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Yunhee
Non sapevo come avevo fatto a finire in questa situazione, non sapevo quando tutto ciò era iniziato e quando avevo capito che quello che stavo facendo prima o poi mi si sarebbe ritorto contro. L'unica cosa che sapevo era che però non riuscivo a smettere.
Avevo iniziato a lavorare in quella fabbrica farmaceutica da un solo mese, ovviamente non facevo nulla di che, ma mi ero trovata un posto come segretaria del capo dell'azienda che non era male e che mi avrebbe permesso di continuare gli studi per la mia facoltà, ovviamente sempre di ambito chimico e farmaceutico.
Non avendo il supporto dei miei genitori avevo subito dovuto darmi da fare non appena finito il liceo, e proprio per questo motivo mi ero adattata: mi ero trovata un posto in cui vivere ed ero riuscita a permettermi l'università grazie ad alcuni lavori come cameriera o cassiera e alla fine ero riuscita ad arrivare in un'azienda.
In realtà gran parte del motivo per cui avevo questo lavoro era grazie al mio migliore amico che aveva messo una buona parola sul mio conto col nostro capo e che poi mi aveva fatto ottenere un colloquio di lavoro.
Per quanto riguardava la mia vita fuori dal lavoro, non c'era molto da dire in realtà. Abitavo con altre quattro persone in una casa, tra cui il mio migliore amico, e insieme a lui tutti i nostri altri amici. Quella mattina infatti ero stata proprio svegliata da un rumore che veniva dal piano di sotto e che però non sapevo di cosa si trattasse.
Mi voltai nel mio letto e afferrai il mio telefono dal comodino, dato che non avevo ancora le forze necessarie per alzarmi ed andare a vedere cosa fosse successo.
Non appena risposi al messaggio di Yunho mi costrinsi ad alzarmi in piedi per andare ad impedirgli di rimettersi a dormire, cosa che sapevo per lui fosse piuttosto facile. Uscii in corridoio immediatamente, ancora in pigiama, e mi diressi subito davanti alla porta della camera del mio migliore amico.
«Yunho alzati!»urlai per poi iniziare a bussare più e più volte, ma non riuscendo a sentire nulla dall'altra parte, fino a quando un'altra porta si aprì nel corridoio.
«C'è questo bisogno di urlare alle sette del mattino?»mi chiese Hongjoong mentre si grattava la testa, probabilmente da poco si era messo a dormire. Hongjoong lavorava come barista in una discoteca, perciò i suoi orari erano assurdi e spesso la mattina tornava intorno alle cinque o alle sei.
«Ho paura che quel coglione non si svegli, non possiamo fare sempre ritardo per colpa sua!»ribattei io poi riprendendo a sbattere il pugno sulla sua porta in attesa di avere qualche segno di vita dall'altra parte.
«Tss, come se poi non sapessi farti perdonare dal tuo capo, tu.»commentò ironicamente Hongjoong e io gli lanciai uno sguardo inceneritore. Non era un segreto che avevo coi miei amici il rapporto che c'era tra me e il mio capo.
«Yunho giuro che...»urlai di nuovo, stavolta infastidita anche dal commento del mio coinquilino dai capelli blu, per poi riprendere a bussare insistentemente alla porta, fino a quando quest'ultima non si aprì.
«Ho capito, mi alzo!»mi rispose con un grido il mio migliore amico, i capelli rosa completamente sparati in ogni direzione e la faccia ancora con lo stampo del cuscino, poi mi richiuse la porta in faccia e io risi di gusto: ogni mattina la stessa storia, ma almeno ottenevo dei risultati.
A quel punto me ne tornai in camera e mi iniziai a preparare, fortunatamente i vestiti li avevo già preparati la sera prima perciò non avevo il dovere di sbrigarmi. Quel giorno avevo optato per un pantalone lungo e nero e una camicia lilla, cosicchè potessi dare del tempo alle mie gonne a tubo di asciugarsi.
Non appena fui pronta mi andai a lavare i denti, mi truccai leggermente e mi sistemai i capelli in una coda di cavallo, per poi uscire dal bagno e dirigermi direttamente di sotto, dove speravo che almeno uno dei miei due compagni di lavoro fossero pronto e mi stessero aspettando.
Ovviamente non fu così perchè l'unica persona che trovai seduto al tavolo della cucina era Jongho, con un libro dell'università in mano mentre si mangiava una fetta di pane con della marmellata sopra.
«A che punto è Mingi?»gli chiesi allora, sedendomi accanto a lui e guardando cosa stesse studiando. Jongho era l'unico tra di noi che non lavorava, i suoi genitori lo mantenevano e gli permettevano di andare all'università, però lui aveva deciso di andare a vivere da solo e così una sera era capitato in discoteca dove lavorava Hongjoong e parlando del più e del meno i due si erano scambiati i numeri ed eccoci qua.
Yunho ed io ci conoscevamo dal liceo, entrambi avevamo preso la strada lavorativa e lui aveva ottenuto sin da subito lavoro nell'azienda dove entrambi ora lavoravamo: era lì che aveva conosciuto Mingi. Tutti e tre infatti ogni mattina andavamo insieme a lavoro, così potevamo alternare le nostre macchina. Hongjoong invece ci era stato presentato da Mingi, i due erano amici da tempo e così eravamo entrati tutti e cinque in contatto.
«Non ne ho idea, da quel che so io si stava facendo una doccia.»mi rispose il più piccolo della casa e io spalancai gli occhi di scatto, non riuscendo a credere alle sue parole.
«SI STA FACENDO UNA DOCCIA?!»gridai infatti, alzandomi immediatamente dalla sedia e dirigendomi al bagno del piano terra per andare a fare un cazziatone anche a lui come avevo fatto poco prima con Yunho. Questo perchè? Perchè tutti noi sapevamo perfettamente che se Mingi entrava in una doccia allora significava dolo una cosa: ritardo.
«Mingi se non ti muovi di lascio qua!»urlai infatti da fuori il bagno, essendo l'unica femmina della casa ogni mattina dovevo occuparmi di loro due come se fossero i miei figli e dovevo ammettere che in realtà quella situazione era stancante ma altrettanto divertente in un certo senso.
Fortunatamente per me in quello stesso istante Mingi uscì dal bagno col suo accappatoio e i capelli bagnati che gocciolavano a terra e che già sapevo avrei dovuto pulire quando quel pomeriggio sarei tornata a casa.
«Ecco, ho fatto, ora mi vesto e sono pronto, stai calma.»commentò lui alzando poi gli occhi al cielo e sorpassandomi come se nemmeno esistessi, per poi andare verso la sua camera e chiudersi al suo interno. Io chiusi gli occhi e inspirai profondamente, per non farmi prendere dalla rabbia e spaccare qualcosa.
«Non ti invidio per niente.»commentò Jongho dalla cucina e io lo fulminai con lo sguardo, mentre avvertii dei passi per le scale che mi fecero sperare si trattasse di Yunho.
«Stai zitto.»lo rimbeccai io per poi tirare un sospiro di sollievo quando mi resi conto che si, era davvero il mio migliore amico pronto per andare a lavoro, con la sua giacca nera e la camicia bianca che lo facevano sembrare ancora più maturo.
«Dov'è Mingi?»chiese lui non appena fu arrivato e, come risposta, il sopracitato uscì dalla sua camera con ancora i capelli chiari bagnati, facendoli gocciolare ancora sul pavimento. Io grugnii nel vedere ciò e poi avanzai verso di lui per tirargli un lieve schiaffo dietro la nuca.
«Idiota, quando torniamo a casa pulisci tutto tu.»gli dissi, per poi andare ad afferrare le mie cose per il lavoro che fortunatamente lasciavo sempre in salotto e fare per uscire di casa. Mi infilai i tacchi e attesi che anche gli altri due mi raggiungessero alla porta, prima di voltarmi verso Jongho per salutarlo.
«Dì ad Hongjoong che torniamo a casa per il pranzo.»affermò Mingi, aprendo la porta di casa ed uscendo per andare a prendere la macchina visto che quel giorno guidava lui.
«Parla per te, io ho la giornata piena oggi.»commentò Yunho mentre lo seguiva fuori e io poi feci lo stesso, rivolgendo un ultimo cenno con la mia mano al più piccolo della casa per poi uscire fuori. Io e Jongho in realtà avevamo la stessa età, o almeno a breve l'avremmo avuta dato che mancavano pochi giorni al suo compleanno, ma essendo io nata a marzo avevo qualche mese in più rispetto a lui.
Quella mattina faceva più freddo del solito, l'aria autunnale stava iniziando a farsi sempre più fredda e per quanto odiassi sudare e il caldo, dovevo ammettere che nemmeno stare così fuori e colpita dal vento mi piaceva più di tanto.
«Quanto ci mette a prendere questa macchina? Si congela.»commentai infatti portandomi le braccia attorno al corpo per cercare un minimo di riscaldarmi ma subito dopo Yunho si avvicinò a me e mi avvolse completamente tra le sue braccia, come era solito fare.
«Sei fortunata ad avere me, allora, il tuo termosifone personale.»mi sussurrò all'orecchio e io gli diedi una leggera botta con la mano sul petto prima di sorridere e di guardarlo. Yunho era diverso da tutti gli uomini che avevo incontrato nella mia vita: era gentile, premuroso e si preoccupava sempre delle persone a lui care, questo era un tratto che avevo imparato a conoscere col tempo che passava.
Probabilmente lui era l'unico uomo che avrei permesso di starmi così vicino, e se non fosse stato per l'interminabile affetto che sentivo nei suoi confronti in maniera più che platonica, non ci avrei pensato due volte a uscire con lui con altre intenzioni.
Il fatto era che non avevo bisogno di una relazione, mi piaceva stare da sola senza alcuna preoccupazione, e in più mi piaceva avere Yunho e gli altri attorno nella mia casa senza dover dare i conti a nessun ragazzo geloso. Stavo bene così, la mia vita mi piaceva così com'era anche se spesso trovavo alcune difficoltà, ma non mi importava.
Come avevo detto prima, però, non sapevo come ero finita in una situazione che era esterna a tutto ciò che consideravo normale della mia vita ma che eppure aveva una gran fetta del mio essere: qualcosa dalla quale non riuscivo a separarmi per nemmeno un attimo e che non sarei riuscita a lasciare andare così facilmente.
Benvenuti in questa nuova storia! Spero vi piaccia in futuro, come con le altre storie pubblicherò una volta a settimana^^
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