18
Marc
Quando scendiamo in strada dopo aver concluso la vendita del quadro, ho quasi paura che Jenna possa essere indispettita per aver finto di essere la mia ragazza. Lo ammetto, non è stato il massimo come trovata, ma gli sguardi di troppo di George nei suoi confronti mi hanno fatto arrabbiare.
Temo che dietro questo sentimento si nasconda la gelosia, un altro indicatore di quanto tenga effettivamente a Jenna.
Ma il suo sorriso mi dice che, in realtà, non è arrabbiata, tutt'altro. Sembra quasi divertita.
-Non sapevo cosa aspettarmi dalla tua professoressa, ma è una brava donna. E' veramente orgogliosa di te, e del pittore che sei diventato. E devo ammettere che anche io sono fiera di te.
Sorrido, poi noto le sue gambe tremare per il freddo.
-Sbrighiamoci a tornare in albergo.- allungo un braccio per fermare un taxi, e mentre entriamo nel veicolo mi accorgo che Jenna è stranamente silenziosa. Cosa puo' averla turbata, ora?
-Che hai?- le domando quindi dopo aver indicato all'autista l'albergo in cui deve portarci.
Si volta verso di me, e nei suoi occhi riconosco una punta di incertezza.
-Sono orgogliosa, Marc. Sul serio.
Le prendo una mano, forse perché non so cosa risponderle, o forse solamente perché questo gesto basta a dirle tutte le cose che mi passano per la testa.
Lei non risponde, non sorride neanche. Credo che stia pensando a qualcosa, qualcosa che la fa impensierire. Vorrei essere nella sua testa, vorrei sapere cosa pensa, se in fondo al suo cuore c'è ancora posto per il mio amore.
Devo saperlo. Non riesco più ad aspettare.
***
I
l nostro albergo dista pochi minuti a piedi da Michigan Avenue, la storica via dello shopping a Chicago.
Jenna non sembra più pensierosa, anzi, sorride davanti alle vetrine dei negozi come se questa mattina non avesse avuto nessun momento di spaesamento.
-Ci deve essere qualcosa che desideri per Natale.- si volta a guardarmi davanti ad un negozio di abbigliamento.
Scuoto la testa:- Non devi farmi un regalo, te l'ho detto.
-Natale è una volta all'anno, Marc Juves. Voglio farti un regalo, e voglio che ti piaccia sul serio.
-Partire per Chicago è stato il regalo migliore che potessi farmi.
Non risponde, ma rimane dubbiosa.
Si volta e comincia a camminare velocemente lungo la via colma di persone.
-Dove vai così velocemente?!- le chiedo, correndole dietro.
Ride, e accelera il passo, poi si ferma all'improvviso davanti ad una gioielleria.
Finalmente la raggiungo, le metto una mano sulla schiena e le chiedo cosa sta guardando.
-Io e Bonnie avevamo un bracciale simile, quando eravamo piccole.- indica il gioiello esposto su una mano finta.
Non dice altro, ma so che devo portarla via da lì, prima che crolli nuovamente sotto la valanga dei suoi pensieri.
La prendo per mano e la porto lontana da lì.
***
S
iamo rimasti a girovagare nel centro di Chicago fino a quando la notte non è calata, avvolgendo tutta la città.
Jenna ed io siamo seduti in un locale che riprende molto lontanamente un tipico pub irlandese.
Le pareti sono decorate con una carta da parati piena di trifogli, e qua e là sono appesi diversi quadri che riprendono la storia di San Patrizio.
E' tutto il pomeriggio che ho cercato di tirare su il morale di Jenna, ma la vista di quel braccialetto l'ha turbata più di quanto mi aspettassi.
-Cosa vuoi fare stasera?- le chiedo per l'ennesima volta, cercando di strapparla dai suoi pensieri e riportarla sul pianeta terra.
-Scusa, ero...- cerca di giustificarsi, giocherellando con l'orlo della tovaglia e senza guardarmi negli occhi.
-Cosa c'è che non va?- le domando. -E' colpa di quel braccialetto? Quello che avevi insieme a Bonnie?
Quando la incontra finalmente i miei occhi:- No, non è per quello. Sono solo... distratta.
Non insisto per evitare che si chiuda a riccio, e la lascio parlare.
-Madison ha vissuto a Chicago per un paio d'anni. Mi ha detto che c'è un grattacielo, la Willis Tower, da cui si vede tutta la città. Che ne pensi?
-Va bene.- acconsento. Farei di tutto per toglierle quel broncio.
***
Il taxi ci ha portati proprio davanti alla Willis Tower, e mentre ci mettiamo in coda per salire sull'ascensore che ci porterà all'ultimo piano, la prendo per mano.
E' fredda, e le nocche sono leggermente screpolate per le temperature basse.
Jenna arrossisce, anche se cerca di nasconderlo, e le sorrido poggiandomi le sue mani sul petto.
-Così ti scaldi.- le dico, e lei arrossisce ancora di più.
-Marc, non è necessario.- sussurra per non attirare l'attenzione, ma non tira via le mani.
Davanti a noi c'è una coppia di anziani. Avranno un'ottantina d'anni, ma sembrano determinati a salire fino in cima per vedere il panorama.
Jenna li osserva in silenzio, un'altra volta immersa nei suoi pensieri che la portano sempre più lontana da me.
-Poi dovrai dirmi a cosa stai pensando, Jenna. E' tutta la sera che sei su un altro pianeta, lontana anni luce da Chicago.- la stuzzico, ma lei si limita a fissarmi senza proferire parola.
Dopo un paio di minuti saliamo sull'ascensore, e mi tremano un po' le gambe al pensiero di quanto saliremo in alto.
-Soffri ancora di vertigini?- le chiedo, e lei sgrana gli occhi.
-Non avevo realizzato quanto saremo saliti in alto, Marc.- mormora, ed io scoppio a ridere.
-Mi stai prendendo in giro?
Scuote la testa, ed io rido fino a quando le porte dell'ascensore non si aprono e ci ritroviamo in una stanza scarsamente illuminata per lasciare che le luci della città facciano il resto.
Oltre le vetrate c'è una vasta terrazza panoramica, protetta da barriere molto alte.
Sento Jenna trattenere il respiro, e poi dirigersi dritta verso la terrazza.
La raggiungo e la prendo per mano. L'altezza potrebbe giocarle qualche brutto scherzo.
Lei non protesta, ma prima di uscire Jenna cambia idea e si limita ad osservare Chicago da dietro la vetrata.
-Scelta saggia.- le dico, e lei sorride.
Rimaniamo in silenzio per un po', soli nella stanza.
Gli altri visitatori sono tutti fuori sulla terrazza, e possiamo parlare a voce normale.
-Ti sei pentita di essere partita per Chicago?- le domando.
Lei distoglie lo sguardo dal panorama, e mi guarda.
-Perché dovrei essere pentita, Marc?
-Non lo so, ma non riesco a immaginare per quale altro motivo tu possa essere così silenziosa e scostante. Hai detto che non è per Bonnie, e allora...
-Marc, sono felice di essere qui.- afferma sicura.
Sta dicendo la verità. Riesco a vederglielo negli occhi.
-E allora cosa c'è? Dimmelo, Jenna. Ho fatto qualcosa di sbagliato?
-Tutt'altro Marc. E' che...- prende un respiro profondo, poi punta i suoi occhi scuri nei miei.
-Da quando Bonnie se ne è andata prendere le decisioni è diventato ancora più difficile, così mi affido ai segni che sono convinta lei mi mandi ogni giorno.
Quando mi sono ritrovata a Los Angeles, dopo quello che è successo a Malcom... mi sono sentita completamente persa. Ma sai quale è stata la cosa più brutta in questa faccenda? Credevo di aver interpretato male il volere di Bonnie, ma poi sei comparso te.
Mi hai praticamente riportato alla vita, e non hai idea di quanto mi abbia fatto bene stare di nuovo con te.
-Anch'io sono felice di averti ritrovato.- le dico, anche se non capisco dove voglia arrivare.
Mi posa una mano sul petto, proprio sopra il petto, ed il mio battito accelera.
Jenna sorride:- Scusa. Volevo essere sicura di non essere la sola ad essere ricaduta nello stesso errore, come tanto tempo fa.
Poi si alza sulle punte e, con delicatezza, mi sfiora le labbra con le sue.
-Non ho mai smesso di essere innamorata di te, Marc. Non ho mai smesso.- mormora.
Le emozioni si impossessano di me e prima che possa allontanarsi troppo la bacio sul serio.
Chiudo gli occhi e lascio che le emozioni si impossessino di me. Non vedo niente, ma sento soltanto lei, che ricambia con decisione tenendomi stretto a sé.
Mi respinge un po', ed interrompo il bacio.
-Marc... stiamo dando spettacolo.- sussurra a pochi millimetri dalle mie labbra, ed io rido.
-Stanotte la città è nostra.- mormoro.
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