6. Costellazioni familiari
Non ho mai fronteggiato niente di altrettanto sontuoso.
Già lungo la strada che ci ha condotti fin qui ho capito che la parte di Ys esplorata durante la mia fuga notturna è stata trascurabile. Nel risalire l'ampio viale in direzione di quello che chiamano il quartiere alto, ho visto le facciate degli edifici adornarsi di rilievi e colonnati, le strutture ampliarsi e innalzarsi. L'aria si è arricchita di profumi sofisticati, spezie e aromi provenienti dall'interno di botteghe costose.
Ys non è solo una città; è la più arrogante delle poesie, un inno alla bellezza immortale.
Mi sono guardata attorno senza nemmeno provare a mascherare il mio stupore; a un tratto un sesto senso mi ha fatto voltare e ho incrociato gli occhi di Bevin, re Bevin, che mi scrutavano con un misto di aspettativa e compiacimento. Come se cercasse di valutare la mia reazione al pallido splendore di quest'alba sottomarina fatta di marmo e oricalco.
Credo che non sia rimasto deluso. Perché mai, in tutta la mia vita, ho visto qualcosa di paragonabile al palazzo reale di Ys.
Adesso che ce l'ho davanti, non posso fare a meno di arrestarmi al centro della piazza, paralizzata. Una delle guardie che compongono il nostro drappello mi dà una spinta poco garbata per costringermi a proseguire. Obbedisco, ma ormai sono incapace di smettere di fissare l'edificio.
Il palazzo se ne sta acquattato come la bestia più temibile nel cuore di una foresta di pietre pregiate. Il chiarore emanato dalla barriera si rifrange contro le vetrate che sono i suoi mille occhi, mentre un gioco di ombre accompagna l'arabesco di torri e archi che s'innalza a definire il suo profilo imponente e, al tempo stesso, affusolato. Mi sento minuscola quando passo sotto l'immensa bocca spalancata del portone d'ingresso.
"Altezza." Due per lato, le guardie in alta uniforme poste a sorveglianza del portone s'inchinano al nostro passaggio.
Un tempo, forse, anche la terra da cui provengo vantava meraviglie del genere. Ma l'era della grandezza lassù è finita; ora è il tempo della polvere e dei miseri resti, degli abbracci interminabili sotto la luna per aiutare a scacciare il freddo dalle ossa.
L'interno del palazzo reale di Ys è decorato con un gusto che non teme l'esagerazione, tra stucchi dorati e un gioco d'equilibrio tra marmi chiari e marmi scuri. Mi trovo a camminare per corridoi interminabili e gallerie degli specchi, attraverso sale più vaste di qualsiasi rifugio in cui abbia messo piede sulla superficie, impregnate di un leggero odore legnoso.
"Non saranno contenti di questo" mormora Alec, sporgendosi verso il suo re e accennando con la testa nella mia direzione.
Bevin emette un lamento insofferente. "Non sarebbe una novità."
"È solo un capriccio. Un dispetto che vuoi fare a tua sorella e al principe."
Ascolto il loro scambio con attenzione. Si sta decidendo del mio futuro, e la consapevolezza di avere un potere quasi nullo in tutta la faccenda mi spaventa più di quanto sarebbe ragionevole. Mi sento prigioniera come sotto il sole cocente del mercato di Marsiglia, quando Renard mi acquistò per pochi spiccioli.
Il re torce il collo per osservare me, anche se è ancora al suo ufficiale che parla: "La ragazza può esserci utile."
L'altro sospira. "Cercate almeno di mantenere un tono pacato. Quando litigate mi fate venire mal di testa."
Poi Alec spinge una porta e, dietro, compare la sala del trono.
Sono certa che sia stata costruita per intimidire, con il suo immenso spazio vuoto e il pavimento a scacchi che conduce l'occhio fino alla struttura di diamante: un trono che sembra scolpito nell'acqua pura, sgorgato da una fonte incantata.
Attorno a esso un gruppo di persone si agita nervoso. Sono una decina, tra uomini e donne, abbigliati con stoffe di valore, pizzi e ricami.
"Tu sei matto!"
La prima a notarci e a venirci incontro è una donna. Furiosa. Se in passato ho pensato che gli abitanti di Ys fossero pallidi è perché non avevo ancora incontrato lei; è giovane, non avrà nemmeno trent'anni, ma lunghi capelli di un bianco argentato le sfiorano le spalle. Sulla sua carnagione quasi trasparente spiccano il rossore delle guance e le occhiaie violacee.
Bevin continua a camminare e le rivolge a malapena un mormorio: "Buongiorno, Morrigan. Mi auguro che tu abbia dormito almeno un po', dato il tuo stato."
La donna marcia attraverso la sala per intercettarlo e l'abito nero che indossa ondeggia attorno alle sue forme. Ha una corporatura esile su cui la leggera rotondità del ventre e la pesantezza del seno risaltano con particolare evidenza.
Deve essere al quarto mese di gravidanza, non di più.
Morrigan raggiunge il re e lo trattiene per un braccio. "Perché te ne sei andato?"
"Non lo immagini?"
Ora che sono faccia a faccia, colgo le somiglianze. Benché Bevin sia più alto di lei di tutta la testa, i due condividono un'aria di famiglia. Devono essere gli occhi, con quel colore impressionante.
"C'era bisogno di reagire in quel modo?" insiste la donna. "Siamo morti di paura."
"Come puoi vedere, senza alcun motivo."
Lei fa dardeggiare il suo sguardo verde su di me. "Non ne sono così sicura."
Bevin si libera dalla sua presa con uno strattone, come se il contatto gli procurasse un fastidio insopportabile. Sale i gradini che lo separano dal trono e ci si lascia cadere sopra con molle abitudine. Scioglie la mantella dalle spalle e la getta su un bracciolo, poi apre i primi bottoni della camicia e i polsini. "Non ti basta aver fatto di nuovo ridurre gli accessi dal campo profughi, sorellina?" ribatte il re, all'apparenza concentrato sull'atto di mettersi comodo. "Tutto il consiglio era dalla tua parte, nonostante il mio parere. Lascia stare almeno quelli che sono già entrati."
Le guance di Morrigan sono in fiamme. "Bev, c'è stato un omicidio che definire brutale è un eufemismo, lassù al tuo amato campo profughi."
"Il Lupo" bisbiglio.
Se la donna bianca mi ha udito fa finta di nulla. "Non conosciamo il movente, non conosciamo nulla. Permettere gli ingressi di ieri sera è stata una follia. L'assassino potrebbe essersi già infiltrato in città."
Bevin finisce di arrotolarsi le maniche fin sopra i gomiti. "Saremmo meglio informati, se tu ti degnassi di usare il tuo potere per qualcosa di utile."
"Non puoi chiederle questo." Stavolta a farsi avanti dal gruppo di cortigiani mormoranti è un uomo alto e slanciato, sulla trentina. Porta i capelli scuri pettinati all'indietro e, quando posa una mano sulla spalla di Morrigan, gli anelli che indossa mandano un bagliore. "Sai quello che hanno consigliato i medici. Non metterà in pericolo nostro figlio entrando in contatto con gli spiriti dell'Altromondo."
Il re inarca un sopracciglio. "Principe Cormac. Sicuramente mi sbaglio, ma ho l'impressione che osteggiare ogni mia decisione sia diventato il nuovo sport preferito dal consiglio."
"Cerchiamo solo di fare il meglio per la città."
"Tu dici? Perché comincio a credere che le voci che mi sono giunte non siano così lontane dalla verità e che tu e la tua sposa apprezzereste molto la consistenza del trono di diamante sotto di voi."
"No!" rispondono Morrigan e Cormac, in coro.
È un'accusa ingiusta, me ne rendo conto perfino io. C'è dell'affetto irrisolto tra loro.
Bevin si agita sul suo scranno. "Meglio per voi, perché vi assicuro che questa seggiola è sempre più scomoda." All'improvviso si raddrizza e con il dito indice mi fa segno di avvicinarmi. "Vieni qui, Chani."
L'attenzione avvelenata dal sospetto di tutti i cortigiani confluisce su di me. I miei passi rintoccano nel silenzio assoluto che è calato all'improvviso nella sala mentre mi avvicino alla struttura adamantina del trono. Tengo la fronte bassa, consapevole di essere circondata da nemici.
Nessuna delle persone presenti mi vorrebbe qui.
Che cosa vedono quando mi guardano? Un pericolo, un lupo in agguato?
Bevin si rivolge a me con un tono autoritario, molto diverso da quello con cui mi parlava stanotte. "Il Lupo. È così che i profughi chiamano l'autore dell'omicidio, lassù al campo. Sai dirmi perché?"
Scelgo una piastrella di marmo bianco e vi dedico la mia attenzione. È lucidata e posso riconoscere l'ombra del mio riflesso. "È solo una stupida voce che corre tra gli schiavi."
"E sarebbe?"
Deglutisco. "Una vecchia storia. Qualche tempo fa, si parla di un anno o due, c'era qualcuno che uccideva gli schiavisti peggiori. Li massacrava e li sfigurava. Per molti era una leggenda, altri giuravano di conoscerlo di persona. Per la ferocia usata, comunque, lo chiamavano tutti il Lupo."
"Dimmi, Chani, tu l'hai mai incontrato?"
"Mai. Ma ne ho sentito parlare, come chiunque altro." Esito. Gli sguardi della corte mi bruciano sulla nuca, posso avvertirli mentre cercano di farmi a pezzi e vedermi dentro.
"Secondo te, c'è un motivo per cui il Lupo avrebbe dovuto prendersela con una delle guardie di Ys preposta alla sorveglianza del campo profughi attorno al portale, sulla superficie?"
"Non saprei. Però..."
"Però?"
"Ci sono alcuni che credono che la gente di Ys non sia migliore degli schiavisti della superficie. Che raccolgano i disperati nel campo profughi e poi scelgano di far entrare solo i più forti per costringerli ai lavori pesanti nella loro città, mentre gli altri sono lasciati alla mercé dei cacciatori di schiavi. Secondo loro, il Lupo sarebbe arrivato per punire gli stregoni di Ys."
Che cosa significa questo silenzio? Ho superato la prova, di qualsiasi genere fosse? Con cautela, controllo l'ambiente attorno. I cortigiani si torcono le mani, intenti ad assimilare le informazioni.
A spezzare il momento di pausa è Morrigan: "Bene. Ora che la donna ha parlato, possiamo rimandarla sulla superficie?"
Il mio cuore prende il galoppo.
"Nessuno ha chiesto il tuo consiglio" ringhia Bevin.
La donna mi passa accanto, sale i gradini e crolla in ginocchio ai piedi del trono. Prende una mano del giovane re tra le proprie. "Ti prego, Bev. Non ci sarà nessun bisogno di una caccia al Lupo, se libereremo Ys da questa gente. L'unica cosa che devi fare è proteggere il tuo popolo e te stesso."
Bevin libera la mano, ma solo per accarezzarle i capelli. Corrono come filato d'argento tra le sue dita. "Non è semplice come suona a parole."
Morrigan sussulta e cala le palpebre. "Lo sarebbe un po' di più, se mi permettessi di aiutarti."
"Vorrei che tu potessi farlo. Davvero. Come quando ero bambino e mi raccontavi quelle storie strampalate per farmi addormentare la sera. Ma non puoi aiutarmi. Non più. Ora... hai visto quello che succede quando perdo il controllo, come ieri. Ho rischiato di farti davvero del male. Dea, giuro che non volevo."
Cormac si accosta alle spalle della moglie e sfida il re con sguardo altero. "Hai uno strano modo per dimostrare il tuo dispiacere per l'accaduto, mio re. Scappare nella notte con un pericoloso criminale a piede libero e tornare con una sconosciuta proveniente dalla superficie non è un gran segno di maturità. Dai l'impressione di sottovalutare il pericolo che il Lupo rappresenta per tutta la città."
Sollevo il viso di scatto. Resto sorpresa quando aggancio lo sguardo di Bevin, già fermo su di me.
Starò infrangendo qualche regola dell'etichetta, ma m'importa poco. Sostengo l'occhiata del re e parlo: "Che cos'è un Lupo in caccia per qualcuno con il tuo potere? Il Re Stregone, ti chiamano, l'erede degli antichi dei. Ho visto un assaggio delle tue capacità, prima." Prendo coraggio e mi volto a fronteggiare Morrigan e Cormac. "Se volete una scusa per allontanare chi ha bisogno dalla vostra bella, buia città, pensatene una migliore."
Ora o mai più. È questa la mia occasione, la prima e l'ultima che avrò per guadagnarmi il mio posto a Ys. Per riavere indietro qualcosa di Lionel, se Renard starà ai patti.
Mi sporgo verso il re adagiato sul suo trono. "Posso aiutarti a indagare sull'omicidio, se è questo che vuoi. Ho molte conoscenze tra i profughi, e con me parleranno più volentieri che con un uomo della guardia o un membro della famiglia reale. Farò qualsiasi cosa, Bevin" sussurro il suo nome. "Ma, ti prego, non rimandarmi indietro."
Spero che le tante descrizioni di questo capitolo non vi abbiano uccisi di noia. È stata una parte abbastanza impegnativa da scrivere, densa com'è di informazioni di vario tipo sulla storia e sul suo contesto. Fatemi sapere come sempre che cosa ne pensate!
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top