2.3 Conoscenti (pt.1)
Allie
«Quando avevi intenzione di dirmi che hai un appuntamento con Cam, sorellina?»
Sobbalzai e mi portai una mano al cuore, che batteva all'impazzata.
Avevo appena aperto la porta della stanza per uscire e me l'ero trovato lì, appoggiato con la schiena al muro come se spiarmi fosse la cosa più naturale del mondo.
«Dio, Jay, mi hai fatto prendere un colpo.» Mi voltai lentamente a guardalo, aspettandomi di vederlo arrabbiato, invece era tranquillissimo, le braccia incrociate sul petto e il cappellino da baseball bianco e azzurro che gli aveva regalato Charlie con la visiera calata sugli occhi.
«Quindi... Cam?»
Alzai gli occhi al cielo. Avevo espressamente vietato alle mie amiche di raccontarglielo. «Non è un appuntamento, Jay.»
Da quando avevo ricevuto il messaggio, lo avevo ripetuto così tante volte che avrei fatto prima a tatuarmelo in fronte.
«Certo che non lo è», rispose, prendendomi alla sprovvista «ma non manca molto prima che ce ne sia uno. Lui è interessato a te e tu, probabilmente non te ne rendi nemmeno conto, sei interessata a lui. La domanda è: lo sei da un punto di vista sentimentale o vuoi solo conoscerlo meglio, essendo il tuo protetto? Perché, se la risposta è la seconda, stai attenta a non illuderlo: è un Umano, non può capire cosa ci sia dietro ad un tuo apparente interesse. Se, invece, ti interessa sul serio, ed intendo sul serio, stai doppiamente attenta: le storie tra Nephilim e Umani non vanno mai a finire bene, lo sai. So che è una tua scelta e che non spetta a me influenzarti, e so che hai già fatto questo discorso a Charlie l'altra sera, ma... ecco. Volevo solo essere sicuro che sapessi a cosa vai incontro. Non essere impulsiva.»
Restò un attimo in silenzio a guardarmi, ma non sapevo che dire. Fui quasi tentata di mandare un messaggio a Cam per dirgli che improvvisamente mi ero sentita male e correre a rifugiarmi in camera mia.
Jay mi diede un buffetto sulla guancia. «Ti voglio bene, sorellina. Divertiti.»
Mentre lo guardavo allontanarsi verso il dormitorio, composi il numero di Amanda.
«Sì?», rispose una voce altrettanto familiare ma che di sicuro non apparteneva alla mia amica.
«Charlie? Perché hai il telefono di Amanda?»
«Jay ti ha fatto un discorsetto sull'essere più responsabili?»
«Perché me lo chiedi?»
«Perché so che te l'ha fatto, e che avresti incolpato Amanda per avergli raccontato di Cam, ma sono stata io e mi dispiace. Mi è sfuggito. Comunque, non ha nemmeno dato di matto, era come se già se lo immaginasse. Ah, anche Justin sa tutto.»
«Charlie! Imparerai mai a tenere chiusa quella boccaccia?»
«Che io sappia, non nel prossimo futuro. In ogni caso, ti conviene darti una mossa: Cam ti sta aspettando davanti al cancello da più di dieci minuti.»
Affrettai il passo. «Come fai a saperlo?»
«Lo vedo dalla finestra della camera di Jay e Justin. È l'unica stanza da cui riesco ad avere un'ampia visuale del giardino.»
«E quindi...?» Non era una a cui piacesse osservare il panorama.
«Quindi tengo d'occhio il tuo ragazzo.»
«Ah. Inquietante.»
«Nah, è carino. Non ha ancora perso la pazienza.»
«No, tu sei inquietante.»
«Tesoro, non hai ancora visto niente. Ti vuoi dare una mossa?»
«Sì, sì, ci sono. Ciao, Charlie.» Scossi la testa tra me e me e misi via il telefono, aprendo finalmente il cancello.
Prima di uscire, però, mi voltai verso la finestra della camera dei ragazzi e la vidi là, il viso praticamente schiacciato contro il vetro. Quando si accorse che l'avevo vista, mi fece una linguaccia e si tirò indietro.
Cam era appoggiato al cofano della sua macchina, nella stessa posizione in cui mi trovavo io mentre lo aspettavo fuori da scuola. Indossava dei jeans scoloriti e una T-shirt nera che gli evidenziava le spalle larghe.
«Allie, finalmente», mi sorrise non appena mi vide. Non sembrava seccato di avermi dovuto aspettare.
«Scusami se ci ho messo tanto», gli dissi mentre mi accomodavo sul sedile e Cam mi chiudeva la portiera. Che gentiluomo.
«Nessun problema, sono appena arrivato anch'io.» Mise in moto e partì con tranquillità, forse anche troppa. Mi sembrava di essere in macchina con un vecchietto.
«Dove andiamo?», gli chiesi ad un certo punto, vedendo che se ne stava zitto.
Non distolse lo sguardo dalla strada, ma un angolo della bocca gli si sollevò in un sorriso. «Vedrai, è una sorpresa. Ieri tu mi hai fatto vedere un posto che frequenti di solito e ora te ne farò vedere uno che frequento io.»
Mi sembrava giusto, anche se portandolo da Nan non avevo voluto mostrargli una parte del mio mondo, mi era sembrato semplicemente un posto carino dove portarlo.
All'ennesima svolta, riconobbi la strada.
«Stiamo andando al lago?», esclamai, incredula. Ero in jeans e camicetta, non esattamente l'abbigliamento adatto.
Il sorriso gli si accentuò. «Hai paura dell'acqua?»
Se solo avesse saputo che la controllavo dalla nascita.
«No, affatto.»
«E sai nuotare? Bene, intendo.»
«Diciamo di sì.»
«Ottimo, allora. C'è un posto che voglio farti vedere.» Parcheggiò e tirò il freno a mano, poi si voltò a guardarmi. «Non mi sembri molto convinta.»
Inarcai un sopracciglio e indicai i miei vestiti. «Ti sembro in tenuta da spiaggia? E poi ci saranno venti gradi.»
Scoppiò a ridere, poi scese e in un secondo mi aveva già aperto la portiera. «Vieni.» Mi prese per mano a aprì il bagagliaio; dentro c'erano due asciugamani, uno zaino, un cesto da pic-nic e tre costumi: uno era da uomo, poi ce n'erano uno intero rosso e bianco e un bikini.
Mi voltai a guardarlo con aria interrogativa e mi sembrò di vederlo arrossire.
«Sono di Lucy. Penso abbiate più o meno la stessa taglia, quindi gliene ho chiesto in prestito uno, ma non sapeva se avresti preferito l'uno o l'altro.»
In bikini davanti a lui? Non se ne parlava nemmeno.
«Quello intero è perfetto. Vado a cambiarmi.»
A quanto pareva, io e Lucy avevamo proprio la stessa taglia, perché mi calzava a pennello. Scossi la testa mentre uscivo dalla cabina: avevo smesso da tempo di credere alle coincidenze.
Cam era già pronto, il costume nero leggermente calato sui fianchi e i capelli scompigliati dal vento.
L'avevo già visto senza maglia quando l'avevo conosciuto, ma accidenti, aveva dei muscoli perfetti. Che diavolo di sport faceva per avere un fisico del genere?
Il suo sorriso si allargò ancora di più e mi tese la mano, come poco prima.
«Andiamo?»
Spostai il peso da un piede all'altro. «Dipende da dove...»
«Per arrivare al posto che voglio mostrarti dobbiamo nuotare un po'. Te la senti? Sennò non c'è problema, possiamo andare da qualsiasi altra parte.»
E rovinare così tutto quello che aveva preparato?
«Fai strada.»
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