2.3 Conoscenti (pt.2)
Mentre ci avvicinavamo all'acqua, iniziò a spiegarmi cosa aveva in mente. «Dobbiamo dirigerci a nuoto fino a quella roccia dalla forma strana, la vedi? Ci passeremo sotto.»
Lo guardai, convinta di aver capito male. «Dobbiamo passare sotto una parete di roccia?»
«Esatto, c'è un passaggio. Non preoccuparti, si tratta solo di qualche secondo e ti trascinerò avanti io.»
L'idea non mi faceva impazzire, ma sembrava così convinto che non me la sentii di contraddirlo.
«Cam! Caaam!», strillò una voce alle sue spalle.
Ci voltammo e lo sentii imprecare sottovoce mentre guardava avvicinarsi una bionda in bikini nero con un fisico mozzafiato. Non che potessi lamentarmi, ma avrei ucciso per un corpo così.
«Non sapevo saresti venuto qui!», continuò non appena ci raggiunse, ignorandomi apertamente «Avresti potuto dirmelo, saremmo venuti insieme.»
L'espressione di Cam non cambiò mentre mi circondava le spalle con un braccio e mi attirava leggermente a sé. «Come vedi, Chloe, sono già in compagnia di qualcun'altra.»
Chloe sembrò finalmente accorgersi di me e strinse gli occhi a fessura mentre mi squadrava dalla testa ai piedi.
«Tu devi essere Allie», concluse, aggrottando le sopracciglia.
Sbattei le palpebre, stupita: non pensavo che Cam avesse parlato di me ai suoi amici.
«Non sapevo che i costumi interi fossero tornati di moda, a meno che non si abbia un po' di pancetta da coprire», commentò sarcastica, tornando a guardare Cam.
«È di mia sorella.»
Arrossì fino alla punta delle orecchie. «Beh, Lucy può portare di tutto, lei sta bene con qualsiasi cosa.»
«Anche Allie può, e se anche non potesse non mi pare siano affari tuoi. Ci vediamo a scuola, Chloe.»
Lei restò immobile a fissarlo a bocca aperta finché non ci voltammo. Quasi mi dispiaceva per lei.
«Che ti ha fatto quella ragazza?», gli chiesi non appena ci fummo allontanati abbastanza.
«Che mi ha fatto? È crudele. Ha sempre pronto un commento acido da fare su chiunque e a me non sta bene.»
Restai in silenzio, senza sapere cosa dire. Anche se era una faccenda stupida, mi aveva difesa. Era stato gentile.
Ma tutto questo passò in secondo piano non appena misi un piede dentro l'acqua: era gelida.
«Pronta? Dobbiamo lanciarci subito se non vogliamo rimanere bloccati qui a congelarci.»
Annuii, sapendo che aveva ragione. Se avessi voluto, avrei potuto adattare l'acqua intorno a me alla mia temperatura corporea, ma Cam se ne sarebbe accorto di sicuro e non avrei saputo come spiegarglielo. E poi l'esperienza avrebbe perso metà del divertimento se avessi imbrogliato.
Gli afferrai la mano e sentii le sue dita intrecciarsi alle mie. «Andiamo.»
Partimmo di corsa, gettando schizzi ovunque, sotto gli sguardi increduli degli altri – pochi – coraggiosi che si stavano godendo le prime giornate calde.
Quando l'acqua mi raggiunse il collo, mi permisi di rabbrividire.
«È freddissima», balbettai, i denti che battevano così forte da rendermi difficile persino parlare.
Lui, invece, era perfettamente a suo agio. «Lo so, ma non devi pensarci. Devi muoverti, è l'unico modo per riuscire a scaldarti.»
Certo, lo sapevo, ma era dannatamente difficile muoversi quando facevo così freddo.
«Iniziamo la nuotata, che ne dici? A chi arriva prima alla boa?»
Non me lo feci ripetere due volte e partii, guadagnando fin da subito un discreto vantaggio.
La boa era lontana, quindi dovevo risparmiare le energie, ma non potevo nemmeno andare troppo lentamente. Ero così concentrata nel dosare la forza e così convinta di vincere che, quando toccai la boa per riprendere fiato, non mi ero nemmeno resa conto di quanto vicino mi fosse stato Cam per tutto il tempo.
«Sei veloce», ansimò «Non l'avrei mai detto.»
Mi strinsi nelle spalle e sorrisi. «Mi è sempre piaciuta l'acqua, da piccola andavo sempre in piscina con Jay sotto la supervisione di Anna o di uno degli altri assistenti. Anche tu però non scherzi.»
«Avrei dovuto stracciarti, visto che sono capitano della squadra di nuoto della scuola.»
Ed ecco spiegati i muscoli.
«Non lo sapevo.» O meglio, l'avrei saputo, se solo avessi letto il fascicolo su di lui che mi aveva dato Anna. Ma avevo deciso che sarebbe stato molto meglio imparare a conoscerlo, come se il nostro incontro fosse stato una cosa casuale e non dettato dal destino.
Sorrise anche lui e gli si formarono due fossette sulle guance. «Certo che no, ci conosciamo da pochi giorni. Hai ripreso abbastanza fiato?»
Annuii e mi staccai stalla boa, lasciando che l'acqua mi tenesse a galla.
«Seguimi.»
Costeggiando la parete in roccia l'acqua diventò – se possibile – ancora più gelida, ma cercai di non lamentarmi.
«Eccoci, guarda come la parete si deforma in questo punto. Chiudi gli occhi, stringimi forte la mano e lasciati condurre avanti, durerà solo qualche secondo. Fidati di me.»
Non esitai nemmeno un secondo. «Mi fido. Andiamo.»
Mi rivolse un sorriso enorme, mi strinse la mano e si immerse, trascinandomi con sé.
Avrei potuto aprire gli occhi e vedere dove mi stesse portando, ma avrei rovinato parte dell'esperienza. In quel momento, in balia dell'oceano e di Cam che mi trascinava dolcemente avanti, era come essere alla deriva.
Mi sentii risalire molto prima di quanto volessi. L'aria fredda mi sferzò il viso e mi costrinse a prendere un respiro profondo mentre mi toglievo l'acqua dagli occhi.
Quando li aprii, restai senza fiato.
Cam aveva scoperto un'insenatura nella roccia, da cui si aveva un'ampia visuale dell'intero lago: alcuni raggi di sole riuscivano a infiltrarsi all'interno, rendendo l'atmosfera calda e accogliente. L'acqua era profonda, ma sul lato destro dell'insenatura la roccia non era stata scavata abbastanza e c'era il posto sufficiente per una persona sdraiata. Era assolutamente stupendo.
«Wow, Cam, è...»
Il suo sorriso avrebbe potuto far impallidire il sole. «Non ci sono parole per descriverlo, non è vero? L'ho scoperto per caso e da allora ci vengo sempre. È un posto tranquillo che conosco solo io, perché nessuno sano di mente si spingerebbe così al largo, perfetto per quando voglio stare un po' da solo. Il rumore dell'acqua che scorre mi rilassa.»
Si issò sopra la roccia, facendo attenzione a non scivolare, e mi tese una mano per aiutarmi a salire. Non c'era spazio sufficiente per sdraiarci entrambi, quindi ci sedemmo con la schiena appoggiata alla fredda e nuda parete e le gambe a penzoloni nell'acqua.
«Chi altro sa di questo posto?», gli chiesi, voltandomi a guardarlo. La sua pelle bagnata sembrava luccicare.
Evitò il mio sguardo, imbarazzato. «Lucy sa che esiste, ma non c'è mai venuta perché non sa nuotare molto bene. Sei la prima che porto qui.»
Mi sentii arrossire, anche se non ce n'era motivo. «Che onore.»
Calò di nuovo il silenzio e arrossii ancora di più, perché era una situazione imbarazzante: io non sapevo come colmare il silenzio e lui se ne stava muto come un pesce e con la testa bassa, evitando accuratamente di guardarmi.
«Voglio essere sincero», disse ad un certo punto, alzando gli occhi e puntandomi nei miei. «Tu mi piaci, ma non nel senso comune del termine. Cioè, sì, ma non solo. Sei diversa da tutte quelle che ho conosciuto, tu... sei perfettamente a tuo agio in qualsiasi situazione, perdi la calma per un nonnulla e poi chiedi scusa, ed è come se non fosse mai successo. Ti conosco solo da un paio di giorni, ma mi sembra siano anni e so che probabilmente sto correndo troppo, ma voglio essere il più sincero possibile con te perché non voglio rovinare tutto. Quindi ti dico esplicitamente come stanno le cose per me: non sono alla ricerca di storielle e sento che tra noi potrebbe nascere un'amicizia di quelle che non finiscono mai e so che sembro dannatamente fuori di testa, ma quando sono con te mi sento completo, non so, mi sento... a casa. Continuerò a chiederti di uscire, ma come amici, e non farò le cose in fretta, ma lascerò che sia il tempo a decidere come andrà tra di noi. Quindi... non considerare le prossime uscire come degli appuntamenti, okay? Sempre che tu voglia ancora uscire con me, ovviamente.»
Pronunciò tutto il discorso senza quasi mai riprendere fiato e quando concluse era paonazzo, non sapevo se per l'imbarazzo o per la mancanza di ossigeno.
In ogni caso, ero esterrefatta.
Non mi sarei mai aspettata delle parole del genere da uno come lui, capitano della squadra di nuoto e ragazzo più popolare della scuola. Era fuori dallo schema.
Sicuramente c'entrava il nostro legame Nephilim-Umano, ma non poteva influire fino a quel punto. O almeno così credevo.
«Io... non so che dire», sussurrai, terrorizzata dall'idea di rovinare tutto.
«E allora non dire nulla. Dì solo che ci sarai.» I suoi occhi verdi brillavano più splendenti che mai mentre mi guardava fiducioso.
Non specificò dove voleva che ci fossi, ma capii che lo intendeva nel senso più generale del termine: mi voleva nella sua vita, sempre. E quella consapevolezza mi scaldò il cuore, tanto quanto le dita che erano ora intrecciate alle mie.
Non sapevo chi avesse preso per mano chi, ma non mi importava: era giusto che fossimo così, uniti.
Ricambiai la stretta e, mentre incollavo gli occhi ai suoi, capii che la mia sarebbe stata una promessa per la vita.
«Sì, ci sarò.»
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