49. A nostra immagine

Il pallore della piazza del quartiere alto oggi mi sembra meno splendente. Più opaco. Come se la luce rifranta dalla barriera avesse deciso di offuscarsi per impedirci di assistere a questo spettacolo.

Stupida. È una cosa impossibile.

Eppure ho l'impressione sempre più viva che il cielo artificiale di Ys oggi pomeriggio voglia mettersi a piovere.

Al mio posto sul palco di mogano montato per l'occasione, mi stringo a Bev per impedire il brivido di freddo. Oppure è qualcos'altro? Ansia? Rimorso?

Il giovane re deve essere investito dalla scarica delle mie emozioni. Con cautela, attento a non attirare l'attenzione dei nobili, sposta una mano bianca sul mio ginocchio fasciato dal macramè blu notte dell'abito. Socchiudo le palpebre con gratitudine.

Gli altri membri del consiglio seduti intorno a noi, invece, sembrano solo annoiati. L'indolenza sui volti è screziata dall'astio di chi è finito troppo lontano dal re per i suoi gusti. Anche la scelta dei posti fa parte dell'interminabile lotta per l'affermazione del potere. Un'assegnazione sbagliata e rischiamo di mandare all'aria tutto il lavoro portato avanti finora.

Sul palco, comunque, sono tutti attenti a mascherare l'insofferenza sotto sorrisi cordiali. Non così la folla radunata sul selciato tra il palco e il patibolo antistante. Qualcuno comincia a lamentarsi ad alta voce per l'attesa.

Cerco Morrigan con gli occhi. Non la trovo. Nei giorni scorsi è stata l'unica a pronunciarsi contro un'esecuzione in piazza del Lupo, ma abbiamo convenuto tutti che farne uno spettacolo pubblico sia il modo migliore per lanciare un segnale chiaro e chiudere con il passato. La principessa non era contenta. Ha borbottato qualcosa sui già troppi spiriti che infestano Ys e non si è più fatta vedere, con la scusa dei dolori della gravidanza.

Vorrei che le avessimo dato ragione. Ci sono peccati che è meglio tenere per sé.

All'improvviso il cicaleccio della folla cambia tono. Un rumore di passi in marcia fende l'aria.

Il pubblico si schiaccia in due ali per lasciar passare un drappello di guardie capitanato da un O'Riley dagli occhi trionfanti.

In mezzo a loro, le mani legate e la bocca semiaperta in un'espressione smarrita, arranca Charlez.

La folla, composta sia da stregoni che da profughi, gli grida addosso insulti. Lui non sembra udirli. Ha lo sguardo allucinato, come se fosse intrappolato in un incubo da cui non riesce a svegliarsi.

Quando arriva il momento di salire i pochi gradini del patibolo, le sue gambe tremano. O'Riley, che lo ha preceduto, torna indietro e lo spintona. Charlez comincia a salire.

Non ha ancora terminato la sua lenta ascesa quando mi scorge.

Mi riconosce, qui sul palco accanto al re, al posto d'onore, vestita con le stoffe migliori.

Sbianca.

"Chani!" Latra il mio nome con una voce che non sembra nemmeno la sua.

Abbasso il viso.

Charlez non si ferma. "Devi dirglielo, Chani."

Sguardi curiosi mi dardeggiano addosso. Io serro le dita sulla gonna.

"Diglielo, che sono innocente!" Ormai l'uomo ha raggiunto la pedana del patibolo, la catena del cappio sempre più vicina. La scena mi ricorda il mercato di Marsiglia e certe aste per gli schiavi più riottosi. Mi si rivolta lo stomaco. Charlez punta i piedi per non farsi trascinare. "Non sono io il Lupo" strilla, ora rivolto alle guardie. "Lei lo sa. Lei..."

Basta.

Mi alzo. Abbandono il mio posto e tutto il palco. Scendo nella piazza e mi mescolo alla folla ammassata, ma per allontanarmi. Non voglio più avere sotto gli occhi il suo viso stravolto, udire il terrore nelle sue parole. L'orlo dell'abito tocca per terra e si sporca mentre abbandono la calca e m'infilo in una strada schiacciata tra due facciate.

Mi prendo la testa tra le mani, ripiegata su me stessa.

Qui il clamore della piazza è distante. Posso fingere che quello che sta accadendo non abbia nulla a che fare con me.

È un sacrificio necessario. Un modo per tranquillizzare Ys e proteggere gli altri profughi.

Rivedo la furia di Yanna, i singulti del bambino che, sebbene troppo piccolo, piangeva come se sapesse quello che doveva succedere al padre.

Mi fisso i palmi.

Non ho paura della morte. Ho ucciso con queste mani, più di una volta. Sono stata uno strumento di giustizia e vendetta senza alcuna coscienza. Ma finora i miei nemici sono spirati guardandomi negli occhi.

Non così.

Non so quanto tempo sia passato quando nella strada in cui mi trovo comincia a sfilare la folla che defluisce.

Qualcuno mi si avvicina, mi tocca una spalla.

Alzo la testa e trovo Bev.

"È finita?" chiedo.

Annuisce.

Ansimo. Mi copro la bocca con una mano. "Scusa. È solo che..."

"Non ti devi giustificare. È stato uno spettacolo orribile. Però... è stato meglio così. Un'epoca di convivenza pacifica tra gli stregoni e la gente della superficie non può cominciare con il Lupo a piede libero."

Mi ricompongo meglio che posso. "Hai provato a guardare nelle teste dei consiglieri? Com'era il loro umore?"

Bev si volta e io posso ammirare la sua schiena grande, fasciata da una blusa scura che abbraccia le sue spalle forti, risaltandone l'ampiezza. I ricci, per una volta pettinati e disciplinati, sono tirati indietro. Posso scorgerne la massa morbida che danza sulla sua nuca e mi sorprende l'istinto di infilarci una mano nel mezzo.

Mi aiuterebbe a guardare avanti.

Reprimo l'idea, cacciandola in mezzo al tumulto magmatico delle mie emozioni scombinate.

Il re mi risponde in un sussurro teso. "I mercanti e i piccoli proprietari costituivano la maggior parte del pubblico di oggi. Erano esaltati dall'impiccagione. Se loro sono contenti, Loren e Rolf sono contenti. Non oseranno votare contro di me, con il rischio di scontentare la propria gente ed essere sostituiti alla prima occasione."

"Quindi siamo a due. Cormac è dalla nostra parte e io, beh, pure. Fa quattro." Il mio cuore compie un piccolo balzo. "Significa che ce l'abbiamo fatta?"

"Non sottovalutare Riley e Bran. Rappresentano l'esercito e gli ingegneri della barriera e sono quelli che mi spaventano di più. Sono ricchi, potenti e hanno i mezzi per stravolgere di nuovo gli equilibri."

Mi stringo a Bev nel rientrare nella piazza e la folla si divide per lasciarci passare. Ho addosso gli sguardi di tutti. La gente sussurra, punta il dito. Posso avvertire il coloratissimo arazzo di pettegolezzi che stanno tessendo attorno a noi.

Non m'importa. Finché Bev è al mio fianco, non ho paura. Né dei mostri che mi mangiano dentro, né di quelli che mi minacciano fuori. Insieme siamo così straordinari che possiamo anche unire i nostri due popoli e farne uno solo.

Rientriamo a palazzo e troviamo tutto già quasi pronto per la festa, come se l'impiccagione di Charlez fosse ormai un ricordo sbiadito. Il re viene subito assorbito da mille impegni che richiamano la sua attenzione e io rimango sola.

Il mio umore strano non migliora.

Nelle mie stanze mi prendo il mio tempo per scegliere l'abito da indossare. Opto per un tessuto scuro, grigio e nero. Niente collo alto per nascondere le cicatrici, stavolta. La seta mi fascia aderente il petto e i fianchi per poi allargarsi in una gonna morbida.

"Sei bella, Chani" mi disse Lionel un giorno.

Per cinque anni ho dedicato a lui ogni mio gesto o pensiero, come la più fedele delle sacerdotesse. Tutto quello che ho fatto, da Mont Maudit a Ys, è stato un lunghissimo rituale per riaverlo indietro. Per udire di nuovo queste parole e vedere la sua espressione sempre dura addolcirsi nel pronunciarle.

Il suo cadavere sfigurato...

La maniglia della mia porta si abbassa. Riconosco la sua presenza senza bisogno di voltarmi a guardarlo.

"Va meglio?" chiede Bev.

"Meglio" mento.

"Anche per me è difficile" sospira. "Continuo a ripetermi che non avevamo alternative, ma mi sento sporco. Il modo in cui gridava Charlez... e i suoi pensieri, Chani."

Mi irrigidisco. "Che cosa hai visto?"

"Niente di chiaro. Il terrore li annebbiava. Però mi è parso sincero."

No. No, no no.

"In che senso?" chiedo.

"Non mentiva. Non era lui il Lupo. Oh, Dea, abbiamo avuto tanta fretta di ucciderlo, ma forse abbiamo sbagliato."

Stringo il labbro inferiore tra i denti così tanto da assaggiare il sapore del mio sangue. "Charlez non era un santo" rispondo con troppa foga. "Ci ha traditi al Tempio della Dea. È anche colpa sua se Eirean è morta."

"Il vero assassino della sacerdotessa, però, oggi sarà alla festa con tutti gli onori."

Scrollo le spalle e mi decido a voltarmi.

E resto spiazzata.

Bev è bello.

Indossa un farsetto verde ricamato con un filo della stessa tonalità dei suoi occhi. Le maniche a sbuffo gli accarezzano il dorso grande delle mani e i calzoni vestono alla perfezione i muscoli lunghi delle sue gambe.

Non riesco a smettere di far correre lo sguardo sul suo corpo, come una carezza lasciva che non so trattenere.

L'uomo che mi sta davanti è un vero re.

Mi avvicino. Fatico a riacciuffare il senso di quello che volevo dire.

"Avranno anche loro quello che si meritano" mormoro con voce rauca. "O'Riley e tutti quelli che sono stati nostri nemici. Ormai dovresti saperlo, no? Nessuno può fermarci, quando siamo insieme. Stiamo cambiando Ys e continueremo a trasformarla finché non sarà la città che vogliamo. Case, palazzi, abitanti a nostra immagine e somiglianza. Sotto la barriera non ci sarà nulla di diverso da ciò che desideriamo. Noi possiamo, Bev. E lo faremo."

Bev socchiude le palpebre, come se si stesse sforzando di osservare qualcosa di molto lontano. Nel profondo del mio cuore, ad esempio. "Sei sempre così decisa, Chani. Non vacilli mai. Tu sei..."

Si blocca, trasforma le parole che non dice in un sorrisetto.

"Che cosa sono?" provo a incalzarlo.

"In un altro momento. Adesso dobbiamo compiere il nostro dovere. L'ultima parte."

Prendo il braccio che mi offre.

"Andiamo."


A Chani vogliamo bene anche così, cattiva e risoluta.

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