♤26

Wooyoung

«Signor Jung, si deve calmare.»mi venne detto improvvisamente dal poliziotto davanti a me, e io immediatamente sbattei i pugni sul tavolo per poi alzarmi in piedi e fissare lui di fronte a me, che accennava alle altre guardie alle mie spalle di stare fermi.

«Calmarmi?! Come cazzo faccio a calmarmi?!»esplosi infatti urlando, e l'uomo davanti a me fece un'espressione che mi fece capire che ormai era stanco di sentirmi sbraitare da quando ero arrivato lì, ma dopotutto avevo tutte le ragioni del mondo, dopo ciò che avevo appena visto.

«Con che faccia mi dite di calmarmi dopo aver visto questo video?»aggiunsi poi subito dopo, riferendomi al video che milioni di volte almeno quel giorno avevo ripetuto e guardato e riguardato. Il video in cui Yunhee era seduta e legata, maltrattata, toccata e picchiata, e lei subiva soltanto, mentre io non riuscivo nemmeno a guardare la scena davanti a me. 

«Dopo aver visto la mia ragazza, e madre di mio figlio, venir trattata in questo modo?!»urlai ancora, indicando lo schermo dietro di noi. Non appena il video mi era arrivato lo avevo visto subito, e mentre lo guardavo avevo pianto, sentendomi male. Subito dopo avevo vomitato, non riuscendo a trattenere lo schifo che avevo visto dentro di me, e liberandomi di un pezzo di orrore che avevo appena vissuto. Subito dopo mi ero messo in forze ed ero uscito da casa mia, chiamando nel frattempo il gruppo che ormai si era formato tra i miei amici e quelli di Yunhee, mentre mi dirigevo in fretta alla centrale, pensando che con un video forse qualcuno si sarebbe mosso. Quanto mi sbagliavo.

«E voi non state facendo un cazzo!»urlai infatti alla fine, facendo per uscire da quella stanza, ma fui bloccato dalle mani degli altri due agenti che mi tennero fermo vicino alla scrivania dove stavo parlando col loro collega. Non mi interessava quanto poco rispetto stessi portando loro, perchè anche loro tre non stavano facendo davvero nulla per aiutare me e la mia ragazza.

«Non possiamo fare nulla, non sappiamo...»fece per dirmi l'uomo seduto, usando un tono di voce pacato, perchè sapevo che sotto sotto sapeva che era un mese quasi che stava sbagliando, che aveva sbagliato a non darmi retta fin dal principio, e che ora che aveva delle prove sentiva di star fallendo nel suo compito. 

«È un mese che non sapete un cazzo!»risposi infatti, ringhiando e mostrando tutta la rabbia che stavo tenendo dentro di me dal momento in cui i miei occhi si erano posati sulla figura della mia ragazza nel video, con il vestito sporco e a pezzi, le gambe scoperte e la pancia ancora più grossa di quanto mi ricordavo: il pensiero che avessero messo le mani su di essa, non solo violando lei ma anche mio figlio (o figlia) al suo interno, mi mandava ancora più fuori di testa.

«È un mese che vi dico che Yunhee è stata rapita e che non se ne è andata di sua spontanea volontà, e soltanto adesso sembrate credermi!»continuai allora, togliendomi le mani degli agenti di dosso, e indietreggiando nella stanza verso la porta, stavolta con calma e facendo capire loro che mi stavo in qualche modo tranquillizzando, anche se ciò non era vero: se loro non facevano nulla, dovevo essere io a muovermi.

«Faremo tutto il possibile.»disse infine il poliziotto, cercando di farmi calmare ma io esplosi in una risata prima di aprire la porta della stanza, lanciando un'occhiataccia agli altri due per far capire loro di starmi lontano e che in un modo o nell'altro sarei uscito da lì, con o senza il loro consenso.

«Avete già fatto abbastanza.»ribattei alla fine, per poi uscire e sbattermi la porta alle spalle. Immediatamente abbassai la testa e mi mossi abile nei corridoi della centrale, che ormai conoscevo come le mie tasche dal momento che più volte ero stato in quel posto nelle ultime settimane, fino a quando fui fuori.

Non appena misi piede sul marciapiede esteriore l'edificio alzai gli occhi, che già stavano per riempirsi di lacrime, e incontrai i sette sguardi delle persone con cui stavo passando la maggior parte del mio tempo ultimamente, i quali non appena si resero conto della mia presenza si illuminarono, inconsapevoli del fatto che non avessi risolto proprio nulla.

«Che ti hanno detto?»mi domandò infatti il più grande tra noi, mentre tutto il gruppo si avvicinava immediatamente a me per parlare e mantenere in un certo senso almeno un minimo di privacy, dal momento che ci trovavamo fuori davanti a tutti.

«Un cazzo, ecco cosa mi hanno detto.»risposi freddo, e notai subito l'atmosfera calare improvvisamente. La speranza che avevano avuto fino a qualche secondo prima sparita di botto, non più una cosa che potesse esistere dato ciò che mi era stato appena detto dai poliziotti. E al solo pensiero mi sentii di nuovo in ira.

«Porca puttana!»urlai infatti, prima di caricare un pugno contro un secchio vicino a me, il quale suonò con un rimbombo fastidioso e che in quel momento non fece altro che farmi innervosire ancora di più. Mi morsi il labbro inferiore e poi guardai gli altri, mentre mi fissavamo come se fossi un alieno.

«Come fate a stare così calmi?»sbottai infatti, sentendomi mano a mano sempre più incazzato, incapace di mantenere la calma e pronto ad esplodere, ad urlare e scalciare, come se nemmeno riuscissi a controllare i miei arti, avvertendo troppo intensamente tutta quella rabbia. Forse era il fatto che erano settimane che la trattenevo, e la minima speranza di ricevere aiuto dalla polizia mi aveva sempre fermato dallo scoppiare, ma adesso le cose erano diverse.

«Yunho, come fai?»chiesi poi, riferito al ragazzo dai capelli rosa che adesso mi fissava con un'espressione neutra, demoralizzata e preoccupata allo stesso tempo, ora con una consapevolezza in più del fatto che Yunhee fosse in vero e proprio pericolo e che nessuno tranne noi si stesse muovendo.

«Sapevamo che c'era qualcosa sotto, Wooyoung, non dovresti essere così sorpreso.»mi rispose lui, cercando di non far smontare la sua facciata fatta di tranquillità, e di non farmi allarmare più di quanto non fossi già. Ma purtroppo ciò era impossibile.

«Il modo in cui l'hanno toccata...»iniziai a dire, ripensando al modo in cui le mani di quegli uomini si erano posate sul suo corpo, sulle sue zone più private, e soprattutto sul suo pancione. Nonostante non fossi io ad essere nei suoi panni, riuscivo ad avvertire la sensazione di violazione personale sulla mia pelle, e ciò non faceva altro che farmi andare ai pazzi.

«Non posso perdonarlo, non posso.»conclusi infine, per poi afferrare il mio cellulare e mettere per almeno l'ennesima volta quel dannato video. Non sapevo se lo stessi facendo per scoprire qualcosa o per aggrapparmi alle poche immagini che mi facevano capire che la mia ragazza fosse ancora viva, immagini che per quanto mi riguardava potevano anche essere le ultime che avevo di lei.

«E cosa hai intenzione di fare? Sono giorni che guardi e riguardi quel video.»ribattè acido San, e io ovviamente lo ignorai, mettendo play al video, e ascoltando nuovamente le parole e guardando i dintorni del posto, cosa che fino ad allora mi era stato difficile da fare dal momento in cui i miei occhi erano stati concentrati esclusivamente su Yunhee.

«Dovresti soltanto aspettare, ormai sarà questione di minuti.»aggiunse poi Hongjoong, posandomi una mano sulla spalla e cercando di far uscire il lato razionale dall'intera situazione, ma con scarsi risultati, dal momento in cui subito dopo mi scostai dal tocco e mi allontanai dal gruppo di qualche passo, concentrandomi solo sul video.

«Si, e aspettare ci ha portato proprio ad un buon punto, non è così?»gli risposi con una risata ironica, non alzando nemmeno gli occhi dallo schermo, e concentrandomi il più possibile, sperando di ricavarne qualcosa.

«Non possiamo fare altrimenti.»disse Jongho, ma io sentii la sua voce in lontananza, perchè fu un attimo che la mia attenzione si posò su un particolare che prima non avevo mai visto, troppo impegnato nell'osservare il linguaggio del corpo della mia ragazza sperando che riuscisse a mandarmi un messaggio nascosto.

Sulla parete, tra lo spazio in cui c'erano il gabinetto e la brandina che avevano sistemato per Yunhee, c'erano come dei segni colorati di blu, rosso e giallo, linee senza un significato apparente ma che io riconobbi subito.

Ricordavo quando io e mio fratello maggiore ci divertivamo con quei soli tre pennarelli in ogni posto, a fare disegni su ogni superficie che trovavamo disponibile, che per noi si trasformava improvvisamente in una tela su cui fare scarabocchi.

Ricordavo anche quando nostro padre ci portava sul suo posto di lavoro, al vecchio edificio di sua proprietà che poi aveva venduto quando ero adolescente per trasferirsi in un altro edificio, ovvero quello dove attualmente lavoravo. Non avevo mai saputo chi avesse acquistato quel posto, ovviamente da piccolo mai mi era interessato saperlo, ma ora per me fu abbastanza facile capirlo.

Perchè riconobbi perfettamente quei disegni come disegni che facevamo io e mio fratello nel piccolo e vecchio bagno d'ufficio di mio padre.

«Wooyoung, dovresti riposare e basta.»quando riattivai il cervello riuscii ad udire le parole di Yeosang, che furono come un campanello che mi svegliò d'improvviso. Immediatamente alzai la testa verso di loro che ancora stavano parlando tra loro da chissà quanto tempo, ma io non avevo alcuna intenzione di rispondere al biondo.

«Ho capito.»dissi soltanto, alzando la testa di scatto, e poi drizzando la schiena, sentendomi finalmente, dopo cosí tanto tempo, speranzoso. Allora subito iniziai a camminare dove sapevo ci fosse la mia auto, non curandomi di aggiungere ulteriori dettagli ai miei amici.

«Che vuoi dire?»sentii Mingi chiedere in lontananza, ma io iniziai subito a correre. Ora che sapevo per certo dove si trovasse di certo non avrei lasciato niente e nessuno intromettersi, per questo motivo dovevo sbrigarmi e arrivare da lei il prima possibile: più tempo le stavo lontano e più probabile sarebbe stato che qualcuno le facesse del male, più di quanto gliene avevano già fatto.

«So dove si trova Yunhee!»risposi urlando a nessuno in particolare, per poi accelerare il passo quando fui più vicino all'auto, con un solo obiettivo in mente: riportare la mia ragazza a casa.

«Wooyoung, aspetta!»sentii dire da uno dei sette in distanza ma io ovviamente non mi fermai, anzi, entrai di corsa in macchina e subito misi in moto, non degnando nemmeno uno di loro di uno sguardo ma sapevo per certo che anche loro mi avrebbero seguito. Se si trattava della mia ragazza e del mio bambino, ognuno di loro si sarebbe fatto in quattro, per un motivo o per l'altro ovviamente, dal momento in cui ancora non potevamo dirci amici stretti, anche se tutta quella situazione ci aveva avvicinati e non poco.

Senza guardare nessuno partii da quel parcheggio e immediatamente fui su strada, dirigendomi al vecchio posto di lavoro di mio padre, che fortunatamente ricordavo perfettamente dove fosse dato che ero praticamente vissuto in quelle quattro mura.

Tra l'altro, fortunatamente per me, non si trovava nemmeno troppo distante da dove ero in quel momento, e infatti poco tempo dopo fui di fronte ad esso, che ora era diventato un edificio abbandonato. Il posto perfetto per portarvi una donna rapita, chi aveva architettato ciò era sicuramente geniale, perchè mai nella mia vita mi sarebbe mai venuto in mente di venire a controllare in un posto del genere.

Nemmeno parcheggiai la macchina, non appena fui lì semplicemente mi fermai in mezzo ad una via e la spensi, per poi uscire fuori e lasciarla lì, abbandonata a sè stessa, ma poco me ne importava: adesso nei miei pensieri c'era soltanto una ragazza dai lunghi capelli bianchi e neri, che sicuramente era spaventata a morte in quel momento e che quindi dovevo assolutamente trovare.

Corsi verso l'entrata, che adesso stava letteralmente cadendo a pezzi, e nonostante tutti gli avvertimenti me ne fregai e corsi all'interno, facendo risuonare ogni mio passo e poi dietro di me tutto cadde in pezzi. Mi voltai per controllare se ci fosse una seconda uscita ma poi mi rimisi a correre guardando dritto davanti a me, fortunatamente sapendo dove dovevo andare.

Purtroppo per me avrei dovuto farmi almeno una decina di rampe di scale, che sembrarono poco con tutta l'adrenalina che avevo in corpo. Mai in vita mia mi ero sentito così carico, sentivo letteralmente una scarica nelle mie gambe e nella mia schiena, che mi spingeva ogni secondo che passava ad andare più veloce. Non avvertivo nemmeno la stanchezza, per me in quel momento l'unica cosa che contava era arrivare da Yunhee e portarla via da quell'inferno che andava avanti da un mese ormai.

Quando finalmente giunsi  all'ultimo piano, ovvero dove si trovava il vecchio ufficio di mio padre, allora mi fermai solo un breve momento. prendere fiato, e a guardarmi intorno, per capire la situazione. Ma quando lo feci incontrai lo sguardo di due uomini, entrambi seduti su delle sedie e pronti ad intervenire in caso di problemi: e in quel momento io ero il problema.

«Chi cazzo sei tu?!»urlò uno di loro alzandosi dalla sua sedia e iniziando a venire verso di me con aria minacciosa, cosa che fece anche il suo compagno, caricando già contro di me.

«Lei dov'è?!»gridai di conseguenza e subito dopo vidi il pugno di uno di loro venire tirato proprio verso di me, io riuscii a schivarlo ma quando anche l'altro uomo si mosse per darmene un secondo non riuscii a fare altrettanto, così le sue nocche si scontrarono con la mia mascella. Gemetti dal dolore ma non mi lasciai abbattere perchè subito, dopo aver traballato mi rimisi in piedi e ricambiai il pugno.

Ma quella ripresa non durò molto perchè nel mentre il primo era venuto dietro di me a tirarmi un calcio nelle ginocchia, cosí da farmi cadere a terra. Entrambi allora si avventarono su di me e cercarono di tenermi fermo con tutte le loro forze, difficile dal momento che stavo scalciando e tirando cazzotti nell'aria, sperando in qualche modo di prendere uno di loro in faccia.

«Yunhee!»urlai poi, sperando che fosse da qualche parte dove potesse sentirmi, e per un attimo fui speranzoso, fino a quando un pugno dritto sul viso non mi fece sputare sangue.

Mancano pochi capitoli alla fine!

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