3.2 Decisioni

Cam

«E così le ho detto: allora dovresti farti un trapianto facciale, piccola!», esclamò Brad al mio fianco, facendo scoppiare a ridere tutti i presenti.

Doveva essere stata una bella battura, considerata l'ilarità che aveva scatenato, ma non avevo prestato attenzione. Ero troppo impegnato a pensare ad Allie.

Allie. In bikini. A casa di Chloe Asher.

Non sapevo se essere terribilmente eccitato o spaventato all'idea.

«Ehi, amico, è arrivata la tua ragazza», commentò Brad dandomi una gomitata.

La mia testa si voltò verso destra di propria iniziativa ed eccola là che, affiancata da Charlotte e da Amanda, affrontava la cattiveria pungente di Chloe con un sopracciglio inarcato e un sorriso beffardo sulle labbra.

Si erano già tolte i vestiti, restando in costume, ed erano bellissime, tutte e tre. Ma Allie... Allie era una visione.

L'altra volta l'avevo vista con un pezzo intero ed ora che era in bikini ero contento non se lo fosse già messo già quel giorno, altrimenti l'avrei baciata prima ancora di andare in acqua e addio discorso.

«E questa è casa mia, capito?», sentii Chloe sbraitare «E proprio non capisco cosa ci facciate qui, dato che non vi conosco!»

Il sopracciglio già inarcato di Allie schizzò, se possibile, ancora più in alto. «Non ti ricordi di me? Così ferisci i miei sentimenti. In ogni caso, siamo state invitate.»

Chloe si posò una mano sul fianco. «Ah, sì? E da chi?»

Feci un passo avanti e mi misi di fianco a lei, che inizialmente mi guardò come se fossi andato a salvarla da quella situazione.

«Li ho invitati io, Chloe. Spero non ti dispiaccia.»

Inorridì e spostò lo sguardo da me ad Allie, che non appena mi aveva visto si era aperta in un enorme sorriso.

«Beh, allora... avresti dovuto chiedermelo, ma va bene. Vedete però di non fare casini, okay?» Si voltò di scatto, l'alta coda di cavallo che sferzò l'aria a un centimetro dalla mia faccia, e se ne andò tenendo alto il mento.

Ci fu un attimo di silenzio prima che scoppiassimo tutti a ridere, mentre le salutavo abbracciandole. Quando fu il turno di Allie, la strinsi un po' più forte.

«I ragazzi sono andati a cercare parcheggio», mi spiegò Amanda, alzandosi in punta dei piedi per cercare di scorgere la chioma bionda di Emily al di sopra della massa di persone accalcate alle nostre spalle.

«Gli altri sono dentro a giocare ad obbligo o verità, se volete», dissi, rispondendo alla silenziosa domanda negli occhi di Charlotte.

«Obbligo o verità?» Allie fece una smorfia «Esiste ancora?»

Ridacchiai e le circondai le spalle con un braccio mentre ci incamminavamo verso il soggiorno. «Purtroppo sì, ragazza mia.»

«Dai, Allie, non hai nulle da nascondere! Puoi benissimo unirti ai giochi», commentò Charlie con un sorrisetto «Oh, ecco Jay e Justin.»

Li salutai con una pacca sulla spalla e notai con piacere che, nonostante si fosse accorto che stavo praticamente abbracciando sua sorella, Jay non fece alcun commento e il suo sguardo non indugiò su di noi più a lungo del necessario.

Entrammo tutti insieme nell'immenso soggiorno e ci unimmo al cerchio di persone sedute sul pavimento, quattro delle quali balzarono in piedi per salutare i nuovi arrivati.

Dopo un breve giro di presentazioni ci sedemmo con loro, anche se era l'ultima cosa che volessi fare. Odiavo quel gioco, tirava fuori il peggio delle persone, tra cui segreti di cui non avrei mai voluto venire a conoscenza.

«Dobbiamo farlo per forza?», sussurrò Allie al mio fianco, senza distogliere lo sguardo dal centro vuoto del cerchio. A quanto pareva, odiava quel gioco tanto quanto me.

«Certo che no. Basta che tu me lo dica e ce la filiamo da qualche altra parte.»

Inclinò la testa verso di me, le sopracciglia aggrottate, come se stesse prendendo in considerazione la proposta. «E abbandonare gli altri a loro stessi? Charlie dà prova di tutta la sua cattiveria quando gioca.»

Anche Lucy lo faceva, ma ormai era abbastanza grande da sapersela cavare da sola.

«Cam», intervenne una vocina stridula dritta di fronte a me che apparteneva a Claudia Jhons, la migliore amica di Chloe, e in quell'istante capii che quel gioco non poteva che finire in un solo modo: terribilmente male.

«È il tuo turno. Obbligo o verità?», mi chiese con un sorriso innocente.

Come potesse essere già il mio turno non mi era chiaro, ma piuttosto che essere obbligato a fare qualcosa da quell'ochetta smorfiosa avrei preferito rivelare i miei più sordidi segreti.

«Verità.»

Tutti gli altri se ne stettero in silenzio, aspettando di sentire cosa mi avrebbe chiesto, ma lei non sembrava avere fretta, tamburellandosi la guancia con un lungo dito.

«Oh, ci sono. Quante delle presenti ti sei fatto?»

Sentii lo sguardo di Allie bruciarmi il viso mentre percorrevo la stanza con lo sguardo. «Qui o in tutta la casa?»

Un sorrisetto cattivo le increspò le labbra. «Qui dentro sarà più che sufficiente.»

«Non mi sono portato a letto nessuna delle presenti. Se invece intendi ragazze che ho baciato, allora due. Tre con te, Claudia, nel vialetto di casa tua quella volta che i tuoi erano andati a trovare tua nonna.» Con lei ero proprio caduto in basso.

Varie risate scoppiarono da parte dei miei compagni di squadra mentre lei avvampava.

«E tu, Claudia? Quanti te ne sei portata a letto?», continuai.

Mi fulminò con lo sguardo. «Non è il mio turno.»

«È vero, è il turno di Allie!», esclamò qualcuno che non riuscii a identificare.

«Obbligo», rispose lei, senza esitare nemmeno un secondo.

Non riuscii ad impedire alle mie sopracciglia di inarcarsi. Ci voleva un bel coraggio per scegliere obbligo con degli sconosciuti.

Il ragazzo che aveva parlato prima, che riconobbi essere Kevin Beckett, percorse con lo sguardo tutto il suo corpo. Non ne sarebbe venuto fuori nulla di buono.

«Ti obbligo a togliere il pezzo sopra di quel bel costume.»

Scattai in piedi un secondo prima di Jay, mentre da parte degli altri si levavano commenti inorriditi. Non ci eravamo mai spinti tanto in là, il massimo era stato obbligare qualcuno a baciare qualcun altro. Aveva decisamente superato il limite.

«Ti ha dato di volta il cervello, imbecille?»

Lui mi guardò, per nulla turbato. «Ehi, amico, ha deciso lei di giocare. Deve rispettare le regole.»

«'Fanculo, Kevin. Noi ce ne andiamo.»

Tesi una mano ad Allie per aiutarla ad alzarsi e uscimmo, seguiti dagli altri.

«Mi spiace, ragazzi, ve l'avevo detto che non avrei dovuto giocare», si scusò Allie, la testa bassa per evitare i nostri sguardi.

«Non è stata colpa tua», intervenne Seth «Kevin è un coglione. È stato fortunato che Cam avesse una bella giornata, altrimenti adesso si ritroverebbe con un bel cazzotto stampato in faccia.»

Sollevai appena un angolo della bocca. Non ero una persona violenta, ma Kevin riusciva a farmi uscire di testa, e aveva osato fare commenti su mia sorella qualche volta di troppo. A quanto pareva, però, non aveva imparato la lezione.

«E così... tre ragazze, eh?» Le sopracciglia perfettamente arcuate di Charlotte erano inarcate, mentre un sorrisetto le aleggiava sulle labbra.

«Sono acqua passata.» Non sapevo perché mi sentissi in imbarazzo, non avevo fatto nulla di male, dopotutto.

«Decisamente», commentò mia sorella, osservandosi accuratamente le unghie «Non degni di uno sguardo una ragazza da quando hai conosciuto Allie.»

La fulminai con lo sguardo, ma sembrò non accorgersene.

«Alla fine avete trovato quell'appartamento per il college che cercavate quando vi abbiamo conosciuto?», corse in mio soccorso Seth, cambiando argomento prima che la situazione diventasse veramente imbarazzante.

Charlie scosse la testa. «No, purtroppo sono case o troppo piccole o troppo grandi. Vicino al college ci sono più che altro case affittabili da un minimo di sette persone, oppure miniappartamenti con due posti letto. Volevamo stare tutti insieme, ma a questo punto penso dovremo dividerci.»

Riconobbi la luce negli occhi di Seth ed ebbi quasi paura di quello che stava per dire, mentre spostava lo sguardo su di me.

«Cam, non avevamo parlato anche noi di prenderci un appartamento tutto nostro? Tanto tu e Lucy non potete rimanere a casa di vostra zia ancora a lungo, e Emily e Rachel si erano dichiarate d'accordo al trasferimento, se non fosse stato troppo costoso.»

Le due annuirono in conferma e iniziai a capire dove volesse arrivare.

«Noi siamo cinque, loro sono cinque. Prendiamo una casa tutti insieme, divideremmo spese e affitto e non verrebbe a costare chissà quanto», continuò.

Mi grattai la nuca, pensieroso. Non era che non volessi andare a stare con loro, ma dicendoglielo così non dava loro molta possibilità di scelta.

«Io ci sto.»

Mi voltai di scatto, a bocca aperta.
Allie, la mia Allie, era stata la prima ad accettare la folle idea di Seth.

«Perché no, si può fare. Ci divertiremo», sorrise Amanda, mentre gli altri annuivano entusiasti.

Ero esterrefatto. Sarei andato a vivere nella stessa casa di Allie.

Non sapevo se l'idea di Seth sarebbe stata la mia fortuna o la mia rovina, ma lo avrei scoperto presto.

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