XVII

All'alba ci mettemmo in viaggio.

Prima di partire Rachid mi avvolse intorno al capo un targui, uno dei suoi turbanti per proteggermi dal vento e dalla sabbia del deserto.

Sentire le sue dita sfiorarmi il viso fu una dolce tortura, ma ogni volta che i miei occhi incrociavano i suoi era come scontrarsi contro un muro.

Cercai di scorgere i suoi reali sentimenti attraverso la corazza dietro cui si era barricato, finché smisi di cercare qualsiasi appiglio che mi facesse desistere dalla decisione presa.

Non riuscivo a credere che l'avrei lasciato per sempre, ma ebbi la forza di ricacciare indietro tutte le lacrime e di rimanere salda nei miei propositi.

Durante il viaggio non ci scambiammo una sola parola.

Quando giungemmo a Ouarzazate attraversando la valle del Dadès, rimasi meravigliata dalla maestosità della cittadina che fino a poco tempo prima era abitata dai Pascià.

Rachid mi accompagnò nei pressi di un palazzo governativo e dopo aver parlato con un uomo, rimanemmo in attesa.

Dopo qualche minuto, con mia grande sorpresa, vidi arrivare verso di noi la persona che proprio non mi aspettavo di rivedere così presto: mio padre.

Quando lo riconobbi, non potevo crederci: per diverse volte alternai il mio sguardo tra lui e Rachid pensando di avere di fronte solo un miraggio.

Dopo qualche secondo, quando mi resi conto che era tutto reale, riuscii a muovermi e mi lanciai incontro a mio padre per abbracciarlo, mentre un bisbiglio alle mie spalle si dissolveva nell'aria: - Addio mio piccolo fiore... ci rivedremo nei nostri sogni!

Mio padre mi accolse tra le sue braccia e fu emozione, pianto, sollievo e felicità.

Dietro di lui c'erano anche mia zia Emily con suo marito Ahmed, con cui avevo passato il breve periodo di vacanza prima del mio rapimento.

Erano stati avvisati qualche giorno prima del mio ritrovamento grazie a Rachid, che però non mi aveva detto nulla, in quanto non era certo che sarebbero arrivati in tempo.

Quando mi ripresi da quell'incontro inaspettato, mi voltai per cercarlo, ma non lo vidi.

Un flebile sussurro del vento mi riportò l'eco del suo saluto: Addio mio piccolo fiore... ci rivedremo nei nostri sogni!

Era andato via senza aspettare la mia risposta o un ultimo abbraccio, ma non lo biasimai: forse era meglio così...


Quella notte piansi tutte le mie lacrime a lungo trattenute, ma il giorno dopo, la gioia di essere nuovamente insieme a mio padre, mi aiutò un po' a non pensare a lui.

Nessuno mi fece domande su quello che avevo vissuto e di questo ne fui grata, anche se ogni tanto mio padre mi scrutava in volto per capire quanto fossero profonde le ferite lasciate da quell'avventura.

Finché Rachid era stato accanto a me, mi ero sentita sempre protetta. Inoltre, erano successe tante di quelle cose che non avevo pensato molto alla mia vera madre, anzi piuttosto avevo cercato di rimuovere quella verità che mi era piombata addosso all'improvviso.

Ma quando fui di fronte a mio padre, fu difficile accettare il fatto che mi aveva mentito per così tanti anni.

Lui mi spiegò ogni cosa ripetendomi ciò che mi aveva anticipato per lettera e nei suoi occhi lessi tutto il dolore che gli era costato nascondermi così a lungo la verità.

Mi raccontò di tutte le ricerche che aveva fatto per ritrovarla, senza avere successo, e mi confermò, tra le altre cose, che io ero nata in un piccolo villaggio a ridosso del deserto, dove mia madre si era rifugiata per qualche tempo e dove aveva vissuto dopo l'assassinio dei suoi genitori.

Alla fine, lo perdonai abbracciandolo con tutto il mio affetto e per la felicità di essere finalmente di nuovo insieme.

Nei giorni seguenti ci fermammo a Marrakech, dove fummo raggiunti anche dai miei nonni, che furono così felici di rivedermi sana e salva da farmi sentire finalmente accettata. Perdonare anche loro non fu poi così difficile: erano la mia famiglia ed io non ero capace di serbare rancore troppo a lungo.

Il mio cuore era già fin troppo affranto da non poter contenere altri sentimenti al di fuori dell'amore che provavo.

Nel disfare le valigie, ritrovai il turbante che mi aveva dato Rachid e quando me lo avvicinai al viso per sentirne il profumo, la mia anima si squarciò in mille pezzi.

Sarei riuscita a dimenticarlo?

Mentre ero persa nei ricordi, mia zia Emily mi raggiunse portandomi un biglietto.

La guardai interrogativamente e mi disse che lo aveva appena lasciato un ragazzo.

Poteva essere di Rachid?

Con mani tremanti lo aprii e vi lessi il messaggio: «Vorrei porgerti le mie scuse. Sono qui di fronte, se vorrai concedermi l'onore di rivederti. Sahid El Fahid Ibn Nusayr».

Sahid? Non potevo crederci...

Come aveva fatto a trovarmi? Ma certo, si parlava di me su tutti i giornali...

Un'altra domanda allora si levò dalla mia mente: perché voleva vedermi?

Pensai che volesse portare a compimento il suo piano di vendetta, visto che non era riuscito nell'intento la prima volta.

Decisi di raggiungerlo: forse parlargli sarebbe servito a chiarire i mille dubbi che affollavano la mia mente.

Volevo sapere cosa l'avesse spinto ad abbandonarmi in pieno deserto.

Mi affacciai dall'inferriata che circondava la casa, rimanendo al sicuro dietro le sbarre, onde evitare che potesse farmi ancora del male.

Lui si avvicinò non appena mi vide.

Lo guardai di traverso, ma lui, per nulla intimorito, mi salutò come se ci fossimo lasciati il giorno prima da buoni amici.

Io non gli risposi e aspettai che si decidesse a spiegarmi il motivo di quella visita.

- So che può sembrarti assurdo, ma quando ho saputo che eri viva, mi sono sentito rincuorato. Ho passato dei giorni orribili per il rimorso. Oh, ti giuro... io non volevo farti del male... Io... Io... Ho agito d'impulso perché non ero in me... Se me lo permetti, vorrei spiegarti perché mi sono comportato in quel modo...

- Ti ascolto – gli dissi gelida.

Si avvicinò ancora di più al cancello e rimase qualche secondo in silenzio, guardandomi attraverso la grata di ferro che ci divideva.

- Speravo di poterlo fare in un posto diverso... - continuò, ma io lo fermai.

- Questo è l'unico modo. Come puoi pretendere che mi fidi ancora di te dopo quello che mi hai fatto?

- D'accordo! – si arrese. - Per prima cosa, ti porgo le mie scuse...

Si fermò aspettando che gli dicessi qualcosa, ma io rimasi in silenzio.

- Vorrei spiegarti tutto dall'inizio – riprese facendo un lungo respiro. – Quando ti ho vista la prima volta qui a Marrakech, sono rimasto ammaliato dai tuoi occhi e dai tuoi capelli chermisi.

A quelle parole cercai di rimanere impassibile: ricordavo molto bene quel giorno in cui aveva finto di volermi contendere, per poi salvarmi dalle grinfie di quell'uomo che poi mi aveva rapita.

Lui continuò: - Quel giorno speravo di poterti parlare, ma quando poi ho visto sul tuo volto solo la diffidenza e l'avversione che voi donne occidentali avete nei confronti dei popoli berberi, mi sono sentito respinto. Poi sono venuto a sapere del tuo rapimento...

Rimasi in silenzio ad ascoltare le sue spiegazioni, con mille sospetti che mi frullavano nella mente: Sahid conosceva quell'uomo che mi aveva rapita? Forse lui c'entrava qualcosa con tutto quello che mi era successo? O era stata solo una coincidenza?

I suoi occhi però erano sinceri. Non riuscivo proprio a dubitare di lui, nonostante tutto...

- Poi ti ho ritrovata in mezzo al deserto e ho pensato che il destino volesse darmi un segno e che la mia speranza sarebbe potuta diventare realtà. Ma quando ho affrontato mio fratello, lui mi ha detto che avrebbe fatto di tutto pur di frapporsi tra di noi, che ti avrebbe addirittura sposata...

Che cosa?

Nonostante divenni bianca come un lenzuolo, lui continuò a parlare ignorandomi.

- Ero così furioso che ho deciso di portarti via quella stessa notte. Volevo dare una lezione a Rachid e mi sono vendicato ingiustamente su di te. Ma ora me ne sono pentito. Ti chiedo perdono, ma l'ho fatto solo perché in quel momento ero pieno di rabbia e rancore.

Concluse il suo discorso che avevo ascoltato senza avere la possibilità di aprire bocca una sola volta.

Mi sorrise speranzoso, ma guardando i suoi occhi neri, il mio pensiero volò a Rachid.

Perché aveva detto che voleva sposarmi? Ero davvero confusa...

Così come scoprire di aver fatto colpo su Sahid dal primo momento fece rimescolare pensieri e supposizioni da una parte all'altra della mia testa.

Quindi il reale motivo che aveva spinto Sahid alla vendetta, ero soltanto la gelosia?

No, non poteva essere... Tra loro doveva esserci qualcosa che andava al di là di questo e che sicuramente durava da più tempo.

Lo avevo sentito dire con le mie orecchie dalla madre di Amìnah.

Non potevo essere io la causa di tutto l'odio che provavano l'uno per l'altro, ma forse potevo fare qualcosa per farli riappacificare o scoprire che cosa li aveva divisi.

Senza rendermi conto che con quel mio atteggiamento lo avrei illuso inutilmente, gli risposi nell'unico modo che mi avrebbe dato la possibilità di indagare su di loro.

- Ti perdono – gli dissi di colpo, - e spero che potremmo diventare amici.

Il suo sorriso pieno di aspettative fu la sua risposta alla mia sconsiderata incoscienza.



***

Ciao a tutti, vorrei scusarmi per questo capitolo più corto del solito... 😑

In realtà ho deciso di dividerlo in due parti, perché sono giorni che continuo a tagliare, aggiungere o cambiare interi passaggi e rileggendolo oggi mi è sembrato un po' frammentato.

Spero di sistemare la seconda parte entro sabato prossimo per il solito aggiornamento.

Fatemi sapere se vi è piaciuto: ve lo aspettavate questo addio così in sordina da parte di Rachid? 😥

Sarà un addio o un arrivederci? Sappiate che non ho ancora scritto il finale, per cui molto dipende anche dalle vostre risposte... 😂😂😂

E poi, vi aspettavate questa svolta con Sahid?

Ditemi cosa ne pensate...

A presto ❤

D.J.

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