1. Ninnananna per il sole

Credevo di conoscere il buio vero, prima di scendere nella città sotto il mare.

A suo tempo, ho avuto modo di ascoltare i racconti dei vecchi, quelli che ancora ricordano il mondo com'era quando nella notte le città sfolgoravano come costellazioni, rischiarate dal ribollire delle luci elettriche, animate da una corrente inarrestabile. Fari, insegne, lampioni, segnalatori: era una vita immersa nel chiarore artificiale.

Di tutto ciò non resta nulla, se non il ricordo di pochi. L'oscurità in cui ho imparato a muovermi io, invece, è un oceano denso di ombre in cui gli occhi sono traditori e la paura è la tua migliore amica.

Ho impiegato del tempo a fare pace con il buio e i suoi demoni, che poi sarebbero anche i miei. Sono serviti degli anni, a dire il vero, durante i quali mi sono nutrita di silenzio e solitudine. Silenzio e solitudine, sì: sono questi gli ingredienti del buio che mi è familiare, quello che imperversa sulle terre desolate e devastate da una guerra terminata ormai trent'anni fa, ma da cui nessuno è ancora riuscito a riprendersi davvero.

Qui è diverso.

La mia compagna apre la strada. Ha detto di chiamarsi Leanna, ma dubito che sia il nome vero, perché è lo stesso che ha fatto segnare sui documenti per l'ingresso in città. Ed è la terza volta che rientra a Ys dopo un'espulsione da parte delle autorità.

Il tortuoso labirinto di vie di questo posto, comunque, confonde anche una frequentatrice assidua come lei. Sono convinta di aver già visto questa piccola piazza circolare, con la fontanella di marmo zampillante e l'intrico di rami di edera che ricopre la facciata delle case intorno.

Non resisto e devo mettere in evidenza l'ovvio. "Stiamo girando in cerchio."

Leanna, o come si chiama, mi rifila un'occhiata stizzita che distinguo a malapena. "Se ci fossimo perse lo saprei."

Non ne sono affatto sicura. Perché, per quanto si possa essere abituati a muoversi nel buio, niente è in grado di preparare alla notte oscura di Ys.

Una città inabissatasi da millenni, resuscitata grazie alla magia di un popolo eletto. Un nascondiglio perfetto dal resto del mondo. Le streghe e gli stregoni che vivono qui sono scampati alla guerra e al nostro fato degradato grazie allo scudo più solido che potesse frapporsi tra loro e le bombe sganciate per distruggere la civiltà: l'oceano. L'altissima muraglia d'acqua che sovrasta questo posto ha fatto sì che l'apocalisse li risparmiasse, mentre lassù ciò che era bello e meritevole di essere amato collassava.

I loro globi luminosi, prodotto di chissà quali incantesimi, non possono però competere in alcun modo con il chiarore delle stelle. O, Dio non voglia, con la luna. La barriera, come chiamano la gigantesca calotta che sovrasta la città e la protegge dalle acque, è un coperchio nero privo di qualsiasi sfumatura.

Ys è buia, di un buio vero e sconosciuto.

"Non capisco come tu faccia a dirlo" obietto a Leanna. "Non si vede quasi nulla."

Lei fa spallucce, col suo solito modo noncurante. "Ci sono abituata."

È una menzogna. Nessuno nato e cresciuto lontano da qui potrebbe mai abituarsi a una cosa del genere. In ogni caso decido di non contraddirla e la prendo alla larga. "Vediamo di sbrigarci. Ci staranno già cercando."

"Stai tranquilla. Agitarsi non serve a niente."

"Neanche vagare in cerchio."

In tutta calma, Leanna ribatte: "Vai pure avanti da sola, se pensi di essere tanto meglio di me."

Mi mordo un labbro. È ovvio che non posso farlo, perché una che non si fida abbastanza di me per dirmi il proprio vero nome di certo non si è preoccupata di condividere l'indirizzo del contatto che ci ha procurato il lasciapassare per superare i controlli del campo profughi ed entrare in città. E che adesso, secondo gli accordi, dovrebbe offrirci un tetto sopra la testa e un impiego di copertura.

Chino il capo come sono abituata a fare. Anni di addestramento non mi tradiscono e mi permettono di fare per semplice istinto la cosa più sensata per la mia sopravvivenza. "Scusami, Leanna."

Deve bastare a darle soddisfazione, perché le scappa un gran sorriso. "E di che?" Si mette a fischiettare un motivetto allegro e riprende la marcia.

La affianco in silenzio.

A lei, invece, deve essere venuta voglia di chiacchierare, perché attacca: "Sul serio, non ti devi preoccupare per le guardie. Hanno di meglio a cui pensare, che non rintracciare due profughi che mancano all'appello."

"Tipo?"

"Tipo catturare il Lupo."

"Loro pensano che il Lupo sia uno dei profughi" le ricordo con il tono più neutro che mi riesce. Vorrei saper mascherare meglio l'urgenza, ma essere fermate adesso dalle guardie che pattugliano la città significa dire addio per sempre a Ys e ai miei progetti qui. Prima raggiungiamo un posto sicuro, meglio è.

"Andiamo, di sicuro non sospetteranno di due fragili ragazze!" Leanna mi prende sottobraccio. "Una persona in grado di fare quel macello deve essere un omaccione alto e muscoloso, per forza."

"Non ho comunque voglia di correre rischi."

Mi becco un pizzicotto. "Non eri così agitata, prima di attraversare il portale."

"È questo buio che mi rende nervosa. È sempre così, qua sotto?"

Una risata cristallina sgorga tra i denti di Leanna. "Ti manca già il sole?"

Che domanda. Certo che mi manca. Mi manca già ogni cosa che conoscevo e adesso è lontana, separata da me da un abisso salato e così profondo che non riesco neanche a immaginarlo. E io sono sul fondo, proprio nel punto più oscuro.

Ho scelto la via più lunga per ritrovare la mia luce.

"Non hai risposto alla mia domanda" rilancio.

"Più o meno. I loro cervelloni hanno inventato un modo per simulare il giorno tramite il sistema di rifrazione luminosa della barriera, o come si dice. Non è come stare al sole durante una bella giornata, ma è un po' più chiaro e si vede senza  difficoltà." Il viso della ragazza è percorso da un lampo. "Ehi, ho capito dove siamo! Da questa parte."

Trattengo un sospiro di sollievo mentre lei mi trascina in un viottolo incassato tra due grandi edifici di pietra bianca. Sgusciamo tra le case, sotto gli occhi di finestre addormentate. Le abitazioni sono figlie di un gusto antico, s'innalzano possenti e un po' intimidatorie attorno a noi. Io e la mia compagna imbocchiamo una scala stretta e la risaliamo fino a sbucare all'interno di una corte silenziosa su cui si affacciano diverse porte.

Con passo sicuro, Leanna raggiunge la prima sulla sinistra.

Un fastidioso presentimento mi attanaglia le viscere e mi trattiene indietro. Deve essere ancora questa maledetta paura del buio che mi taglia le gambe.

L'uscio si spalanca che Leanna non ha avuto nemmeno il tempo di picchiare il pugno per bussare. La vedo barcollare e arretrare di colpo, ed è il suo movimento veloce, ma non abbastanza, a mettermi in allarme, prima ancora di avere il tempo di capire.

Guardie fasciate in uniformi blu e argento sciamano fuori dall'edificio e si allargano a ventaglio in tutta la corte. Ci circondano. I loro volti hanno il pallore lunare tipico di chi è nato e cresciuto in fondo al mare e una strana energia li ammanta. Sono pronti a usare la magia, e non per farci divertire.

Era una trappola, una trappola maledetta.

Il mio respiro accelera, i sensi si tendono in cerca della via di fuga più vicina. L'unico accesso alla corte è quello da cui siamo arrivate, e adesso è piantonato da un giovane dall'aria minacciosa. Alzo gli occhi sulle facciate degli edifici, sul gioco di pieni e di vuoti creato dall'alternarsi di balconi e davanzali. Valuto la distanza e l'altezza dei tetti.

Un uomo della guardia, con il viso diafano sfregiato da brutte cicatrici rosate, afferra Leanna per un braccio esile. La poveretta non ha neanche la forza di ribellarsi e si limita a esibirsi in un penoso piagnucolìo.

"In nome del re, vi proclamo in arresto."

L'inizio di una storia è sempre la parte più difficile da scrivere; è un'impresa trovare il giusto bilanciamento ritmo e creazione di un contesto, tra quello che voglio e quello che posso dire. È, tra le altre cose, il momento cruciale per non farsi mandare a quel paese dai lettori.

Anche se ho già sgarrato rispetto alla scaletta che avevo preparato (e siamo al capitolo 1), sono abbastanza soddisfatta del risultato. È venuto fuori un incipit in medias res con più azione e accenni che spiegazioni, forse la cosa migliore per un romanzo in cui il gioco di vedo-non vedo è fondamentale.

Grazie per il vostro supporto, i commenti che mi lasciate e le stelline!

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