5.3 Nuovi incontri

Allie

«Era ora!», esclamò Charlie, stringendomi forte il braccio «Pensavo che ormai per voi due non ci fosse più speranza.»

C'era voluta quasi un'altra ora prima di riuscire a convincere i ragazzi che stavo bene e che avevo avuto solo un attacco di panico e, quando ci ero riuscita, per me e Charlie era arrivato il momento di andare a lezione.

Perciò avevo salutato Cam con un bacio sulla guancia ed ero uscita, raccontando immediatamente tutto alla mia amica. Lo avrei detto anche ad Amanda, ma da quando aveva conosciuto Emily non era più la stessa; non ce l'avevo con lei perché preferiva passare la maggior parte del tempo con la sua protetta, capivo perfettamente, però questo ci aveva fatte allontanare molto.

«Sai benissimo qual è il problema. È il mio protetto!», ribattei, entrando nell'aula di Algebra 2, ancora vuota.

Il punto era che, se non fossi stata così emotivamente a terra, non sapevo se sarei riuscita a compiere quel passo. Era un ragazzo adorabile e volevo stare con lui più di ogni cosa, ma avevo paura per il futuro. Ma se l'avessi rifiutato l'avrei perso in ogni caso.

«E quindi? Siete fatti l'uno per l'altra, è evidente. E poi non sei mica la prima che si innamora del proprio protetto.»

Vero, e infatti la maggior parte delle storie finivano male. Ma decisi di tenere per me quel dettaglio.

«E tu che mi dici?», le chiesi, decidendo che era arrivato il momento di affrontare l'argomento.

Mi fissò con la sua miglior espressione innocente. «Io?»

«Sì, proprio tu. Che combini con mio fratello?»

Aprì la bocca senza dire nulla, la richiuse e arrossì. «Cosa ti fa credere che ci sia qualcosa tra me e Jay?»

Alzai gli occhi al cielo. «Sei arrossita e, lasciatelo dire, sei patetica. Vi scambiate sguardi da carie, lui ti chiama "Lottie" e non ti perde di vista un secondo. Se n'è accorto perfino Cam, e sai che lui per queste cose è completamente cieco.»

«Fidati, non c'è nulla da dire. Ci conosciamo da una vita, probabilmente mi vede come una sorella.»

Le mie sopracciglia schizzarono verso l'alto. «Una sorella? L'anno scorso mi ha confessato di avere una cotta per te.» Ops. Avrei forse dovuto tenerlo per me?

Le si illuminarono gli occhi, anche se cercava di rimanere il più impassibile possibile. «Davvero ti ha detto questo?»

Annuii, contenta di averle dato un po' di speranza. Mio fratello a volte sapeva essere un idiota e non volevo che Charlie soffrisse a causa della sua incapacità di comunicare i propri sentimenti.

«Allie Darlen? Oh, mio Dio, Charlie! È da una vita che non ci si vede!», esclamò una voce femminile al mio fianco, sedendosi nel posto vuoto alla mia destra.

Mi voltai, rimanendo a bocca aperta nel vedere una ragazza dai lunghi e ricci capelli ramati e occhi scurissimi che ci sorrideva, accavallando elegantemente le lunghe gambe.

«Ronnie!», esclamai, sporgendomi ad abbracciarla. Era raro vedere uno dei miei vecchi compagni in giro per il campus.

«Il tuo protetto non doveva andare a Yale?», le chiese Charlie, abbracciandola a sua volta.

Veronica scoppiò a ridere. «Doveva. Era stato accettato, ma all'ultimo minuto gli hanno revocato la borsa di studio e così è finito qui. E io con lui.»

«Mi spiace», mormorai, posandole una mano sul braccio. Era la più intelligente di tutti noi, sapevamo quanto le sarebbe piaciuto andare in un college prestigioso, e il suo protetto era il suo lasciapassare.

Si strinse nelle spalle con noncuranza, ma sapevo che era tutta finzione. «Non è un problema. Ho capito che, a questo punto, un college vale l'altro. Posso essere intelligente anche qui, no?»

Sorrisi, pensando a quanto fosse ingiusta la vita. Ma dovevamo adattarci alle scelte dei nostri Umani.

«Stai in un dormitorio?», le domandò Charlie, ignorando apertamente il professore che era appena entrato in aula.

Ronnie annuì. «Anna ha dovuto fare non poche telefonate per trovarmi un posto, era giù tutto pieno. Anche Kevin sta in dormitorio, un suo amico lo ospita nella sua doppia fino a quando il suo vero compagno di stanza si farà vivo.»

Non ricordavo il nome del suo Umano e anche ora non mi veniva in mente nulla, anche se... Kevin...

«Kevin l'idiota che ti ha chiesto di toglierti il costume alla festa di Chloe Asher?», chiese Charlie a bocca aperta.

Ecco dove l'avevo già sentito.

«Eravate alla festa di Chloe Asher?», ribatté Veronica, spalancando gli occhi.

«Sì, ma siamo rimasti poco. Kevin ha rischiato di prendersi un pugno da Cam», spiegai, aprendo il quaderno sul banco anche se da lì in fondo non sentivo una parola di quello che stava dicendo il professore.

«Avevo sentito dire che aveva fatto il cretino, ma non sapevo foste coinvolte anche voi. Mi dispiace, Kevin non è proprio una persona facile da gestire.»

«Ma se tu sei in dormitorio e segui lezioni diverse dalle sue, come fai a tenerlo d'occhio?» A quanto pareva Charlie era entrata in modalità terzo grado.

«Beh, da distante. Siamo amici, ma lui tende a salutarmi solo quando è in compagnia di altri ragazzi. Quindi vado alle mie lezioni e poi lo seguo, stando attenta che non si faccia del male. E Josh dorme nella stanza accanto alla sua, mi aiuta lui.»

«Anche Josh è qui?»

Ronnie annuì con un sorrisetto. «Non siete state molto attente durante l'Estrazione, vero?»

Sorrisi imbarazzata, perché effettivamente ero così nervosa che avevo ascoltato solo i nomi dei miei amici.

«La protetta di Josh è Chloe», continuò lei, scoppiando a ridere non appena vide le nostre facce sconvolte.

Chloe, sul serio? Povero Josh, aveva sicuramente una bella gatta da pelare.

Ronnie si strinse nelle spalle. «Non è così male come sembra. In ogni caso, io tengo d'occhio Chloe per conto di Josh e lui ricambia il favore con Kevin, come sono sicura facciate anche voi ragazzi. Immagino che al momento i vostri protetti siano controllati da uno degli altri.»

Effettivamente, Cam e Seth erano rimasti a casa con Justin, mentre Amanda era da qualche parte con Emily e Rachel e Lucy con Jay a lezione di non sapevo cosa. Eravamo perfettamente organizzati, tutto il nostro tempo lo era: nessun Umano restava mai senza protezione.

«Comunque», esordì, posandomi una mano sul braccio e avvicinandosi ulteriormente «Tutto il campus parla di te e Cam, ma non sono riuscita a capire se le voci siano vere o false. Direi che è arrivato il momento di farmi un po' gli affari tuoi.»

Scoppiai a ridere, perché Ronnie non era di certo una che girava intorno al discorso. Dritta al punto, senza mezzi termini.

Stavo per rispondere quando sentii vibrare il cellulare che avevo appoggiato sopra al banco.

«Chi è?», mi chiese Charlie, cercando di sbirciare lo schermo sporgendosi su di me.

«Jay. Strano, dovrebbe essere a lezione», mormorai, prima di rispondere.

«Ehi, che succede?»

«Sei in aula?» Sentivo la rabbia a stento trattenuta nella sua voce. Cos'era accaduto?

«Sì, sono con Charlie, perché?»

«Esci subito, ti devo parlare.» E riattaccò.

Aveva riattaccato. Mi aveva chiuso il telefono in faccia sapendo benissimo quanto lo odiassi. Ma che gli prendeva?

«Che vuole?» Le sopracciglia di Veronica erano inarcate per la curiosità.

«Non lo so, mi ha detto di uscire. Credo mi stia aspettando.» Ma per dirmi cosa?

Charlie sospirò e Ronnie sbuffò, così mi alzai e raggiunsi l'uscita, dove lo trovai appoggiato alla porta con gli occhi che mandavano lampi.

«Non dovresti essere con Rachel e Lucy?» Se veniva meno ai suoi doveri di Custode, voleva dire che c'era qualcosa che non andava.

«Sanno cavarsela anche da sole, cosa che invece non si può dire di te. Cos'è che Anna ti proibisce di rivelarci?»

Lo fissai, senza parole. Come faceva a saperlo? Non l'avevo detto a nessuno!

Poi ci arrivai: Cam.

Cam doveva averlo raccontato a Seth mentre era presente anche Justin, che ovviamente non aveva esitato un secondo a chiamare il suo migliore amico, e quindi eccomi nei casini fino al collo.

Fantastico. Grazie, ragazzi.

«Chiedilo a lei», ribattei, intenzionata a mantenere il segreto.

Serrò la mascella, furibondo. «Credimi, l'ho già fatto. Mi ha detto che è molto delusa da te per aver lasciato trapelare questa informazione, e ancora di più da me per insistere nel cercare di sapere cose che non mi riguardano. Sei mia sorella, tutto ciò che ti succede mi riguarda! Se Anna non lo vuole capire, non mi interessa, ma almeno tu... perché non puoi essere sincera con me?» Era partita come una sfuriata, ma era diventata più... una supplica. Mi stava implorando di rivelargli cose che non potevo dirgli.

Mi avvicinai, prendendogli una mano tra le mie e chiedendogli con gli occhi di capire. Di capirmi.

«L'ho giurato, Jay. Ho giurato che sarei rimasta zitta.»

Lui si allontanò, facendo un passo indietro, amareggiato. Si allontanò da me. Fece più male quel piccolo gesto della pugnalata di quella mattina.

«Quindi ti fidi più di lei che di tuo fratello. Carino. Ti ho vista quando sei rientrata, eri sconvolta. Terrorizzata. Qualsiasi cosa ti sia successa, non è giusto che tu debba tenertela dentro e se Anna non lo capisce vuol dire che non tiene a te quanto ci tengo io. Ma questo lo sapevamo già, no? Quante altre cose ci stai nascondendo, Allie?»

Tante, troppe.

«Niente. Non vi sto nascondendo niente! Anna mi ha detto di non dirvelo per non farvi preoccupare, perché non è successo nulla! Sto bene, Jay, sul serio. Vedi qualche ferita, qualche livido? No, perché non è successo niente! Non vale la pena arrabbiarsi per una stupidaggine del genere, fidati di me. Non è successo nulla.»

Mi sentivo malissimo per quella bugia, ma che altro potevo fare? Non potevo certo rivelargli di essere stata quasi uccisa da un pazzo omicida, che sarebbe riuscito nel suo intento se non fosse stato per un nuovo mega dono che mi permetteva di guarire da ferite mortali.

Mi guardò per un istante senza dire una parola, gli occhi del colore dell'acciaio, prima di prendere un respiro profondo.

«Hai ragione», disse infine, senza distogliere lo sguardo da me «Non ne vale la pena.» E si voltò camminando così veloce che sembrava quasi stesse scappando, scappando da me.

Restai lì, in piedi, a fissare il punto in cui era pochi secondi prima, senza sapere cosa pensare.

Avrei forse dovuto dirglielo, tradendo la fiducia di Anna?

Anna. Lei mi aveva messo in quel casino e lei me ne avrebbe tirato fuori.

Composi il suo numero senza nemmeno pensarci.

«Allison?»

«Jay sa qualcosa», sbottai «Cam ha capito che c'era qualcosa che non gli stavo dicendo e io ero così sconvolta che mi è scappato che non poteva rivelargli niente perché me l'avevi proibito e lui l'ha detto a Justin, che l'ha detto a Jay. E ora è furioso con me perché gli ho mentito e non posso nemmeno dirgli la verità! Perché non posso dirglielo, Anna? L'hanno già capito che c'è qualcosa che non va, ho paura che adesso se la prendano con me perché glielo sto nascondendo.» Ero un fascio di nervi, gli occhi che mi traboccavano di nuovo di lacrime di frustrazione. Ma che mi prendeva? Io non piangevo mai!

«Calmati, tesoro, respira. Ti ho già spiegato perché non puoi rivelarglielo, me ne occuperò io. Mi inventerò qualcosa, l'importante è che tu non dica più nemmeno una parola al riguardo, intesi?»

Se ne sarebbe occupata lei. Quel tizio non sarebbe più tornato a cercarmi e sarebbe stato tutto normale. Sarebbe andato tutto bene.

«Ora vai a casa e stenditi, è stata una giornata molto impegnativa», continuò, addolcendo il tono «Chiamerò subito James e Justin per sistemare la questione. Quando starai meglio, chiamami, ho alcune cose da dirti. Ciao, Allison.»

Non avevo bisogno di riposarmi ed ero sicuramente troppo nervosa per riuscire a dormire. Ma non potevo nemmeno tornare in classe e fare finta che non fosse successo nulla, e tantomeno andare a casa e affrontare i miei amici.

Quindi mandai un messaggio a Charlie per dirle che me ne stavo andando e chiamai Cam per chiedergli di venirmi a prendere.

Neanche cinque minuti, la sua vecchia auto nera accostò davanti a me.

«Inizi già a saltare le lezioni?», mi chiese, abbracciandomi e aprendomi la portiera da vero gentiluomo.

«Jay mi ha fatta uscire con l'intenzione di farmi un terzo grado per sapere cosa ho giurato ad Anna di non dirvi, quindi a questo punto tanto valeva andarmene», spiegai, allacciandomi la cintura.

Si voltò verso di me, gli occhi verdi spalancati. «Come...?»

Avrei voluto essere arrabbiata con lui, ma non ci riuscivo. In parte perché non sapeva che mi avrebbe messa nei casini e anche per il semplice motivo che proprio non ce la facevo a prendermela con lui. Era più forte di me.

«Hai raccontato a Seth di noi?» Conoscevo già la risposta, ma volevo sentirlo da lui.

«Sì, ma Seth non avrebbe mai chiamato Jay.»

«Seth no, ma Justin sì.»

Imprecò piano, voltandosi brevemente a guardarmi. «Mi dispiace, Allie, sul serio. Non ho proprio pensato. Che stupido! Avete litigato?»

«Sì. No. Non lo so. Ma non preoccuparti, risolveremo.» Gli poggiai una mano sul braccio, cercando di fargli capire che non ce l'avevo con lui e sorrisi, ma era evidente che si sentiva in colpa.

«Vuoi tornare a casa subito?»

Scossi la testa, spostando lo sguardo fuori dal finestrino. A casa avrei rischiato di incontrare Jay o Justin e sarei stata costretta a dare loro spiegazioni che al momento non avevo.

«Che ne dici di andare al parco e poi a cena da qualche parte? C'è un ristorantino italiano fantastico non molto lontano da casa.» Aveva le labbra piegate in un sorriso tirato e mi sporsi per dargli un breve bacio.

Il suo sorriso si allargò ancora di più. «Lo prendo per un sì.»

Sorrisi anch'io di riflesso. Era tutto così semplice con lui.

Niente trucchi, niente giochetti, Cam sapeva quel che voleva e lottava per averlo.

Charlie aveva ragione, eravamo fatti per stare insieme. Dopotutto, chi meglio di me avrebbe potuto proteggerlo, capire fino in fondo le sue necessità? Mi rimproveravo solo di essermene accorta troppo tardi.

Osservandolo di sottecchi, pensai che ero veramente felice.

Ma avrei dovuto sapere che non eravamo destinati a durare.

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