VUOI USCIRE CON ME?

POV ASHLEY

Okay, è facile.

Ce la posso fare.

Destra. Sinistra. Destra. Sinistra.

Oh, Dio. Perché la sua va a destra, ora? Così mi inceppa il ritmo.

Okay. Ricominciamo. Destra. Sinistra. Destra... sinistra.

E' inutile.

E' impossibile ruotare la lingua facendole fare dei cerchi senza sbavare.

"Piccoletta! Puoi aprirli gli occhi, ora", sento il fiato caldo di David sulla fronte.

Ancora completamente frastornata sbatto le palpebre lentamente e lo fisso. Quand'è che ha smesso di baciarmi? Perché non me ne sono accorta?

E' patetico, lo so, ma sono eccitata come la mattina di Natale. Sento il cuore tamburellare come quando stai correndo sotto l'albero alla ricerca del tuo regalo. E anche se sai benissimo cosa si nasconde sotto la carta da pacco, finché non hai il regalo tra le mani resti rapita dalla febbricitante emozione del non sapere.

Baciare David è un po' così, come se fosse sempre la prima volta. Sai cosa aspettarti, eppure resti sorpresa lo stesso appena le sue labbra toccano la tue.

"Almeno ho capito come farti stare zitta", ride lieve.

Fingo di mettere il broncio e nascondo la fronte sul suo collo. Il suo profumo mi scombussola e il mio cuore perde due battiti per poi accelerare velocemente.

"Cosa ti sei fatto al naso?", mormoro, toccandoglielo con la punta del dito.

"Lo dicevo io che non saresti stata zitta a lungo", mi prende in giro, afferrando di scatto il mio dito per allontanarselo dal naso.

"Ti fa male?".

"Noi uomini duri non sentiamo dolore", ribatte scherzoso.

Lo fisso storto.

"Fa male sì, accidenti", cede con una risata. Il suo petto sussulta contro il mio e per un attimo mi sembra di star danzando con lui la musica della felicità.

"Contro cosa ti sei scontrato?".

"Contro il gomito di Lucas".

Lo fisso da più vicino: la pelle è arrossata e un'ecchimosi bluastra fatica a sgonfiarsi.

"Siete proprio due sbadati".

Un sorrisetto divertito gli impreziosisce le labbra, come se avessi detto chissà cosa di così divertente. Ma poi scompare veloce come è arrivato. E' davvero difficile stare dietro ai suoi sbalzi d'umore.

"Si è fatto tardi", dice poi, osservando di sfuggita l'orologio al polso. "Corri in classe prima che arrivi il tuo professore. Che lezione hai ora?".

"Chimica".

"Giù in laboratorio?".

Annuisco e mio malgrado mi strappo via dal suo abbraccio per recuperare lo zaino. "E tu?".

"Una noiosissima riunione in sala professori per definire una gita scolastica". Si sistema la cravatta e raddrizza le spalle, impostando sul suo volto la solita aria seria e composta da professore. Quindi torna a fissarmi. Serio. "Tu, a ricreazione sei con me".

Lo fisso un momento senza capire.

"Te lo offro io un caffè", aggiunge.

Mi scappa un sorriso. "E come farà, professore? Verrà da me, davanti a tutti, e...".

"Ashley...", mi interrompe. "Tu limitati ad arrossire come sai fare. Al resto lascia pensare a me".

"Io non arrossisco".

Scuote lentamente la testa su e giù. "Basta che io ti guardi per più di due secondi e le tue guance cambiano colore. E quando ti bacio poi...". Lascia cadere la frase, facendo scivolare lo sguardo sulla mia bocca ancora gonfia per il suo bacio.

D'istinto mi copro le labbra col dorso della mano e scappo verso la porta.

"Non dimentichi niente?", mi richiama.

Mi osservo i vestiti per controllare che siano a posto e automaticamente liscio la canotta all'altezza del seno prima di sistemarla bene sotto la cintura.

"Vado bene?", gli chiedo conferma e in quel momento mi accorgo che i suoi occhi sono rimasti fissi sul mio seno.

"Sì", si riprende subito, scrollando la testa.

Ora i suoi occhi puntano i miei, seri. Lo sguardo è indecifrabile. La sua stessa mente lo è.

Lentamente avanza verso di me, senza dire una sola parola. E onestamente, non so nemmeno perché, non riesco più a sostenere il suo sguardo. Lo tengo rivolto verso la punta delle mie scarpe da ginnastica, pensando distrattamente che avrei fatto meglio a mettere delle scarpe col tacco in modo tale da non sentirmi così tanto in soggezione da lui.

Devo assolutamente ricordarmi di tirare fuori dalla scarpiera le mie loubutin.

Quando arriva ad un passo da me si arresta di colpo. David mi sovrasta con tutta la testa, facendomi sentire più piccola di quello che sono. Mettendomi ansia.

Allunga la mano per scostarmi i capelli dalla spalla e con i polpastrelli comincia a sfiorarmi il collo, vicino al punto sensibile dell'orecchio.

D'istinto piego la testa di lato e chiudo gli occhi.

"Dimentichi niente?", lo sento ripetere, calmo.

E poi è come se un muro invisibile crollasse dentro di me, smettendo di arenarmi nella timidezza e lasciando che la parte più smaliziata di me prenda il sopravvento.

Senza pensarci due volte gli getto le braccia al collo, cogliendolo di sorpresa a tal punto che è costretto a fare due passi indietro. E poi gli schiocco un bacio a stampo sulle labbra.

"Avevo dimenticato di baciarti", sorrido felice.

David mi fissa ironico, incurvando un sopracciglio verso l'alto. "Piccola, puoi baciare la mia bocca ogni volta che lo vuoi, ma non era a questo che mi stavo riferendo".

"Oh!", arrossisco, ricadendo sui talloni e sciogliendo l'abbraccio.

Non ci credo! Non ci credo! Voglio che qualcuno venga qua e mi prenda a schiaffi.

"Ma allora...", attacco impacciata. "Cosa ho dimenticato?".

"Chi era quello lì?".

Sul serio?

Lo fisso irrigidita, passando in rassegna tutto ciò che ci siamo detti negli ultimi cinque minuti.

"Ti ho già risposto", ribatto ovvia.

"Il nome, Ashley". Sta per perdere la pazienza, è evidente.

"Non me lo ricordo".

"Vuoi che sia Kate a dirmelo?". Ah, adesso che gli conviene il nome della mia amica se lo ricorda!

Bè, comunque non ho intenzione di reagire alla sua provocazione. Non ho intenzione di lasciargli la soddisfazione di vedermi arrabbiata.

Anche se lo sono, mannaggia a lui. E onestamente mi viene anche da piangere. Me ne accorgo perché persino la voce nei miei pensieri è tremolante.

"Come preferisci", mi sforzo di sorridere.

Perché fa così? E' vero, mi aveva avvertita. Mi aveva detto di essere un tantinello geloso. Ma perché fa così? Ho capito benissimo che quel tipo, salutandomi, lo ha mandato completamente fuori di testa, ma qui stiamo esagerando.

"Devo andare a lezione", taglio corto, abbassando la maniglia della porta.

Ma lui è più veloce di me. "Sai, che prima o poi lo scoprirò. Lo sai, vero?".

"Sei sempre così sicuro di te?".

"No, è un semplice dato di fatto. Lui è uno studente e io un professore. Posso avere qualunque informazione su chiunque e in qualunque momento. Solo che preferirei scoprire le cose da te".

Annuisco e mi mordicchio il labbro per l'ansia. "Mi stai facendo fare tardi".

"Ti firmo una giustificazione", fa spallucce.

"Io non lo so come si chiama", esplodo.

E proprio mentre lo faccio, l'espressione di David cambia ancora, riempiendosi di risentimento. "E' meglio se vai".

Dentro di me qualcosa si muove. Come una pulsazione che non voglio nemmeno ammettere con me stessa. E fa male. Terribilmente. Perché, volente o dolente, per la prima volta da quando ho incontrato David, una vocina dentro di me mi sta mettendo in guardia dall'uomo a cui ho riposto una fiducia totale. E pulsa come una ferita aperta.

Dopo l'adrenalina e l'ansia, resto armata solo da un'opprimente delusione. Demoralizzata scaccio indietro le lacrime e zittisco la mia coscienza. Devo concentrarmi su altro.

Devo trovare un modo per salvare la situazione, anche se onestamente non ho nemmeno ben chiaro come siamo finiti a litigare così tanto.

Okay.

Proviamo a ricapitolare questa giornata e a capire come e in che modo si è allontanata dal piano originale che avevo studiato nei minimi dettagli mentre venivo a scuola.

Fantasia: riuscire a strappare un vero appuntamento da David Sentfhort.

Realtà: ho sì concordato un mezzo appuntamento con lui in aula 3 al quarto piano, peccato che però mi ha invitata ringhiando tra i denti.

Fantasia: sembrare una donna un po' più grande e alla portata del mio professore.

Realtà: la mia maglietta con le stampe fa schifo abbinata alla sua cravatta elegante. E mi sono anche appena accorta di avere una macchia di succo sul ginocchio.

Fantasia: farlo strisciare ai miei piedi, implorandomi di stare con lui.

Realtà: mi sta praticamente cacciando via.

Avrei dovuto immaginare che sarebbe andata a finire così. Almeno Kate non si è sbagliata: David è effettivamente venuto a cercarmi, facendo il primo passo. Peccato che lo ha fatto solo per aggredirmi.

E onestamente non ho ancora capito perché è così tanto arrabbiato.

"Ciao", mugugno triste, e chissene frega se ho le labbra atteggiate al broncio di una bambina.

"Ciao", ribatte distaccato.

Sul serio il mio broncio non lo impietosisce nemmeno un po'? Sul serio vuole che le cose tra noi finiscano in questo modo? Mi sta lasciando uscire da quest'aula senza fermarmi pur sapendo che probabilmente non avremo modo di parlarci fino a domani. Cosa ho fatto per meritarlo? Dove ho sbagliato?

"Finite le lezioni tu esci con me", aggiunge svelto, ringhiando per la rabbia.

Incredula torno a voltarmi verso di lui. Ho capito bene? Mi ha appena chiesto un appuntamento? D'accordo, sarà anche vero che non so nulla di uscite coi ragazzi e di storie d'amore, mi mancano le basi e probabilmente anche le fondamenta, ma gli inviti non dovrebbero essere rivolti con un sorriso?

Perché invece lui sembra furioso? Forse ho frainteso. O forse è proprio così che un uomo adulto invita fuori una ragazza. Una sorta di prova di coraggio, della serie: se accetti senza scappare per l'ansia, vuol dire che sei davvero interessata a me!

Oh, ma andiamo! Chi è che si arrabbia come un matto mentre sta invitando una ragazza ad uscire? Quando mai si è visto? E' ovvio che ho frainteso.

"Mi stai dando un appuntamento?", blatero incerta.

"Sì. Passo a prenderti alle due".

Non ci sto più capendo niente. Sono così confusa che non mi passa nemmeno nell'anticamera del cervello il pensiero che lui non mi abbia nemmeno dato la possibilità di accettare o rifiutare.

Cosa che non avrei fatto ovviamente. Ma sarebbe stato bello poter rispondere: "oh, David, finalmente ti sei deciso. Certo che esco con te. E, a proposito, ieri sera in effetti ho bevuto una birra con quel ragazzo di prima".

Comunque, il suo atteggiamento arrogante e sicuro di sé viene completamente schiacciato dal senso di euforia che mi fa vibrare lo stomaco.

Sul serio David Sentfhort mi ha appena urlato contro di uscire con lui? A me? Proprio a me?

Oh mio Dio.

Cosa dovrò indossare? Dove mi porterà? Perché vuole uscire proprio con me? E, a pensarci bene, non avrebbe dovuto regalarmi dei fiori?

Oh, mio Dio.

Ma poi, di colpo, la delusione torna a imprigionare la mia felicità in una morsa, facendola strisciare via, scorticandola tra i suoi artigli.

"Oggi non posso", dico dispiaciuta. E francamente, per la prima volta in vita mia sento di odiare mia madre. "Ho appuntamento dal ginecologo".

Le sue labbra si piegano in un ghigno cattivo. "Credi che Lucas non me lo abbia detto?".

Lo fisso paralizzata dal terrore. Sa di Lucas? Ti prego, ti prego, ti prego, dimmi che non è così. Dimmi che non sa che mi ha vista nuda. Ti prego.

"Altrimenti perché pensi che ti abbia chiesto di uscire con me?", riprende.

Lo fisso ammutolita. Cosa? Cosa ha detto? Stringo le labbra l'uno contro l'altra. Desideravo così tanto questo appuntamento, nutrivo così tante speranze... non posso crederci che stia andando così male.

"Tu non me l'hai chiesto, me lo hai imposto".

"Dio, Ashley", si passa nervoso le mani tra i capelli. "Adesso non fare la bambina".

"Sei tu che mi tratti come una bambina. Dai per scontato di sapere cosa voglio solo perché nel parcheggio di quel pub ti ho spifferato un sacco di stronzate. Ma non sai niente invece. Magari io non ho nessuna voglia di uscire con te".

Vedo che chiude gli occhi per un istante, e poi riprende a fissarmi. Okay, le mie parole non hanno scalfito la sua sicurezza nemmeno un po'. Eppure avrebbero dovuto.

"Non vuoi uscire con me?", domanda, il tono di colpo molto più basso, simile quasi ad un bisbiglio.

"No", lo sfido.

La sua mano scatta contro la mia guancia e con il pollice mi accarezza lentamente.

"Non vuoi uscire con me?", domanda ancora.

"No", ripeto, un po' meno convinta.

"Piccola", mormora, incurvandosi in avanti per guardarmi dritta negli occhi. Il pollice slitta lentamente dalla mia guancia alle mie labbra.

Oh, Dio.

Le accarezza piano, facendo una lieve pressione al centro per invitarmi ad aprirle. Appena lo faccio, il suo dito scivola dentro di qualche centimetro, sfiorandomi la lingua.

"Ora, te lo domando di nuovo", dice suadente.

Non devo cedere. Non cederò mai. Al diavolo David Sentfhort e la sua arrogante sicurezza. Glielo faccio vedere io!

"Vuoi uscire con me?".

"Sì".

Visto?

No, aspetta. Oh, Dio. Che cosa ho fatto? Perché sono così vulnerabile appena mi si avvicina? E perché lui lo ha capito prima di me?

"Mi hai gettata in una trappola bella e buona", mi infervoro. "Mi hai strappato questo "sì", con l'inganno. E' stato completamente disonesto. Se fossimo in tribunale il mio avvocato starebbe sicuramente sbraitando "obiezione".

"E il mio gli risponderebbe che ho tutte le attenuanti per aver agito in questo modo".

"Quali attenuanti?".

"Che sono pazzo di te".




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