♤23

Yunhee

Quando aprii gli occhi, dovetti sbattere più volte le palpebre, prima di riprendermi a pieno. Il mal di testa che stavo sentendo proprio sulla nuca mi faceva strizzare gli occhi a causa del fastidio e io dovetti mettercela tutta per tenerli aperti.

Quando ci riuscii, una forte luce mi colpì in pieno, abbassai la testa per ottenere un impatto minimo e dopo almeno un paio di minuti riuscii a guardarmi attorno. Ero in una stanza dalle pareti bianche, sulle quali erano evidenti delle macchie e della muffa che indicavano la poca cura che si aveva nei loro confronti.

Sul soffitto c'era solo una lampadina collegata ad un filo, non c'erano finestre ma solo un enorme specchio che comprendeva quasi tutta una parete. Io ero seduta a terra, e voltandomi vedevo un letto dietro di me, o meglio, una brandina con un cuscino e un lenzuolo sopra, buttati alla rinfusa.

Infine accanto ai piedi del letto c'era un gabinetto e un secchio con l'acqua, entrambi sporchi e evidentemente vecchi, così come anche la porta di ferro che teneva la stanza chiusa. Non sapevo dove mi trovavo, non ricordavo cosa fosse successo, e non sapevo nemmeno da quanto tempo mi trovavo in quel posto.

Mi spinsi in piedi, facendomi forza sulle braccia e usando come appoggio il letto accanto a me, e poi lentamente mi diressi verso la porta. Volevo uscire, scappare via da lí e tornarmene a casa mia, avevo paura che uscendo mi sarebbe potuto succedere qualcosa ma non potevo di certo rimanere lì per sempre.

«Io non lo farei se fossi in te.»sentii una voce rimbombare nella stanza non appena la mia mano fu vicina alla maniglia della porta, ed io di scatto la tirai indietro e alzai la testa sulle pareti, non capendo da dove quella voce venisse e come potessero vedermi, dato che non c'era alcuna videocamera.

«Chi parla?»domandai, usando voce roca perchè chissà da quanto tempo non parlavo e non bevevo un bicchiere d'acqua, infatti quando lo feci sentii la gola bruciarmi e causarmi un forte dolore.

«Stai calma, non ti faremo nulla.»sentii dire di nuovo quella voce, e io continuai a girare su me stessa, per cercare di capire da dove la voce venisse, sentendo la testa girare ancora per il dolore che avevo provato appena mi ero svegliata.

«Per adesso.»aggiunse una seconda voce e io deglutii, sentendo il sangue gelarmi nelle vene. Quello significava che qualcosa sarebbe potuto accadermi, ed istintivamente mi portai la mano sulla mia pancia. In un altro momento avrei temuto solo per la mia vita, ma adesso che ero incinta la cosa più importante per me era la vita del bambino dentro di me, e non avrei permesso a nessuno di togliermi ciò che mi apparteneva.

«Dove mi trovo?»domandai infatti, fermandomi di fronte allo specchio, storcendo il muso e pensando che probabilmente quello specchio non era uno vero, ma era soltanto un vetro come quelli che vengono utilizzati durante gli interrogatori.

«Lontano da casa tua.»fu la prima voce a rispondermi, e ovviamente non mi ero aspettata una risposta, ma volevo sapere qualcosa in più. Perchè mi trovavo in quella situazione? Non avevo mai fatto nulla di male, nemmeno chiedere qualche prestito alla banca, perciò come poteva essere possibile tutta quella situazione?

«Cosa...cosa volete da me?!»domandai infatti, stavolta facendo qualche passo verso il vetro, e poi poggiandoci sopra una mano, controllando se il riflesso fosse perfetto o meno: mi resi conto che la mia mano fosse completamente attaccata al mio riflesso, quando con uno specchio reale ci sarebbe dovuto essere dello spazio nel riflesso, perciò era proprio come pensavo.

«Sei sveglia, hai già capito che noi ti vediamo.»commentò una delle due voci, e io alzai gli occhi sul vetro, sperando con tutta me stessa che riuscissi a vedere qualcosa attraverso di esso, ma ovviamente ciò non era possibile: ero semplicemente disperata.

«Il tuo ragazzo, ci deve delle spiegazioni riguardo un affare.»mi rispose la seconda voce alla domanda che avevo appena fatto, e io corrucciai le sopracciglia con fare confuso. Il mio ragazzo?

E poi tutto ad un tratto, a pensarci meglio, gli eventi di quello che forse era il giorno prima mi tornarono in mente: io e Wooyoung a casa dei suoi genitori, per festeggiare il compleanno di suo fratello migliore, dove avevamo passato l'intera giornata insieme. E dove lui mi aveva chiesto di diventare la sua ragazza.

«W-Wooyoung?»chiesi poi, non capendo come loro potessero sapere che io e Wooyoung ci eravamo messi insieme, ma ovviamente la mia voce uscì sussurrata, rimanendo sempre più impaurita dall'intera situazione. Cosa c'entrava il mio ragazzo e il padre di mio figlio in tutto questo?

«Jung ha ignorato alcune email da parte nostra, anche quando abbiamo iniziato a ricattarlo con tue foto.»mi venne spiegato e rimasi sbalordita anche da ciò. Wooyoung aveva ricevuto delle minacce che riguardavano me? E non me lo aveva mai detto? Da quanto andava avanti questa storia? Cos'altro mi nascondeva?

«Io rivedrei quanto importante per lui tu sia.»commentò poi la seconda voce, e io sentii qualcosa smuovermi nel mio stomaco, e non si trattava del bambino o delle belle sensazioni che Wooyoung mi aveva sempre fatto provare, piuttosto era un fastidio che veniva da dentro di me.

Wooyoung mi aveva mentito, e da quanto tempo lo faceva? Lui e la sua compagnia ricevevano minacce basate su di me e su delle mie foto e lui non si era mai preoccupato della mia incolumità. Non gli era mai importato di me, allora come potevo stare insieme a lui e ad affidargli mio figlio con così tanta facilità?

«Per non parlare del bambino che hai in grembo!»continuò a dire quella voce, e io immediatamente mi feci indietro, proteggendomi la pancia con le braccia e cercando di allontanarmi il più possibile da loro, anche se sapevo perfettamente che sarebbe bastato poco a fare entrare uno dei due o chissà altro nella stanza e a farmi passare dei brutti minuti.

«Il bambino non c'entra nulla, lasciatemi perdere.»risposi a denti stretti. In quel momento volevo solo andare a casa, stare nel mio letto ad accarezzare la mia pancia, a chiedere a Wooyoung cosa stesse succedendo tra la sua compagnia e queste persone e sapere la verità e basta, cosa che però non era possibile al momento.

«Al contrario, mia cara Kim Yunhee.»mi venne risposto, e io deglutii nuovamente, sentendo un enorme peso nella gola scendere e facendomi smettere di respirare fino a quando non continuò a parlare:

«Tu sei tutto quello che ci serve per farci avere ciò che vogliamo.»mi sedetti sul letto, stringendo il lenzuolo tra le dita per non far scendere le lacrime dalle mie guance. Non volevo mostrarmi debole a delle persone che nemmeno riuscivo a vedere in faccia, e non lo avrei fatto, a costo di mettermi ad urlare e ad insultarli.

«E cos'è che volete?»domandai poi, cercando di non far trapelare tutta la paura che sentivo nel mio petto e fingendo tutta la sicurezza possibile, che forse sembrò funzionare visto che poi sentii uno dei due ridere, una risata che mi gelò il sangue e il corpo: una risata sadica e cattiva che, quando tutto sarebbe finito, difficilmente avrei dimenticato.

Anzi, se tutto sarebbe finito.

«La compagnia del tuo amato Wooyoung, ovviamente.»mi venne detto e in realtà c'era anche da aspettarselo. Ovviamente avevano visto quando noi eravamo vicini, probabilmente avevano qualcuno dall'interno che faceva loro la spia, e aveva detto tutto.

Tutto quello che c'era da sapere sull'agenzia, su Wooyoung, sulla sua famiglia e, soprattutto su di me. Non era un segreto che passassimo molto tempo insieme da quando avevo iniziato questo lavoro, e di certo non lo era stato per nessuno a quanto pare, e avevano pensato che ricattando me attraverso lui qualcosa in lui si sarebbe smosso.

A quanto pare mi sbagliavo, così allora erano passati alle maniere forti, e ora avevano direttamente me, cosicchè potessero avere l'attenzione di Wooyoung al 100%: di certo non poteva uscire nessuna notizia che riguardava la sua segretaria scomparsa proprio a causa sua.

«Adesso che sai tutto, penso avrai anche capito il motivo per cui sei qui.»sentii dire da una voce e io non diedi cenno di aver capito nulla, perchè avevo paura di sapere se quello che avevo appena pensato fosse la verità o meno, quando in realtà fosse abbastanza probabile che ciò fosse vero.

«Finchè Jung non cederà tu rimarrai qui, nelle nostre mani.»continuò questo, e io chiusi gli occhi e cercai di isolarmi da tutto, per non sentirli proprio e non sapere nulla su ciò che mi sarebbe potuto succedere.

«Farai tutto quello che ti diciamo, come ad esempio adesso useremo il tuo account instagram per mandargli un bel messaggio.»disse l'altro, e io corrucciai le sopracciglia, non capendo nemmeno secondo quale logica una cosa del genere potesse essere qualcosa che Wooyoung avrebbe potuto capire, ma non chiesi nulla.

«Fate quel che volete, ma non toccate il bambino.»dissi in realtà, dopo essermi fatta un po' di coraggio e rialzando la testa verso lo specchio, anche se in realtà non riuscivo comunque a vedere nulla.

«Per il momento, mia cara.»rispose la prima voce, adesso più cupa e altrettanto divertita, cosa che mi fece ancor più paura di quello che stavo avendo. Deglutii, e cercai di trattenere di nuovo le lacrime, adesso spaventata per la vita del piccolo che cresceva dentro di me, piuttosto che la mia.

«Ma sappi che se passerà troppo tempo, tuo figlio sarà il primo a rimetterci.»mi venne detto dalla seconda voce e poi sentii una serie di bip, che mi fece capire che probabilmente avevano appena staccato questa linea radiofonica, e che quindi adesso ero finalmente da sola, dentro una stanza messa sotto sorveglianza, e rapita da una banda di chissà chi che stava ricattando il mio ragazzo e padre di mio figlio.

Speravo soltanto che presto tutto sarebbe finito e io avrei potuto tornarmene a casa.

Mercoledí vedrò gli ateez a parigi😭😭

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