1.2 L'inizio di tutto
«Allie... Allie! Dio, non si sveglia neanche con una bomba.»
La voce di Charlie mi giunse distante, attutita.
Odiavo la mattina con tutta me stessa. Se fosse dipeso da me, mi sarei alzata ogni giorno il più tardi possibile, fresca, riposata e magari di buon umore... cosa che di sicuro non avvenne quando qualcuno mi versò addosso un bicchiere d'acqua gelida, facendomi strillare e balzare seduta.
Mi asciugai gli occhi, bagnata fradicia e con un umore più nero della pece, e vidi Amanda con il bicchiere vuoto ancora in mano e Charlie con una mano davanti alla bocca, che cercava di non ridere.
«Ma che diavolo, Amanda? Esistono modi più gentili», borbottai, spostandomi una ciocca bagnata dietro l'orecchio.
«Sono dieci minuti che cerchiamo di svegliarti. Questo era l'unico modo.»
Continuai ad osservarle in silenzio per qualche secondo, senza capire perché fossero così in tiro, la mente ancora annebbiata dal sonno. Poi ricordai.
«L'Estrazione!»
Schizzai in piedi e mi feci una doccia alla velocità della luce, pettinandomi e vestendomi in meno di cinque minuti. Non potevo credere di essermene dimenticata: avevo passato l'intera notte a rigirarmi nel letto, agitata come non mi era mai successo, e a quanto pareva mi ero addormentata proprio quando invece avrei dovuto alzarmi.
Mentre uscivo dal bagno, pensai che non ero minimamente all'altezza dei lisci e lucenti capelli biondi di Amanda o della morbida treccia scura di Charlie, ma quantomeno ero presentabile.
«Ti dona quest'aria spettinata», commentò Amanda, aprendo la porta e tenendola aperta per tutte e tre.
«Oh, taci.» Mi pettinai i capelli con le dita meglio che potevo, ma sapevo di non poter apportare alcun miglioramento.
«No, dico sul serio!»
Sbuffai e mi voltai verso Charlotte, che era stranamente silenziosa.
«Charlie? Tutto bene?», le chiesi.
Evitò di incontrare il mio sguardo, tenendo il suo fisso a terra. «Sono un po' nervosa. Da questo momento dipendono le nostre vite.»
Restai in silenzio anch'io, non sapendo cosa rispondere.
Essere i protettori degli Umani era una vita impegnativa, dovevamo star loro il più vicino possibile senza mai destare sospetti, e non sarebbe stato semplice. Ma dovevamo pur guadagnarci il Paradiso.
«Hai... visto niente?», sussurrai dopo un po', anche se non c'era niente da nascondere. Tutti conoscevano il potere di Charlie, e di certo lei non poteva evitare di vedere il futuro.
Scosse lentamente la testa. «Ho sensazioni contrastanti, il che mi fa pensare di essere troppo coinvolta per riuscire a vedere chiaramente.»
La piccola speranza che avevo si spense come una fiammella al vento. Nemmeno lei poteva esserci d'aiuto, era tutto molto più grande di noi.
Raggiungemmo con calma l'auditorium, prendendo posto in ordine alfabetico come avevamo fatto infinite volte. Mi lasciai cadere nella morbida poltrona rossa accanto a Jay e mi voltai a salutare Justin, cercando la sua chioma scura quattro file più indietro.
«Nervosa?», mi chiese Jay, stringendomi dolcemente il ginocchio.
«Abbastanza. Oggi finisce la nostra gioventù.»
Annuì piano, fissando dritto davanti a sé. Anche lui era in preda all'ansia.
Sembrò passare un'eternità prima che Anna, la direttrice, facesse il suo ingresso sul palco, splendida in un tailleur grigio, battendo due volte il dito sul microfono per attirare la nostra attenzione e rivolgendoci un sorriso smagliante.
«Buongiorno, ragazzi, ben trovati. Aspettavate questo giorno da tutta la vita, quindi non serve che mi dilunghi in spiegazioni inutili. Uno ad uno verrete chiamati, in ordine alfabetico, e salirete qui sul palco. Dovrete solo pungervi il dito con uno spillo – niente tagli, mi raccomando – e versare una goccia di sangue dentro la bacinella alle mie spalle. Una volta che il sistema avrà acquisito i vostri dati, sarà svelato il nome dell'Umano a cui siete stati affidati alla nascita e la sua foto comparirà sul grande schermo a muro. Ne basta una goccia, ragazzi, quindi non spaventatevi! È semplicissimo e completamente privo di rischi.» Si passò una mano tra i folti capelli ramati e ci guardò con aspettativa.
Una trentina di teste annuirono contemporaneamente, la tensione che si percepiva nell'aria.
«Ottimo, cominciamo. Arrel Clarissa?»
Osservammo tutti Clary alzarsi rigida dalla prima fila e salire i tre scalini del palco in un silenzio quasi religioso. Si avvicinò al catino in pietra e prese uno spillo senza la minima esitazione.
Veniva chiamata Estrazione, ma non era proprio il termine corretto: ognuno di noi aveva un Umano predestinato alla nascita e l'Estrazione serviva solamente a rivelarne l'identità. Era già stato tutto prestabilito il giorno in cui eravamo nati, non c'era la minima possibilità di scelta.
Trascorse qualche secondo prima che lo schermo si illuminasse e comparisse la foto di una ragazza castana.
Smisi di ascoltare la processione di nomi che venivano chiamati e provai a rilassarmi, ma proprio non ci riuscivo. Avevo aspettato questo momento per tutta la vita.
«Darlen Allison.»
Alzai di scatto la testa, stupita che fosse già arrivato il mio turno e spaventata a morte.
Mi voltai verso Jay, che mi sorrise incoraggiante: sarebbe andato tutto bene.
Mentre mi alzavo in piedi, l'unico suono che sentivo era il battito del mio cuore che mi risuonava nelle orecchie.
Feci gli scalini lentamente, per paura che le gambe, che già sentivo molli come gelatina, decidessero di cedere, e mi avvicinai alla bacinella. Era in pietra chiara, liscia e priva di irregolarità e, nonostante altre persone ci avessero già versato dentro gocce di sangue, l'acqua era limpida.
Presi uno spillo dal mucchietto alla mia destra con le orecchie che mi fischiavano e mi voltai brevemente verso Anna, cercando sostegno come avevo fatto tante volte negli ultimi anni. I capelli ramati erano perfetti come al solito, circondandole il viso a forma di cuore in morbidi boccoli, e gli occhi verdi erano pieni di aspettativa mentre annuiva piano.
Prima di perdere il coraggio, mi punsi l'indice e osservai la piccola goccia vermiglia diluirsi fino a scomparire del tutto.
Ero terrorizzata dall'idea di alzare lo sguardo e rendere definitivo il mio futuro, ma quando lo feci, vidi che era comparsa la foto di un ragazzo scuro di capelli e con gli occhi chiari che sorrideva felice guardando dritto nell'obbiettivo. Era bello quasi quanto noi.
"Cameron Priston", lessi sotto.
Anna mi posò una mano sul braccio, riscuotendomi dai miei pensieri, un sorriso enorme ad illuminarle il volto, e mi passò un piccolo fascicolò blu. Ero la prima a cui lo dava.
«Qualche informazione su Cameron. Quando si avvicina il giorno dell'Estrazione, lo facciamo per tutti i diciottenni Umani delle vicinanze.»
Lo presi e lo sorrisi di rimando, sollevata.
Era fatta.
Mentre tornavo al mio posto incrociai lo sguardo di Charlie, che sembrava stranamente rilassata. In risposta alla mia espressione perplessa, annuì leggermente.
«Darlen James.»
Mi sedetti mentre lui si alzava. Era nervoso quanto lo ero stata pochi attimi prima, così gli accarezzai il braccio mentre mi passava davanti, cercando di rassicurarlo come lui aveva fatto con me.
Osservandolo salire gli scalini del palco, pensai all'eccessiva tranquillità di Charlie: doveva aver visto qualcosa, era l'unica spiegazione. Sarebbe andato tutto bene.
Eppure... avrebbe potuto capitargli chiunque. Avrei potuto non rivederlo mai più.
Mentre lo schermo si illuminava, pregai che non fosse così.
L'immagine che comparve era di una ragazza dai capelli scuri e la pelle olivastra che assomigliava spaventosamente al mio Cameron.
Trattenni il fiato mentre leggevo il suo nome: "Lucy Priston".
Era la sua gemella. Ci erano capitati due gemelli.
Non sapevo se ridere o piangere, ma appena tornò a sedersi lo abbracciai forte.
«Due gemelli! Ma ci credi?», esclamò con la voce che gli tremava per l'emozione.
«Lo so, Jay, che probabilità c'erano che...» Mi interruppi e ci voltammo contemporaneamente verso Charlie, che fissava dritto davanti a sé con un'espressione indecifrabile in volto.
«Secondo te sa qualcosa?», mi chiese in un sussurro.
«Non lo so. Stamattina mi ha detto che aveva avuto presentimenti contrastanti, però prima, mentre tornavo a sedermi, mi ha sorriso e sembrava abbastanza tranquilla. Forse ora ha sentito qualcosa e sa che andrà tutto bene.»
Annuì lentamente. «È una cosa molto più grande di noi, dubito capiteremo tutti e cinque nella stessa zona.»
«Hamilton Justin.»
Ci zittimmo all'istante e riportammo l'attenzione sul palco. Jay trattenne il fiato.
Il nostro amico sembrava sicuro di sé mentre si avvicinava ad Anna con passo deciso, ma sapevo che era tutta scena: Justin era fatto così, non mostrava mai le proprie debolezze e ostentava un atteggiamento sicuro, a volte quasi arrogante.
Gli venne affidata una bella ragazza, Rachel Astern, capelli biondi e occhi scuri che, a giudicare dal fascicolo blu identico al mio che Anna gli consegnò, abitava in zona e, di conseguenza, vicino ai nostri gemelli. Già tre di noi erano salvi.
«Jenks Amanda.»
Le mani le tramavano vistosamente, ma il fato era dalla nostra parte: ennesima bionda, Emily Van der Vaus, ed ennesimo fascicolo blu. Tornando al suo posto, ci sorrise.
Era quasi fatta, mancava solo Charlie. E se lei fosse stata l'unica a venire separata da tutti noi?
«Landi Charlotte.»
Si alzò con una disinvoltura eccessiva e, nel passarci accanto, ci fece l'occhiolino. Sprofondai nella poltrona con un sospiro di sollievo e mi voltai verso Jay, che la stava fissando con un sorriso sulle labbra.
Avevo sempre pensato che Charlie avesse una cotta per mio fratello, ma forse mi ero sbagliata. Forse era l'esatto contrario.
Anna le rivolse un cenno di incoraggiamento, come aveva fatto con me, ma la mia amica di certo non ne aveva bisogno.
Quando scese dal palco con il fascicolo relativo a Seth Callanaugh tra le mani, mi lasciai scappare una risatina.
Ce l'avevamo fatta. Era finita, ed eravamo tutti insieme. Non ci saremmo dovuti dividere.
Restare seduti ad aspettare che tutti finissero fu quasi impossibile, impazienti come eravamo, ma in qualche modo riuscimmo ad arrivare alla fine, richiamati al silenzio un paio di volte. Una volta terminato, la direttrice tornò al centro del palco.
«Qui si conclude la cerimonia, avete visto che non è stato poi così terribile? So che non riuscite più a stare seduti fermi, quindi vi lascio andare. Per coloro che non sanno come contattare il proprio Umano o per qualsiasi altra informazione, sarò nel mio ufficio per tutto il pomeriggio. Per tutti gli altri, invece, buona fortuna!»
Ci alzammo della confusione più totale e ci fermammo fuori dalla porta ad aspettare gli altri, stringendoli in un abbraccio collettivo non appena arrivarono, ridendo e felici come non mai.
Ce l'avevamo fatta.
«Perché non ci hai detto nulla?», chiese Jay a Charlie, stringendola forte.
«Non lo sapevo, ve lo giuro! Avevo così tante sensazioni contrastanti ed ero nel panico più totale, perché non avevo la più pallida idea di cosa sarebbe successo. Poi Allie è stata estratta e ho sentito che tutto sarebbe andato per il meglio. Man mano che ognuno di voi veniva assegnato, ero sempre più sicura di me. Le probabilità erano tutte a nostro favore.»
«L'importante è che non dobbiamo separarci», le rispose Amanda, quasi commossa.
«Andiamo a conoscerli? Guido io», intervenne Justin, quasi saltellando sul posto.
«Come facciamo a trovarli?» Amanda inclinò leggermente la testa verso destro, come faceva sempre quando poneva una domanda.
«Abitano tutti a Clint, a un quarto d'ora da qui», disse Charlie, sfogliando velocemente il fascicolo del suo Umano, Seth «È un piccolo paesino e non ci sono molte attrazioni o cose da visitare. Probabilmente saranno tutti insieme, sono amici. Ne troviamo uno e troviamo anche tutti gli altri.»
«Andiamo subito, allora! Aspetta, come fai a sapere che sono amici?», domandò mio fratello, le sopracciglia scure aggrottate.
In tutta risposta, Charlotte sorrise e gli fece l'occhiolino.
Con lei non c'era mai nulla di scontato.
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