4.1 Convivenza
Cam
«Allora, di chi è il turno stasera?», chiesi, finendo di asciugare gli ultimi piatti appena lavati.
Abitavamo insieme da quasi un mese ormai e, per non fare arrabbiare nessuno, avevamo stabilito dei turni per qualsiasi cosa: per le pulizie, per buttare la spazzatura, per cucinare.
Per il momento la convivenza non aveva creato problemi a nessuno, anzi, andavamo ogni giorno più d'accordo.
«Non so più cosa cucinarvi, ragazzi, sul serio», sospirò Allie dalla poltrona accanto al divano, alle mie spalle «E se ordinassimo una pizza?»
Mi voltai a guardare i miei amici riuniti in salotto, Charlie con il naso immerso in un libro di anatomia e gli altri a guardare la tv.
«Piuttosto che rischiare l'avvelenamento come l'altra sera, per me va bene», commentai, sogghignando.
«Ehi!» Un cuscino volò nella mia direzione e Allie mi fissò con le sopracciglia aggrottate «Non avete rischiato l'avvelenamento.»
«Tesoro, la mozzarella era scaduta da tre settimane», mi supportò Amanda, la testa appoggiata alla spalla di Emily. Quelle due sembravano vivere in simbiosi.
«E pizza sia», dichiarò Jay, alzandosi in piedi e componendo il numero dell'unica pizzeria d'asporto nelle vicinanze. Non aveva bisogno di chiederci cosa volessimo, durante la sua prima settimana ai fornelli avevamo mangiato pizza ogni sera e ormai conosceva le nostre preferenze a memoria.
Lo guardai spostarsi verso la camera, cercando un po' di silenzio, mentre in soggiorno ricominciava il chiacchiericcio.
L'appartamento che avevamo trovato era molto carino, anche se forse un po' piccolo per dieci persone: c'erano tre camere da letto, una grande sala giorno con un piccolo angolo cottura addossato alla parete e due bagni; pensavo che le ragazze avrebbero impiegato ore a decidere come dividersi nelle camere, e invece ci avevano stupiti: Charlie, Allie e Lucy avevano preso una tripla, lasciando a Rachel, Amanda ed Emily l'altra e a noi ragazzi la quadrupla.
Ero stato molto felice di questa decisione, sia perché in questo modo i gruppi si erano mescolati ulteriormente, sia perché Lucy stava legando sempre di più con Allie, e a vederle insieme mi si stringeva il cuore.
L'affitto non era costoso, perché la casa era piccola e un po' fuori dalla cittadina universitaria, giusto una quindicina di minuti a piedi. Quindi, tutto sommato, eravamo soddisfatti e fino a quel momento nessuno aveva avuto di che lamentarsi.
«Le pizze arrivano tra venti minuti», ci comunicò Jay, tornando in soggiorno e sedendosi di fianco a Charlie sul divano.
«Ottimo, sto morendo di fame», mormorò Rachel, sfregandosi le mani e appoggiandosi completamente al fianco di Justin, che la strinse a sé.
Ci si mettevano anche loro due, ora?
Mi avvicinai alla poltrona ed Allie si fece automaticamente di lato per farmi sedere. Avevamo due divani e una poltrona, non c'era posto per tutti, e da quando Allie aveva rivendicato quest'ultima come sua proprietà, il primo giorno, era diventata anche mia.
Mi sedetti su un lato di essa, poi sollevai Allie per i fianchi e la appoggiai sulle mie ginocchia mentre mi mettevo comodo. Notai che Seth mi stava guardando, ma lo ignorai; erano settimane ormai che mi diceva che avrei dovuto baciarla – o, secondo lui, portarla a letto – e farla finita con quella sceneggiata.
Lei si appoggiò al mio petto e avvicinò il viso al mio. «Se avessi voluto avvelenarvi, avrei trovato metodi più efficaci», sussurrò al mio orecchio, e faticai a trattenere un brivido.
«Lo so, è per questo che ho paura», le sorrisi di rimando.
«Ehi, piccioncini, ci aiutate a preparare per la cena?», ci chiese Seth, appoggiato al tavolo, mentre gli altri aprivano le mensole della cucina per poi richiuderle senza tirarne fuori niente.
Accidenti, stavo perdendo il controllo della situazione: ero così preso da Allie che non mi ero nemmeno accorto si fossero spostati.
«No, è compito di Charlie», rispose Allie, senza muoversi di un millimetro.
«E il tuo è di cucinare, ma prendiamo una pizza!», ribatté la diretta interessata mentre stendeva la tovaglia.
«Basta solo mettere i bicchieri, Lottie, la pizza la mangiamo sui cartoni», le disse Jay, passandole accanto e scompigliandole i capelli.
Lottie? A parte Allie, che lo faceva comunque raramente, nessuno la chiamava così.
«Sì, beh, grazie per l'aiuto», borbottò, avvicinandosi di nuovo alla dispensa.
«Ma quei due stanno insieme?», chiesi sottovoce ad Allie, che a sua volta li stava osservando con attenzione.
«Non lo so», mi rispose, senza staccare gli occhi dal fratello «Sono quasi sicura che Jay abbia avuto una cotta per lei, tempo fa, ma pensavo gli fosse passata. Dovrò fargli un discorsetto.»
Poveri loro. I "discorsetti" di Allie consistevano nel sedersi l'uno di fronte all'altra mentre lei ti elencava tutti i motivi per cui la cosa che stavi facendo fosse sbagliata. In qualsiasi modo ci si potesse difendere, la conversazione sarebbe finita con una pacca sulla spalla da parte di Allie e il morale a terra dell'interessato. Era una ragazza molto saggia, ma a volte avrebbe dovuto farsi semplicemente gli affari suoi.
«Lasciali in pace, per una volta. Chiedi a tuo fratello se prova qualcosa per Charlie, oppure chiedilo direttamente a lei. Non passare subito alle maniere forti.»
Riportò lo sguardo su di me, aggrottando le sopracciglia, confusa. «Le parole non sono mai maniere forti.»
Sorrisi, perché era troppo tenera. Gesù, ormai ero veramente perso per lei.
«Allie, i tuoi discorsetti fanno a pezzi le persone. Le tue argomentazioni sono così solide che non c'è neppure modo di difendersi.»
Mi diede un pugno scherzoso sul petto. «Non è vero! Non è colpa mia se non riuscite a trovare motivazioni a sostegno della vostra tesi.»
A volte mi chiedevo perché avesse scelto di diventare insegnante, quando avrebbe potuto diventare un ottimo avvocato.
«Pizze!», annunciò Lucy, saltando giù dalla sedia e fiondandosi fuori dalla porta, diretta al piano di sotto.
L'edificio era diviso in due appartamenti, di cui noi occupavamo quello al piano superiore, mentre quello inferiore era ancora vuoto.
Allie si alzò con un sospiro, tendendomi entrambe le mani per aiutarmi a fare lo stesso.
«Ehi, quello era il mio bicchiere!», sbraitò Rachel a Seth, che stava ancora bevendo.
«Davvero?» Si asciugò la bocca con il dorso della mano e lo riappoggiò dove lo aveva trovato «Mi spiace. Tranquilla, sono sano come un pesce.»
«Io non ci bevo più lì, adesso! Dammene uno pulito.»
Rachel era una maniaca dell'igiene.
«Non ce ne sono più», intervenni, raggiungendoli al tavolo «Sono ancora tutti da lavare.»
Se gli sguardi avessero potuto uccidere, mi avrebbe ridotto ad un mucchietto di cenere. «Dovevi solo lavare le stoviglie, Cam, non era un lavoro particolarmente difficile. Possibile che nessuno riesca a fare quello che gli è stato assegnato?», ringhiò, gli occhi ridotti a due fessure.
Mio Dio, quante storie per un bicchiere.
«Prendi il mio che è pulito», le dissi, piazzandoglielo davanti e togliendole dalle mani quello in cui aveva bevuto il mio amico «Ci bevo io, qui.»
Non sembrava soddisfatta, però non disse nulla e si sedette con un piccolo broncio. Justin le circondò le spalle con un braccio e le sussurrò qualcosa all'orecchio, al che sorrise e scosse la testa.
«Vado ad aiutare Lucy con le pizze», esordii, notando che mia sorella non era ancora tornata. Forse era in difficoltà nel pagare e trasportare dieci pizze.
Ovviamente nessuno mi diede risposta tranne Allie, che mi sorrise e poi si avvicinò ad Emily per dirle qualcosa. Uscii con la loro risata nelle orecchie.
«Cam!» Lucy stava salendo le scale di corsa, alcune ciocche scure sfuggite dallo chignon che le ricadevano sul viso «Hai per caso cinque dollari? Non ha da darmi il resto.»
Avevo lasciato il portafoglio in appartamento, ma di solito avevo sempre qualche spicciolo in tasca, per le emergenze.
«Certo, tieni.»
«Grazie. Vieni a darmi una mano?»
La seguii al piano di sotto, dove ci stava aspettando il fattorino.
«Ehi, Cam!», mi salutò quest'ultimo.
Lo guardai meglio, cercando di capire chi si nascondesse sotto il ridicolo cappellino rosso della pizzeria.
«Tom! Scusami, non ti avevo riconosciuto», esclamai, andando a dargli una pacca sulla spalla.
«Come te la passi?»
«Non mi lamento. Tu, invece? Non ti ho ancora visto in giro per il campus.»
Scosse la testa con un sorriso triste. «Non ho una borsa di studio come voi, faccio due lavori per pagare le rette e le lezioni le frequento quando posso.»
Guardai Lucy, sicuro che stesse pensando quello che pensavo io: due delle tre borse di studio che la nostra scuola offriva, le avevamo prese noi; io per lo sport e Lucy per i suoi voti alti. Avevamo tolto la possibilità di frequentare il college a molti nostri compagni e, anche se ce l'eravamo guadagnata, ci sentivamo entrambi un po' in colpa.
«Ragazzi, per quanto possa essere piacevole parlare con voi dei tempi passati, devo proprio andare», sospirò Tom, passandomi l'alta pila di cartoni e dando il resto a Lucy «Vi auguro una buona serata.»
«Anche a te, Tom. Forza, gli altri si staranno chiedendo che fine abbiamo fatto», mi incitò mia sorella, quasi trascinandomi per un braccio.
«Finalmente! Stiamo morendo di fame», esclamò Seth appena rientrammo.
«Il ragazzo delle pizze era Tom, ci siamo fermati un secondo a parlare», si giustificò Lucy, scrollando le spalle.
Appoggiai le pizze sul tavolo, iniziando a distribuirle.
«Tom? Lo stesso Tom della festa da Maya?», continuò Seth, cercando il contatto visivo con mai sorella.
Festa da Maya? Di cosa stavano parlando?
«Seth», lo richiamò lei, quasi sibilando il suo nome. Conoscevo quel tono, era quello che usava per dire "zitto o ti ammazzo".
«Ehi, ehi, ehi, frena. Lucy, a cosa si riferisce, di preciso?» Inchiodai gli occhi nei suoi, intenzionato a sapere ogni dettaglio di quella storia.
Lei minimizzò con un gesto della mano. «Ma niente. Ad una festa ci siamo un po' divertiti, tutto qua.»
Un po' divertiti? Quell'idiota si era "un po' divertito" con mia sorella e con me si comportava come se niente fosse? E perché diavolo io non lo sapevo e Seth invece sì?
«Mi stai dicendo...», cominciai, stringendo i pugni dalla rabbia.
«Che non sono affari tuoi», mi interruppe Allie, posandomi da dietro le mani sui fianchi e sporgendosi sulla mia schiena per darmi un bacio sulla guancia.
Non l'avevo sentita avvicinarsi, ma era sicuramente riuscita a distrarmi.
«E ora siediti e mangia, che siamo tutti affamati e non abbiamo voglia di sentire le tue sfuriate da fratello geloso», continuò, facendomi l'occhiolino e accomodandosi al mio fianco.
Fratello geloso, eh? Avrei voluto vedere la reazione di Jay quando gli aveva detto che sarebbe uscita con me per la prima volta.
Incrociando il suo sguardo, seduto di fronte a me, mi sorrise e capii che stava pensando esattamente la stessa cosa.
Era inutile: proteggere le nostre sorelline sembrava essere più forte di noi.
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