1.3 L'inizio di tutto
Cam
«Seth, hai intenzione di passarla quella palla o vuoi giocare da solo per tutto il pomeriggio?», urlai spazientito, tergendomi il sudore dalla fronte con il dorso della mano.
La domenica dopo pranzo ci trovavamo sempre a giocare a basket, ma oggi faceva stranamente caldo. C'era da sciogliersi sul pavimento.
«Tutta tua», mi rispose, passandomela «Vado a prendermi dell'acqua, ne vuoi?»
«Sì, grazie.» Ma tanto se n'era già andato.
Scossi la testa tra me e me e mi tolsi la maglia madida di sudore, appallottolandola e gettandola a terra.
In quell'istante, un fuoristrada nero passò accanto al campo da basket ad una lentezza esasperante, dandomi la sensazione di essere osservato.
Mi voltai a guardarlo a mia volta, ma i finestrini erano oscurati, così mi girai di spalle e iniziai a fare qualche tiro a canestro, aspettando Seth.
Ero al quinto canestro consecutivo quando sentii qualcuno avvicinarsi.
«Scusami», chiamò una voce timida dietro di me.
Mi girai lentamente, gustandomi la visione.
Era una ragazza che non avevo mai visto prima, più o meno della mia età, con lunghi capelli color cioccolato lievemente arruffati e occhi spalancati.
Non mi trovavo abbastanza vicino da poterne distinguere con precisione il colore, ma erano chiari, tanto da creare un netto contrasto con la chioma scura. Il mio sguardo si abbassò sui suoi vestiti – una semplice canotta aderente e dei jeans – e poi si riportò ai suoi occhi, che sembravano brillare divertiti.
Era di gran lunga la più bella ragazza che avessi mai visto.
«Sì?» Probabilmente era scesa dal fuoristrada che era appena passato.
«Mi sono persa. Sto cercando di arrivare a Clint, ma non sono troppo brava ad orientarmi e il cellulare mi è morto più di un'ora fa. I cartelli non sono molto chiari...»
Non capitava spesso che qualcuno venisse qui di proposito, quindi ero curioso.
«Ci sei proprio dentro. Cosa cercavi, di preciso?»
Si avvicinò e arrossì lievemente. Era carina da morire.
«Oh. No, nulla di preciso, ero venuta a fare un giro per la città.»
«E perché?» La cosa era così strana che la domanda mi uscì di bocca prima ancora che me ne rendessi conto. E poi, definire Clint una città era a dir poco esagerato.
«Tra qualche mese inizierò a frequentare il college statale qui vicino, la Juke University, quindi sto cercando un appartamento da condividere con degli amici.»
«Vuoi venire alla Juke? Ma sei pazza?»
Tralasciando il fatto che Clint si trovava a mezzora di macchina dal campus, nessuno sano di mente si sarebbe mai trasferito per venire a stare qui. Nessuno.
Seguendo lo sguardo di lei, che inarcò le sopracciglia scure, mi resi conto essere ancora senza maglia e me la infilai, perché non ero uno sbruffone. E poi, aveva avuto tutto il tempo del mondo per notare quanto fossero scolpiti i miei addominali.
«È il college più vicino.»
Sapevo che non erano assolutamente affari miei, ma quella ragazza mi incuriosiva troppo.
«Non ti ho mai vista da queste parti. Di dove sei?»
«Frequento la Jackson», rispose, minimamente turbata dalla mia domanda.
Ecco spiegate molte cose: avevo sempre sentito dire che quella scuola era il paradiso in terra per noi maschietti, ma non ci avevo mai creduto. Con lei davanti, avrei potuto cambiare idea.
«Ehi, Cam, non sapevo avessi compagnia.»
Dio, era tornato Seth. Conoscendolo, avrebbe fatto scappare quella povera ragazza in meno di due secondi.
Mi voltai, già pronto a fulminarlo con un'occhiata, ma mi bloccai. C'era una ragazza con lui, bella quasi quanto la mia sconosciuta. Era minuscola, così minuta da sembrare una bambola di porcellana, i capelli scuri raccolti in una morbida treccia da cui sfuggiva qualche ciocca ad incorniciarle l'ovale del viso e gli occhi ancora più scuri che mi fissavano incuriositi.
Mi rivolse un sorriso educato e poi si affiancò alla mia ragazza.
«A quanto pare siamo già a Clint», le disse, ridacchiando.
Ma certo, era ovvio che si conoscessero, probabilmente erano venute insieme.
«Cam, non mi presenti la tua amica?» La domanda si Seth mi riscosse dai miei pensieri e guardai imbarazzato la ragazza, perché non sapevo nemmeno il suo nome. Perché non gliel'avevo chiesto prima?
Lei si avvicinò e gli strinse la mano, dandomi il tempo di osservarla meglio. I suoi occhi erano di un grigio chiarissimo, con qualche pagliuzza dorata. Stupendi.
«Sono Allie», rispose con un sorriso.
Allie. Semplice, diretto. Mi piaceva.
«Io sono Seth e, nel caso non si sia presentato, quell'imbecille è Cam.»
Continuai a sorridere imbarazzato, perché a quanto pareva era l'unica cosa in cui ero bravo. Ma che mi prendeva? Solitamente ci sapevo fare con le ragazze.
«Ho invitato Charlotte al falò di questa sera, quindi se vuoi sei la benvenuta», continuò lui.
Charlotte doveva essere la sua amica. Da non crederci, ci stava provando con due ragazze contemporaneamente.
«Ma domani c'è scuola», replicò lei, guardando confusa la più piccolina.
«Dai, è solo per una sera», provai a convincerla.
Seth si voltò a guardarmi, inarcando le sopracciglia. Gli avevo detto che non sarei andato a quello stupido falò per nulla al mondo, ma questo era stato prima di sapere che ci sarebbe stata anche Allie.
Le due si scambiarono un paio di occhiate, una conversazione silenziosa, dopodiché Charlotte di strinse nelle spalle.
«Ci saremo», sorrise infine Allie «Però non sappiamo dove sia.»
«Al lago», le spiegai «È facile arrivarci, ma, se preferite, potete venire qui e vi accompagniamo noi.»
«Sarebbe perfetto, grazie. Possiamo portare un paio di amici?»
«Ovviamente», sogghignò Seth. Non volevo proprio sapere cosa gli stesse passando per la testa in quel momento.
«Per che ora?», chiese Charlotte guardando il mio amico.
«Per le otto andrà bene.»
«Ottimo. A stasera, allora!»
Ci salutarono con la mano e se ne andarono, parlottando fitto fitto tra di loro.
Io e Seth rimanemmo nel silenzio più assoluto finché non svoltarono l'angolo, troppo intenti a guardarle.
Seth fischiò piano. «Wow.»
«Già.»
Continuammo a fissare il punto in cui erano sparite come degli idioti.
«Sei stato geniale ad invitarle al falò», ghignai, lo sguardo sempre rivolto verso la strada.
«Lo so. Vado a prendermi dell'acqua e quando mi volto c'è quella lì che mi guarda. Wow. Jackson, hai sentito?»
Annuii. «A quanto pare le storie sono vere.»
Restammo in silenzio ancora un po', poi cominciammo a raccogliere le nostre cose.
«Vengono anche Lucy e le altre?»
«Non lo so. Mia sorella non voleva, ma penso cambierà idea non appena saprà delle due ragazze di prima.»
«E devi per forza dirglielo?»
Non gli risposi nemmeno, tanto era stupida la domanda. Sapeva che a Lucy raccontavo tutto.
«Sarà perché non ho una gemella, ma non vi capirò mai.»
Seth aveva una sorella più piccola di lui di quattro anni, con cui era in perenne disaccordo: erano sempre pronti a saltarsi l'una al collo dell'altro, l'esatto contrario di me e Lucy.
«In ogni caso», continuò, tanto per riempire il silenzio «Lucy è un gran bel vedere, quindi non ho problemi.»
Normalmente non avrei permesso a nessuno di parlare così di mia sorella, ma si trattava di Seth: lo diceva solo per farmi innervosire, sapeva perfettamente che Lucy era intoccabile.
«Rachel e Emily?»
«Se viene Lucy ci saranno anche loro, sai come sono fatte. Meglio così, faremo conoscere ad Allie e alla sua amica un po' di gente.»
«Charlotte», mi corresse «La sua amica si chiama Charlotte.»
Lo guardai inarcando le sopracciglia, poi scrollai le spalle, incurante. Non era a Charlotte che ero interessato.
«Ti ha detto il motivo per cui erano qui?»
Annuii, trattenendo un ghigno. «Il college. Ma ci credi?»
«Forse non sanno che da qui non è proprio una passeggiata raggiungere la Juke, o che fa schifo, ma non sono di certo andato a dirglielo. A quanto pare le avremo intorno per un bel po'.»
«Vai a farti una doccia fredda, ne hai bisogno!», gli risposi, scoppiando a ridere.
Raccogliemmo gli zaini da terra e, dopo un breve cenno di saluto, ognuno andò per la propria strada.
Il sole era ancora alto e solitamente saremmo stati lì fino all'ora di cena, ma continuavo a vedere davanti a me due occhi grigi brillare divertiti e sapevo che non avrei potuto giocare oltre.
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