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Volevo avvisare che in questo capitolo (ed altri a seguire) ci sarà una parte smut che verrà indicata con 🔞, perciò preparatevi hehet
Wooyoung
Non era affatto facile essere chi ero, avere ventitrè anni ed avere quel che avevo ed eseguire ogni mio dovere nella maniera più giusta: eppure era ciò che mi riusciva meglio, anche perchè ero stato abituato alla mia attuale vita da sempre.
Essendo figlio di una famiglia di medici, avevo sempre saputo quale sarebbe stato il mio destino da piccolo. Questo, però, fino a quando i miei genitori si erano separati e mio padre aveva deciso di aprire un'azienda farmaceutica dal nulla. La sua famiglia era ricca e anche lui col tempo aveva avuto i suoi guadagno, in questo modo non er stato nulla troppo difficile per lui.
Erano almeno sei anni che i miei avevano divorziato e, essendo la nostra famiglia composta da cinque membri, infatti avevo due fratelli, quando ciò era successo c'era stata la spartizione dei beni e, tra questi, anche quella dei figli. Mio fratello maggiore se l'era scampata, all'epoca era maggiorenne e quindi gli era andata più che bene, cosa che però invece non posso dire per quanto riguardava me e mio fratello minore.
Infatti, come se l'universo ce l'avesse con me, mio fratello più piccolo aveva un anno quando ci fu il divorzio e per questo motivo mia madre si era battuta in tutti i modi per ottenere l'affidamento, nonostante fosse ovvio che con i soldi che aveva mio padre, per lui non sarebbe stato difficile avere un avvocato che potesse toglierle tutto.
Eppure i due erano riusciti ad arrivare ad uno scambio equo. Infatti, mio padre aveva bisogno di un "erede" che portasse avanti l'azienda, ed essendo mio fratello maggiore già all'università, preso nello studiare medicina, io ero il candidato perfetto: non ero fatto per lo studio ed ero nell'età perfetta per entrare nel mondo del lavoro.
Così mio padre aveva iniziato ad impartirmi diverse lezioni di vita che mi sarebbero poi servite in futuro. E infatti quando aveva deciso di ritirarsi per avere la sua pensione, era toccato a me il compito di gestire tutto quanto, e così mi ritrovavo capo di un'azienda farmaceutica da poco meno di un anno ormai.
Non era nemmeno troppo male, in realtà. Vivevo la bella vita dopotutto, i soldi di certo non mi mancavano, avevo una casa tutta per me, degli amici, e sapevo divertirmi la sera quando mi capitava di andare in qualche posto, sia che trovavo qualche ragazza o meno.
In realtà non mi importava nulla di avere una relazione, finchè avrei potuto sarei rimasto single e dedito solo alla mia carriera che, grazie anche al supporto di mio padre, andava a gonfie vele. Non potevo di certo lamentarmi, dopotutto. Avevo la vita che molti avrebbero definito perfetta.
Eppure, l'odio spropositato che provavo nei confronti dei miei genitori era sempre dentro di me, pronto ad esplodere da un momento all'altro ogni qualvolta mi trovavo in loro presenza. In realtà non avevo alcun motivo per detestarli in quel modo, eppure ogni qualvolta che sentivo la loro voce parlarmi non riuscivo a mantenere il controllo. Per questo motivo li evitavo quanto più potevo, e dopotutto non sembrava nemmeno dispiacere più di tanto a nessuno dei due.
Il fatto probabilmente era anche che ero il figlio di mezzo. Non avevo l'onore di essere viziato fino a dire basta ma nemmeno il rispetto e l'orgoglio evidente nei loro volti ogni qualvolta che ci vedevamo. Nessuno dei due aveva una preferenza nei miei confronti, dovrebbe essere in realtà normale non averne proprio quando si hanno più di un figlio, ma dalla loro parte era evidente che ci fosse.
Mio padre amava il mio fratellino. Vederlo ridere quando gli portava qualche giocattolo era la sua soddisfazione più grande, ed ancor di più lo era cercare di tenerlo con se quanto più poteva, dato che lui era rimasto l'unico minorenne della famiglia e quindi ancora sotto l'ala protettrice di mia madre. Per quanto riguardava quest'ultima invece era evidente l'affetto smisurato che provava nei confronti del primogenito, il suo orgoglio più grande ora che era diventato un chirurgo nel suo stesso ospedale.
Per quanto riguardava me, sì, sapevo che entrambi ci tenevano a me, ma sapevo anche che non lo facevano nel modo in cui lo facevano con gli altri due. Alla fine sì, potevo benissimo passarci sopra, dopotutto ormai ero grande e grosso, ma certe volte non riuscivo proprio a sopportare nessuno dei due attorno a me. Era come se, dentro di me, sentivo forte e chiara la sensazione dell'essere un ripiego per entrambi.
«Possibile che lavori continuamente?»una voce interruppe i miei pensieri e quando alzai gli occhi dal mio computer incontrai quelli scuri del mio migliore amico. I capelli neri gli cadevano morbidi sul viso e un ghigno gli modellava il volto. Era sulla porta e si teneva poggiato allo stipite con la spalla, in attesa che lo lasciassi entrare.
«Che vuoi dire, San?»gli domandai poi, girando sulla mia sedia e facendo per alzarmi quando mi resi conto che dietro di lui ci fossero altre due persone che conoscevo fin troppo bene.
«Voglio dire che essendo tu capo pensavo che almeno non facessi nulla tutto il giorno.»rispose poi, e solo a quel punto io feci cenno per far capire ai tre che potevano entrare nel mio ufficio. L'ultimo si chiuse la porta alle spalle per poi andarsi a sedere sul divanetto che tenevo attaccato ad una parete.
«Non capisco quale sia il nesso logico tra le due cose.»commentai avvicinandomi a San, il quale ora mi stava porgendo un caffè e ovviamente io non lo rifiutai per nulla al mondo, anzi, ne avevo proprio bisogno.
«Ma tu ancora lo ascolti?»mi chiese l'altro uomo in piedi dietro di lui, facendosi avanti e avanzando anche lui verso il divanetto, sedendosi proprio accanto all'altro.
«Stai zitto, Seonghwa.»lo rimbeccò San, per poi andare verso di lui e tirargli una ciocca di capelli grigi prima di dirigersi verso la mia scrivania. Ovviamente lo lasciai fare, anche quando lo vidi sedersi sulla mia sedia: non c'era nulla che potessi impedire di fare a quei tre, soprattutto a San, e dovevano ringraziare di essere miei amici o altrimenti li avrei licenziati una vita fa.
«Non dovresti parlargli così, è più grande di te.»commentò l'altro, riferendosi a come San si era rivolto verso Seonghwa e soltanto in quel momento avvertii una risata da parte del ragazzo dietro di me.
«Giusto Yeosang, e tu sei il suo avvocato o il suo ragazzo?»ribattè di rimando lui, con un tono di sarcasmo ed evidente ripicca nella voce, tanto da far venire da ridere anche a me.
«Posso strozzarlo?»chiese poi Yeosang voltando la testa da una parte all'altra e scuotendo di conseguenza la folta chioma di capelli biondi che avevo, cercando l'approvazione da qualcuno di noi.
«Amore, non voglio che tu finisca in carcere.»Seonghwa mi bloccò prima che gli rispondessi dandogli il via libera e quelle parole mi fecero venire il diabete.
«Mi fate venire da vomitare, uscite di qui.»affermai infatti quando finii di bere il mio caffè, allora lo rimisi nelle mani di San il quale ora mi guardava con fare scettico, come se non avesse sentito ciò che avevo detto.
«Tutti e tre.»aggiunsi poi per rendere il tutto più chiaro e lui spalancò la bocca e addrizzò la schiena, guardandomi dal basso con un'espressione tradita, anche se sapevo perfettamente che si stava comportando come un bambino solo perchè sapeva di poterlo fare con me.
«Che ho fatto io?!»chiese infatti alzando il tono di voce e utilizzando quello da lamentela, tipico di San quando non otteneva ciò che voleva.
«Parli troppo e ho mal di testa.»gli risposi per poi afferrargli le spalle e costringerlo ad alzarsi in piedi, lo spinsi infine fuori dal mio ufficio dove anche gli altri due ora mi stavano guardando con fare scettico e fintamente arrabbiati.
Io, San, Yeosang e Seonghwa avevamo legato subito quando ci eravamo incontrati la prima volta. Era stato anni fa, quando mio padre era ancora un chirurgo e i miei stavano ancora insieme, eravamo ad un incontro, quelle solite cene di beneficenza a cui partecipano tutti i più ricchi.
Ebbene, noi quattro subito ci eravamo trovati fuori a fumare quando ci eravamo stufati di tutte le belle e altrettanto finte parole delle persone durante i loro discorsi, e così eravamo diventati amici. Quando poi mio padre mi aveva "costretto" a prendere il suo posto avevo voluto soltanto una cosa in cambio: che loro tre lavorassero con me.
«Signor Jung, posso entrare?»avvertii una voce femminile al di sopra di ogni mio pensiero e quando alzai gli occhi vidi la porta semi aperta e una piccola parte della figura fuori il mio ufficio. Già sapevo di chi si trattava, per questo allora andai io stesso ad aprirla completamente.
«Vieni pure.»le dissi allora, facendola entrare e poi richiudendo la porta dietro di lei, cosicchè mi potei godere della vista del suo corpo da dietro. Non ero un maniaco, ma non ero nemmeno un cieco, e la mia segretaria aveva delle forme che amavo in una donna e che mi attraeva ogni giorno di più.
«Ha chiamato poco fa la farmacia del centro, chiedono un nuovo carico di antibiotici.»mi spiegò in breve, girandosi poi verso di me e sorridendomi leggermente. I miei occhi non poterono far altro che scorrere lungo tutto il suo corpo, una camicia marrone e dei pantaloni beige le fasciavano tutto il corpo e io non potevo che sentire l'attrazione che avevo verso di lei.
«Mmh, ci parlerò io non appena tornerò a casa.»le risposi allora, facendo un passo avanti verso di lei e notando subito la sua reazione dal modo in cui i suoi occhi si aprirono leggermente di più per guardarmi dal basso. Non che fosse molto più bassa di me, ma lo era, ed era una cosa che a me riusciva difficile trovare dato che nemmeno io ero troppo alto.
«Va bene, posso andare signore?»mi chiese poi come se non si fosse accorta di come la stessi guardando da quando era entrata dentro. Allora feci un ulteriore passo avanti e solo a quel punto lei si mosse e andò indietro, arrivando a sbattere contro la mia scrivania: proprio dove la volevo io.
«In realtà...»iniziai a dire, arrivando subito vicino a lei e incastrandola tra il mio corpo e la scrivania, le misi le mani ai lati dei suoi fianchi e con una di esse cercai il telecomando delle tende del mio ufficio, mentre continuavo a guardarla in viso. I capelli multicolore le cadevano morbidi sulle spalle e io non potei fare altro che deglutire nel guardare la sua bocca. Mi avvicinai poi al suo orecchio e le spostai qualche ciocca bianca e nera con il naso, e fu in quel momento che sentii la sua seconda reazione.
«C'è ancora qualcosa che potresti fare per me.»le sussurrai per poi premere un pulsante sul piccolo telecomandino, avvertii immediatamente dopo il rumore delle tende che si abbassavano, facendo si che la stanza diventasse completamente buia, allora cliccai un altro pulsante per accendere la luce cosí da poter vedere.
Avevo una segretaria da poco più di un mese e subito avevo notato quanto bella fosse. Il suo corpo mi aveva attratto subito e avevo capito fin dall'inizio che, posti in altre circostanze, non ci saremmo soltanto dedicati a lavorare ma a fare ben altro. E avevo capito che quello che sentivo io era reciproco quando avevo notato i suoi sguardi verso di me.
Allora, dopo nemmeno una settimana che lavorava per me, una sera tra una cosa ed un'altra eravamo finiti troppo vicini l'uno all'altra e la tensione sessuale era esplosa. Ci eravamo baciati e strusciati l'uno sull'altra, e cosí tutto ciò era diventata un abitudine per entrambi, fino a quando le cose erano diventate sempre più serie.
Potevo chiaramente dire che il sesso in ufficio era la cosa più erotica che avessi mai provato fino ad ora, ma probabilmente era tutto cosí emozionante anche perchè era lei che stava al gioco ogni volta che avessi voglia.
«Cosa vuole che faccia?»mi domandò dopo poco, la voce in un sussurro e avvertii immediatamente la reazione che mi provocó nel mio corpo nel soltanto sentirla parlarmi.
«Vedi, ho un gran mal di testa, credo a causa di tutto lo stress che ho.»le spiegai, mettendomi faccia a faccia con lei e arrivando a far strofinare i nostri nasi. I suoi occhi semichiusi erano puntati sulle mie labbra, come se fosse in trans, e anche i miei si andarono a fissare sulle sue. Non ci baciavamo spesso, questo perchè entrambi eravamo d'accordo che qualsiasi cosa ci fosse tra di noi doveva rimanere soltanto sul piano sessuale e un bacio sembrava ad entrambi un gesto troppo intimo e romantico.
«E sappiamo entrambi che tu hai la cura perfetta per questo mio stress, non è cosí?»aggiunsi poi, spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio per poi guardarla negli occhi. Allora lei annuí lievemente prima di guardare verso il basso, dove sapevo perfettamente ci fosse una protuberanza visibile all'interno dei miei pantaloni, e deglutí alla sola vista.
Capí subito quel che volevo e allora si fece un po' più avanti, staccando la schiena dalla mia scrivania, per poi iniziare ad inginocchiarsi davanti a me senza mai perdere il contatto visivo con i miei occhi, cosa che trovai ancor più eccitante del pensiero di ciò che sarebbe successo a breve.
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Immediatamente portò le mani sulla mia cinta, iniziando a sfilarmela, e poi fece lo stesso con la zip e il bottone dei miei pantaloni. Non perse tempo in tutto ciò e immediatamente mi abbassò l'indumento e l'intimo contemporaneamente, lasciandomi nudo davanti a lei dalla vita in giù e con un'erezione non ancora del tutto formata e che non voleva altro che essere toccata.
Alzò la testa per guardarmi in viso e quando lo fece e io portai una mano sotto al suo mento, carezzandola lentamente mentre lei si faceva coraggio e andava ad afferrare la mia erezione pulsante.
«Fai la brava, mh?»le dissi poi e lei annuì per poi concentrare la sua attenzione completamente sulla mia intimità. Con una mano cominciò a fare su e giù lungo di essa e l'altra invece se la portò alla bocca, per poi sputarci sopra ed inumidirla, cosicchè l'attrito tra le nostri pelli fosse ancora più basso.
Prese a masturbarmi con la mano bagnata e io sospirai rumorosamente quando ciò successe. Sentii immediatamente la reazione del mio corpo a quel contatto e fui certo che divenni ancora più duro e grosso di quel che ero già. A quel punto lei alzò gli occhi nei miei, che adesso facevano difficoltà a rimanere aperti e mise su un timido sorriso, per poi tirare fuori la lingua per "assaggiarmi".
Mugolai dal piacere nell'avvertire il calore di quel muscolo e chiusi completamente gli occhi e afferrai il bordo della scrivania tra le mie mani quando invece inglobò la punta, stimolando quindi quella che era la parte più sensibile. Iniziò ad andare più affondo che poteva con la gola, fino a quando non riuscii a sfiorare il punto massimo, dove i suoi muscoli si stringevano attorno al mio membro come un gesto riflesso.
Portai una mano tra i suoi capelli e glieli afferrai, creando una coda fatta di ciocche nere e bianche, un colore bizarro ma che a lei stava meravigliosamente; in realtà probabilmente qualsiasi colore le sarebbe stato bene. Glieli strinsi nel mio pugno e cercai di manovrarla come più faceva mentre lei con una mano aveva iniziato a massaggiarmi i testicoli e con la lingua cercava il più possibile di stuzzicarmi in ogni modo.
«Sei così bella, con la tua bocca così piena di me.»le dissi abbassando gli occhi e accarezzandole le guance con il pollice. I nostri occhi si incontrarono e grugnii per non farmi scappare nessun suono ad alta voce, di certo non volevo far sapere a tutti quelli che lavoravano lì cosa stesse succedendo proprio nell'ufficio del loro capo, soprattutto perchè c'entrava di mezzo la mia segretaria, e avere un'accusa di favoritismo sul lavoro era l'ultimo dei miei problemi.
«Non durerò ancora per molto...»mugolai poi e forse furono proprio quelle parole a spingerla ad aumentare la velocità dei movimenti, iniziò a masturbarmi per quello che non le entrava in bocca e a succhiare più forte, incavando anche le guance quando le fosse possibile.
Mi morsi il labbro inferiore per non farmi scappare alcun suono e infine le venni in bocca, lasciandomi andare in un intenso orgasmo. Aprii la bocca per far lasciar passare un sospiro profondo e chiusi gli occhi, buttando la testa all'indietro e godendomi il tutto fino alla fine.
Quando capii che tutto fosse terminato tornai a guardare la ragazza davanti a me e lei si sfilò il mio membro dalle sue labbra, per poi aprire la bocca per farmi vedere che avesse ingoiato il mio seme e non aveva bisogno di sputarlo.
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«Così talentuosa, mh?»le dissi per poi porgerle le mani ed aiutarla a rimettersi in piedi. Mentre io mi ritiravo su i vestiti lei cercava di pulirsi le ginocchia dallo sporco che c'era per terra, poi ci aiutammo a rimettere in ordine i nostri capelli e aspettammo che le nostre guance tornarono del loro colore naturale. Quando entrambi fummo di nuovo presentabili, semplicemente ci guardammo in faccia e io le sorrisi.
«Grazie Yunhee, tu sai sempre come aiutarmi.»le dissi infine, cercando di instaurare una relazione che fosse accettabile tra datore di lavoro e segretaria, nonostante ciò che era appena successo tra di noi e che succedeva da settimane ormai.
«Si figuri.»mi rispose diretta lei, mostrandomi a sua volta un piccolo sorriso, e io non potei non pensare che lei fosse una delle donne più belle sulla faccia della terra.
Subito dopo comunque la dismessi e non appena fu fuori dal mio ufficio ebbi la possibilità di rialzare le tapparelle del mio ufficio e spegnere la luce, per poi tornare a lavoro come se nulla fosse accaduto davvero.
Vorrei informarvi che questa ff è più smut delle solite, almeno per i primi capitoli, spero solo non siano scritti malissimo😶
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