KLOOTZAK

Dopo il Gran Premio di Barcellona, finalmente siamo a casa. Il viaggio non è stato particolarmente lungo, ma alquanto stressante. Io e Max non siamo grandi amanti dell'aereo e, come sempre, non riusciamo a chiudere occhio e provare a riposare quel poco da permetterci di recuperare qualche nottata insonne. 

Ho la mano quasi del tutto insensibile dopo che lui l'ha stretta così tanto durante il volo, tutta colpa di una serie di vuoti d'aria che non ci hanno abbandonato un secondo da Barcellona a Milano. Una volta arrivati a casa, come se fossimo dei reduci di guerra, l'intera piazza centrale ci accoglie con urla ed applausi. Non manca un maxischermo in bilico sui sampietrini mezzi rotti della piazza Duomo. 

<<Hai visto?>> riprendo Max con una leggera gomitata sul fianco, facendolo trasalire e guadagnandomi un'occhiata truce tra le migliori del repertorio di Max Verstappen. <<Pensi ancora che sia stata una buona idea trasferirti nella mia città?>> continuo, data la sua espressione confusa sul viso, segno che non aveva capito dove volevo andare a parare. 

<<Non è così male in realtà, penso che potrei candidarmi sindaco finita la carriera>> alza le spalle e mi regala uno dei suoi sorrisi sarcastici che gli illuminano il viso, facendo risaltare i suoi occhi talmente azzurri da sembrare quasi trasparenti sotto i raggi del sole di maggio. 

<<Non ti rispondo neanche, klootzak>> lo insulto nella sua lingua madre, che lo fa girare di scatto e sento il suo sguardo bruciare sul mio viso. Non capisco perché mi guarda in questo modo strano, probabilmente ho pronunciato male quella parola. 

In tutta risposta, gli dò una spintarella e lo butto in mezzo alla folla. Anche se dice di odiare essere dato in pasto alle persone, so che sotto sotto ama alla follia essere venerato dal popolo. Lo guardo mentre sorride e abbraccia gente, si scambia pacche e strette di mano con sconosciuti e mi beo della vista di un Max tranquillo e rilassato. 

È quasi il tramonto quando la gente sembra stufarsi di stare in piedi in mezzo alla piazza ad acclamare Max, e noi torniamo mestamente a casa. Il sonno si appropria del mio corpo all'improvviso, facendomi pesare tutte le ore passate in piedi. Sento di potermi addormentare non appena le mi palpebre cederanno alla forza di gravità e si chiuderanno. 

<<Andiamo a fare un giro?>> mi domanda Max appena varcata la soglia di casa. Mi giro e lo fulmino con lo sguardo, bramando soltanto il divano, una birra gelata e una serie tv trash su Netflix. 

<<Ma come fai ad essere così iperattivo?>> gli chiedo, scocciata ed arrendevole, perché davanti a quello sguardo non riesco mai a dire di no. Finisco sempre a cedere a qualsiasi cosa lui proponga, non importa la stanchezza o le migliaia di cose che devo fare. 

<<Muovi il culo>> mi prende per un polso e mi trascina di nuovo sulle scale, dopo aver preso entrambi i nostri caschi. 

<<In moto? Max, lo sai che odio la moto e ho paura>> mi lamento, usando quella voce fastidiosa ed irritante che darebbe fastidio anche a me nei suoi panni. Alza gli occhi al cielo e sbuffa leggermente, si passa una mano tra i capelli e subito dopo si infila il casco. 

<<Lo sai che guido benissimo>> si pavoneggia, lanciandomi il mio casco. Fortunatamente riesco a prenderlo al volo, altrimenti sarebbe caduto per terra e si sarebbe sicuramente ammaccato. Cosa che avrei dovuto valutare, dato che senza casco non sarei potuta salire sulla moto e la gita sarebbe saltata, con mia felicità. 

<<Immagino, mister TamponoChiunqueOsiAvvicinarsiAMe>> lo prendo in giro, lanciandogli un'occhiata di sfida. 

<<Tanto alla fine ci vieni sempre in giro con me, quindi sotto quella maschera da acida frustrata ti piace il mio stile di guida aggressivo>> mi fa l'occhiolino e, nonostante il casco integrale, riesco a vedere i suoi occhi. Gli stessi occhi che puntualmente mi fanno tremare le ginocchia come una tredicenne. 

Alla fine mi lascio convincere e salgo sulla moto, dietro di lui. Approfitto della situazione per cingergli i fianchi con le mie braccia, non soltanto per il vero timore che ho ad andare su due ruote, ma anche per sentire il suo corpo il più possibile contro il mio. Lui se ne accorge, sa l'effetto che mi fa e, anche se ho imparato con il tempo a non darlo tanto a vedere, ogni tanto non posso farne a meno. 

Abbassa la visiera ed accende la moto, il cui rumore fa tremare le pareti del garage. Guida per circa mezzora, prende strade che io stessa - che sono nata qui - non conosco e che non ho mai fatto ma che lui - non si sa bene come - sembra conoscere a memoria. Per tranquillizzarmi durante le curve o quando porta al massimo la sua moto mi stringo ancora di più a lui, la testa contro la sua schiena e le gambe a contatto con le sue. 

Sarebbe bello che lui mi vedesse come qualcosa di più che un'amica, una collaboratrice, una persona di fiducia alla quale può raccontare tutto. Sarebbe bello che invece di parlarmi delle sue conquiste mi prendesse in braccio e mi baciasse tutte le volte che torna a casa, o dopo una gara, o durante una cena di gala. Sarebbe bello, sì, ma impossibile. Perciò mi godo questo piccolo angolo di paradiso, quel posto dove Max Verstappen è semplicemente Max - o klootzak la maggior parte delle volte - e dove posso godermi un giro in moto aggrappata a lui. 

<<Ti piace?>> mi chiede una volta arrivati dopo essersi tolto il casco. Mi prendo qualche istante per guardarlo, i capelli spettinati e una luce particolare negli occhi. Sono ancora sulla moto, un po' più in alto di lui e davanti a noi un panorama mozzafiato. Tutte le colline che sovrastano la mia città sono tinte di un rosa pallido misto all'arancione, al giallo e al rosso del tramonto. 

<<Molto>> mi limito a rispondere, dato che togliermi il casco è un'impressa più complicata del previsto. Mi vede in difficoltà e, invece di correre in mio aiuto con i capelli incastrati, tira fuori il telefono e mi fa un video. Spero solo che non lo pubblichi da nessuna parte, altrimenti è la vita buona che lo ammazzo con le mie mani. <<Dammi una mano invece di fare il cretino, klootzak>> sbuffo, sentendomi quasi soffocare dentro al casco che non ne vuole sapere di collaborare. 

Finalmente recupera un po' di buonsenso e si avvicina a me, con pazienza libera i capelli annodati e incastrati nel casco e me lo sfila. Non devo essere di sicuro un bello spettacolo: sento le guance rosse a causa dello sforzo e della vicinanza di Max, i capelli sono senza ombra di dubbio un disastro e quel poco trucco che avevo sarà spalmato sul mio viso facendomi assomigliare ad un panda.

<<La smetti di chiamarmi così?>> appoggia le mani sulla moto, ha il viso all'insù per potermi guardare negli occhi. Rimango un po' spiazzata da quella domanda. Non è la prima volta che lo chiamo così, ormai va avanti da anni, soprattutto da quando ho scoperto il significato di quella parola olandese. 

<<E perché mai? Alla fine sei stronzo la maggior parte della volte, soprattutto quando sei da solo con me>> alzo le spalle e provo a sistemarmi come meglio posso i capelli con le dita, senza successo. 

<<Posso dirti un'altra cosa in olandese?>> ridacchia lui bagnandosi le labbra carnose con le labbra, gesto che per poco mi fa perdere l'equilibrio. Annuisco fingendo indifferenza, ma la verità è che la sua vicinanza non mi fa pensare lucidamente. <<Je maakt me gek>> dice piano, quasi in un sussurro, ma senza staccare gli occhi da me e continuando a perforarmi con il suo sguardo. 

<<E cosa vorrebbe dire?>> alzo gli occhi al cielo, più per interrompere il contatto visivo ormai insopportabile per me che per altro. 

<<Tu dillo>> mi sfida, ammiccando nella mia direzione. 

Ripeto la sua stupida frase allargando le braccia. Ecco che divento una stupida rammollita davanti a lui, non riesco mai a spuntarla contro di lui. Lo vedo sorridere, con quel sorriso beffardo che non ha perso durante tutti questi anni, e comincio a perdere la pazienza. 

<<Mi sto incazzando. O mi dici cosa significa o ti rigo la moto, scegli tu>> decido di fare la sostenuta, anche se dentro non so nemmeno io se avrei il coraggio di rigargli quella bellezza. 

<<Mi fai impazzire>> mormora, guardandomi divertito. 

<<Sì, certo. Voglio vedere come ti faccio impazzire mentre ti rigo la moto>> lo minaccio tirando fuori le chiavi di casa. Si avvicina ancora di un passo ed ora non posso sfuggire al suo sguardo magnetico. I suoi occhi sono una calamita per i miei, li incollo ai suoi e a stento riesco a respirare. 

<<Significa questo. Je maakt me gek vuol dire "mi fai impazzire">> il suo sorriso mi contagia, non riesco a non fare lo stesso. 

<<Klootzak>> dico, le nostre labbra pericolosamente vicine e tutto il mondo a farci da sfondo silenzioso. 


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Ecco il primo sogno di questa raccolta di one shots.
Lo so, è uno stile molto diverso dal mio solito, ma è giusto anche sperimentare e oggi ho abbracciato il trash con tutta me stessa.
Fatemi sapere se questa cosa vi piace oppure no, io mi diverto da pazzi a scrivere i miei sogni assurdi.
xoxo

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