9.2 Faccia a faccia (pt.1)

Allie



La porta si aprì di colpo, facendomi sobbalzare, e Ronnie irruppe nella stanza in un turbinio di capelli rossi.

«Ciao, Ron», la salutai in tono piatto, osservando i suoi movimenti.

Nemmeno mi rispose mentre posava la borsa a terra e si toglieva il cappotto, lasciandosi poi cadere accanto a me sul letto.

«Allora», esordì, intrecciando le mani in grembo «Ti ho lasciata piangerti addosso per tutta la settimana, ma ora è arrivato il momento di reagire. Che succede?»

Se avessi dovuto rispondere sinceramente la lista sarebbe stata infinita.

«Nulla di nuovo.»

«E con Cam?»

Ahia, sentire il suo nome era sempre una pugnalata al petto.

«Al solito», risposi invece.

Purtroppo non si lasciò scoraggiare dalle mie risposte secche. «Ah, sì? Perché, sai, io e lui non abbiamo molti corsi in comune, ma mi capitava lo stesso di vederlo spesso in giro per il campus. Ma, nell'ultima settimana, è completamente sparito nel nulla, proprio come te, e quando l'ho rivisto oggi per la prima volta aveva un aspetto orribile. È scontroso, non parla con nessuno e se i suoi amici lo salutano si gira dall'altra parte e se ne va. Quindi, sostieni ancora che tra di voi non sia successo niente?»

Gli avevo spezzato il cuore, ecco cos'era successo.

Era stato quasi impossibile per me costringermi a dirgli quelle cose, ma era necessario. Doveva odiarmi, dimenticarsi di me, e quello era l'unico modo.

«Non voglio parlarne», ribattei, evitando il suo sguardo.

Non l'avevo raccontato a nessuno, nemmeno a Charlie, e da quanto avevo potuto capire parlando con Jay nemmeno Cam l'aveva fatto. Era una cosa che riguardava solo noi due.

Ronnie sospirò, esasperata. «Io capisco la situazione, Allie, la capisco sul serio, ma non puoi continuare così. Devi fartene una ragione, come se la deve fare Cam. So che è difficile, ma non puoi continuare a comportarti così. I ragazzi sono stanchi, non possono tenere d'occhio Cam al posto tuo per sempre. È il tuo protetto e devi prenderti le tue responsabilità.»

Come se non lo sapessi. Come se non mi sentissi già abbastanza in colpa per aver scaricato quel peso addosso agli altri, mettendoli contro i loro stessi protetti. Perché, era inutile dirlo, Lucy ce l'aveva a morte con Jay per come mi ero comportata con suo fratello, e, nonostante Jay non c'entrasse nulla, non la potevo certo biasimare.

«Vado da Anna», annunciai, alzandomi.

«Che? No! Non vai da nessuna parte, non abbiamo ancora finito di discutere.»

Ora capivo perché tutti odiavano così tanto i miei discorsetti.

«Sì, Ronnie, sto sbagliando tutto e hai ragione, ma ho bisogno di un po' di tempo per riflettere e nel frattempo devo parlare urgentemente con Anna. Quindi scusami, ma devo proprio andare.»

Non aggiunse altro, lo sguardo così pieno di pietà da contrarmi lo stomaco.

Strinsi forte le labbra e infilai il cappotto, afferrai la sciarpa e uscii. Non volevo la sua pietà, né quella di nessun altro.

Ero stanca di quella situazione, avevo bisogno di risposte.

Da quando me n'ero andata dal suo appartamento, avevo mandato ad Anna solo sporadici messaggi, evitando di dirle di preciso dove mi trovassi e di incontrarla, per non metterla in pericolo, ma non potevo più aspettare. Non avevo mai risposto alle sue chiamate e quindi non avevo più avuto notizie degli Antichi o di Trenton. Dovevo sapere se l'avessero preso e, nel qual caso, se avesse confessato qualcosa.

Camminai a testa bassa per evitare di farmi riconoscere e mandai un messaggio a mio fratello.

16:04 Cam è in casa?

La risposta fu quasi immediata.

16:06 No è uscito con Chloe un paio d'ore fa ma c'è Lucy. Perché?

Era uscito con Chloe? Chloe Asher? Speravo proprio avesse sbagliato a scrivere, ma non avevo il tempo per indagare.

16:08 Mi serve la macchina

16:08 Dove sei?

16:09 Sotto casa tua

16:10 Se hai pazienza un quarto d'ora ti porto giù le chiavi sennò puoi salire, a tuo rischio e pericolo. Lucy ha ancora il dente avvelenato

Non lo dubitavo, avevo spezzato il cuore a suo fratello. Avevo già abbastanza problemi di mio, non me la sentivo ancora di affrontarla.

16:11 Aspetto qui

16:11 Brava ragazza

Odiavo costringere i miei amici a fare quel doppio gioco, fingere di non conoscermi in presenza dei loro protetti e allo stesso tempo aiutarmi come avevano sempre fatto. Avrei potuto troncare completamente il rapporto con loro, era vero, ma erano pur sempre la mia famiglia. Meritavano di sapere in che guai mi stavo cacciando.

Mi appoggiai al muro, in disparte, e aspettai che Jay trovasse il momento più opportuno per scendere senza far capire a Lucy che ero lì. Avrebbe potuto metterci una vita, e io avevo una certa fretta.

Quando ormai mi ero decisa a salire lo stesso e affrontare la scenata di una sorella furiosa, delle voci vicino alla porta mi bloccarono.

«Posso salire a bere qualcosa? Mi hai detto che ci sono anche Jay e Lucy, ma sono sicura che la casa sia abbastanza grande per tutti», disse qualcuno, una voce femminile sgraditamente familiare.

Oh. Mio. Dio.

Davanti alla porta c'erano Cam e Chloe Asher, lui con un'aria di totale imbarazzo mentre si grattava la nuca alla ricerca di una risposta e lei che si protendeva verso di lui.

Incredibile, mi aveva già sostituita con Chloe. Con Chloe! Non sapevo se essere più triste o arrabbiata.

«Beh, ecco, io...», mormorò lui, che a quanto pare non sapeva come fare a cacciarla.

Indietreggiai lentamente, cercando di nascondermi dietro l'angolo dell'edificio. Come diavolo avevo fatto a non sentirli arrivare? E a non vederli, poi!

Ma, con la coda dell'occhio, Chloe si accorse sfortunatamente di me.

Mi fissò per un secondo seccata per l'interruzione, poi sembrò sorpresa. Di sicuro non si aspettava di trovarmi lì.

Seguendo il suo sguardo, anche Cam mi notò, e nei suoi occhi lessi lo stesso stupore che c'era in quelli della sua ragazza. Sapere che stavano insieme mi fece ribollire il sangue.

«Allie? Non sapevo fossi tornata», commentò sarcastica Chloe.

Non le risposi, perché avevo gli occhi inchiodati in quelli del mio protetto, che mi fissava con un'intensità tale che mi sentii avvampare.

Distolsi lo sguardo e spostai con il piede un mucchietto di foglie davanti a me, imbarazzata da morire. Ecco, era proprio questa la situazione che stavo cercando di evitare.

«Chloe, ti dispiace se rimandiamo? Ho paio di cose di cui discutere con Allie», disse Cam a bassa voce senza staccarmi gli occhi di dosso.

Se non fossi stata così disperata da aver avuto bisogno dell'auto di Jay per andare da Anna, me la sarei data a gambe da un bel pezzo.

Non sentii la risposta di Chloe, ma notai perfettamente il bacio che gli stampò sulla guancia prima di andarsene. Stava marcando il territorio, come se ce ne fosse stato bisogno. Come se io e Cam avessimo mai potuto stare insieme.

«Che ci fai qui?», mi chiese, al limite dell'esasperazione.

«Mi dispiace, Jay mi aveva detto che eri fuori. Sono passata a prendere la macchina.» Avrei dovuto usare un tono seccato o infastidito, ma ero troppo stanca per continuare con quella recita. Inoltre, gli avevo detto cose così crudeli che dubitavo potesse provare pena per me.

Annuì distrattamente, ma non diede segni di volersene andare. Ogni tanto sembrava sul punto di chiedermi qualcosa, ma poi ci ripensava e tornava a guardare il cielo nuvoloso.

Il mio umore aveva influenzato terribilmente il tempo, in quell'ultimo periodo, anche se inconsciamente: non vedevamo il sole da quasi due mesi e faceva un freddo cane per essere a metà novembre.

«Quindi... tu e Chloe?», chiesi con tutta la disinvoltura di cui ero capace, fallendo miseramente. Come aveva potuto sostituirmi con lei? Mi aveva sempre detto di disprezzarla.

Alzò lo sguardo su di me, le sopracciglia scure inarcate. «Hai anche il coraggio di fare la gelosa?»

Strinsi i denti, trattenendomi dal rispondere come avrei voluto.

«Dato che sei intenzionato a non salire in casa, mi sembrava educato fare un po' di conversazione», dissi invece, meravigliandomi di me stessa.

Scosse la testa con un accenno di sorriso. «Non stiamo insieme, se è quello che credi. Detesto Chloe, lo sai. Ma sono rimasto indietro con un corso e mi servono crediti per recuperare, quindi le faccio da tutor per le prossime due settimane. Non so nemmeno perché te lo sto dicendo, non ti devo nessuna spiegazione.»

Era vero, non mi doveva niente, ma sapere che non stavano insieme mi aveva tolto un enorme peso dal petto. Lei non lo meritava.

La porta d'entrata si aprì di colpo e Jay uscì di corsa, il fiato corto.

«Ecco le chiavi, scusami ma proprio...», si interruppe quando si accorse che non ero sola «Cam. Ciao.»

Ricambiò il saluto con un cenno del capo. «Jay.»

«Grazie», tagliai corto per toglierlo dall'imbarazzante situazione in cui era capitato «Te le faccio riavere appena ho finito.» Rivolsi un'ultima occhiata a Cam, che mi stava ancora fissando, e mi voltai, incamminandomi verso il garage, le mani in tasca e la testa bassa.

Come ero finita in quel casino? Perché, di tutte le persone al mondo, dovevo essere proprio io la portatrice di un'alterazione genetica?

Guidai fino alla Jackson con mille pensieri per la testa e quando oltrepassai a piedi il cancello ero così tesa che sobbalzavo al minimo rumore.

Passai per la segreteria a chiedere dove si trovasse Anna e mi diressi verso il padiglione B, dove stava insegnando Educazione Civica ai ragazzi del penultimo anno.

La porta dell'aula era aperta, così mi appoggiai allo stipite con la spalla sinistra e restai lì a guardare.

C'ero io seduta su una di quelle sedie, fino a qualche mese prima. Ed ora ero una fuggitiva.

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