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Yunhee

Anche quel pomeriggio mi trovavo all'ufficio e, questa volta, non era di mattina fortunatamente. Sia Yunho che Mingi avevano avuto il primo turno, per questo motivo quel giorno sarei dovuta tornare a casa da sola. Non che mi dispiacesse, in realtà, almeno così avevo un po' di tranquillità.

Anche se, al contrario di quello che avevo creduto fino a quel momento, non passò molto tempo che sentii il telefono della mia scrivania squillare, e sapevo perfettamente di chi si trattasse: dopotutto la giornata era quasi finita, molti miri colleghi avevano già staccato e questo significava soltanto una cosa: eravamo rimasti davvero in pochi in ufficio.

«Si?»chiesi infatti, quel telefono veniva utilizzato soltanto per gli interni e dato che appunto quasi tutti se ne erano già andati sapevo chi fosse dall'altro capo del telefono.

«Vieni dentro il mio ufficio.»la voce del mio capo mi investí in pieno e subito dopo la linea si interruppe, segno che mi avesse chiamata per avere una cosa sola: me ed il mio corpo.

Non sapevo per quale motivo non riuscivo a smettere di stare con lui, di dargli corda e di donarmi al suo valore in ogni condizione possibile, ma dopo la prima volta in cui ci eravamo sfiorati era diventato praticamente impossibile per me resistergli: e sembrava che per lui valesse lo stesso, in realtà.

Lo vedevo da come mi guardava ogni qualvolta ci trovavamo nella stessa stanza e come il suo sorriso si trasformasse in un ghigno; come mi scrutava dalla testa ai piedi e da come sentivo i suoi occhi su di me ogni volta che mi giravo di spalle, soprattutto quando indossavo una gonna come quella che avevo quel giorno.

Mi alzai comunque dalla mia sedia immediatamente dopo la fine della chiamata e mi sistemai la camicia e la gonna, prima di entrare nella stanza accanto alla mia scrivania, dove riuscii a vedere già la luce soffusa e la sua figura seduta alla sua sedia.

Non c'era da negarlo: Jung Wooyoung era uno degli uomini più belli che io avessi mai visto. Aveva la stessa età di Yunho e Mingi, quindi un anno in più rispetto a me, e il suo fascino era qualcosa che mi aveva colpito dal primo momento, e da quel sapevo non aveva fatto quell'effetto solo a me. Di certo io ero la sua prima segretaria ma sapevo perfettamente, grazie ai racconti dei miei amici, delle scappatelle che aveva avuto nei primi giorni in cui era stato lui a diventare il capo dell'azienda.

Una cosa era certa: non era uno stinco di santo. Gli piacevano le donne, e gli piaceva averle, e ovviamente per lui non era troppo difficile ottenere quel che voleva. Non solo era ricco grazie alla sua famiglia, e quindi di conseguenza avesse un posto di lavoro che faceva invidia a mezzo mondo, ma era anche bellissimo.

I capelli neri naturali rendevano il suo viso ancora più etereo di quanto non era, gli occhi scuri che riuscivano a perforarti nell'anima e la pelle quasi olivastra che lo rendeva ancora più particolare. Aveva un neo sotto ad uno dei suoi occhi e un altro che si poteva notare soltanto quando lo si guardava da vicino, sul labbro inferiore. E per non parlare della sua bocca, carnosa e perfetta, dalla quale faceva uscire tante belle parole per poter abbindolare chiunque volesse.

Aveva l'arte dell'oratore, che insieme a tutte le altre sue caratteristiche, lo rendeva ancora più affascinante e interessante per chi si trovava a dover avere a che fare con lui, me compresa.

«Buonasera, signore, sono quasi andati via tutti.»lo informai non appena fui dentro il suo ufficio. Le tapparelle erano già abbassante, cosa che mi fece capire sin da subito cosa volesse da me, e al solo pensiero sentii già il mio corpo reagire alla sua vista.

«C'è qualcosa che posso fare per lei?»domandai poi quando non ottenni nessuna risposta e soltanto a quel punto riuscii a vedere il suo viso, dal momento che fino a quell'attimo aveva tenuto la testa piegata verso alcuni fogli che aveva sulla sua scrivania. La poca luce nella stanza gli illuminò gli occhi e io non potei pensare a quanto fosse bello.

«Vieni qui.»ordinò lui con un tono di voce tranquillo e pacato, facendosi un po' indietro con la sedia girevole per farmi capire di dover andare direttamente avanti a lui e io immediatamente avanzai, facendo come mi era stato richiesto. In poco tempo mi ritrovai tra lui, ancora seduto, e la scrivania, abbassai gli occhi e lo trovai intento a guardarmi con occhi famelici ogni parte del mio corpo, fino a quando incrociò lo sguardo nel mio e lesse esattamente la stessa emozione che stava provando anche lui in quel momento.

«Siediti sulla scrivania, davanti a me.»impose ancora una volta e io eseguii immediatamente, facendo attenzione a non far alzare la mia gonna, anche se in realtà a pensarci bene pure se ciò fosse accaduto non c'era nulla che lui non avesse già visto.

«Mmh, sei sempre cosí obbediente?»commentò lui, abbassandosi di poco per andare a prendere la zip delle mie scarpe e abbassandole entrambe , togliendomele e facendole cadere sul pavimento con un tonfo sordo. Poi mi afferrò le caviglie e mi appoggiò i piedi sui poggia braccia della sedia, facendomi cosí tenere le gambe aperte davanti a lui, che ancora aveva l'autocontrollo necessario dal non guardare verso il basso, dove la mia gonna si stava tirando su.

«Sbottonati la camicia.»chiese ancora e lo guardai negli occhi mentre facevo uscire ogni bottone dalla sua asola con la maggior velocità possibile, dal momento che sentivo l'eccitazione farsi strada in ogni particella del mio corpo, soprattutto quando prese a carezzarmi i polpacci con le mani.

«Toglilo.»continuò poi, una volta che ebbi fatto cadere la camicia a terra, riferendosi al reggiseno e avvertii i suoi occhi e il suo tatto mandarmi a fuoco la pelle. Mentre mi sfilavo l'indumento lo continuai a guardare dritto negli occhi e potevo avvertire quanto anche lui ricambiasse tutto quello che stavo provando anche io.

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In poco tempo rimasi completamente nuda dal busto in su, soltanto i capelli a coprirmi la mia nudità per una parte ma ci pensó lui a spostarmi le ciocche bianche e nere dietro le spalle, cosicchè avesse una migliore visuale del mio corpo. Avvicinò poi i polpastrelli ai miei capezzoli e quando me li toccò avvertii immediatamente una scarica di energia lungo tutta la colonna vertebrale, qualcosa che mi fu difficile trattenere fisicamente e che mi fece sobbalzare.

«Sfilati le calze e le mutande, lentamente.»disse infine e io corrucciai le sopracciglia, notando che non aveva detto nulla nei confronti della mia gonna nera e infatti, mentre con le dita giocava con i miei seni, mi feci coraggio e cercai di mandare giù il groppo che avevo in gola.

«Vuole che tolga anche la gonna?»gli chiesi infatti, riuscendo a tenere la voce sotto controllo per non fargli sentire quanto il tuo tocco mi stava per far impazzire. Mi guardò in viso e mi sorrise, per poi spostare le sue mani una sulla mia guancia e una sulla mia coscia, accarezzando entrambi i punti con fare premuroso, come se fino a qualche secondo prima non mi stava facendo eccitare con dei semplici sfioramenti.

«No, tienila indosso.»mi rispose con voce roca e in quel momento riuscii benissimo ad avvertire la sua eccitazione a fior di pelle, cosa che in realtà rispecchiava completamente la mia. A quel punto annuii e abbassai le mani sui miei indumenti, portando le dita al di sotto della mia gonna e iniziando a sfilarmi le calze, facendole scorrere sulle mie cosce e sulle mie gambe, mentre lui continuava a fissarmi come paralizzato dalla mia sola vista.

In seguito feci lo stesso con il mio intimo, rimanendo completamente nuda tranne la gonna e allo stesso tempo vulnerabile davanti a lui. Non che non mi avesse mai vista nuda, anzi, mi doleva ammettere che mi aveva vista più volte lui nuda che probabilmente mia madre, ma ciò non mi dispiaceva affatto: sapevo perfettamente l'effetto che gli provocavo e sapere che ogni volta che mi vedeva nuda l'effetto era sempre quello e lui non si stancava mai di me, mi faceva sentire in qualche modo speciale.

«Non hai idea quanto mi sia mancata.»affermò poi quando i miei vestiti furono sul pavimento, in una pila di tessuti indefiniti, poi riportò le mani sui miei fianchi e mi allargò le gambe, cosicchè potesse mettersi in mezzo ad esse. Avvicinò il viso al mio e fece scontrare i nostri nasi, in quel momento volevo soltanto unire le nostre labbra e mordere le sue fino a farle sanguinare, ma ero consapevole del fatto che nella nostra "coppia" era lui quello a prendere certe decisioni, e non io.

«Sdraiati.»ordinò ancora e io feci come mi venne richiesto, facendo attenzione a non urtare nulla sulla sua scrivania ma mi resi ben presto conto del fatto che lui stesso avesse spostato tutto prima, sicuro di quello che sarebbe successo una volta che sarei entrata nel suo ufficio.

Una volta in posizione lui non perse alcun secondo ad avvicinarsi alla mia intimità, ancora seduto sulla sua sedia, e in breve portò le dita ad afferrare il bordo della mia gonna per tirarmela su ed avere, quindi, una visuale migliore. Immediatamente avvertii il fresco dell'aria autunnale colpirmi in pieno ed alzai la testa per guardare cosa stesse per fare nel momento in cui i suoi polpastrelli entrarono in contatto con la mia pelle più sensibile.

Sospirai non appena ciò successe e inconsapevolmente inarcai la schiena a causa del piacere iniziale quando avvertii come mi carezzava in maniera esperta. Due cose erano certe quando si parlava del mio capo: la prima era che con quelle mani poteva farmi impazzire, le usava fin troppo bene e ogni volta finivano sempre tra le mie gambe, non che me ne volessi lamentare.

«O-oddio.»mi lasciai scappare quando inavvertitamente la prima falange si fece strada al mio interno e io strinsi tra le mani il bordo della scrivania, sperando che nessuno, se qualcuno ci fosse ancora, da fuori ci sentisse. Lui però non sembrò essere dello stesso parere perchè immediatamente alzò lo sguardo nel mio che ora lo guardavo con un'espressione fatta di piacere puro, e ghignò divertito davanti a quello "show".

«Usa le parole, fammi sentire come ti piace, mh?»mormorò allora per poi infilare un secondo dito al mio interno nel momento stesso in cui portò la bocca sulla parte superiore della mia coscia, il più vicino possibile a dove erano le sue dita in quel momento, iniziando a lasciare vari morsetti mentre con le due dita faceva dentro e fuori dalle mie pareti. Mugolai quando arricciò la punta delle dita e buttai la testa all'indietro, sbattendola contro la superficie della scrivania.

«Mi p-piace da morire!»gemetti allora e avvertii uno spasmo interno delle mie pareti attorno alle sue dita, cosa che lo fece grugnire di conseguenza e mordere più forte l'interno della mia coscia, dove si trovava ancor più vicino al punto dove lo volevo di più. E, come se mi avesse letto nel pensiero, l'attimo dopo a sua lingua fu su di me, calda contro la mia pelle sensibile, accompagnata dalle sue labbra carnose e dalle dita che continuavano a non darmi tregua.

«Oh mio Dio.»mugolai ancora una volta, stringendo i pugni sulla scrivania per negarmi dal portare le dita tra i suoi capelli e tirarglieli con quanta più forza potevo. Mi morsi il labbro tra i denti e ricordai che la seconda cosa che c'era da sapere per quanto riguardava Jung Wooyoung era proprio questa: quell'uomo non infilava la lingua tra le mie gambe per il mio piacere, ma per il suo. Amava sentire il mio sapore sulla lingua e più volte mi aveva detto che la cosa più erotica per lui era proprio assaggiarmi, in qualsiasi posizione fosse.

«Dí il mio nome, coraggio.»mi spronò poi dopo un po' e io spalancai gli occhi che non sapevo di avere tenuto chiusi fino a quel momento, per poi guardarlo: non riuscivo a vedere nulla dal naso in giù, gli occhi scuri erano fissi nei miei e i capelli che gli cadevano sulla fronte mi facevano solletico sul monte di Venere ma non me ne importava: l'unica cosa che era importante in quel momento era avere la sua lingua dentro di me.

«Voglio sapere di essere l'unico a farti sentire in questo modo.»disse ancora e io gemetti, iniziando a sentire quella piacevole sensazione che avvertivo sempre prima di un orgasmo nel mio stomaco, allora curvai la schiena e lui con la mano libera che aveva arrivò a stringermi uno dei miei seni, iniziando a giocare con il capezzolo con il suo pollice.

«W-Wooyoung!»mi lasciai uscire dalla bocca e quando ciò successe lui non solo aumentò il ritmo e la velocità dei suoi tocchi ma infilò un ulteriore dito, che arrivò a sfiorarmi in posti che prima di iniziare quella sorta di relazione con lui non sapevo nemmeno esistessero.

Era la prima volta quella che lo chiamavo per nome davanti a lui e sembrò provocare un lato nascosto dentro di lui perchè grugní contro di me e chiuse gli occhi, continuando a leccare, baciare e succhiare ogni lembo di pelle che poteva, non lasciandosi scappare nessun mio verso o movimento.

«Sto...sto per-»affermai in un gemito quando poi avvertii quel mio nodo ingrandirsi ed avvicinarsi ad un punto esplosivo e lui non si fermò nemmeno per un secondo, impaziente di farmi venire sulla sua lingua. Non dovette aspettare ancora per molto perchè in breve, con un ultimo sibilo che partí dalla mia gola, sentí la stretta dei miei muscoli attorno alle sue dita.

«Cosí, da brava.»commentò poi, assaggiando ogni liquido rimanente e portandosi infine le tre dita in bocca, togliendo ogni mio rimasuglio dalla sua pelle. Io d'altro canto cercai di riprendere il respiro e chiusi gli occhi, avvertendo improvvisamente della stanchezza nelle mie vene.

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Lui fu veloce ad abbassarsi per prendere i miei vestiti e, mentre io ero ancora scossa dall'orgasmo che mi aveva dato, lui si occupò di pulirmi e di rimettermi almeno le mutande, per poi afferrare le mie mani e facendomi tirare su, per farmi capire in qualche modo che dovevo rivestirmi.

Mi allungai allora per afferrare il mio reggiseno e me lo passai per le spalle ma quando allungai le mani dietro di me per allacciarmelo avvertii il dolore dei muscoli della mia schiena a causa di tutto quel tempo rimasta in una posizione scomoda, e quando il mio capo se ne accorse si alzò in piedi.

«Girati, ti aiuto.»mi disse e io lo guardai in viso, notando che come sua espressione ce ne era soltanto una fatta di tranquillità. Nonostante quell'amplesso fosse stato completamente dedicato al mio piacere, continuava a preoccuparsi per me e non potei che pensare che col tempo si stava in qualche modo affezionando a me.

«La ringrazio.»gli dissi, per poi voltarmi e dargli le spalle. Allora le sue mani furono veloci ad andare a prendere i gancetti e ad allacciarmelo e con la stessa velocità mi fece anche voltare per allacciarmi la camicia con fare gentile e senza nemmeno troppa fretta.

«Puoi darmi del tu, siamo ben oltre le formalità.»affermò poi, mentre infilava gli ultimi bottoni del mio indumento nell'asola e io alzai gli occhi nei suoi che però ora erano intenti nel fare attenzione al mio indumento.

«E...puoi chiamarmi Wooyoung.»aggiunse poi quando ebbe fatto e alzò gli occhi nei miei e io avvertii di nuovo un dolore alla bocca dello stomaco, però questo era un altro tipo di dolore che non riuscivo a spiegarmi e che per il momento nemmeno mi interessava più di tanto.

Decisi in quel momento che non avrei rimesso le calze e allora le presi e le accartocciai nel mio pugno, sperando che non ci fosse davvero nessuno fuori a vedere in che stato stavo uscendo dal suo ufficio. Lo guardai per un ultima volta mentre mi rimettevo in piedi sulle mie gambe tremanti e mi dirigevo verso l'uscita della stanza, poi mi girai indietro soltanto per salutarlo.

«Ci vediamo domani, Wooyoung.»gli dissi allora e lui annuí con un sorriso, per poi ritornare alla sua postazione di lavoro probabilmente per rimettere tutto in ordine prima che chiudesse tutto.

Non ho ancora finito di scrivere questa storia😩giuro di farcela

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