XVIII

Rividi Sahid altre volte nei giorni successivi e lui si dimostrò molto gentile, facendomi dimenticare del tutto quella brutta avventura di quando mi aveva lasciata sola nel deserto.

Forse mene sarei pentita, ma nei suoi occhi, così simili a quelli di Rachid, non vedevo nessun'ombra dicattiveria o freddezza. Anzi, ben presto scoprii che era un ragazzo molto simpatico ed estroverso e più lo conoscevo e più mi domandavo come potesse essere così diverso da suo fratello, che al contrario era il re dei tenebrosi.

Una sera decisi di invitarlo a cena per presentarlo a mio padre e al resto della mia famiglia: a loro raccontai che era il fratello della persona che mi aveva salvata.

Mi preparai con cura e con largo anticipo. Quando fui pronta, uscii in giardino per godermi un po' di frescura. Il cielo di Marrakech era bellissimo quella sera e per la prima volta dopo tanto tempo, mi sentii quasi serena.

Avevo un abito di seta turchese e mentre ero persa nei miei pensieri, fui distolta dal rumore di alcuni passi alle mie spalle. Mi voltai e lo vidi venirmi incontro con un abito occidentale molto elegante.

Camminava con disinvoltura mentre mi sorrideva e devo ammettere che, con i capelli lucidi tirati indietro, non sembrava affatto un orientale.

Mi prese la mano e me la baciò sfiorandola lievemente con le labbra.

Lo guardai sorpresa per la sua galanteria e con un leggero sorriso gli chiesi: - A cosa devo tutto questo?

- Alla tua bellezza – mi rispose, - ma non è ancora finita.

Prese dalla tasca una piccola scatola e me la mise tra le mani.

Io lo guardai con stupore e lui mi fece cenno di aprirla.

Feci allora scattare la chiusura e vidi una bellissima collana di perle di onice.

Non riuscii a trattenere la meraviglia, ma subito risposi: - Ti ringrazio Sahid, ma io non posso accettarla.

Lui non mi nascose la sua delusione, ma subito aggiunse: - Non mi fraintendere. Accettalo come il regalo di un amico fraterno.

Dopo qualche secondo di esitazione, lo abbracciai "fraternamente" e anche lui mi strinse e mi dette un lungo bacio sulla fronte.

Poi prese la collana e me la mise al collo sfiorando con le sue mani calde il mio collo e i miei capelli.

Il mio cuore cominciò a battere più velocemente e lo sguardo intenso di Sahid mi mise in un notevole imbarazzo da non riuscire più a guardarlo negli occhi.

Che cosa stavo provando in quel momento? Possibile che in quei giorni avessi finito col preferire lui a Rachid?

Mi sembrava tutto così surreale.

Era svanito così presto l'effetto di quell'incantesimo che mi aveva fatto sentire un tutt'uno con il deserto? Con quel paesaggio dai colori magnifici? Con i bellissimi occhi neri di Rachid in cui si rifletteva tutta la purezza della natura incontaminata e l'infinito dell'orizzonte sconfinato?

Aver toccato la morte così da vicino, mi aveva fatto tornare a preferire l'agio e il lusso del mondo artefatto in cui ero cresciuta?

No, forse la mia mente aveva fatto finta di dimenticare, ma il mio cuore era ancora ricolmo di quanto avevo potuto ammirare ed era sempre rimasto fedele all'unica persona che avesse destato in me sentimenti di puro amore, anche se per brevi attimi.

Rachid, io ti amo con tutta me stessa e darei qualsiasi cosa purché tu fossi qui al mio fianco al posto di tuo fratello.

Darei la vita pur di vivere un momento bellissimo come questo con te.

Se solo il nostro amore fosse stato possibile, non ti avrei mai lasciato.

Per Sahid nel mio cuore sentivo solo uno strano affetto che non riuscivo a comprendere. Ricordai la sensazione che avevo avuto la prima volta che ci eravamo incontrati, come se ci conoscessimo da sempre.

- A cosa pensi? – mi chiese Sahid, notando che mi ero distratta e cingendomi la vita con un braccio.

- Io... pensavo... pensavo a Rachid...

Nei suoi occhi notai un lampo d'ira e con una scusa mi allontanai.

- Entriamo in casa. Chissà cosa penserebbe mio padre se ci vedesse. Mi stupisco che non sia ancora venuto a cercarmi!

Lui allora mi offrì il suo braccio e ci incamminammo verso l'interno della casa.

- E tua madre?

A quella domanda mi bloccai, perché non ero ancora abituata a parlare di lei.

Decisi di dirgli la verità: - Io non l'ho mai conosciuta. Mio padre e lei non erano neanche sposati quando sono nata e dopo un mese, mi abbandonò e andò via senza lasciare traccia.

- E non pensi mai a lei? – mi chiese mostrandosi profondamente dispiaciuto.

- Non ho nessun rancore verso di lei e mi piacerebbe conoscerla, se è ancora viva. Adesso dovrebbe avere all'incirca quarant'anni.

Lui mi guardò incuriosito.

- Non hai mai pensato di cercarla? Conosci il suo nome?

- Mio padre mi ha detto che è francese e che io le somiglio molto. Il suo nome è Mylène, ma tutte le ricerche che sono state fatte sono stare inutili.

Mi parve di vedere Sahid trasalire.

Un colpo di tosse richiamò la nostra attenzione e in quel momento mia zia Emily ci raggiunse per farci accomodare in salotto per la cena.

Fu una piacevole serata; le ore passarono in fretta senza neanche che me ne accorgessi ed ebbi modo di sapere che negli ultimi anni, Sahid aveva frequentato un'università europea.

Mi raccontò la storia della sua famiglia che discendeva per via matrilineare da un'antica tribù tuareg.

Suo padre si era rifugiato nel deserto durante la guerra coloniale e quando era morto, Rachid, che era il primogenito, aveva preso il suo posto.

Lui invece si era sempre rifiutato di sottostare alle loro leggi tribali, di seguire tutte le loro consuetudini, di imparare a combattere; anzi aveva preferito il progresso delle città in antitesi con i villaggi nomadi del deserto.

Dal suo racconto, percepii quasi il disprezzo per la vita che faceva suo fratello, mentre io al contrario avevo imparato ad amarla e a rispettare la sua cultura che si tramandava da millenni.

Fu inevitabile fare paragoni tra lui e suo fratello: così simili fisicamente, ma completamente diversi caratterialmente e nei modi di fare.

L'origine dei loro disaccordi si doveva essere radicata sin dalla loro infanzia.

D'altro canto, riuscii a spiegarmi la disinvoltura con cui Sahid parlava diverse lingue e con cui quella sera sfoggiava abiti occidentali.

Percepii comunque di tanto in tanto un certo disagio, quasi timore, quando parlava con mio padre.

A fine serata lo accompagnai alla porta e lui mi chiese quando sarei ripartita per New York.

- A dire il vero non ho ancora deciso se ripartirò...

- Come? Vorresti vivere qui?

Non riuscivo ancora a pensare di ritornare nuovamente alla mia vita precedente. Non ero ancora pronta a lasciare il paese dove ero nata e dove avevo incontrato Rachid, ma non glielo dissi.

Lui però mi guardò interrogativamente e mi chiese: - Lo fai per Rachid, vero?

Il mio sguardo si riempì d'amore.

- Cosa c'è stato tra di voi? – mi chiese non mascherando la sua stizza.

- Non ti riguarda – gli risposi infastidita dal suo atteggiamento.

- Invece sì... Io... Io... sono... - balbettò come se fosse indeciso se rivelarmi qualcosa.

Poi cambiò espressione e con un tono supplichevole mi chiese: - Cosa provi per lui?

Con una nota di dolore mi decisi ad ammettere: - Io lo amo!

- Non è possibile? Io non te lo permetto – mi disse con la voce rotta dalla disperazione.

- Non permetterò che faccia del male anche a te!

- Cosa? – gli chiesi ripensando di colpo alla madre di Amìnah.

- Lui non ti ama, Shirley! Non ti ama, capisci? Vuole solo vendetta!

- Non capisco – gli dissi, ricordandomi che Rachid aveva detto la stessa cosa di lui.

Improvvisamente, tutti i dubbi e i pensieri che avevo ricacciato in un angolo della mia mente tornarono a torturarmi.

Ripensai a quella sera in cui avevo cercato di origliare quello che Sahid e Rachid si stavano dicendo: ormai avevo avuto la conferma che parlavano di me.

Rachid addirittura gli aveva detto che avrebbe voluto sposarmi. Era una cosa così assurda, così gli chiesi: - Che cosa vi siete detti tu e Rachid quando vi siete incontrati?

Lui, incerto se parlarmi o meno, confessò: - Io gli dissi che ti avevo già incontrato qui a Marrakech e che mi ero innamorato di te a prima vista. Lui mi rispose che non mi avrebbe mai permesso di amarti, perché ti avrebbe sposata. Ma lui mentiva... Solo ora ne capisco il motivo: in realtà voleva solo ingannare me... Che stupido! Come ho fatto a non capirlo prima...

Quando si accorse del mio sguardo interrogativo, mi disse che sarebbe stato meglio dirsi addio.

Perché mi diceva questo? Da lui non me lo aspettavo...

Ebbi l'impressione che qualcosa lo stesse facendo scappare, così improvvisamente. Cosa era scattato nella sua mente? Non riuscivo a capirlo...

Sempre più frustrata provai a farlo ragionare: - Perché vi odiate così tanto? Io so che Rachid non mi avrebbe mai mentito senza una buona ragione... Non so cosa è successo tra voi, ma non vorrei essere io la donna che vi farà odiare ancora di più. Se mi prometti che cercherai di chiarirti con lui, io ripartirò per New York.

Uscimmo nel giardino per parlare: era buio e la luce che proveniva da fuori rendeva le cose appena visibili nella penombra.

- Lui ha ucciso l'unica donna che amavo – disse chinando il capo e nascondendo il viso tra le mani.

Io rimasi pietrificata, ma capii subito che si riferiva alla madre di Amìnah, che era ancora viva.

Rachid non era un assassino, ne ero più che certa.

- Raccontami meglio... - gli dissi poggiando le mie mani sulle sue, notando quanto soffrisse.

Avrei voluto dirgli che si sbagliava, portare sollievo alla sua angoscia, ma non conoscevo i motivi che avevano portato Rachid a mentirgli, per cui decisi di essere cauta.

- Devi dirmi tutto anche se per te è molto doloroso. Non puoi lasciarmi con questi dubbi; non riuscirei a partire senza sapere tutto quello che è successo.

Lui rimase in silenzio per qualche secondo restando sempre nella stessa posizione, poi si mosse e disse: - Non lascerò che faccia lo stesso con te, ora che ti ho trovata! Devi andare via da qui e dimenticarti di lui... e anche di me...

Mi guardò negli occhi desideroso di accarezzarmi, di dirmi cosa provava, di rivelarmi tutti i suoi segreti... Avvicinò il suo viso al mio, ma si fermò chiudendo gli occhi da cui scesero due lacrime dagli angoli.

Allora chinò il capo appoggiandolo sulla mia spalla.

Mio malgrado lo abbracciai e nonostante la sua sofferenza, continuai a chiedergli: - Ti prego, io devo sapere... Dimmi quello che è successo! Io lo amo nonostante tutto...

Lui subito si scostò.

- È morta per colpa sua. Questo non ti basta? Come puoi amarlo? Come puoi difenderlo?

Le sue parole erano diventate rabbiose e mentre le pronunciava, mi scuoteva tenendomi per le braccia.

Quando si rese conto del suo scatto, mi lasciò e uscì dal cancello sbattendolo alle sue spalle.

Il suono dei suoi passi che si allontanavano nel silenzio delle tenebre scandì il battito accelerato del mio cuore.

Avrei dovuto rivelargli che quella donna era ancora viva?

Ma cosa avrebbe fatto Rachid se avessi svelato il suo segreto? Non potevo tradire la sua fiducia.

Ma vedere Sahid così disperato, mi mandò in confusione.

Lo avevo ferito molto: aveva perso una persona cara a causa di Rachid e forse ora vedeva in me quella donna ed io come lei, avevo scelto di amare Rachid, suo fratello e il suo peggior rivale.

Rimasi a guardare il cancello, sperando che tornasse indietro a rivelarmi tutto.

Ma non lo fece.

E non tornò mai più.


Che stupida illusa ero stata...

Cosa pensavo di ottenere da Sahid?

Non sarei mai riuscita a venirne a capo.

Non sapevo da che parte fosse la verità, né se nel mio cuore sarebbe mai giunta la rassegnazione che mi avrebbe aiutato a vivere.

Non potevo credere che l'uomo che mi aveva baciata così intensamente, che mi aveva curata, che mi aveva fatto innamorare con i suoi sguardi, con i suoi occhi limpidi che non avrebbero mai mentito, potesse essere così crudele come diceva Sahid.

Non avrei mai dimenticato il giorno che mi salvò la vita durante la tempesta di sabbia, la gioia nei suoi occhi di avermi ritrovata...

Se fosse stato un uomo malvagio, non l'avrebbe fatto.

Delle volte avevo avuto la sensazione di qualcosa di strano nel suo sguardo. Rimpianto.

Rimpianto per cosa? Rimpianto per quella donna che aveva portato via a suo fratello?

Forse il suo era pentimento di un gesto che voleva riparare. Forse era vero che aveva fatto qualcosa di atroce a suo fratello.

Nel suo sguardo si leggeva anche del tormento.

Tormento per che cosa? Tormento perché non sapeva come poter ovviare a tutto il male che aveva provocato.

Cosa mi aveva nascosto?

Era stato falso o sincero con me?

Forse voleva solo proteggere Amìnah...

Basta... basta! Basta con queste atroci domande.

Ma non riuscivo a smettere e non riuscivo a unire i pezzi di quel complicatissimo puzzle.

Amore e odio. Perdono e rancore. Ricordo e oblio.

Il mio cuore sarebbe scoppiato da un momento all'altro, così per porre fine a quella agonia, decisi di ripartire con mio padre.

I sogni spesso diventano degli incubi ed è meglio svegliarsi prima che sia troppo tardi.

Quando il viaggio di ritorno volse al termine, non avevo ancora risposte, ma avevo un po' dimenticato.

Scrivere questa mia storia è stata la mia terapia: mettere nero su bianco è stato per certi versi liberatorio, come trapassare su queste pagine la sofferenza che ancora avevo dentro.

Ora mi sento alleggerita, come quando si racconta tutto a un amico; il fardello da portare non è più tanto pesante, ma il dolore no, penso che quello non passerà mai completamente. Ci ho fatto solo l'abitudine.

Il destino è stato crudele con me: mi ha fatto credere di aver trovato l'amore e invece avevo trovato solo patimento.

Penso ancora a tutta questa storia? Sarebbe mentire a me stessa se dicessi di no.

Come ho scritto all'inizio di questo diario, il ricordo di questa triste avventura non si è ancora del tutto cancellato.

In un cassetto conservo ancora il turbante che Rachid mi aveva lasciato. È sempre stato chiuso lì e anche se parecchie volte sono stata tentata di gettarlo via, mi sono sempre fermata.

A volte ho fantasticato che mi pensasse come io penso a lui.

Non ho più saputo niente di lui. Forse non l'ho mai dimenticato, forse lo amo ancora nonostante tutto.

Anzi, penso proprio che questo sentimento che provo ancora dentro, nonostante cerco costantemente di reprimerlo, sia proprio amore, senza il forse.

Un amore vero e grande che non è mai cessato, perché il vero amore dura per sempre, malgrado il tempo e malgrado gli ostacoli.


***


Shirley finì di leggere quell'ultima pagina del suo diario con le lacrime agli occhi, poi lo richiuse e stette a guardarlo ancora un po'.

Prima di tornare in cabina per prepararsi allo sbarco, accarezzò con le dita la croce di sua madre che portava sempre al collo da ormai cinque anni.

Le sembrava incredibile che fosse passato un intero lustro. Nel frattempo, aveva frequentato il college e si era laureata in lingue con ottimi voti.

Il fascino esotico del paese dove era nata l'aveva spinta a studiare l'arabo e alcune lingue berbere, tra cui il tamasheq.

Gli unici lavori che aveva svolto finora erano semplici traduzioni di testi letterari, ma grazie ai suoi nonni paterni, aveva avuto una proposta di lavoro molto interessante, anche se si trattava solo di un contratto di pochi mesi.

Avrebbe svolto l'attività di interprete al consolato degli Stati Uniti in Marocco.

Era una buona opportunità per perfezionare le lingue che conosceva, ma era davvero una buona idea tornare di nuovo in quel paese?

Sicuramente le avrebbe riaperto vecchie ferite che non si sarebbero mai rimarginate.

Ma il richiamo del destino era stato più forte, così aveva accettato senza rifletterci troppo.

Se ne sarebbe pentita?





⚠️SPAZIO AUTRICE⚠️

"Scrivi, se vuoi,

nell'ebbrezza;

ma sii sobrio

quando ti rileggi"

André Gide

Vi lascio questa massima pensando al diario di Shirley, ma anche a me: con questo capitolo si è conclusa la prima parte di questa storia.

Dopo quasi due mesi da quando ho iniziato a pubblicarla quasi per gioco, non immaginavo di ricevere così tanti commenti positivi.

Vi ringrazio tutti, uno ad uno, soprattutto per la vostra costanza: vedere che non mi avete abbandonata dopo i primi capitoli (che a mio avviso erano piuttosto noiosi) mi ha resa davvero immensamente felice.

Spero con tutto il cuore di essere riuscita a trasmettervi tutto il mio amore per Shirley e Rachid e spero che anche la seconda parte vi appassionerà come la prima.

Ci sarà un salto temporale di cinque anni. Entreranno in gioco altri personaggi e non mancheranno i colpi di scena.

A mio malincuore però, devo comunicarvi di aver deciso di rallentare il ritmo.

Pubblicare due volte a settimana mi sta mettendo ansia, soprattutto perché si avvicina il finale, che per il momento è solo nella mia testa.

Purtroppo, sto avendo tanti dubbi per quanto ho scritto nell'ebbrezza del momento (la storia l'ho scritta diversi anni fa, ma non sono mai riuscita a finirla).

Vorrei che tutto sia perfetto, ma ultimamente, durante la revisione, ho cominciato a modificare troppe cose che non ci sto capendo più niente.

Non so se è capitato anche a voi: se vi va, potete scrivermi le vostre esperienze e come avete affrontato questi momenti. Forse l'unica soluzione è quella di fermarmi per un po' per riordinarmi le idee.

Io spero davvero tanto di riuscire a completare questa storia e vi prometto di non farvi aspettare troppo tra un capitolo e l'altro, nella speranza di essere più sobria... soprattutto meno ansiosa.

Per farmi perdonare, domani pubblicherò un capitolo extra partorito durante una delle mie tante notti insonni, in cui vi rivelerò qualcosa di importante 😉

Spero di non deludervi.

A domani! ❤

D.J.

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