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Passai una notte infernale, ma quando, esausta di tutte le lacrime che avevo versato, riuscii ad addormentarmi, fui di nuovo perseguitata dal mio solito sogno. Questa volta però, colui che veniva a salvarmi dalla tela del ragno, aveva un volto ben preciso: quello di Rachid.

Mi svegliai all'improvviso sentendomi scuotere da qualcuno.

Quando aprii gli occhi vidi nell'oscurità la sagoma di un uomo. Dallo spavento gridai, ma prontamente una mano mi richiuse la bocca.

- Sssh... sei impazzita? Sono Sahid! – mi sentii sussurrare.

- Che ci fai qui? – gli chiesi con il cuore ancora agitato per quel brusco risveglio, non appena la mia bocca fu di nuovo libera.

- Parla a bassa voce. Vuoi che si sveglino tutti? – disse guardandosi alle spalle.

- Se non te ne vai subito, grido – lo minacciai sollevandomi le lenzuola fino al collo.

Da quando ci davamo del tu?

- Ascolta – disse lui, - sono qui per tirarti fuori dai guai. Ti riporto dai tuoi. La polizia ti sta cercando dappertutto: in tutto il paese non si fa che parlare del tuo rapimento.

Così dicendo mi porse un piccolo ritaglio di un giornale.

- Guarda tu stessa se non ci credi...

Io spiegai quel foglio e vi lessi a lettere cubitali: «Rapita la giovane nipote del console americano. Si teme un incidente diplomatico con il rischio di far scoppiare delle rivolte.»

Il resto dell'articolo elencava una sfilza di persone sparite nel nulla negli ultimi anni, con lo scopo di chiedere riscatti che avrebbero sovvenzionato i gruppi nazionalisti contro il governo coloniale.

Inoltre, diceva che, non essendo ancora avvenuto nessun contatto con i sequestratori, si temeva che non fossi più nelle mani dello stesso rapitore.

- Ma io non sono... - farfugliai sconvolta da quella situazione che non immaginavo minimamente.

Sahid non mi fece continuare: - Se ci tieni a rivedere la tua famiglia, preparati a seguirmi. Qui vicino c'è il fiume Dra: se lo raggiungiamo potremmo trovare una diligenza per Zagora. Da lì potremo avvisare l'ambasciata.

- Ma perché vuoi fuggire di nascosto? Rachid mi ha detto che ormai sono libera. Quello che dice questo giornale è assurdo!

- Rachid non deve sapere niente.

- Ma perché?

- Credi che Rachid ti lascerà andare? Perché allora ti avrebbe portato fin qui? Credimi... non ti permetterà mai di andar via.

- Come fai a saperlo? – gli chiesi.

- Me lo ha detto lui.

- No, non ti credo.

- Sto dicendo la verità. Ieri gli ho chiesto che cosa ci facevi qui e lui mi ha risposto che ti ha presa da quegli uomini e che sei sua di diritto.

- No, non è possibile. Lui mi ha salvata e mi ha fatto credere che mi avrebbe lasciata libera di tornare indietro non appena sarebbe passata qualche carovana.

- Fidati – mi disse lui. - Non abbiamo più molto tempo, vestiti e vieni con me. Ti aspetto fuori.

Quando rimasi sola, senza neanche riflettere, mi vestii e raccolsi le mie cose.

Sahid non aveva nessun motivo apparente per mentirmi e in più si era comportato con me come se ci conoscessimo da sempre.

Mi era sembrato sincero e visto che già una volta mi aveva tirato fuori da una brutta situazione, feci quello che mi aveva ordinato.

Ripensai al sogno che avevo appena fatto: non ne ero tanto sicura, ma forse colui che veniva a salvarmi non era Rachid, ma Sahid.

Decisi di fidarmi di lui: se i miei nonni stavano facendo di tutto per cercarmi, in fondo dovevano volermi bene. Sicuramente mio padre era stato già messo al corrente di ciò che mi era successo: non volevo farlo preoccupare. Dovevo assolutamente tornare a casa al più presto, anche perché non volevo compromettere la posizione di mio nonno all'ambasciata.

Ma Rachid? Non lo avrei mai più rivisto. Avrei dovuto reprimere i sentimenti che sentivo nascere in me e dovevo farlo quanto prima.

Non volevo soffrire per un amore non ricambiato e Rachid, per come mi aveva trattata l'ultima volta, sicuramente per me non provava niente.

Lui era sicuramente un uomo inviolabile che non si lasciava sopraffare da sentimenti deboli e disonorevoli. Lui era inespugnabile e libero come il vento del deserto e il vento non può lasciarsi dominare da una donna.

Nella sua vita non c'era posto per me.

Lasciai quella meravigliosa oasi silenziosamente.

Fuggimmo a piedi perché i cavalli e i cammelli erano rigidamente sorvegliati. Non potevamo rischiare che qualcuno ci vedesse, ma Sahid mi tranquillizzò dicendomi che il Dra non era lontano.

Il sole stava per sorgere proprio in quel momento tra le dune di sabbia formate sapientemente dal vento. L'alba nel deserto sembrava uno spettacolo unico e irripetibile ogni volta che iniziava un nuovo giorno. Tutto il mondo era immerso nel silenzio della notte appena trascorsa.

Non mi voltai neanche una volta a guardare indietro, ma dovetti lottare contro me stesa per non farlo.

Seguii Sahid che mi precedeva speditamente e così iniziammo il nostro viaggio, che forse sarebbe stato meglio se non fosse mai iniziato.

Ben presto il sole iniziò a picchiare forte sulle nostre teste con i suoi potenti raggi. Era insopportabile per me, quanto per Sahid era quasi inesistente.

Lui camminava senza sentire fatica né caldo né sete e senza mai fermarsi, mentre io, in poche ore, mi sentii esausta.

Cercai di resistere il più possibile, ma quando il sole raggiunse il punto più alto del cielo, mi accasciai sulla sabbia sfinita.

Io e Sahid ci eravamo scambiati solo poche parole durante tutto il tragitto.

Lui era concentrato sui punti cardinali da seguire, mentre io ero seccata per quella lunghissima camminata non proprio piacevole.

- Sahid, fermati! Non ce la faccio più! - gli implorai la prima volta che mi fermai.

Lui si girò finalmente a guardarmi e in quel momento percepii una strana sensazione. Nei suoi occhi avevo visto qualcosa di strano: erano freddi come se non provassero per me nessuna compassione, ma quando lui mi aiutò a rialzarmi, mi dovetti ricredere.

Sahid stava per riportarmi dai miei, presto avrei potuto riabbracciare mio padre: avrei dovuto avere solo pazienza e fiducia in quell'uomo quasi sconosciuto, ma che già per due volte aveva rischiato per me.

Sahid mi trascinò tenendomi per un braccio, dicendomi che dovevo farmi forza, perché per il Dra mancava ancora molto.

Quando ebbi quella notizia, mi sentii ancora peggio. Inizialmente mi aveva detto che le sponde del Dra erano vicine, ma noi camminavamo da ore.

Chissà che significato poteva avere la vicinanza per un uomo abituato all'immensità del deserto del Sahara.

Sahid non era ancora per niente provato da quella lunga ed estenuante marcia.

Non ricordo per quante altre volte ancora mi fermai, ma ogni volta Sahid mi faceva rialzare.

Ogni volta perdevo sempre di più le mie forze: non sentivo più le mie gambe; la milza mi scoppiava; non riuscivo più a respirare e la vista mi si annebbiava.

Sembrava che Sahid lo stesse facendo apposta per farmi stancare...

Non rammento nemmeno più quando fu l'ultimo istante di lucidità che ebbi, ma quando ripresi la facoltà delle mie forze e della mia mente, il sole era ancora forte e accecante come quello di mezzogiorno.

Quando riuscii a riprendermi, mi resi conto della tragica situazione in cui mi trovavo: Sahid era scomparso!

Dalla disperazione mi alzai e guardai in tutte le direzioni alla ricerca di una spiegazione, ma niente, intorno a me non c'era niente, solo deserto e desolazione.

Sahid mi aveva abbandonato non appena avevo perso i sensi, lasciandomi senz'acqua e senza viveri, in uno sconfinato mondo che non conoscevo.

Era stato così astuto da ingannarmi, facendomi credere che solo lui mi avrebbe salvato e che Rachid fosse al contrario spietato e malvagio.

Che stupida che ero stata a fidarmi di Sahid! Ero caduta nella sua crudele trappola come un allocco.

In quel momento ricordai la sensazione di freddezza che i suoi occhi mi avevano dato, come se rispecchiassero un desiderio di vendetta. Quello che non riuscivo a comprendere era perché mi avesse fatto questo. Per quanto cercavo di capirne il motivo, non riuscivo a trovarne uno plausibile.

Dallo sgomento non riuscii a pensare: ricordo solo che cercai di muovermi, nonostante riuscissi a stare in piedi quasi per miracolo.

Non avevo idea di dove stessi andando: ovunque mi giravo vedevo solo dune, una uguale alle altre, pacifiche e ignare di tutto quello che mi stava passando nell'animo.

Potevo essere vicinissima alla salvezza, come infinitamente lontana: forse ero già oltre il confine, nel pieno deserto sahariano e più avanzavo, più andavo incontro alla morte.

Camminai a lungo, finendo per strisciare sulla sabbia nella speranza di vedere lontano un'oasi di salvezza. Alla fine, stremata, perdetti i sensi una seconda volta.

Non so dopo quanto tempo riaprii gli occhi, come se qualcuno mi stesse chiamando. Mi guardai intorno, ma era tutto calmo, fermo come su un pianeta inesplorato: non c'era nessuno.

Stranamente non provavo più quella strana sensazione che mi affliggeva. Sentivo come che la morte fosse ormai vicina, ma non avevo paura. Il deserto mi dava un senso di pace infinita. Avevo davanti a me il vuoto, non riuscivo a vedere nulla fin dove arrivava il mio sguardo, solo dune dopo dune, salite e discese all'infinito, ma niente che variasse il paesaggio, solo un falco che volava alto nel cielo, disegnando nell'aria strani simboli, come se volesse attirare la mia attenzione.

La sua presenza mi confortò: non ero l'unico essere vivente in quella landa desolata.

All'improvviso lo vidi cambiare direzione di volo, come se fosse stato spaventato da qualcosa e volgendo lo sguardo all'orizzonte, notai uno strano pulviscolo che si alzava.

Pensai che potesse essere la salvezza che tanto avevo implorato, invece quando guardai bene, capii che stava per arrivare la fine assoluta.

All'orizzonte si muoveva dritto e inesorabile un vortice che trascinava con sé una tempesta di sabbia.

Forse la duna di sabbia che avevo davanti mi avrebbe protetto, ma la mia speranza fu vana perché non ebbi neanche il tempo di fare un'ultima preghiera che delle forti raffiche mi travolsero con tutta la loro potenza.

Mi gettai a terra coprendomi il volto e nascondendo la testa tra le mie braccia nell'intento di proteggermi dalla sabbia e dall'infernale frastuono che le furie del vento stavano provocando.

Per la prima volta desiderai con tutte le mie forze di morire al più presto, senza patire quell'ultima e atroce sofferenza.

Dopo qualche interminabile minuto, sentii un peso sul mio corpo. Forse, pensai, la sabbia mi aveva già sommersa.

Istintivamente cercai di sollevarmi, lottando per la vita, ma mi resi conto che tutto quel peso che sentivo su di me non poteva essere sabbia, ma bensì il peso del corpo di un uomo che mi stringeva cercando di proteggermi sotto il suo mantello.

Non capii più nulla in quel momento: non riuscivo più a muovermi, né a respirare.

Quell'uomo mi aveva completamente immobilizzata con tutto il suo corpo.

La sabbia finissima del deserto riusciva a penetrare dappertutto, anche sotto il mantello, ma sapendo che non ero più sola in quella tormenta, mi dimenticai per un attimo della furia del vento che spirava sopra di noi.

Chi era quell'uomo che mi stringeva al suo petto? Potevo sentire l'odore della sua pelle tanto eravamo stretti l'uno all'altra. Sentivo persino i battiti del suo cuore, nonostante l'infuriare della tempesta e i movimenti del suo respiro.

Dopo un tempo che mi parve non finire mai, la tormenta cominciò a calmarsi.

Quell'uomo allora avvicinò le labbra a un mio orecchio e mi disse, cercando di coprire la voce del vento: - Sta per finire, siamo salvi!

Quando riconobbi quella voce, provai un'emozione fortissima.

Quella voce era di Rachid: lui mi aveva ritrovata in quel mare sconfinato di sabbia e mi aveva salvata dalla morte che avevo appena sfiorato. Nuovamente...

Non mi sbagliavo: nel mio sogno era lui che veniva a salvarmi e non Sahid.

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