VIII
Lasciai Shirley da sola per un po' di tempo.
La sua vicinanza mi aveva scombussolato troppo e se non avessi mantenuto le distanze, avrei rischiato d'impazzire.
Lei si stese in un angolo per riposare e ben presto si riaddormentò. Io invece, approfittai di quelle ore per fare un bagno e scrollarmi di dosso la polvere della tempesta del giorno prima e i pensieri turbolenti che ancora vorticavano nella mia mente.
Ritornai da lei inevitabilmente, con i nervi ancora tesi, temendo che al risveglio si sarebbe sentita frastornata, ma dormiva ancora profondamente. Quando si sarebbe svegliata, probabilmente avrebbe avuto dolori dappertutto, poiché questa volta non le avevo offerto il mio petto come cuscino.
Ripensare a come avevamo dormito la notte prima, allacciati l'uno con l'altro, mi mandò nuovamente in confusione. Cercavo inutilmente di agire in maniera razionale, ma da quando avevo intuito i suoi sentimenti per me, non riuscivo più a fermare i miei pensieri e mi scoprivo a sorridere nonostante tutto.
Rimasi a guardarla a lungo incantato, incerto se svegliarla o meno, che mi dimenticai persino di rivestirmi e rindossare la tunica che avevo lasciato al sole ad asciugare. Me ne resi conto solo quando lei riaprì gli occhi e arrossì non appena mi vide con indosso solo i miei calzoni.
- Come ti senti? – le chiesi facendo finta di nulla, ma sembrava aver perso l'uso della parola e continuò a guardarmi come se mi vedesse per la prima volta.
In effetti, portando sempre sul capo il mio tagelmoust, le avevo concesso di vedere il mio viso solo pochissime volte.
- Forse vorresti fare un bagno? – le chiesi per interrompere il suo silenzio che cominciava a essere troppo pesante perfino per me.
Mi sembrò che il suo sguardo si soffermasse soprattutto sui miei capelli, da cui alcune gocce d'acqua colavano ancora bagnandomi la fronte e il collo. Non tagliavo le mie ciocche ribelli da parecchio tempo e, durante l'ultima traversata nel deserto, erano diventate così lunghe da intrecciarsi e annodarsi irrimediabilmente. Dovevo sembrarle un uomo primitivo.
Cercando di non pensare alla mia immagine, mi finsi completamente disinteressato a quelli che potevano essere i suoi pensieri sul mio aspetto fisico.
– Io ne ho appena fatto uno – continuai, notando che i suoi occhi si erano fissati all'altezza delle mie gambe, l'unica parte vestita del mio corpo.
Alle mie parole, sembrò finalmente ridestarsi da quel suo stato di trance e posò il suo sguardo verso la piccola pozza d'acqua che s'intravedeva tra il fogliame rigoglioso dell'oasi.
La sua espressione scettica mi fece sorridere tra me e me: quando avrebbe visto la sorgente che si celava dietro quelle piante, senz'altro ne sarebbe rimasta piacevolmente sorpresa.
Quando tornò a guardarmi, le sorrisi: non vedevo l'ora di mostrarle quella meraviglia nascosta.
Consapevole di rivelare le mie emozioni dal volto che non era più coperto dai metri e metri di stoffa, mi sentii finalmente leggero, come se non portassi più quella pesante corazza dietro cui mi rinchiudevo. Era una sensazione magnifica.
- Dove vuoi che lo faccia un bagno? – mi chiese lei esitante, forse ancora un po' confusa per non aver reagito al suo abbraccio di quella mattina.
Non potetti fare a meno di scoppiare a ridere pensando a quanto potesse sentirsi disorientata e imbarazzata per tutti i miei sbalzi d'umore.
Al diavolo!
Ero stanco di trattenermi: mi alzai e le tesi una mano per invitarla a seguirmi attraverso la vegetazione che nascondeva il rivolo d'acqua che sgorgava dall'interno dell'oasi.
Dopo qualche passo, lei si fermò incerta.
- Fidati di me – la spronai attirandola dolcemente nella mia direzione. – Voglio farti vedere qualcosa di meraviglioso!
Mise la sua mano nella mia e s'immerse nell'acqua. La guidai verso la fonte, oltrepassando alcuni rami che bloccavano inizialmente il passaggio, poi quando quel rivolo d'acqua divenne più profondo e sdruccioloso, la presi in braccio temendo che scivolasse.
Per la sorpresa lei s'irrigidì, ma mi poggiò subito dopo le braccia intorno al collo per sorreggersi. Cercai di non badare a come mi facevano sentire le sue mani a contatto con la mia pelle e proseguii guardando dove mettevo i piedi.
L'acqua mi arrivava ormai in vita e un brivido mi attraversò tutta la schiena.
Più ci avvicinavamo all'interno dell'oasi, più la corrente diveniva più potente e lo scroscio, che si avvertiva dietro la vegetazione che limitava la visuale, rimbombava sempre più forte.
- Ma dove mi stai portando? – mi chiese non riuscendo a nascondere l'emozione.
Lentamente la feci scivolare giù, facendola bagnare a poco a poco finché si abituò a quella piacevole frescura. Poi, scostando un ramo frondoso, le mostrai finalmente un piccolo specchio d'acqua in cui si frangeva uno zampillo che erompeva dall'alto di una rupe.
- Guarda! – le dissi voltandomi verso di lei per non perdermi lo spettacolo dei suoi occhi che si spalancavano dalla sorpresa.
Come immaginavo la sua espressione meravigliata parlava più di mille parole.
Rimase a guardare quella scenografia naturale, mentre io mi beai dei giochi di luce che, attraverso i fitti rami, i raggi di sole creavano sui suoi capelli fulvi.
- È stupendo! – disse quando, lasciandosi trascinare dalla corrente, s'immerse completamente nella piscina naturale che era davanti a noi, incurante di essere del tutto vestita.
– È incredibile come il deserto possa presentare volti completamente diversi. Ieri mi faceva paura, ora invece scopro che può nascondere paradisi sperduti come questo. È così bello stare qui... Non vorrei lasciare questo posto per nessuna cosa al mondo.
Le sue parole mi risvegliarono da un sogno in cui improvvisamente mi sembrava di essere entrato: mi ero inevitabilmente distratto nel guardare come gli ingorghi della corrente le accarezzassero i fianchi e le braccia distese sulla superficie dell'acqua.
Come poteva dire una cosa del genere? Proprio lei che era cresciuta in un continente così lontano e di cui conoscevo talmente poco che mi sembrava impossibile potesse competere con il posto in cui vivevo...
Il mio sogno si stava avverando...
- Dici sul serio? – le chiesi smuovendo la testa per scrollarmi di dosso i pensieri suscitati dalla sua bellezza così innocente, eppure capaci di farmi scoppiare il corpo e l'anima.
- Anche prima hai detto che New York non ti manca affatto – continuai ruotando intorno a lei attratto come da un campo magnetico.
- Mi è difficile ammetterlo, ma da quando ho conosciuto questi luoghi così incontaminati dall'uomo, le città mi sembrano dei posti invivibili – mi rispose mentre era ancora immersa nell'acqua e non accorgendosi della mia vicinanza, troppo presa dal suo discorso.
- Il deserto è fatto così, presenta degli aspetti mai uguali a sé stessi capaci di attrarre chiunque, ma solo chi vi è nato e vi ha vissuto tutta la sua vita è in grado di amare completamente anche gli aspetti più malvagi di esso – le dissi cercando di rimanere lontano da lei il più possibile. - Il deserto è vita, ma soprattutto anche morte e desolazione: due aspetti ben diversi che una persona come te non è mai riuscita ad accettare insieme – conclusi cercando di rialzare un muro per mantenere il controllo.
Lei aveva chiuso gli occhi, del tutto ignara del mio tumulto interiore e continuò a descrivermi le sensazioni che provava senza nessun filtro, come se pensasse ad alta voce, del tutto ignara di cosa mi faceva provare quella sua confessione.
- Ho vissuto nel deserto abbastanza da amarlo e da poter dire che mi piacerebbe viverci per sempre con...
Si bloccò all'improvviso lasciando quella frase a metà, come se si fosse accorta solo in quel momento che stava parlando con me, di quello che provava, di ciò che sentiva nel cuore.
Con chi?
Chi era quella persona con cui voleva vivere nel deserto? Possibile che fossi proprio io? Io che provavo la stessa cosa che provava lei e che invece di accogliere il suo abbraccio quella mattina, l'avevo respinta e avrei dovuto continuare a farlo, a impedire che tutto ciò accedesse, perché lei, piccola rosa del deserto, mi avrebbe attirato con il suo dolce profumo e poi mi avrebbe spezzato il cuore.
Si lasciò sprofondare completamente nell'acqua come se volesse nascondersi, ma io, ormai del tutto fuori di senno, mi allungai per farla riemergere. Le circondai le spalle ricordando come l'avevo tenuta durante la notte e come mi aveva abbracciato quella mattina, incapace ormai di starle lontano, incredulo di fronte a quelle parole non dette, ma che risuonavano già nel mio cuore.
Le avevo sentite come un sussurro inespresso, ma mille volte più potente di una assordante dichiarazione.
- Ripetimi quello che hai detto – le chiesi con impeto studiando la sua espressione, imprigionandola con le braccia e con gli occhi. Volevo che pronunciasse quelle parole, che mi dicesse che non stavo sognando e che lei era vera e che poteva essere mia.
- È così Rachid! – ammise, con la voce che le tremava, come se le mancasse l'aria.
- Sento di amare questo posto. Sento che gli appartengo come se ci fossi nata. Anche se il deserto per certi versi è più sconfinato e inospitale di qualunque altro luogo al mondo, io lo amo. New York mi è rimasta alle spalle. È una città in cui non riuscirei più a viverci. Tutto è falso e artificiale...
Stava cercando di deviare il discorso da quello che poca prima stava per dire, così mi avvicinai ancora di più.
- Odio New York – continuò. – La odio perché fa parte di una civiltà corrotta e conformistica. Io invece ora sento di amare profondamente queste sabbie, perché solo qui mi sento veramente libera e in pace con me stessa.
- Non è esattamente quello che stavi dicendo. Con chi vorresti viverci in questo posto? – le chiesi stringendola sempre di più e guardandola pur sapendo di metterla sempre più a disagio.
Potevo sentire la stoffa del suo vestito solleticarmi il petto nudo, ma nonostante quella vicinanza fosse una offesa al suo pudore, non riuscivo a staccarmi da lei.
Forse mentiva, forse era solo una ragazzina che voleva lasciare il nido, voleva giocare a sentirsi libera, quando era solo prigioniera di un'illusione senza fondamento.
Non si rendeva conto che quel suo sentimento non era che il frutto di un'emozione nuova, di una frivola fanciulla che voleva sentirsi donna, magari sognando a occhi aperti il primo bacio.
Voleva questo da me? Sentirsi desiderata, bramata... mentre io cercavo solo di spegnere l'amore che provavo per lei, ma qualunque appiglio cercassi, cascavo sempre miseramente... Come potevo solo pensarlo?
Poteva uno sguardo così innocente fami bruciare di passione? Poteva quel rossore che copriva le sue gote essere un'inconsapevole menzogna?
A nulla erano valsi i miei tentativi di allontanarla? Non si era scoraggiata dinanzi alla mia apparente freddezza?
Quando si rese conto di quanto i nostri visi fossero vicini, abbassò lo sguardo, ma quella sua debolezza non mi scoraggiò.
- No, guardami! – le dissi con un tono incalzante e cercando di nascondere quel desiderio che ormai mi stava consumando.
Le sollevai il viso con una mano e rimanemmo a guardarci negli occhi.
Dovevo allontanarmi, ma non volevo... volevo sentir uscire dalle sue labbra quello che veramente provava; volevo capire se fosse vero o se fosse solo un capriccio...
- Non tormentarmi così! – m'implorò con la voce sommessa, come se stesse usando le poche forze rimaste per non cedere al mio volere.
- Giurami – le chiesi imperterrito - che saresti disposta a vivere con me!
Pronunciai quelle parole senza sapere come e perché: non ero più io a parlare, schiacciato dalla voglia di baciarla che avevo da quando i nostri corpi si erano avvinghiati l'uno all'altro e la paura di perdere totalmente il controllo.
Mi guardò con diffidenza, come se fosse incerta di aver capito bene le mie parole, ma le sfuggì un sì silenzioso, che però risuonò più forte di un urlo.
Quel movimento delle sue labbra attirò le mie, già così pericolosamente vicine, che mi bastò chinare appena la testa per far sì che si posassero sulle sue. E in quel momento mi spezzai definitivamente in due: non ero più io, ma da una parte il mio corpo che agiva ormai da solo e dall'altro il mio cervello completamente scollegato da tutto il resto, che ancora combatteva furioso per fermare qualcosa che mi avrebbe portato presto all'inferno.
Mi allontanai vincendo con la forza quella parte irrazionale senza neanche sapere in che modo ci riuscii.
- Le tue labbra hanno detto sì – le dissi con ancora il sapore dolce della sua bocca che avevo appena sfiorato, eppure la mia voce uscì in contrasto con ciò che provavo, - ma sei solo una bambina e dopo un po' di tempo che avrai vissuto più a lungo tra questi deserti impervi e tra la nostra gente, ti accorgerai che non sei fatta per questa vita e rimpiangendo la vita comoda che facevi prima, te ne andrai. Tu appartieni a un mondo diverso!
Nonostante quelle crudeli parole fuoriuscite chissà come, lei mi guardò come se avesse visto le mie due parti spaccate.
Dovevo ferirla, forse era l'unico modo per dissuaderla da quell'infatuazione adolescenziale, anche al costo di trafiggere me stesso con quelle parole dal gusto beffardo.
Anche lei mi parve spaccarsi in due: una parte trafitta da quella stilettata che l'aveva annientata; l'altra invece del tutto incredula, che forse sperava che negassi tutto e le dicessi quello che invece provavo realmente.
Ancora una volta avevo rovinato tutto. Avevo riversato su di lei la mia innata paura di essere abbandonato; la stavo giudicando o paragonando a sua madre, che aveva spezzato il mio cuore oltre a quello di mio padre.
Eppure, Shirley era nata nel deserto: ricordavo ancora quella notte in cui i suoi vagiti mi avevano attratto come il canto di una sirena. Forse lo percepiva attraverso la sua anima di appartenere a quel posto, come un richiamo mistico o un segnale del fato.
Cercai di ritornare in me, di non pensare ai nostri destini da sempre intrecciati, ma non ci riuscivo. L'unica cosa che sapevo fare ancora bene era evitarla e rendere i miei pensieri sempre più impenetrabili, mentre in realtà dentro bruciavo per i suoi occhi che ancora una volta mi pregarono di non fingere e di essere sincero.
Come avevo potuto pensare che prima mi stesse mentendo, quando ero io l'unico e il solo che le aveva mentito fin dall'inizio?
Mi fissava ancora le labbra e nonostante il rossore che le imporporava il viso, non smise per un attimo di guardarmi. Voleva baciarmi, lo desiderava anche lei come lo desideravo anch'io.
All'improvviso capii perché era scappata il giorno prima: era scappata da me, dopo che l'avevo respinta nonostante mi avesse mostrato con ogni suo gesto quello che provava per me. Eppure, mi aveva appena dimostrato di non essere solo una ragazzina superficiale: qualcosa o qualcuno forse doveva averla spinta a fare quella terribile sciocchezza che poteva costarle la vita.
Il suo gesto non poteva essere della stessa persona che mi aveva appena confessato di voler vivere nel deserto.
Volevo crederle e potevo rendere finalmente reale quel sogno. Anche se me ne sarei pentito, volevo che fosse mia, fosse stato solo per quell'attimo, mi sarebbe bastato per una vita intera.
La guardai nei suoi occhi, desiderando di poterle rivelare quanto l'amassi, ma l'unica cosa che riuscii a fare fu avventarmi nuovamente sulle sue labbra, buttandomi in quel precipizio, consapevole che sarebbe stata la nostra rovina, ma mai una caduta mi sembrò così dolce.
Premetti la mia bocca sulla sua e, per la prima volta nella mia vita, mi sentii felice di perdermi in quel delirio di tormento e incoscienza.
Nell'ultimo sprazzo di razionalità che mi era rimasto, pregai quasi che lei mi respingesse, che ponesse fine a quella magica agonia, ma non lo fece, anzi dopo un istante d'incertezza, la sentii arrendersi.
Mi permise di assaporarla più nel profondo. Baciai le sue morbide labbra con più intensità, quasi con foga, spingendo il suo fragile corpo contro il mio, ma fu un breve momento... qualcosa si accese in lei, come se avesse ascoltato la mia stolta preghiera di prima e mi spinse via.
E fu allora che capii come si era sentita quando a farlo ero stato io, e le avevo perfino chiesto di giurarmi di voler rimanere con me. Ma dove avevo la testa?
In quel momento compresi anche che era ormai troppo tardi per tornare indietro.
In un modo o nell'altro, avrebbe inevitabilmente sofferto a causa mia, solo per colpa mia.
***
Salve gente! 🤗
Se vi siete ripresi da questo capitolo, che speso vi abbia emozionato almeno un po', vi lascio delle foto di come ho immaginato i capelli di Rachid che tanto hanno incantato la nostra Shirley.
Sono solo di esempio... Potete immaginare Rachid come volete... 😂
Mentre a proposito di Shirley, sto adorando descriverla attraverso gli occhi innamorati di Rachid... lo avete notato? 😍
Vi è piaciuto questo capitolo in cui c'è stato finalmente il primo bacio o avete preferito quello raccontato nel capitolo XII di Desert Rose?
Approfitto di questo spazio per lasciarvi i miei più sinceri auguri di una felice Santa Pasqua 🐰🐣
Con tutto il cuore e grazie come sempre per i vostri commenti e il vostro sostegno ❤
D.J.
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