"... E questo è quanto" finisco di spiegare al gruppo di persone radunate attorno al tavolo.
Il momento di silenzio che segue è greve di pensieri. Ho l'impressione di udire il brusio del rimuginare interiore dei tre astanti, mentre i loro occhi ripassano sulla planimetria stropicciata.
I globi incantati rischiarano la stanza di una luce soffusa, argentea, che si riflette sulle immagini sacre appese alle pareti. Un tempo questa era una sagrestia, ora è il luogo in cui decretiamo il destino di Ys. O il nostro.
Il primo a schiarirsi la gola è Bev. "Mi sta bene tutto, ma non il gas... Come l'hai chiamato?"
"Gas panace."
"Non porteremo quella roba all'interno del mio palazzo."
"Quella roba" non può fare a meno di puntualizzare Charlez. "È l'arma più potente che abbiamo. L'unica degna di questo nome, se proprio vogliamo essere pignoli."
"Io sono l'arma più potente che abbiamo" ribatte Bev.
"Con tutto il rispetto" interviene Olivia. "Tu sei uno. Il palazzo, invece, sarà pieno di stregoni."
La gigantesca, spericolata Olivia. Quasi non credevo ai miei occhi quando Charlez si è presentato in sua compagnia. Sarebbe alta anche se fosse un uomo, non ha ancora cambiato il ridicolo taglio a scodella in cui costringe i suoi capelli biondi ed è la guerrigliera più coriacea che abbia mai incontrato.
Non avrei potuto sperare di meglio.
La scorsi attraverso la cortina di proiettili che crivellava l'aria e faceva zampillare la radura di schizzi di terra e schegge di pietra. Olivia latrava ordini alla sua divisione sopra il fragore delle esplosioni. Era la più vicina ad aprire un varco nella tenaglia della morte che la milizia schiavista ci aveva stretto attorno. Ed era una dei pochi ad avere un fucile, la cui canna luccicava sotto i raggi del mattino come un vessillo di gloria.
Stavo per fare cenno agli uomini che erano con me di raggiungerla, quando accadde.
La granata rotolò sull'erba fino a pochi metri da lei. Gridai un avvertimento, ma era troppo tardi.
Il boato che seguì mi lasciò cieca e sorda, non seppi mai per quanto tempo. I miei sensi tornarono ronzando e scoprii che l'esplosione mi aveva scagliata a diversi metri di distanza, tra le radici di un pino ai margini della radura. Un rivolo caldo e appiccicaticcio mi colava da una tempia, dove avevo sbattuto contro il tronco.
I miei uomini non c'erano più. Si stavano dileguando in una fuga scomposta lungo il pendio. Chi restava aveva gli occhi sbarrati e il ghigno della morte sulla faccia.
Gemetti e cercai di alzarmi, ma delle mani mi avvinghiarono le braccia. Il petto. La gola. Il mio cuore smise di battere quando riconobbi i soldati bene armati e ben vestiti della milizia schiavista.
Pregai che mi uccidessero, ma non avevo neanche più la forza per farmi considerare una minaccia.
Scoppiai a piangere come una bambina quando il metallo del collare che stavano per mettermi addosso mandò un bagliore.
"Io non sono come gli altri" obietta Bev.
"Confermo" rilancio. "L'ho visto in azione. Non possono fare niente per fermarlo."
Ometto di rivelare che quel Bevin è rimasto nell'arena insieme ad Alec. L'inumana fierezza, l'abbandono all'estasi della distruzione si sono disciolti nella sabbia insieme al sangue dell'uomo che amava come un padre. Ma dirlo adesso non gioverebbe a nessuno.
"Gli unici da cui dobbiamo temere qualcosa sono i telepati. Loro proveranno a controllarmi. Voglio dire, è il loro lavoro."
"Per questo ci siamo noi." Olivia batte il moncherino sinistro sul tavolo. Non potrà più imbracciare un fucile, ma sono sicura che sappia essere letale in molti altri modi.
"Ricordate che deve essere un'azione pacifica" ripete Bev per la miliardesima volta. "C'è la mia famiglia, in quel palazzo. Mia sorella. Perciò niente gas."
"Tua sorella e il suo principe sono quelli che hanno dato l'ordine di svuotare la città dai profughi" gli ricorda Charlez, con un tono lamentoso.
"Morrigan fa quello che ritiene giusto." C'è del tormento negli occhi di Bev. "E al suo posto chiunque agirebbe allo stesso modo. Non è lei il nemico."
"E chi sarebbe, allora?"
"Gente come Farkas e quel vostro maledetto Lupo. Hanno scatenato la psicosi in città."
Ignoro gli sguardi che dardeggiano nella mia direzione. "Farkas è in prigione, adesso" dico.
"Ma il Lupo no. Sorella Eirean ha detto che ci sono stati tre omicidi in quest'ultima settimana tra le guardie reali. Forse lui pensa di fare il bene della vostra gente, ma è tutto il contrario. Il popolo di Ys ha paura. Ha paura di voi per colpa sua."
Olivia, come suo solito, coglie il punto della situazione. "Una cosa per volta. Adesso pensiamo a rimettere il trono sotto le chiappe di qualcuno che non ci voglia tutti fuori di qui."
Annuisco con foga. "Quando l'impresa sarà riuscita potremo distribuire colpe e ricompense."
La mia ricompensa, soprattutto.
"A me sembra già tutto deciso" prosegue Olivia. "Risaliamo le fogne fino al sistema di riciclo idrico del palazzo. Entriamo, eliminiamo le guardie..."
"Niente morti" interrompe Bev.
"Niente gas, niente morti" sbuffa la donna. "Allora, ricominciamo. Entriamo, non eliminiamo le guardie e facciamo casino finché non ci stanno a sentire e possiamo dettare le nostre condizioni. Va bene detto così?"
"Ottimo, sì."
Punto un dito sul tavolo stropicciando la planimetria. "Agiremo domani notte. Non possiamo aspettare, considerato quello che rischiamo."
Il cigolio forzato della porta che si apre spezza il filo del mio discorso.
Quattro teste si voltano all'unisono in direzione di sorella Eirean, che è comparsa nel vano aperto.
"Buonasera, ragazzi. Va tutto bene?" sorride l'anziana.
Mi confondo. "Noi... sì. Ma non credo che dovresti sentire... voglio dire, sono discorsi pericolosi e..."
"Oh, non ti preoccupare. Non sono qui per origliare. Complottate pure in segreto quanto volete. Vi ho solo portato qualcosa per rinfrescarvi dalle cantine del Tempio."
La sacerdotessa pronuncia un incantesimo. Le sue parole guidano la danza leggera di quattro boccali di birra che oscillano nell'aria gocciolanti di schiuma e vanno a posarsi sul tavolo. Grossi cerchi bagnati si disegnano sulla planimetria.
Olivia scoppia nella sua grassa risata. "Sei una grande, sorella!"
"I vostri compagni giù da basso stavano già bevendo. Ho pensato di portare qualcosa anche a voi, chiusi qui a lavorare."
"I nostri compagni giù da basso dovrebbero andarci piano con l'alcool" protesto, ma la mia voce viene soffocata dalle acclamazioni degli altri. Tutti gli altri.
"In che senso? Hanno cominciato a bere senza di noi?" grida Olivia, a metà tra furia e incredulità.
Sorella Eirean si stringe nelle spalle gracili. "In realtà hanno improvvisato una vera e propria festa in refettorio."
Charlez, Olivia e Bevin si scambiano un'occhiata d'intesa. Impugnano i boccali come se si trattasse del loro tesoro più prezioso e marciano in direzione della porta.
Resto a fissarli, impotente. "Ragazzi, dovremmo limare i dettagli del piano."
"È tutto deciso" sorride Charlez, rivolgendomi a malapena un'occhiata da sopra una spalla. "Continuare a pensarci non lo renderà più facile. Ehi, ma questa che si sente è musica?"
Un attimo dopo sono da sola nella stanza. Nemmeno la sacerdotessa ha intenzione di perdersi la baldoria. Mastico un'imprecazione ed esco dalla sagrestia. Muovo i piedi per tener dietro agli altri giù per la stretta scala a chiocciola, spiazzata dal vociare caotico che cresce sempre più, cullato dalle note sottili di un flauto.
Quanto rumore stanno facendo? Ci sentirà tutta la città.
Il refettorio è una bolgia cacofonica di corpi accalcati. L'esercito improvvisato di profughi che in questa settimana siamo riusciti a radunare a suon di promesse. Tra di loro ci sono uomini e donne che ho già guidato verso la rovina su Mont Maudit, insieme ad altri aggregati per la semplice paura di essere espulsi. Un paio di centinaia in totale, cui vanno ad aggiungersi i bambini e gli anziani che non potranno prendere parte all'azione.
L'odore di birra e sudore prende alle narici. Si è creato un semicerchio naturale al centro della stanza, dove una ragazza con la treccia soffia in un flauto dolce e al suo fianco alcuni coetanei battono le mani, a terra o sulle cosce. Nello spiazzo, Yanna balla sull'allegro di quella melodia, i capelli fiammeggianti nell'aria e il vestito sollevato sulle caviglie.
Charlez solleva il boccale e grida il suo apprezzamento, schiumando birra da tutte le parti. Altri lo imitano.
Approfitto della confusione per prendere Olivia per il gomito e sussurrarle: "Il gas. Portiamolo lo stesso. Almeno un paio di dosi."
La donna sbatte le palpebre. "Impara a divertirti, Chani!"
Non mollo la presa. "Mi hai capita?"
"Sì, sì, certo che ho capito. L'avrei fatto comunque. Adesso, però, prendi questo." Mi mette in mano il suo boccale bevuto a metà.
Studio il liquido ambrato. "Perché?"
"Bevi" ordina lei. "È quello che fa la gente il giorno prima di morire."
"Noi non stiamo andando a morire."
"Puoi giurarmelo?"
No, certo che no.
Lascio che Olivia si allontani in mezzo alla festa e mi abbandoni, imbambolata, con il suo boccale in mano. Dal vetro il mio riflesso distorto mi rimanda uno sguardo spaesato. Esito ancora un attimo prima di mandare giù una lunga sorsata. Il liquido ha un sapore corposo, dal retrogusto fruttato.
Una risata mi fa trasalire. Tossisco, la birra mi cola sul mento e sulle mani.
La risata di Bev. Da quant'è che non la udivo?
Il giovane re di Ys è circondato da un gruppo di ragazze che gli si rivolgono tutte con lo stesso tono civettuolo. Pelle dorata e occhi dolci come il miele, potrebbero essere sorelle. Bev ride di nuovo e fa danzare una lingua di fuoco nell'aria. Gli rispondono i loro strilli entusiasti.
Il nervosismo che provo per non aver potuto continuare a discutere del piano per tutta la sera sfuma. L'entusiasmo generale minaccia di contagiarmi.
Eccoci. Il calore di una folla unita, la frenesia della danza. La libertà di gridare, scherzare e fare la corte al più bello della festa. Questa è la mia gente.
Ingoio un altro sorso di birra.
A vederci così, tutti insieme, verrebbe anche da pensare che potremmo farcela.
A un tratto Bev ruota la testa e aggancia lo sguardo che gli avevo dimenticato addosso. La sua espressione muta. È un movimento impercettibile, ma gli stravolge i lineamenti.
Abbasso il viso. La scelta migliore è fingere di non averlo notato. Guardavo da quella parte, ma non mi sono accorta di lui.
Serro le nocche attorno all'impugnatura del boccale e mi volto per andarmene.
"Chani." La sua mano sulla mia spalla. "Chani, aspetta."
Inutile fingere.
"Che ci fai qui?" Lo prendo in giro. "Le tue ammiratrici ti staranno cercando."
"Le ho liquidate."
"Quanti cuori hai spezzato in un secondo?"
"Troppi per i miei gusti." Il suo pomo d'Adamo va su e giù. È così vicino che posso avvertire il sentore di alcool nel suo fiato.
Sorrido. Un sorriso che mi cresce in faccia sempre più spesso quando sono in presenza di Bev. I suoi sogni sfrenati, la bontà del suo cuore mi riscaldano come il sole che ho perduto. Allentano la morsa della nostalgia.
Lui solleva una mano tremante, l'avvicina alla mia guancia.
E poi mi spiazza quando risponde al pensiero che non ho espresso a voce alta e dice: "Anche per me è lo stesso. C'è il mio sole nel tuo sorriso, Chani."
Questo capitolo in realtà è un repost; ho provato ad aggiornare lunedì scorso, ma Wattpad mi odia e pare che ci siano state delle difficoltà di visualizzazione. Spero che ora sia tutto ok, fatemi sapere in caso contrario.
Non ho intenzione di fare quella che non prosegue se non ha un certo numero di letture, ma i capitoli che stanno per arrivare (e non vedo l'ora di pubblicare) saranno belli densi, perciò preferirei che nessuno restasse indietro contro la propria volontà.
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