò senza bussare e visibilmente spaventato

-Tutto bene eminenza?

-Si Marco, scusa se ti ho spaventato

-Non si preoccupi...se posso fare qualcosa per lei

-No, al momento non puoi fare nulla sono io che devo cercare di capire che ci faccio qui...questo mondo non mi appartiene...questi intrighi di potere...no non sono per me...

-Lo so eminenza, mi chiedo spesso anche io come mai un uomo retto come lei sia finito qui, ma poi mi dico che il signore è grande e che un motivo c'è e prima o poi anche noi lo capiremo

-Non mi sarei dato una risposta migliore Marco...grazie...

-Posso fare qualcosa per lei?

-No, ora esco, se c'è qualcosa di importante chiamami sul cellulare

-Va bene eminenza

Così dicendo il suo segretario uscì dall'ufficio mentre Jeremy si toglieva la talare e indossava una semplice camicia nera con la croce messa nel taschino ed uscì, sapeva perfettamente dove andare, uscì dal vaticano dal portone di Sant'Anna e si ritrovò nel caos di Borgo Pio, se ne andò a passo svelto verso castel Sant'Angelo, o meglio nei giardini sotto Castel Sant'Angelo e si sedette su una panchina, accese la sua tanto agognata sigaretta e diede il primo tiro chiudendo gli occhi.
E realizzò in quel momento che no, non era per quei giochetti di palazzo, per un po' di potere che lui si era fatto prete...lui credeva nella sua missione...lui aveva ancora entusiasmo, doveva uscire da quella situazione ma come?
Forse un idea l'aveva...

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