17. Desideri nel profondo
"E facciamo che io ero la principessa e tu il principe..."
"Perché devo fare sempre io il principe? Non è giusto!"
Le due bambine iniziano a bisticciare nel bel mezzo del gigantesco androne. La più grande pronuncia un incantesimo che disfa le trecce della sorellina più piccola. L'altra reagisce con un più diretto spintone.
Mi avvicino con un sorriso. Le riconosco: sono le figlie di una delle cuoche, forse tra i membri più chiassosi dell'esercito del personale del palazzo.
Sono tanto prese dalla foga del proprio litigio che sobbalzano per la sorpresa quando mi scoprono a un passo da loro. La prima a riprendersi è la più piccola, che solleva il mento aguzzo e mi sfida con i pugni sui fianchi. La sorella maggiore si nasconde alle sue spalle, la fronte bassa.
"Ciao" le saluto, e mi chino per portarmi alla loro altezza.
"Ciao" rispondono in un timido coro.
"Sapete dirmi dove si trova il ninfeo?"
"Tutti sanno dov'è il ninfeo" sostiene la bambina più piccola, molto seria.
La grande si sporge per sussurrarle all'orecchio: "Lei è quella nuova, non le sa, le cose."
"Ah." La bambina che mi ha parlato porta un dito alle labbra e sembra valutare con molta serietà la situazione. "Allora va bene. Devi andare fino in fondo da questa parte, poi esci e ti trovi nel cortile fatto come una grotta. Capito, no? Senti, ma è vero che tu non sai fare le magie?"
Le accarezzo la testa, morbida di capelli folti e biondi. Mi esce un gesto goffo. Non sono abituata a trattare con i bambini. "È vero. Grazie, sei stata molto gentile."
Mi incammino nella direzione che mi ha indicato, ma subito le due sorelline si affrettano a sgambettarmi dietro. Mi parlano in contemporanea, con le vocette acute che lottano per sovrastarsi a vicenda.
"Come fate a fare le cose senza magia?"
"È più bella Ys o il posto da cui arrivi tu?"
"Che cos'è un lupo? Ne parlano sempre tutti, ma io non ho capito."
"Sai che una volta il re mi ha dato una delle sue caramelle preferite?"
Travolta da questo fiume di domande sconclusionate, mi fermo e spalanco le braccia. "Bambine, vi va se chiacchieriamo più tardi? Adesso ho un impegno col capitano O'Darragh."
Come previsto, nominare l'ufficiale dal volto sfregiato ottiene il suo effetto. Le sorelline si ritraggono intimidite, biascicando qualcosa.
Proseguo sola la mia marcia, mentre le sento ricominciare a giocare e a litigare dietro di me. L'androne termina con un'arcata e io vi passo sotto.
Il cortile in cui arrivo è più esteso degli altri e confina con il muro di cinta. Anziché da alberi e fiori, è decorato da grotte e fontane zampillanti spruzzi d'acqua cristallina. Un rigagnolo trasparente disegna il proprio percorso tra i ciottoli levigati della pavimentazione a mosaico. È attorniato da un portico elaborato, con nicchie in cui sono in posa statue di marmo bianco.
Il ninfeo del palazzo reale di Ys.
Quando avevo quindici anni per la prima volta Lionel mi aveva decantato l'esistenza di architetture tanto elaborate e, francamente, pensavo che si fosse inventato metà delle cose che diceva. Insomma, che il mondo non fosse stato sempre ridotto nelle condizioni presenti lo sapevamo tutti, ma c'è un limite. Perciò alla tenuta ridevamo quando lui sosteneva di essere cresciuto in una colonia che un tempo era stata capitale, dove prima delle bombe si affastellavano archi di trionfo e palazzi, giardini e cattedrali, torri, ponti e catacombe.
Il palazzo di Ys, proprio come le storie di Lionel, non si preoccupa di apparire credibile.
Mi godo lo spettacolo ancora per un attimo, poi mi guardo intorno in cerca di Alec.
La previsione di Bevin, la notte dell'incidente con il Lupo, era stata ottimistica. Non solo all'indomani sono stata interrogata in proposito, ma per l'intera settimana seguente non ho fatto che parlarne. Con il capitano O'Darragh, con Mairead, con altre guardie di cui non conosco il nome. Con il re in persona, anche.
Ho raccontato la mia versione così tante volte da averne perso il conto.
A quanto pare, per Alec, il telepate più sospettoso di tutta Ys, non è sufficiente, perché anche stamattina ha fatto chiedere di me. E ha mandato a monte i miei progetti, un'altra volta.
Sono stata al centro dell'attenzione, negli ultimi giorni, e non ho avuto un attimo di tempo per assicurarmi che Yanna e Charlez stessero bene. Almeno, non senza rischiare di portarmi dietro anche un manipolo di guardie reali affamate di nemici da arrestare. La mia amica e il suo compagno sono irregolari e non ho voglia di scoprire che cosa la legge preveda per loro.
Il fantasma del Lupo ha trasformato Ys in un nugolo di tensioni pronte a scoppiare.
Eppure mi è stato promesso. Qui in fondo al mare c'è l'unico vero tesoro di cui abbiamo bisogno, un futuro anche per noi.
Vale la pena lottare per questo, no?
Devo essere un po' in anticipo, perché quando individuo il capitano della guardia reale lo scopro impegnato in una fitta conversazione con qualcuno che non riesco a vedere dal punto in cui mi trovo. Mi fermo al riparo del portico, dietro una colonna decorata con madreperla, conchiglie e concrezioni calcaree.
Il mio passo ha imparato a essere felpato nelle notti della superficie. Non mi hanno udita arrivare.
"Non mi era mai capitata una cosa del genere" si lagna Alec. "Sembra quasi che si sia addestrata apposta."
"Stai diventando paranoico?" Conosco questa risata. Vorrei non avvertire una leggera fitta in mezzo al petto ogni volta che risuona.
"So quello che dico."
"Andiamo, stai solo perdendo colpi. L'età avanza per tutti."
"La telepatia non è un'opinione. E non ho mai incontrato nessuno così ostinato nel tenermi fuori dai propri pensieri come quella bestiolina selvatica che ti sei portato a palazzo."
"Hai detto bene. È una bestiolina selvatica. Non hai idea di che cosa possa aver vissuto lassù, sulla superficie. Nessuno di noi ne ha, e forse è meglio così. C'è un motivo se tutte quelle persone supplicano per entrare a Ys."
"E allora?"
"E allora non ti stupire se Chani non vuole aprirti i propri pensieri. Ci sarà l'orrore, tra i ricordi che conserva. Fossi in te non avrei neanche tutta questa fretta di disseppellirli" conclude la voce di Bevin.
I due uomini si spostano e riesco a scorgere il viso del re. Non resisto alla tentazione e mi sporgo dal mio riparo, giusto il necessario per poterlo osservare bene.
Bevin tiene un braccio attorno alle spalle del suo telepate. Ha le guance appena arrossate sotto la barba di qualche giorno e i ricci bruni gli ombreggiano la fronte in onde indisciplinate.
Un sesto senso, o forse un'intuizione, lo spinge a voltare il capo all'improvviso nella mia direzione.
Mi ritraggo al riparo della colonna.
"Non dovresti difenderla sempre con tanto impegno" brontola Alec.
"Sono il re. Faccio quello che mi pare."
"E poi ti trovi a gestire i pettegolezzi."
"Quelli basta non ascoltarli."
Alec si immobilizza e costringe il giovane re a fare altrettanto. "Non riesco a leggere i pensieri della ragazzina della superficie, ma quelli della corte mi sono chiarissimi. Il tuo sangue è prezioso e a nessuno piace l'idea che l'eredità del Re Stregone venga... inquinata."
"Non è nelle mie intenzioni."
"Chani è bella. E tu hai gli occhi, come tutti noi."
Chiudo un pugno.
"Sei bella, Chani" ripeteva la voce di miele velenoso di Florian, e io speravo solo che tacesse.
Rilasso le dita contro la superficie ruvida della colonna e placo i pensieri. Devo farlo, se non voglio che il telepate li avverta.
"Fai il superiore solo perché hai altri gusti!" Bevin se la ride con piacere. "Altrimenti nemmeno a te sarebbe indifferente."
"Forse, ma è bene che tu ascolti il consiglio di qualcuno di imparziale" insiste il capitano della guardia.
Il re si lascia cadere su una panchina e distende le lunghe gambe. I suoi muscoli scattanti sono fasciati da semplici pantaloni scuri. "Sono stufo di ascoltare. Da quando sono diventato re non faccio altro. Voci arrabbiate, deluse, speranzose, reali e immaginarie, fuori e dentro la mia testa... tu dovresti capirmi, no? Tu lo sai, quanto è prezioso il silenzio."
"Il silenzio è l'unico privilegio che non spetta a un re."
Bevin si china in avanti, i gomiti sulle ginocchia. "Il destino ha un senso dell'umorismo un po' beffardo. Perché devo essere in grado di desiderare ciò che non posso avere?"
Alec gli batte una rumorosa pacca sulla spalla. "Perché non sai tenere i piedi per terra."
"Però ho gli occhi e so vedere, come hai ricordato tu prima con tanta ovvietà. Solo che quello che vedo io non sono le stesse cose che vedete voi. Né te, né il consiglio, né mia sorella."
"E che cosa vedi?"
"Vedo un futuro grandioso per Ys, capace di superare i confini di questa bolla di cristallo che ci protegge. È nei profughi che cominciano ad affollare le nostre strade, nel portale aperto per accogliere chi ha bisogno. È in Chani, anche, e nei suoi silenzi." Il re alza la testa sul suo interlocutore. "So pure io che sono tante le cose che non racconta."
"Senti, lei può tenersi tutti i segreti che le pare, va bene? Non è questo il punto."
"Perché vuoi interrogarla ancora?"
Alec si stropiccia gli occhi con aria stanca. "Perché qualcosa mi sfugge. Nei giorni scorsi abbiamo cercato i profughi che risultano entrati a Ys in seguito alla prima aggressione del Lupo, su al campo. Dei quaranta nomi registrati, sette mancano all'appello. Non sono alloggiati nel quartiere dedicato ai profughi e non si sono mai presentati al lavoro in serra. È probabile che anche i nomi forniti siano falsi."
"Il Lupo sarà sicuramente uno di loro. Sette non è un gran numero, abbiamo già ristretto il campo."
"Peccato che sia impossibile sapere dove si trovano. Ci abbiamo provato per giorni, ma sembrano scomparsi nel nulla."
"Cerchiamo di farli saltar fuori prima che quel pazzo colpisca di nuovo."
"Chani sa sicuramente qualcosa su ciò che fanno i profughi irregolari una volta giunti in città. Lei stessa aveva cercato di entrare sotto falso nome; se non parla deve essere per proteggere qualcuno che conosce, o qualcosa del genere. Non mi piace quel tizio cui pensa sempre, per esempio"
Bevin annuisce. "Prova a farla parlare, se ti riesce. Solo, smetti di vederla come una minaccia e considerala per quello che è."
"E sarebbe?"
"Una risorsa."
Il re si alza in piedi. Aggiunge a bassa voce qualcosa che fa ridere il suo capitano, poi lo saluta con un abbraccio.
C'è tutto l'affetto che li lega, in questo gesto. Mi perdo un attimo a studiarlo, perciò non sono pronta quando Bevin si allontana da Alec e marcia verso l'uscita del ninfeo. Verso di me.
Me lo trovo davanti all'improvviso e non sono preparata.
Non sono preparata al suo odore caldo, al verde assoluto dei suoi occhi, alla bocca sempre un po' imbronciata che, tuttavia, nel vedermi si apre in un sorriso.
Trasalgo, ma Bevin porta un dito alle labbra per farmi segno di tacere. Senza una parola solleva una mano e, nel palmo vuoto fino a un attimo fa, compare un fiordaliso dal gambo reciso. Me lo offre con un gesto cortese.
"Credo che il mio capitano ti stia aspettando" sussurra, prima di dileguarsi all'interno del palazzo.
Ci voleva un capitolo un po' più leggerino rispetto ai precedenti, credo. Nei prossimi gli equilibri saranno contesi tra importanti memorie del passato e improbabili alleanze...
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