55. La distanza tra due mondi

La magia di Bev imperversa e colpisce. La evito a fatica; ormai ho imparato a conoscerla e sono in grado di prevedere i movimenti delle grosse radici che spaccano il terreno e si sollevano, le anticipo quel tanto che basta per non morire.

Corro. I volti che mi circondano sono nemici. Contengono odio, rabbia, rancore. Le bocche si spalancano, vomitano insulti e maledizioni. Sono sola. Inciampo nel cadavere di un uomo che conoscevo. Arranco in direzione di una porta qualsiasi. La spalanco, mi trascino via.

Sono in un lungo corridoio immerso nell'oscurità. I miei pensieri lavorano in fretta. Da qui l'uscita principale del palazzo è lontana e per arrivarci dovrei tornare nella sala del ricevimento. Se proseguissi, invece, arriverei a uno dei cortili...

"Chani!"

Bev.

Un viticcio pericoloso frusta l'aria vicino al mio orecchio. Scarto di lato, avanzo a zigzag senza il coraggio di voltarmi indietro. Inciampo in un vecchio mobile di mogano, lo rovescio e proseguo nella mia corsa. Bevin è cieco, non può vedermi. Se confondo il suo udito non riuscirà a prendermi, Re Stregone o no.

Stupida. Avrei dovuto finirlo quando ne avevo la possibilità e lui era impotente e sanguinante sul pavimento della mia camera.

Al solo pensiero, il cuore diventa così pesante in petto da rallentarmi.

Ansimo. Il sangue mi pulsa nelle vene tanto forte che copre gli altri rumori, ed è un problema. Ho bisogno di sapere in quanti mi stanno alle calcagna. Sono braccata.

Passi alle mie spalle. L'aria si riscalda per la magia.

Accelero l'andatura. Raggiungo un piccolo atrio, apro una porta e mi butto dentro una stanza qualsiasi. È un ripostiglio pieno di cianfrusaglie. Mi accoccolo in un angolo, muta nella polvere. È un azzardo; se Bev mi trovasse qui, sarei in trappola. Non avrei più modo di sfuggirgli.

Ricordo che può sentire i pensieri e li metto a tacere con le regole che mi ha insegnato Renard. Fisso un punto, uno qualsiasi: una ragnatela biancastra appena visibile per la luce che filtra da sotto la porta. Mi concentro sui fili sottili al punto di perdere i confini della mia identità.

Non sono nulla. Niente storia, niente passato. Niente anima sanguinante nel petto, rimorso o dolore per quello che ho fatto. Non ho fatto niente, perché non sono niente, niente di diverso da questa ragnatela.

Gli stregoni che mi cercano passano oltre. Proseguono per la strada che non ho seguito.

Resto immobile mentre i rumori degli inseguitori svaniscono in lontananza.

Non riesco a credere di essere stata così fortunata. Attendo con la gola serrata che qualcuno, Bev o le sue guardie, si accorga dell'errore e torni indietro. Ma dopo cinque lunghissimi minuti non è ancora successo niente.

Attenta ad appoggiare con cautela la suola delle scarpe sul pavimento, sciolgo le gambe e mi rialzo. Con le ginocchia tremanti, spingo la porta e abbandono il riparo del ripostiglio.

L'atrio è deserto.

Una scarica di sollievo mi si discioglie nelle vene. Un chiasso attutito dalla distanza arriva dalla sala del ricevimento, dove gli stregoni e i profughi uniti da un sodalizio inaspettato staranno facendo la conta dei caduti. Nessuna traccia, invece, di chi mi inseguiva.

Mi lancio verso la portafinestra che dà sul cortile, veloce e silente. Apro, sono fuori.

L'aria fresca della notte di Ys mi abbraccia. Gli alberi e i fiori che crescono rigogliosi grazie al potere del re sono ombre scure, fantasmi incombenti. Mi solletica il profumo dei fiordalisi. Un brivido scorre tra le foglie e i rami, un fruscio leggero odoroso di linfa e pollini. Io mi muovo agile nell'erba, scivolo silenziosa verso il muro esterno. È alto, ma, se mi arrampicassi su quel cedro dell'Atlante e provassi a saltare...

"Ti romperai il collo."

Ghiaccio.

Nelle.

Vene.

Anche stanotte, come la prima notte in questa città grandiosa e maledetta, le ombre mi rispondono parlando francese con l'insopportabile accento cadenzato degli abitanti di Ys. Solo che adesso ribattono a qualcosa che ho solo pensato e lo fanno con un tono sommesso di minaccia. Come se si augurassero la mia morte in seguito alla caduta.

Stringo i pugni fino ad avvertire il dolore delle unghie conficcate nel mio palmo in quattro mezzelune sanguinanti.

"Mi hai trovata" mormoro.

"Gli altri ti stanno ancora cercando dentro il palazzo. Ma io volevo affrontarti da solo."

Mi costringo a voltarmi.

Nel buio, la maschera orrenda in cui ho trasformato il volto di Bevin è quasi indistinguibile sotto i suoi ricci scomposti.

Alzo il mento. "Vuoi uccidermi?"

"Sì."

Deglutisco. Non so se sono pronta, ma non posso più scappare. Affronterò la morte con fermezza, come di sicuro ha fatto Lionel.

Forse è stato solo un lungo rimandare. Sarei dovuta morire cinque anni fa, dopo essermi sporcata le mani con il sangue di Florian. Ho ingannato la morte e l'ho scansata, sono diventata più cattiva di lei. Ora avrò quello che mi spetta, ma non tutto è stato vano. Non se le mie azioni, per quanto malvagie, hanno dato una nuova patria ai disperati della superficie.

"Voglio ucciderti" continua il re. "Lo voglio davvero, come non ho mai voluto nient'altro, nemmeno la libertà o la superficie. Ma non ci riesco."

Il cuore mi sobbalza in petto.

Il potere selvaggio preme sotto la pelle di Bev. Posso avvertirne l'aura minacciosa, il calore che si diffonde come una promessa di vendetta.

Eppure lui riesce a trattenerlo.

Emana un'energia sconvolgente. Bev è più forte di me, certo. Più forte di qualunque stregone cammini sotto la volta della barriera. Ma è più forte anche della magia e della sua eredità, capace di dominare sugli istinti selvaggi e sulla sete sfrenata di distruzione, sull'estasi e sul tormento.

Quasi sorrido. "Non sei più preda delle voci nella tua testa."

"Le voci, il mio potere, mi hanno già spinto a uccidere qualcuno che amo."

"Alec meritava il tuo amore. Io..."

"Tu no. Però non cambia ciò che provo."

Passi, voci che si avvicinano. Qualcuno è quasi arrivato nel cortile. Volto la testa di scatto, la paura come una frustata ai miei nervi.

"Sono le guardie" mi spiega Bev. "E anche i profughi che hai portato a palazzo. Olivia, e molti altri. Si sono schierati subito dalla parte di Ys. Sono stati fondamentali per impedire che tu scatenassi il disastro. È stato... molto bello."

"Forse almeno per loro c'è un futuro, in questa città."

Il re solleva una mano. Al suo comando, con uno scricchiolio, i rami del cedro dell'Atlante crescono e cambiano forma, si abbassano fino a terra.

"Adesso dovrebbe essere più facile scavalcare il muro" dice lui.

"Mi stai aiutando?"

"A patto che tu lasci Ys per sempre."

Per sempre. Ys e il suo re diventeranno un'altra spina nella corona di rovi che mi stringe il cuore. Solo un ricordo, una memoria ogni giorno più sbiadita. La carezza fantasma di un amore appena sfiorato e già perduto.

Prendo un lungo respiro. "Andrò in superficie."

"Se tornerai, non ti risparmierò."

Annuisco, prima di ricordarmi che lui non mi può vedere. "È un addio, quindi."

"Addio, Chani."

Avverto uno strappo fisico nel petto quando gli do le spalle. Ma non mi concedo il tempo di pensare o di fare altro. Sarebbe stupido, e di stupidaggini ne ho già commesse troppe. Mi arrampico sui rami del cedro, con le mani mi stringo alla corteccia ruvida e salgo sempre più in alto, fino ad arrivare al livello del muro esterno del cortile.

Da qui il mio sguardo riesce ad abbracciare Ys, con i marmi lucenti del quartiere alto, il buio sconcertante della notte, i globi di luce incantata che galleggiano nell'aria. Le strade si dipanano in un labirinto silenzioso, le facciate degli edifici s'innalzano come simulacri di dei dimenticati dal tempo.

Osservo il panorama con un nodo in gola.

Dietro di me, nel giardino immerso nell'ombra, il re di Ys è stato raggiunto dalla sua corte. Si erge, fiero e deturpato, al centro di un folto gruppo di persone. La famiglia con cui ha imparato a riconciliarsi, gli stregoni pallidi, la gente feroce della superficie. Non mi hanno vista: si preoccupano per Bev, per le sue ferite. Sono bellissimi, tutti insieme.

E noi siamo già due mondi lontani.

Sposto lo sguardo davanti a me. Io ho una strada che mi aspetta. Lunga, forse più dura di quella che ho percorso finora. Senza Lionel, senza Bev dovrò ricominciare da capo. Ma ce la farò, in un modo o nell'altro. Ho già qualche idea.

Sono il Lupo. E i lupi se la cavano sempre.

Con un balzo, sono dall'altra parte del muro e corro nella notte nera di Ys.

Ora manca solo un epilogo bello denso!
Per chi mi segue anche su Instagram, nei prossimi giorni ci sarà qualche succulenta anticipazione. Per tutti gli altri, non perdetevi l'aggiornamento di giovedì!

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