♤25

Yunhee

Quel mattino fui svegliata da un forte trambusto. Non sapevo nemmeno in realtà che ora potesse essere, avevo perso il conto delle ore e dei giorni da un po' ormai, perciò non sapevo nemmeno quanto tempo fosse passato.

La stanza puzzava di qualsiasi cosa, persino vomito dato che spesso mi ero svegliata con qualche nausea che difficilmente ero riuscita a mettere a bada. Ogni tanto mi veniva cambiato il secchio dove c'erano le cose che buttavo fortunatamente, o altrimenti non mi sarebbe nemmeno servita la nausea per vomitare, ma la puzza che c'era lí dentro mi sarebbe bastata e avanzata per farlo.

La luce si accese di scatto e io portai inevitabilmente le mani sul mio viso, a proteggermi da tutta quella luce. Anche io adesso avevo iniziato ad avere un cattivo odore, il
vestito che avevo indossato la sera del compleanno di Kyungmin l'unica cosa ancora indosso, dato che non mi erano stati dati nemmeno altri abiti.

La pancia era cresciuta, e io non sapevo nemmeno più a che settimana mi trovassi. Mi rendevo conto che anche il bambino soffriva di tutta quella situazione, lo sentivo scalciare la maggior parte del tempo come se si volesse lamentare, e ciò faceva stare anche peggio me.

Volevo tornare a casa. Ogni minuto che passava era un minuto in più che andavo incontro a qualche danno che avrebbe potuto ferire me ed il bambino. Mangiavo un pasto al giorno, non mi lavavo e il resto della giornata lo passavo a dormire e a sorbire tutte le minacce che mi arrivavano da coloro che mi avevano rapito. Fortunatamente nessuno di loro mi aveva mai messo le mani addosso.

O almeno fino a quel momento.

La porta della stanza si aprí ed io, nonostante il dolore alla schiena e alla testa che sentivo in quel momento mi tirai subito su, voltandomi di lato per capire cosa diavolo stesse succedendo.

Vidi i due uomini che ormai vedevo tutti i giorni entrare dentro e chiudersi la porta alle spalle, tenendo in mano svariate cose che io, con ancora gli occhi appannati a causa del sonno interrotto, non riuscii nemmeno a distinguere.

«Allora, mammina, abbiamo notato che nessuno sta facendo nulla.»uno dei due iniziò a parlare quasi subito, e io mi sedetti ai piedi del letto, strofinando le mani sui miei occhi per fare in modo da vedere meglio. Quando smisi, guardai che tra le mani tenevano delle corde e una sedia, e io corrucciai le sopracciglia non capendo cosa stesse succedendo.

«La polizia sembra immobile, per fortuna, e nessun altro pare abbia ricevuto il messaggio.»aggiunse l'altro, lasciandomi ancora più confusa di prima, mentre li vedevo avanzare verso di me e mettersi proprio di fronte alla mia figura, che adesso li guardava dal basso.

«Quale messaggio?»domandai allora, curiosa e confusa allo stesso tempo e volendo sapere di cosa stessero parlando. Da quando ero lí ero completamente estranea all'esterno, e difficilmente qualcuno tra quelli che mi temevano lí mi aggiornavano sulle cose che succedevano fuori di lí.

«Il messaggio che avvertiva Wooyoung che se non ti avesse trovato entro un mese allora noi saremmo passati ad altri provvedimenti.»non appena sentii il nome del mio ragazzo sentii un colpo al cuore e quando capii del messaggio avvertii i brividi coprirmi per tutto il corpo. Non sapevo esattamente da quanto tempo fossi lí, ma ero certa del fatto che probabilmente c'eravamo vicini allo scadere del tempo, perciò iniziai davvero ad aver paura.

«Pensavamo che almeno avesse cercato aiuto dalla polizia, ma non sembra tenerci a te più di tanto.»continuò l'altro, e io sapevo che tutto ciò che mi veniva detto sicuramente era una cazzata. Era da quando ero lí che ogni volta mi dicevano qualcosa per mettermi contro Wooyoung, o meglio, per farmi allontanare sempre di più da lui. Ma non sapevano quello che io e Wooyoung avevamo passato, e perciò non sapevano nemmeno quanto io credessi a lui.

«Stronzate.»risposi infatti stringendo i denti e fissando entrambi con aria di sfida. Dentro di me sapevo che ciò fosse tutto una stupidaggine e che Wooyoung stesse facendo sicuramente qualcosa, ma sempre più dentro di me, in un'anticamera minuscola del mio cervello, sentivo che c'era qualcosa che non andava, o altrimenti lui mi avrebbe già trovata da un pezzo.

«Oh, hai un bambino lí, non dovresti dire le parolacce, giusto?»mi prese in giro uno dei due, indicando con mano la mia pancia e io immediatamente portai le braccia a coprirmi, sentendo come fosse sempre più grande ogni giorno che passava, e sapendo di dovermi tenere al sicuro; in un'altra situazione, avrei combattuto per me stessa, ma adesso combattevo per la sicurezza del bambino.

«A proposito del bambino, dicci di più.»aggiunse poi l'altro, con un sorriso maligno in volto che mi fece drizzare ogni pelo lungo il mio corpo, mentre continuavo a guardarli con fare disgustato, non riuscendo più a sopportare nulla da parte loro. Volevo solo andarmene a casa mia, a riposare nel mio letto e con i miei amici e Wooyoung al fianco che rimanevano con me e il piccolo.

«Non vi dirò proprio un bel niente.»risposi infatti ringhiando di nuovo, per poi fissarli con occhi serrati e una nota di omicidio nell'espressione, come a fargli capire che non avevo paura di loro, quando poi in realtà era tutto il contrario. Ero terrorizzata da quei due uomini, gli unici due che vedevo da giorni ormai, ma non volevo che nessuno dei due lo venisse a sapere, convinta del fatto che se lo avessero saputo allora sarebbero stati in vantaggio rispetto a me.

«Va bene, ma sappi che quello che stiamo per farti allora non gli piacerà.»mi rispose uno dei due, per poi girarsi e darmi le spalle, poggiando infine la sedia proprio davanti alla grande vetrata, non facendomi capire di cosa diavolo stessero parlando; questo fino a quando però l'altro di avvicinò a me e mi afferrò dalle braccia, costringendomi in piedi come se non pesassi nulla, per poi spingermi verso la sedia.

«Che volete farmi?»domandai io, ovviamente con fare retorico, perchè di certo non mi aspettavo che mi rispondessero, era soltanto una domanda che mi era venuta fuori spontanea, con ancora una minima speranza che provassero pietà per me e mi lasciassero andare.

Ovviamente quel pensiero mi lasciò completamente quando vidi l'altro avvicinarsi a me con delle corde, per poi abbassarsi su di me per iniziare a legarmi le caviglie, mentre il compagno dietro di me prendeva a stringermi i polsi attorno al ferro della sedia.

«Lasciatemi andare!»iniziai allora a divincolarmi e ad urlare, scalciando quanto più mi fosse possibile dato che le mani grosse degli uomini mi immobilizzavano completamente, dandomi poco spazio e forza per continuare a scacciarli dal mio corpo.

Vidi poi una benda nelle mani di uno dei due e in poco tempo finì sui miei occhi, impedendomi quindi di conseguenza di vedere quello che mi stavano facendo o semplicemente ciò che stava accadendo attorno a me.

«Vi p-prego, lasciatemi...»balbettai quando sentii le prime lacrime del giorno scendermi lungo le guance: ormai era diventata un'abitudine per me piangere, e sapevo che il bambino dentro di me se ne accorgeva quando stavo male, perchè spesso lo sentivo muoversi come a volersi liberare di me stessa, forse non volendo sentire le emozioni che provavo.

«Mi dispiace mammina, ma sono gli ordini.»mi venne detto e io deglutii, continuando a piangere e iniziando a pensare a quali altri ordini potessero essere arrivati.

«Vi scongiuro, non fate del male al bambino.»li pregai poi, ma ovviamente fu tutto inutile quando sentii delle mani di non so chi dei due posarsi sulla mia pancia, e io urlai non appena avvertii il contatto, ma capii subito cosa stesse succedendo quando avvertii il vestito strapparsi: volevano vedere cosa ci fosse sotto i miei vestiti da giorni, o forse settimane.

«Non avete un cuore?»domandai ovviamente ironicamente, perchè dopo ciò che mi stavano facendo passare era più che ovvio che nessuno di loro lo avesse, tantomeno colui che li aveva ingaggiati per farmi subire queste torture.

«No, e in più amiamo i soldi che ci verranno dati dopo questa giornata.»mi venne detto, mentre gli ultimi tessuti del mio vestito finivano lacerati a pezzi, lasciando la zona centrale del mio busto completamente scoperta, mentre fortunatamente ancora potevo dire di avere la dignità di indossare il mio intimo. Al posto del vestito però, mi fu messo del nastro adesivo sulla bocca, impedendomi così sia di parlare che di vedere, lasciandomi come se fossi una bambola rotta da ammirare per occhi indiscreti.

Per un attimo ci fu del silenzio, cosa che non apprezzai affatto, dal momento che non potevo vedete cosa stesse succedendo attorno a me. Tutto si limitava adesso al mio udito, e il non sentire nulla mi turbava e nemmeno poco. Poi però una mano mi prese dalla nuca, infilando le dita in mezzo ai miei capelli, e mi fece curvare il collo, costringendomi a fissare lo specchio davanti a me, anche se io ovviamente non potevo vedete.

«Jung Wooyoung, lei è Kim Yunhee, ma supponiamo che tu la conosca.»sentii dire e io sotto la benda corrucciai le sopracciglia. Stavano parlando con Wooyoung? Come poteva essere possibile? Lui era lì? Perchè non stava facendo nulla? Era per questo allora che mi avevano messa lì, per fare in modo che lui potesse vedermi.

«Se la rivuoi indietro intera, allora hai tempo fino allo scadere del mese, poi inizieranno ad arrivare i suoi pezzi per posta.»quando poi continuarono a parlare capii che cosa stesse succedendo: stavano registrando un video da mandargli, cosicchè potessero minacciarlo attraverso me. Cercai di oppormi a quelle forzature, sforzandomi per divincolarmi dalla loro presa ma senza alcun risultato, perciò poi mi fermai.

«Pensavamo di tagliarle prima le dita di queste belle mani, che chissà quante cose belle ti possono far provare.»sentii il respiro di uno dei due lungo il mio collo e la mia guancia, infine la sua lingua entrò a contatto con la mia pelle e io d'istinto gemetti per il disgusto e mi distanziai da lui, ma ovviamente la mano che mi teneva per la testa non me lo permise, perciò rimasi sotto il suo tocco.

«Ma poi abbiamo deciso che farti arrivare un bel pacco regalo con all'interno un bebè non sarebbe male, dopotutto.»aggiunse l'altro, e io avvertii anche questa volta il suono della sua voce entrarmi direttamente nell'orecchio, poi però avvertii delle dita sulla mia pancia e io di nuovo cercai con tutta me stessa di sciogliermi dalle corde con le quali mi tenevano legata a quella dannata sedia, finendo solo per sentire dolore ai polsi e alle caviglie.

«Hai due settimane di tempo.»disse infine uno dei due, adesso di nuovo in piedi visto che riuscivo a sentire la sua voce in lontananza, e per un attimo potei tirare su un sospiro di sollievo nonostante le sue parole. Ma poi, ovviamente, la presa nei miei capelli si fece ancora più forte, facendomi mugolare per il dolore.

«E se non ci credi, questo ti motiverà a farlo.»disse l'altro, prima di spingere la mia testa in avanti con talmente tanta forza che io non riuscii nemmeno ad accorgermene. Inevitabile la mia fronte sbattè contro lo specchio, facendo un forte rumore ma non rompendosi, mentre la mia testa al contrario sembrò spaccarsi in due per quanto male mi fece.

Ovviamente urlai non appena ciò successe e subito dopo sia la benda che il nastro adesivo mi furono tolti di dosso, ma non feci in tempo ad adattarmi alla luce della stanza che un pugno mi arrivò dritto in faccia.

E poi, tutto si fece buio.

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