5.2 Nuovi incontri

Cam

«Niente, scatta la segreteria», sospirò Jay, tornando in cucina.

Eravamo tutti seduti a tavola, tesi come corde di violino e preoccupati da morire.

Allie era sparita.

Se n'era andata senza dire niente a nessuno ed era da più di un'ora che provavamo a chiamarla senza risposta. Era sparita e nessuno sapeva dove fosse.

«Potrebbe essere andata in biblioteca, sapete quanto le piace leggere», provò a suggerire Amanda, gli occhi ancora leggermente arrossati per il pianto isterico di un quarto d'ora prima.

«Impossibile, non aveva ancora finito il libro che aveva iniziato», le rispose Charlie, scervellandosi su dove potesse essersi cacciata l'amica. Era stata lei ad accorgersi della sua sparizione, quando non si era presentata per pranzo. Aveva subito avvisato Jay, e improvvisamente i ragazzi della Jackson erano scattati sull'attenti, come se fosse chissà quale emergenza. Avevo provato a dire loro che probabilmente si era solo distratta a fare altro, ma si erano limitati a dirmi che non potevo capire e avevano iniziato a confabulare tra loro, tanto che avevo cominciato a preoccuparmi sul serio. Erano le due e mezza, ora, e di lei non c'era ancora traccia.

«Chiamo Anna», si decise Jay, il telefono ancora stretto tra le mani «La chiamo e le dico che Allie è sparita. Magari lei sa dov'è e, nel caso non lo sappia, ha sicuramente più risorse di noi per riuscire a...» Si interruppe, lo sguardo che saettava verso la porta che si stava socchiudendo lentamente.

Jay e Charlie balzarono in piedi come delle molle e, nel vederla lì davanti alla porta, immobile e pallida, fui invaso da un'ondata di sollievo. Ci avevano fatto preoccupare a morte per nulla. Allie stava bene.

Restammo così, fermi, a guardarci, finché non iniziò a tremarle il labbro inferiore e, anche se non l'avevo mai vista piangere, sapevo che non mancava molto prima che scoppiasse in lacrime.

Mi avvicinai e la abbracciai forte, stringendola ancora di più quando si aggrappò a me come se fossi l'unica cosa a tenerla ancora in piedi.

«Stai bene?», le sussurrai all'orecchio, senza farmi sentire dagli altri.

La sentii scuotere la testa contro il mio petto e decisi di non insistere oltre con le domande.

«Allie?», la chiamò Jay, il tono leggermente irritato.

Lei si staccò dal mio abbraccio e si asciugò una lacrima sfuggita al suo controllo, sorridendomi riconoscente.

«Mi spiace, ragazzi», mormorò «Non volevo farvi preoccupare. Volevo solo fare due passi e non mi sono resa conto di quanto tempo fosse realmente passato e a quel punto mi ero persa e... mi dispiace tantissimo. Ho lasciato qui la borsa e il cellulare, non potevo chiamare nessuno.»

Aveva il respiro leggermente affannato e aveva ancora gli occhi lucidi, così la abbracciai di nuovo, limitandomi a circondarle le spalle con un braccio e ad attirarla a me.

«Che ti è successo?», le chiese Charlotte, che ora sembrava esausta «Sei sconvolta.»

Allie provò perfino ad accennare un sorriso, ma le uscì una smorfia. «Ve l'ho detto, mi sono persa. Mi sono fatta prendere un po' dal panico.»

Tutti si limitarono ad osservarla, non sapendo bene cosa chiederle, e io avrei voluto dir loro di lasciarla in pace. Non vedevano che era a pezzi?

«Hai fame?», le chiese Justin, che a quanto pareva era l'unico ad essersi già ripreso dallo spavento «Possiamo fare dei panini.»

Scosse lievemente la testa, tenendo lo sguardo basso. «No, grazie. Vorrei solo andare a riposarmi un po'.» Si sciolse dalla mia stretta e si incamminò verso la sua stanza, chiudendosi accuratamente la porta alle spalle.

In soggiorno calò il silenzio. Nessuno osava dire una parola, mentre un'unica domanda ci tormentava: che diavolo era successo?

«Vado a parlare», annunciò Charlotte staccandosi dal gruppo, ma Jay la bloccò trattenendola per un braccio.

«Non ti dirà nulla. Cam, hai voglia di andare tu?»

«Cosa?» Indietreggiai di un passo, preso alla sprovvista. Non credevo proprio di essere la persona più adatta.

«Se ha intenzione di raccontare qualcosa a qualcuno, lo dirà a te. A noi di sicuro no», mi spiegò dolcemente, quasi stesse parlando con un bambino cocciuto.

«Non penso che...», tentai di nuovo, ma l'occhiata di Charlotte fu sufficiente a zittirmi. «D'accordo.»

Andai verso la porta e bussai piano, sentendo gli sguardi degli altri bucarmi le spalle.

Non ricevendo risposta, la socchiusi leggermente. «Allie? Posso entrare?»

«Sì.» Era poco più di un sussurro, proveniente dall'angolo della stanza nascosto dal letto di Lucy.

La raggiunsi, trovandola accovacciata a terra con le ginocchia strette al petto e il viso appoggiato ad esse. A vederla così, mi si strinse il cuore.

«Ehi» Mi inginocchiai davanti a lei, in modo da avere gli occhi all'altezza dei suoi.

«Non volevo piangere, prima. Non so perché l'ho fatto, io non piango mai», mormorò, evitando il mio sguardo.

Non capivo perché fosse ridotta in quello stato, ma mi sentii così impotente nel non poter aiutarla che mi sarei picchiato con le mie stesse mani, se solo fosse servito a qualcosa.

Mi lasciai scivolare accanto a lei, appoggiando la schiena al muro, ma stando ben attento a non toccarla, consapevole di star diventando un po' troppo appiccicoso.

Invece, con mia sorpresa, fu lei ad avvicinarsi, appoggiando la testa alla mia spalla, così la circondai con le braccia e la strinsi forte. Se avessi potuto, sarei stato così per sempre.

«Allie, cos'è successo realmente?» Non avevo creduto neanche ad una parola di quello che aveva detto.

La sentii irrigidirsi, ma non si staccò da me. «Non voglio parlarne.»

Rispettavo la sua privacy, l'avevo sempre fatto, ma mi stava facendo preoccupare.

«Dimmi almeno se è qualcosa di grave.»

«Ho detto che non voglio parlarne.»

«Non puoi o non puoi?»

Alzò il viso verso di me, sorpresa dalla mia domanda.

«Io...», cominciò, ma mi si fermò, incerta.

Non poteva. Non poteva rivelarmi dove fosse stata o cosa avesse fatto.

«Ho promesso ad Anna che non ne avrei fatto parola con nessuno», sussurrò, guardandomi con quegli enormi occhi grigi.

«Ti ha fatto del male?»

Un accenno di sorriso le incurvò le labbra. «Anna? No, è come una madre per me. Stai tranquillo, Cam, non è nulla di grave. Sono solo un po' stressata in questo periodo.»

Sorrisi e le accarezzai la guancia con il pollice, gustandomi la sensazione della sua pelle morbida sotto le dita.

«Sai cos'ho pensato la prima volta che ti ho vista, in quello squallido campo da basket?», mormorai dolcemente, cercando di distrarla «Che non avevo mai conosciuto una come te prima. Affronti la vita con il sorriso sulle labbra, hai sempre una parola di conforto per tutti e non ti lasci mai abbattere. Non ti rendi nemmeno conto di quanto tu faccia felici le persone che ti stanno intorno, vero? Ma è così, te lo posso assicurare. La mia vita è migliorata da quando ti ho conosciuta, non tornerei indietro per nulla al mondo. Prima eravamo solo io e Lucy e ora... guardaci. Grazie a te anche tutti i miei amici sono felici come non li ho mai visti prima. Ed è tutto merito tuo.»

Mi sentii arrossire ancora prima di finire di parlare e avrei voluto sprofondare, perché non arrossivo dalla prima media, quando mi ero versato addosso un bicchiere pieno d'acqua inzuppandomi il cavallo dei pantaloni e guadagnandomi l'appellativo di "Pisciasotto". Perché mi sentivo un completo idiota quando ero con lei?

Allie se ne stette in silenzio per un po', lo sguardo fisso a terra. Forse avevo sbagliato a parlargliene, forse non era quello che voleva sentirsi dire. Non da me.

«Penso dovresti andartene, Cam» Le parole le uscirono di bocca lentamente, sicure, e mi sentii morire.

Le avevo detto che sarei stato bravo, che avrei aspettato finché lei non avesse provato gli stessi sentimenti che provavo io per lei, ma, a quel punto, significava che avrei dovuto aspettare per sempre. Ed era un duro colpo sia per il mio cuore che per il mio orgoglio.

Mi riscossi, notando che mi stava ancora fissando, e mi alzai in piedi, asciugandomi le mani sudate sui jeans.

«Scusa. Hai ragione. Me ne vado.» Non sapevo come fosse possibile che la mia voce fosse così calma, come se fosse normale che la ragazza per cui avevo perso la testa mi chiedesse di andarmene subito dopo averle rivelato che mi rendeva felice, quando invece dentro di me era tutto vuoto. Morto.

Come avrei fatto a comportarmi come prima, dopo essere stato rifiutato così brutalmente? Avrei dovuto cercarmi un altro appartamento.

Dio, Lucy mi avrebbe ucciso.

Non disse nulla mentre raggiungevo la porta, scavalcando una pila di vestiti gettati a terra alla rinfusa che entrando non avevo notato.

«Cam.»

Avevo già la mano sulla maniglia quando mi chiamò e il mio cuore mancò un battito.

Stupida speranza.

«Che c'è?» Non mi voltai, tenendo il volto basso. Non sarei riuscito a guardarla in faccia senza rompere qualcosa, perché – era vero – non mi aveva mai detto che tra noi c'era qualcosa di più di una semplice amicizia, ma me l'aveva fatto intendere varie volte. Quindi no, la colpa non era solo della mia immaginazione.

«Te ne stai andando?»

Aveva pure il coraggio di prendermi in giro?

Mi decisi a guardarla, sentendo crescere la rabbia. Poteva prendersi gioco di me una volta, ma non due. Non gliel'avrei permesso.

«Me l'hai chiesto tu.»

«Ma è quello che vuoi?»

Finalmente si era alzata in piedi e riuscivo a vederla bene, dagli occhi arrossati ai calzini spaiati, uno nero e uno blu, come li portava sempre.

«Che diavolo vuol dire?»

«Vuoi che finisca così? Io che ti dico di andartene e tu che lo fai senza dire niente, come una marionetta?»

Non la seguivo. «Che finisca cosa, Allie? Non c'è mai stato nulla fra noi.»

«Forse no, ma io non me ne vado in giro ad abbracciare tutti i miei amici!»

Allargai le braccia, impotente. «Cosa vuoi che ti dica? Ti ho detto che mi piace trascorrere del tempo con te e mi hai praticamente cacciato! Se c'è qualcuno che ha dei problemi, sei tu, non io di sicuro!»

«Non posso continuare così, non ce la faccio più! Sei un bravo ragazzo, il migliore che abbia mai conosciuto, ma non posso darti quello che vuoi. Non saresti felice con me, te lo posso assicurare. Quindi... esci, ci sono una marea di ragazze pronte a sostituirmi.»

Feci un passo verso di lei, ancora arrabbiato ma intenzionato a portare a termine il discorso. Il danno ormai fatto, no? Tanto valeva farlo per bene.

«Nessuna può sostituirti, d'accordo? Non ci sarà un'altra Allie. Se mi dici che non mi vuoi, che non ti piaccio, va bene, me ne farò una ragione. Ma non usare la scusa del "non saresti felice con me". Non puoi scegliere tu al posto mio. Non può farlo Lucy, non può farlo Seth e tantomeno puoi farlo tu. Perché tu ne vali la pena, la vali eccome. Vali qualsiasi rischio. Non dico che sarà facile, ma ci potremmo provare. Se mi vuoi, sono qui. Sono sempre stato qui. Non vado da nessuna parte.»

Avevo il respiro leggermente affannoso per la foga con cui mi ero espresso, ma non avrei potuto essere più soddisfatto di me. Avevo detto esattamente quello che sentivo.

Eravamo a pochi centimetri di distanza, dovevo essermi avvicinato mentre parlavo, e lei mi stava fissando con gli occhi spalancati e le labbra leggermente socchiuse.

«Cam, io...»

«O sì o no, Allie. Non è così difficile.»

Non interruppe il contatto visivo, combattendo una silenziosa lotta interiore, finché non prese una decisione.

«Sì», sussurrò, così piano che temetti aver sentito male.

Il mio cuore fece una capriola. «Sì?»

Lentamente, sorrise, e il suo sguardo si spostò dai miei occhi alle mie labbra.

«Sì», ripeté, più decisa, colmando la poca distanza che ci separava.

Mai in vita mia un semplice bacio era stato tanto dolce.

Le sue labbra erano morbide, leggere come piume che si posarono sulle mie, dischiuse per la sorpresa. Ma mi ripresi velocemente.

La afferrai per i fianchi, tirandola più vicino a me, e affondai l'altra mano tra i suoi capelli. Finalmente.

Baciare Allie era come respirare: non mi sarei mai stancato di farlo.

«Dio, non pensavo ti saresti mai decisa», ansimai, ad occhi ancora chiusi.

«Non lo pensavo nemmeno io. Nel senso, lo vedevo già da un po' di tempo, ma stare con me non è... facile. Ma lo scoprirai presto da solo.» Mi diede un buffetto sulla guancia e fece per uscire, ma la bloccai afferrandola per un braccio.

«Dove credi di andare?»

I suoi occhi grigi luccicavano, completamente privi della tristezza che li riempiva fino a qualche attimo prima. «A mostrare agli altri che non sono totalmente uscita di testa.»

«Oh, no, tesoro, non uscirai di qui senza prima avermi dato un altro bacio.»

E, un secondo dopo, le sue labbra erano di nuovo sulle mie.

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