35. Ciò di cui ho bisogno

Ci hanno trovati.

Questa consapevolezza mi scuote, dura e spietata come una frustata su una schiena liscia. Mi entra nelle ossa e mi paralizza.

Le guardie reali sono qui. Quante sono? Dieci, venti, trenta. Non riesco a contarle. Avanzano implacabili nella notte, le loro bocche già vomitano incantesimi. La magia travolge i profughi presenti nella piazza; è il vento selvaggio che li butta a terra e il muro di fuoco che frena la loro corsa verso la salvezza, la roccia che si leva a intralciare i loro piedi. Qualcuno grida e non riesco a capire se sia per la paura o per il dolore.

Delle pietre descrivono archi nell'aria prima di andare a schiantarsi contro il baluginare opalescente degli scudi magici con cui si difendono gli stregoni. I profughi che le hanno scagliate sono i primi a essere avvinti da legacci incantati e a essere raggiunti dalle guardie.

Magia. Qualcosa di grande e inafferrabile che non sarò mai in grado di comprendere. Ciò che permette a Ys di esistere. Ciò che decreta la nostra fine e ci schiaccia come un pugno di insetti. Come ho potuto lasciarmi coinvolgere? Sono stata sedotta dal sogno di Bevin e mi sono illusa che i nostri due popoli potessero convivere sotto la stessa barriera, ma è una menzogna.

Non so quanto tempo impiego ad accorgermi che Bev mi sta dicendo qualcosa.

"Chani, dobbiamo andare!"

Un dardo di energia magica lampeggia verso di me. Imprimo una spinta ai miei muscoli congelati e mi butto di lato appena in tempo per evitare l'attacco. Il sangue mi ronza delle orecchie, ma ormai sono riuscita a liberarmi dall'immobilità.

Faccio per rientrare nel Tempio, ma mi blocco prima di poter sfiorare il portone. Bev sta avanzando, ma nella direzione opposta alla mia. Solleva una mano e in risposta il terreno si spacca davanti a una guardia che era sul punto di raggiungere una ragazza caduta.

Solo io sono abbastanza vicina da vedere quanto gli tremino le dita.

"Eccoli!" grida qualcuno tra le guardie. "Sono loro. Prendeteli!"

Con un grido rauco, il ragazzo strizza gli occhi e rilascia il proprio potere. Si leva uno stridore osceno quando dalla spaccatura aperta nella pietra e nel terreno crescono grossi viticci e tentacoli legnosi. È una foresta di rovi scuri che serpeggia e si allunga verso gli uomini in uniforme, nascondendoli al nostro sguardo. Una muraglia viva che taglia in due la piazza per proteggerci.

I profughi rimasti da questa parte si disperdono nella fuga.

Bev si piega su se stesso, ansante. La sua schiena si solleva a scatti, le vene sul suo collo sono gonfie. "No" geme, e non capisco se stia rivolgendo a me o a se stesso. "No. Non vi ascolterò. Non stavolta."

Parla con le voci nella sua testa.

Mi chino e mi aggrappo a un suo braccio. "Stai andando benissimo. Adesso però dobbiamo avvertire gli altri."

Lui annuisce e si deterge la fronte sudata con la mano. Inspira con forza dalle narici, prima di raddrizzarsi e lasciarsi condurre di nuovo all'interno del Tempio. Le porte che si richiudono alle nostre spalle tagliano fuori le grida e il fragore degli incantesimi che si schiantano contro la muraglia viva di Bev.

"Che succede?" Sorella Eirean emerge dalle scale che portano al piano interrato e zoppica verso di noi.

"Le guardie" balbetto. "Le guardie ci hanno trovati."

La sacerdotessa non risponde subito. Comincio a pensare che non mi abbia udito, quando apre la bocca. "Come è possibile?"

"Non lo so."

Bev si volta a fronteggiarmi. Ha riacquistato fermezza, anche se il suo colorito è ancora più pallido del solito e la pelle è ricoperta da un velo lucido. "Ne sei sicura?"

"Che accidenti di domanda è?"

"C'è un sacco di gente, là sotto. Gente cui abbiamo parlato del nostro piano. Puoi fidarti di tutti?"

"Sono profughi! Persone che cercano di sopravvivere a Ys e per restare hanno bisogno di te. Che altre garanzie vuoi?"

"Dico solo che non mi sembrava tutta brava gente."

Avvampo. Non so che cosa rispondere, perché so benissimo che non è brava gente. È gente che ha ucciso e rubato, gente che è nata all'inferno. Ma è anche gente che all'inferno non ha nessuna intenzione di tornare, e questa è una motivazione inattaccabile. Una motivazione che uno come Bev forse non potrà mai capire. Lo fisso dritto negli occhi e per un attimo le parole di Charlez mi balenano nella mente.

È uno di loro.

I miei pensieri si arrestano.

Charlez.

Ricordo vagamente di averlo visto andarsene poco prima che arrivassero le guardie. C'era Yanna con lui, e anche il bambino. Un rigurgito di rabbia e offesa mi risale in gola.

L'anziana sacerdotessa interrompe il nostro scambio con un brusco cenno. "Portate via la gente da qua sotto. Delle guardie mi occupo io."

"Come facciamo ad andarcene?"

"Oh, non mi offenderei se il ragazzo qui presente decidesse di aprire un buco nella parete di fondo del refettorio. Si dà il caso che confini con la cantina di una vecchia casa abbandonata da anni."

Bevin tentenna. "Io..."

"Pensavi che non ti avessi riconosciuto, giovane Daron?" Sorella Eirean scrolla la testa con fare bonario. "Il sangue della Dea scorre potente nelle tue vene. La nostra signora ama tutti i suoi figli allo stesso modo, ma alcuni le somigliano più degli altri."

Bev si guarda i palmi bianchi prima di serrarli in pugni. "Spero di essere all'altezza."

La sacerdotessa gli posa una mano vizza su una guancia. "Sei il Re Stregone. I nostri incantesimi sono preghiere alla tua ascendenza e al cuore sacro che ti batte nel petto. Sono sicura che sfonderai quel muro senza problemi."

Oltre il portone i passi delle guardie sono vicini. Non ci hanno messo molto a trovare un modo per superare la trincea di rovi.

Sorella Eirean si prepara di fronte alle porte del Tempio. Le sue labbra esangui cominciano a schiudersi e a tessere la trama di una litania, così veloce che non riesco a intendere le parole. È un canto sommesso che cresce sempre più d'intensità, echeggia nello spazio vuoto sotto le volte.

La sacerdotessa solleva le braccia e le maniche rosse della veste ricadono. Lunghi tatuaggi a spirale sono avvolti attorno a entrambi gli avambracci; nella penombra fosca che regna qui dentro danno l'impressione di arrotolarsi su se stessi al ritmo dell'incantesimo intonato da sorella Eirean. L'aria si fa satura di tensione, difficile perfino da respirare. Un sentore di bruciato si unisce all'odore di cera diffuso dalle candele.

Io e Bev ci siamo già spostati nella navata laterale per raggiungere le scale quando le porte si spalancano e le guardie si riversano all'interno del Tempio. Le guida il nuovo capitano O'Riley, e tra loro riconosco la chioma vaporosa di Mairead, costretta in una coda severa.

Stanno venendo a prenderci.

Devo soffocare un grido quando il terrore minaccia di sopraffarmi. Bev mi mette una mano sulla bocca per spegnere la mia voce.

Hanno cambiato le uniformi, sono diverse le insegne che sfoggiano. Ma stanno venendo per noi, un'altra volta. Come quando hanno assediato l'accampamento di Mont Maudit per calpestare le nostre aspirazioni di libertà.

Nella navata principale, il canto di sorella Eirean esplode in un urlo disumano e spezza il filo delle mie angosce. Sobbalzo. Mi ero ripromessa di non farlo, ma mi volto indietro.

E quello che vedo mi fa mancare il fiato.

Una a una, le statue alle pareti vengono attraversate da una vibrazione. Le membra di marmo si scuotono, i volti sbozzati nella pietra si animano. Richiamate dal guinzaglio dell'incantesimo della sacerdotessa, abbandonano i propri piedistalli e arrancano sul pavimento lucido. Si schierano davanti alle guardie, un esercito silente.

"E chi l'avrebbe mai detto?" borbotta Bev. "Quella donna è straordinaria."

"Quando ha detto che si sarebbe occupata delle guardie..."

"... Hai pensato che le avrebbe trattenute a forza di chiacchiere. Sì, anche io. Ero piuttosto sicuro che in quel modo sarebbe perfino riuscita a stordirne qualcuna."

Le statue si avventano contro le guardie e il rumore della pietra contro la carne dà il voltastomaco.

In sincronia, io e Bev ci lanciamo verso giù per i gradini.

In refettorio il gruppo si è fatto silenzioso e spaventato. Solo alcuni boccali schiumosi abbandonati qua e là tradiscono la festa che si teneva fino a poco fa. Centinaia di occhi spaesati si appuntano su di noi.

Olivia si fa avanti sbandierando il moncherino. "Da che parte?"

Sa sempre quali sono le domande giuste, lei.

Le batto una spalla. "Bev aprirà un passaggio. Voi andate con lui, seguitelo e non fate rumore. Io coprirò la fuga insieme a sorella Eirean."

Il ragazzo sobbalza. "Che cosa..."

Gli do le spalle senza concedergli il tempo di finire e mi rivolgo a Olivia: "Tu assicurati solo che tutti facciano quello che devono."

Lei annuisce e attacca a latrare ordini: "In silenzio e in fila! Lasciate tutto quello che non vi serve. La birra non ti serve, George. Maledetto cielo, qualcuno faccia smettere di piangere questo bambino!"

Bev è scuro in volto. "Che cos'hai in mente?" domanda, ma suona più come un'accusa.

"Lo sai."

"Non ha senso. Vieni con noi."

"Quando sarete al sicuro vi raggiungerò." Gli pianto un dito in mezzo al petto solido per placare le sue proteste. "Perché questo piano riesca tu devi essere libero. Loro devono essere liberi. Io voglio solo che tutto vada come deve."

"Se ti catturassero..."

"Verrai a liberarmi quando avrai riconquistato il trono e il palazzo. Ci conto. Hai un debito con me per tutta questa faccenda e non è il genere di cosa che potrei scordare." Gli accarezzo uno guancia ispida. "Tu sii il re di cui questa gente ha bisogno. Di cui io ho bisogno."

Lui cerca di fermarmi il polso, ma sguscio via dalla sua presa e mi allontano verso le scale.

Non devo guardarlo. Non devo, o i suoi occhi mi tradirebbero.

"Ehi, signorino! Abbiamo bisogno di te qui" grida Olivia.

Mi avvento sui gradini. Prego solo che Bev non sia tanto stupido da seguirmi.

Non lo è.

In seguito ad alcuni episodi capitati al lavoro mi è venuto da riflettere su quanto sia facile discriminare le persone. Basta un accento diverso o un vestito poco alla moda per far pesare a qualcuno la propria diversità come se fosse una colpa. Nelle mie storie i protagonisti appartengono sempre a una qualche minoranza che combatte per non essere schiacciata; spero che leggere avventure del genere possa far sentire meno solo chi è impegnato tutti i giorni in una lotta simile.

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