10. Questo è il mio corpo

È come nei sogni, quando le peggiori assurdità sovvertono le leggi della fisica, della logica e della morale e noi non riusciamo nemmeno a stupirci. I legacci neri dell'oblio sono avvinghiati alla nostra coscienza, la tengono bendata e immobilizzata, vittima indifesa della visione onirica.

Ora sono abbastanza sicura di essere sveglia, eppure non mi sorprendo subito.

I frammenti di vetro caduti sul pavimento si sollevano danzando e tornano al proprio posto in una cascata di bagliori. La finestra infranta si ricompone, i bordi delle schegge si saldano tra loro e fondono in un'unica lastra, liscia e perfetta come uno specchio d'acqua.

I rumori della protesta vengono tagliati fuori e nel corridoio torna a regnare una calma soffusa.

C'è un momento in cui mi sembra ancora una cosa naturale. Poi sbatto le palpebre e fisso la finestra. Non la segna nemmeno una crepa.

"E... questo?" domando con un filo di voce.

Mairead ridacchia. "Non ti preoccupare, se ne starà occupando qualcuno dei miei colleghi. Una notte al fresco farà passare a quel buontempone la voglia di lanciare sassi."

"Non mi riferivo al sasso."

Lei porta un dito alle labbra. "Ah. Oh. La finestra, dici?"

Annuisco.

Le spire di tenebra di Ys mi hanno già avvolta. Mi sono appena addentrata nel circo di follie di questo luogo e non so più come orientarmi.

Mairead fa spallucce. "È il potere del re."

Forse è convinta che questa spiegazione sia sufficiente, perché ricomincia a camminare.

Le tengo dietro e la incalzo: "In che senso? Ha gettato un incantesimo sul palazzo?"

L'idea la fa sorridere. "No, no. Cioè, non ne ha bisogno. Il potere del re è, come dire, una linfa. Una fonte che nutre ciò che la circonda. Non credo che tu possa capire, sai" aggiunge. C'è qualcosa di simile alla pietà nella sua chiosa.

"Farò uno sforzo."

"Non è un concetto difficile che si possa afferrare con un po' di applicazione. È una cosa che si sa e basta."

Sto per insistere perché mi spieghi, quando la porta di fronte a noi si spalanca. Ne emerge Alec, la guardia sfigurata dalle cicatrici. Il telepate.

Ho un brivido.

Mairead scatta sull'attenti. "Capitano O'Darragh."

L'uomo fa passare da lei a me un'occhiata scocciata. Non si dà pena di nascondere l'insofferenza. "Caporale Ni Murchad, vai a parcheggiare in fretta il nuovo giocattolino di Bevin e raggiungimi all'ingresso. Stasera sono più nervosi del solito. Dea, odio questo lavoro."

Getto un'occhiata alla finestra. "Parli dei manifestanti?"

Alec mi fulmina. "Stai al tuo posto, bambolina. E vedi di eclissarti in fretta, perché è con te che ce l'hanno."

Con me? Apro la bocca per fare qualche domanda, ma Mairead sfiora il mio braccio. "Andiamo" sussurra con gli occhi bassi.

Evito lo sguardo indagatore di Alec e seguo la ragazza. Forse è meglio così.

Affrontiamo il resto del percorso in silenzio. L'allegria di Mairead è stemperata in un umore più cupo e una piccola ruga segna lo spazio tra le sue sopracciglia brune.

Scendiamo una vertiginosa scala a chiocciola fino ad accedere a un porticato dal pavimento a mosaico blu e bianco. Le colonnine tortili danno su un giardinetto quadrato dove regna un profumo caldo di terra e pollini.

La piccola guardia si fa indietro, il visetto rotondo chiuso in un'espressione seria. "Il re dovrebbe arrivare tra poco. Aspetterei con te, ma... il dovere mi chiama."

Non mi dispiace restare un po' da sola. Lascio che Mairead si allontani e mi addentro nel giardino.

È un tripudio della natura.

Una mente ebbra di fantasia ha raccolto alcuni degli alberi e dei fiori più belli che il mondo della superficie conosca e li ha disposti in una composizione rigogliosa e assolutamente impossibile. Un cedro dell'Atlante dalle tonalità azzurrine troneggia al centro dello spazio. Accanto, al di là di una muraglia costituita da un pino nero, tigli e allori, un faggio dalla fitta chioma a cupola protegge la propria corteccia delicata con una cortina di rami. Abbandono il riparo del portico per avvicinarmi e accarezzare una delle sue piccole foglie verdi. Dovrebbe essere inverno, ma immagino che, qua sotto, l'alternarsi delle stagioni non conti poi molto.

Cespugli e arbusti che nessun occhio umano ha mai visto fiorire insieme fanno sfoggio delle proprie corolle variopinte. Riconosco l'erica e il rododendro, dalie dai petali coloratissimi; arrampicato su una delle colonne del porticato, un gelsomino bianco spande attorno il proprio profumo pieno.

Cammino sull'erba fino a raggiungere un piccolo gruppo di fiordalisi, cresciuti senza alcun ordine ai margini del giardino, ai piedi di un tasso.

Mi inginocchio per sfiorarne uno, e intanto mi rivolgo alla presenza che da qualche minuto se ne sta immobile alle mie spalle: "Sei stato tu a creare tutto questo?"

Avverto il rumore del suo corpo che si sposta dal punto cieco offerto dal cedro. "Non volevo disturbarti durante la tua esplorazione."

Ruoto la testa per guardare Bevin da sopra una spalla.

Il re di Ys mi si avvicina, con la solita contraddizione tra la leggerezza del suo sorriso e l'ombra negli occhi splendidi. Indossa una camicia sbottonata con negligenza a lasciare snudata la gola pallida e tiene le mani affondate nelle tasche dei calzoni di velluto scuro.

"Non mi piace essere osservata di nascosto" rispondo. "Non piace a nessuno. Forse non te l'hanno mai detto perché sei il re, ma ti assicuro che è vero."

Lui passa le dita tra i ricci bruni, scompigliandoli. "Non è che di solito io passi il tempo a spiare le ragazze, eh."

"Allora è un privilegio di cui dovrei sentirmi onorata?"

"Altre lo sarebbero."

"Potresti riprovarci con loro."

Bevin si arresta a pochi passi da me. Le sopracciglia aggrottate disegnano linee fosche sul suo viso. "Ti piacciono i fiordalisi, Chani?"

Torno a osservare il fiore. "Molto."

"Puoi coglierlo, se vuoi."

"Preferisco lasciarlo dov'è."

Senza una parola, il re si inginocchia al mio fianco e spezza il gambo del fiordaliso. Dopo un attimo, dal fusto rotto crescono a vista d'occhio foglie sottili e infiorescenze che fremono e si aprono a spiegare i propri petali violacei.

Bevin mi porge il fiordaliso. "Ecco, visto? Non si è rovinato niente."

Un po' mi trema la mano quando prendo il fiore. "G...grazie."

"Questo giardino si nutre del mio potere. E così il palazzo, e un po' tutta Ys. Ciò che è nato dalla magia è come un unico grande corpo, e io ne sono il cuore." Si guarda attorno. "A volte è bello."

"Altre, invece?"

Si prende una breve pausa. "Mi hanno parlato della superficie e delle sue piante. Ho provato a ricreare qualcosa qui dentro, ma non è... uguale. Le foglie dei miei alberi non arrossiscono mai per la carezza dell'autunno, e puoi cogliere tutti i fiordalisi che vuoi senza timore di vederli appassire." Con la testa alla mia altezza, mi affonda gli occhi negli occhi. "I fiordalisi ti piacciono perché ti ricordano quell'uomo che Alec ha visto nei tuoi pensieri?"

Mi alzo di scatto e indietreggio. Rischio di inciampare nella gonna e, per sollevare l'orlo, lascio cadere a terra il fiore. "Hai chiesto a quel telepate di frugare nella mia mente?"

"Non ho chiesto niente. È solo una cosa che Alec fa per proteggermi. Lui è molto utile, sai? È per questo che è il capitano della mia guardia personale. Mi aiuta a mantenere il controllo fin da quando ero bambino e il mio potere si è manifestato per la prima volta, insieme alle voci. E poi mi difende dagli altri." Fa un sorriso mentre continua a parlare con questo suo tono calmo. "Più di un pazzo ha cercato di uccidermi, dopo che è stato chiaro a tutti che nel mio sangue scorreva l'eredità del Re Stregone. Le capacità di Alec mi hanno permesso di sopravvivere."

Prendo un gran respiro e il profumo di fiori del giardino mi invade le narici. "Non aveva il diritto di dirti di Lionel."

"Ha fatto bene, se è per quest'uomo che sei entrata nel mio regno."

Incrocio le braccia sul petto e non rispondo.

Bevin si avvicina. "Chi è?"

"Ho fame, mio re. Non doveva essere un invito per cena?"

Lui scoppia a ridere ed esagera un inchino. "Hai ragione. Che non si dica che il re di Ys non è ospitale! Possiamo benissimo continuare la chiacchierata davanti a un piatto fumante."

Non è una chiacchierata che ho un particolare interesse a continuare, ma gli permetto comunque di stringermi un gomito e condurmi tra le fronde del suo giardino. La sua presa è gentile nel guidarmi.

Oltre il drappo offerto dai morbidi rami di un salice, compare la struttura elegante di un pergolato in ferro battuto. Su di essa se ne sta abbarbicato un glicine, dal tronco simile alla folta treccia di una donna. I fiori scendono in grappoli, offrono una tettoia rosata a riparo della grande tavola imbandita che ci aspetta.

Bevin schiocca le dita e gli stoppini di due candele si accendono. Dopo poco, si materializza un cameriere silenzioso che serve un vassoio d'argento, mentre un suo collega mi fa accomodare a un'estremità della tavola e il re occupa quella di fronte. Una ragazza solleva il coperchio del vassoio e riempie i nostri piatti con una salsa bollente in cui galleggiano crostacei, seppie e straccetti di pesce. Basta l'odore per far ricordare al mio stomaco da quant'è che non faccio un pasto decente.

Bevin mi fa cenno di cominciare. "Devi essere affamata. Mi hanno detto che non sei uscita dalla stanza per tutto il giorno."

Affondo subito il cucchiaio nella zuppa di pesce. "Dovevo riposare. E non mi sento a mio agio a gironzolare per un palazzo dove tutti mi odiano."

"Fai pure affidamento su Mairead. A lei piacciono gli stranieri, è una dei pochi."

Non so se sia la fame, ma il sapore è buonissimo. Rombo, rana pescatrice e gallinella. "Oltre a te."

"Oltre a me" concede Bevin. Uno dei camerieri gli riempie il calice di vino chiaro e lui lo avvicina alle labbra. "Ma prima o poi tutti capiranno. Si accorgeranno che non abbiamo nulla da temere da voi. Se riusciremo a catturare il Lupo, se ne convinceranno."

"Sembri sicuro."

"Lo sono." Il re posa il calice e concentra tutta l'attenzione su di me. "Chi è Lionel? È qualcuno che potrebbe creare delle... difficoltà nella caccia a quell'assassino?"

"No" ribatto, secca.

"È il tuo amante?"

Devo soffocare una risata amara. "Servimmo insieme per alcuni mesi nella tenuta di monsieur Bertrand ad Arcachon, ma lo vendettero cinque anni fa. Non lo vedo da allora."

Da quel giorno d'estate, con il sole che bruciava come fuoco sulla sua pelle esposta. L'odore acre di sangue e di piscio mi faceva venire da vomitare, ma mai quanto lo strazio nelle sue grida...

La bocca di Bevin si stringe in una piega dolorosa. "Speri di ritrovarlo qui? A Ys? Potrebbe essere uno dei profughi che sono già entrati?"

"Non lo so. Forse."

"Perché la sua traccia ti ha portato a Ys?"

La zuppa è davvero gustosa. Mando giù un boccone abbondante e lo annaffio col vino del mio calice.

"D'accordo. Rispetto il tuo silenzio. Ma tu tieni bene in mente una cosa, Chani." Si lascia ricadere all'indietro contro lo schienale della sedia. "Se farai qualcosa, qualsiasi cosa che possa nuocere a me o al mio popolo, ti farò rimpiangere il giorno in cui sei nata."

"L'ho già rimpianto molte volte. Sei sicuro di riuscire a fare di meglio?"

Per un momento lui resta interdetto. Gli sorrido con noncuranza e metto in bocca un'altra cucchiaiata di sugo e gamberi.

Bevin è sul punto di rispondere, ma un gran rumore proveniente dalla porta che conduce all'interno del palazzo glielo impedisce.

Credo che in questo capitolo si veda qualcosa della mia passione per ville, palazzi e giardini. Con la descrizione del giardino di Bevin ho cercato di mostrarvene uno che ho visitato qualche tempo fa nella mia zona ed era esattamente così (a parte il fatto che i fiori annuali non possono sbocciare tutti insieme, ovviamente).
Spero di essere riuscita a trasmettere un po' della tensione che, almeno nella mia test, esiste tra Chani e Bevin. Sono due tipi cui piace avere il coltello dalla parte del manico, ognuno a modo suo.

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