TESTOSTERONE


POV ASHLEY

Proprio non riesco a capire come facciano le commesse quando gli scappa la pipì.

La sto tenendo da un'ora e onestamente non ce la faccio più. Oltre che a saltellare sui piedi e a tenere una coscia incollata all'altra mentre osservo l'entrata del negozio un secondo sì e l'altro pure nella speranza di vedere entrare la mia capa, sono completamente impotente. In balìa della mia vescica.

E se una commessa ha un attacco di dissenteria che fa? Si svuota nel cassetto dei contanti?

Sto seriamente prendendo in considerazione l'idea di appendere un cartello cin scritto "torno subito" quando la porta si apre e il mio cuore precipita sotto le suole immacolate delle mie loboutin.

Questa giornata sta diventando irreale. Seriamente irreale.

"Allora? Come è andata?", sarebbe una domanda lecita se a rivolgermela fosse Kate anziché Lucas.

Lo fisso di rimando, cercando riparo dietro ad un'espressione impassibile. Eppure sono certa di avere un'aria ebete e stravolta, della serie "il mio professore mi ha baciata e poi lo ha fatto di nuovo. E ancora. Trallallero trallallà".

Peccato che poi ha anche detto che non lo farà più, ma di questo non ne parlerò di certo con il suo migliore amico, che tra l'altro è il mio ginecologo.

Se David ha reagito così male solo nello scoprire che ho baciato qualcuno prima di lui... vabhe, non qualcuno. Uno solo! Un misero ragazzo. E glielo avrei detto se mi avesse lasciato il tempo di spiegarmi.

Ma non è questo il punto.

Se ha reagito come un pazzo solo per questo misero dettaglio, non voglio nemmeno immaginare cosa potrà mai fare quando scoprirà che Lucas mi ha vista nuda prima di lui.

Non che dia per scontato che David possa mai vedermi nuda. Voglio dire, meno di tre ore fa ha detto di non volermi più baciare. Quindi siamo ben lontani dal toglierci i vestiti.

Il suo ultimatum è stato chiaro: dimentica i baci che hai dato prima di me.

E lo farò. Lo giuro. Solo che probabilmente mi ci vorranno una ventina d'anni. Non si può dimenticare il primo bacio con uno schiocco di dita. Così, a comando. Non sono mica un robot. Ho dei sentimenti anche io.

E' assurdo. La sua pretesa è assurda.

"Salve, Luke", mantengo una distanza reverenziale.

Non voglio diventare sua amica. Mi ha vista là sotto per la miseria. Sarebbe come diventare amica di un ex fidanzato.

Il mio ginecologo si sporge sul bancone e posa i gomiti in una posa rilassata.

"Ha bevuto tutte le scorte di gin di quel pub ieri sera, dopo che te ne sei andata. Quindi, avanti, come è andata la lezione?".

"Vuoi sapere se ha vomitato il gin davanti a me?".

Ammicca furbo. "Non tirarla per le lunghe. Voglio sapere se finalmente il ragazzo prodigio si è stufato di fare lo spacca palle e ti ha baciata".

"Luke", sospiro messa alle strette. "Potremmo discuterne in un altro momento? Sto lavorando".

"Non ci sono clienti".

"Devo... devo sistemare i vibratori", invento, rendendomi conto in ritardo di quanto suoni volgare questa frase.

Chiudo gli occhi per sfuggire al suo sorriso sornione e mi maledico mentalmente.

"Non c'è qualcuno che può darti il cambio?", si guarda attorno.

"A momenti dovrebbe arrivare la titolare per la chiusura del negozio".

"Uhmm...", fissa l'orologio. "Ti aspetterei ma stasera sono invitato a cena dal tuo David".

"Shhh", gli tappo la bocca. "Non è il mio David. E' il mio professore e... ora devo lavorare", piagnucolo.

Dio, non ce la faccio più a tenere la pipì.

Si guarda ancora attorno, curioso, quindi torna a me leggermente più serio. "Avete anche dell'intimo femminile?".

No, di male in peggio. A questo punto avrei preferito di gran lunga parlare di David.

"Laggiù, su quello scaffale ci sono dei completi. Non... non sono... uhmm... molto eleganti".

Ammicca con quella sua espressione da schiaffi. "Allora saranno perfetti. Mi aiuti nella scelta?".

Controvoglia faccio il giro del bancone e gli faccio strada. "Che taglia le serve?".

"Una terza di seno e una seconda di slip".

"Faremo uno spezzato", decreto, pratica. Almeno non mi ha chiesto dei dildo. "E' fidanzato da molto?", chiedo, giusto per fare un po' di conversazione.

"Ho detto che è per la mia ragazza, non per la mia fidanzata".

Mi blocco con una confezione di slip leopardati in mano. "E non è la stessa cosa?".

"Forse per voi adolescenti. Non che con questo ti reputi immatura", si mette sulla difensiva. "Dico solo che, raggiunta una certa età, noi uomini tendenzialmente consideriamo una donna come nostra fidanzata solo dopo una proposta di matrimonio".

"Ah!", mugugno confusa.

C'è un abisso, mi rendo conto con una stretta al cuore. Tra la mia età e quella di uomini come Luke è David c'è un abisso abissale. Mi sento come se fossi inferiore a loro. Anzi no, come se fossi stupida. Non si tratta solo di esperienze di vita di cui, per forza di cose, sono carente su tutta la linea. Qui stiamo parlando delle basi su cui intavolare una relazione. E a me mancano tutte.

All'improvviso lo stesso bacio che io e David ci siamo scambiati perde di significato. Come posso dargli importanza quando non ho nemmeno la vaga idea di cosa possa passargli per la testa? Santo cielo! Io credevo di essermi fidanzata con lui praticamente da quando con le dita mi aveva sfiorato la coscia. Ed ora scopro che per uomini come lui, un bacio è solo un bacio. E che una ragazza non è una fidanzata.

Quindi, tirando le somme, mi ci vorranno vent'anni per avere un altro bacio e in teoria altrettanti per fidanzarmi con lui. Come fanno le coppie normali a sposarsi prima del loro novantesimo compleanno? Lo credo che i preti hanno detto che i giovani non si sposano più.

"Questi slip mi piacciono molto", Luke li osserva e li riposa nella scatola. "Fate anche confezioni regalo?".

"Certo", mugugno.

"Ehi, piccoletta?", si sorprende del mio tono. "Stai bene?".

"Ci siamo baciati", bofonchio. Tanto vale che mi tolga il peso.

Il suo sorriso è quasi contagioso. "Era ora".

"Solo che poi lui ha rovinato tutto".

"Me lo immaginavo", ruota gli occhi. "Scommetto che ti ha detto di essersi pentito, che è stato un errore, che non accadrà più e bla bla bla".

"Solo l'ultima parte".

"Non accadrà più, eh?", ripete scettico.

Metto lo scotch su un lato del pacchetto regalo. "Sul serio. Non accadrà di nuovo".

"Senti, lo so. E' una testa di cazzo e tu hai tutta la mia comprensione se vorrai gettare la spugna. Ma devi comprendere che in fin dei conti, se si comporta con cautela, è solo perché è il tuo professore".

Un pezzo di scotch mi rimane incollato al dito. Lo accartoccio e lo getto nel cestino. Dio, non ci sto con la testa. Mi tremano persino le mani.

"Non è questa la ragione per cui non vuole baciarmi più. Credo di non essere stata all'altezza e...", lo fisso guardinga, chiedendomi distrattamente quanto in là posso spingermi con le confidenze. "Si è arrabbiato molto quando ha scoperto che il suo, non era il primo bacio che ricevevo".

La sua risata mi fa sussultare. "Dio, è senza speranze. Conoscendolo, avrei dovuto arrivarci molto prima. Senti un po', ragazzina, non hai mai sentito parlare della leggendaria e proverbiale gelosia dell'Orlando Furioso? Ve l'ha insegnata il vostro caro, buon professor David?".

"Ha accennato l'argomento".

"Ecco, brava: dimenticalo. Scordati tutto ciò che sai sulla gelosia. Perché lui batte ogni primato".

Gli batto lo scontrino. "E quindi cosa posso fare ora?".

"Niente", si stringe nelle spalle. "Lascia che sia lui a gestire i suoi problemi. Tu non hai fatto niente di male. Ehi!", si blocca, sollevandomi una ciocca di capelli che mi è ricaduta sulla fronte per poter ispezionarmi negli occhi. "Davvero non hai fatto nulla di male. Quello sbagliato è lui. Gliel'ho detto centinaia di volte. Ha mandato a puttane ogni relazione per questa sua possessività". Allarga le braccia teatralmente. "Prendere o lasciare. David è così. Non lo cambi. Ma se sarai abbastanza astuta, riuscirai a rigirare ogni suo attacco di gelosia a tuo favore. Come ora. Credi davvero che lui voglia mettere a rischio la sua carriera per una ragazzina minorenne se non gliene importasse nulla? Quel ragazzo sta rischiando la galera per te. Vuole fare il geloso? E tu lasciaglielo fare. Quando si stuferà di pensare che quando avevi cinque anni hai baciato Ken, vedrai che tornerà strisciando e supplicando il tuo perdono".

"Non ho baciato Ken", ribatto indignata, ripensando comunque a quella volta che avevo baciato la fotografia di un cavaliere sul libro di storia. Comunque non era Ken.

Afferra il sacchetto riportante il logo nel negozio e lo nasconde nella ventiquattrore. "La mia ragazza sarà molto contenta".

"Diventerà mai la sua fidanzata?".

I suoi tratti giocosi scompaiono di colpo. "Dipende da lei. Solo da lei".

"Ma tu vorresti?". Oddio sono passata al tu involontariamente.

"Io....", tentenna, di colpo meno sicuro di sé. "Devo andare. Mi ha fatto piacere vederti".

Si avvia verso l'uscita, bloccandosi di colpo. "So che prima o poi il discorso salterà fuori, ma se ci tieni a me, non spifferare a David che ti ho vista la sotto".

"Il negozio è chiuso!", urlo al colmo dell'imbarazzo.

La sua risata lo accompagna fin fuori dal negozio ed io, sul serio, per poco non mi faccio la pipì addosso.

POV DAVID

Comunque per me la mia gelosia è normale. E' per il resto de mondo che non lo è. E proprio non riesco a capirne la ragione.

Una volta ho letto un articolo su Comix di come tenere controllata la propria moglie e la risposta era: chiudetela in cantina.

Visto?

Io non chiuderei mai Ashley in cantina. Ci mancherebbe. Al massimo, se proprio deve uscire, posso sempre accompagnarla. Così avrei il controllo della situazione. Basta sapersi organizzare. Se mai dovrà uscire di mattina potrei chiedere un permesso al lavoro o se proprio proprio proprio vorrà uscire la sera con le amiche potrei convincerle a fare un pigiama party. Tutte le donne amano i pigiama party. Perché lei non dovrebbe?

Se avessi il suo numero di telefono le scriverei per chiederglielo.

Invece devo starmene seduto dietro la cattedra in attesa che suoni la campanella di fine lezione.

La prossima ora ce l'ho con la sua classe e ho preparato un test per valutare il livello di preparazione dopo il primo trimestre.

Non so ancora come reagiranno gli studenti, ma tutto sommato la classe è composta da elementi validi, a parte quel Trevis. Devo ricordarmi di cambiarlo di posto perché ho notato che dal suo banco si ha la piena visuale delle gambe della mia Ashley.

Ah, e devo anche ricordarmi di cambiare penna perché questa non scrive più.

Dalla tasca del pantalone elegante sento la vibrazione del cellulare. Anche se non è propriamente corretto farne uso durante le lezioni – perché in teoria io dovrei dare il buon esempio ma in pratica ce lo hanno tutti nascosto sotto il banco, quindi tanto vale non stare a mettere i puntini sopra le i- do una rapida sbirciata al display per accertarmi che non sia mia sorella. Ieri sera l'ho messa su un treno insieme ai miei genitori e al momento dei saluti è scoppiata in lacrime. Sospettavo che la mia assenza da casa l'avesse in qualche modo turbata ma non credevo fino a questo punto.

Dovrò ricordarmi di parlarne con mia madre.

Non sono affatto soddisfatto di questo breve week end trascorso con loro. C'è stato davvero troppo poco tempo per parlare e non ho avuto modo di indagare sul presunto ragazzo che ha portato mia sorella in giro sopra la sua maledettissima macchina.

Ah ma se scopro che me l'ha toccata...

Il numero sul display è di Lucas, la bustina dei messaggi lampeggia. Ci pigio sopra il pollice e dopo ave lanciato uno sguardo furtivo alla classe, leggo in fretta:

Se nei messaggi del cell ci fosse stata la possibilità di inserire l'oggetto, quello sarebbe stato "sei una testa di cazzo". Com'è che non hai più intenzione di baciare Ashley?

Ruoto gli occhi infastidito e ripongo il cellulare senza rispondergli. Non so quanto mi piaccia che lui e Ashley si siano visti al negozio in cui lavora.

La campanella suona, accompagnata dallo stridio di sedie spostate all'indietro e il tonfo di molti libri richiusi e gettati nello zaino.

Saluto gli studenti e lascio la 2 B per andare dalla mia piccola. Cioè, nella sua aula.

"Buongiorno, ragazzi", saluto cordiale.

Non devo guardare Ashley negli occhi. Non devo. Non devo. Non devo.

Magari solo una sbirciata veloce.

La guarderò giusto per un secondo, magari durante l'appello, mantenendo uno sguardo neutro e distogliendo subito gli occhi per riposarli sul registro. Di solito guardo tutti i miei studenti, perché non dovrei farlo con lei? Devo solo mettere a tacere l'eccitazione che mi tiene in ostaggio quando c'è lei nei paraggi e tutto filerà liscio.

Sono un uomo di quasi trent'anni, santo cielo. Sono assolutamente capace di mantenere un certo contegno davanti ad una bella donna.

Appunto.

Andrà tutto bene.

Prendo il registro e inevitabilmente gli occhi scivolano sulla quinta riga: Ashley McBerry.

Non ce la faccio, non ce la faccio.

Muoio dalla voglia di sapere che sta facendo. Mi sta fissando? Non mi sta fissando? E' arrossita? E' svenuta per l'ansia?

Che cazzo sta facendo, per la miseria?

"Professore, scusi? Oggi facciamo lezione normale o c'è il test?", sento un vocina dal fondo dell'aula.

"Mmm", mugugno distratto. Non ricordo cosa ho in programma per la lezione. Com'è possibile? Dio, quella ragazza mi manda a puttane il cervello. L'occhio mi cade sui fogli di protocollo che si intravvedono dalla mia valigetta aperta e tiro un sospiro di sollievo. "Test".

"No!!!", esclama un coro.

"Non possiamo rimandarlo a mercoledì?", cerca di convincermi Trevis.

Quel ragazzetto mi sta sulle palle.

"Vuole un'insufficienza?", dico annoiato, posando i protocolli sulla cattedra. Alla mia sinistra scorgo una ragazza con una coda di cavallo e gli occhiali dalla montatura spessa e glieli allungo. "Può distribuirli, per favore?".

"Prof", si lamenta Trevis.

Ma sta ancora parlando questo qui?

"Perché vuole darmi un'insufficienza? Le ho solo proposto di spostare il test".

"Se vuole che venga spostato è perché al momento è impreparato. Quindi si merita un'insufficienza. E... a proposito", sollevo un dito e gli faccio cenno di alzarsi. "Cambi posto, per cortesia. Venga a sedersi vicino a me".

"Ha paura che possa copiare?".

No, ho paura che mi guardi la mia piccola.

"No, dato che prendi insufficiente anche quando copi".

"Questo è il mio banco. Perché devo cambiare posto? Ci sono seduto dall'inizio dell'anno", brontola.

Ah! Quindi è dall'inizio dell'anno che guardi le gambe alla mia Ashley?

Bravo! L'insufficienza, ragazzo, non te la toglie nessuno.

"Trevis", sbuffo. "Cambi posto da solo o vengo a prenderti io?".

"Che palle", mugugna.

"Siediti qua", indico una sedia libera in prima fila, accanto alla finestra. Sta cominciando a farmi male il collo e onestamente sto anche cominciando a sentirmi un po' stupido a parlare con una classe intera senza mai togliere gli occhi dal registro.

Dio che stress. Cominciano a farmi male gli occhi. Voglio guardarmi attorno. Voglio vedere Ashley.

"Dopo l'appello, avrete un'ora di tempo", avverto la classe, appena l'occhialuta si siede. "Lucy Anderson".

"Presente".

Sollevo lo sguardo, puntandolo contro l'oca travestita da studentessa. Il suo sorriso è abbagliante e assolutamente seducente. Come la scollatura della maglia che si apre su un seno prosperoso, sodo e decisamente troppo in mostra. Ma come cazzo si fa...

Distolgo lo sguardo prima che mi sfugga una smorfia infastidita e proseguo.

"Bettany Cooper".

"Presente".

Ecco l'altra degna compara. Non saprei proprio dire chi delle due sia peggio dell'altra. Certo, se fossi un studente farei il diavolo a quattro per portarmele nei bagni della scuola e... quasi quasi metto Trevis seduto in mezzo a loro due, così ha ben altro cui guardare.

"Trevis Lewon".

"Presente, prof".

Schiocco le dita e, anche se non lo sto guardando, so che di avere la sua attenzione.

"Si metta tra la Anderson e la Cooper".

"Devo cambiare posto di nuovo?", sbuffa.

"Sbuffa di nuovo e ti farò cambiare posto ogni tre minuti fino alla fine della lezione".

"Prof, ma ce l'ha con me?".

"No". E ora taci, che dopo il tuo nome c'è quello della mia piccola.

Le darò un'occhiata veloce. Non dovrà durare più di tre secondi al massimo. E manterrò lo sguardo fermo e distaccato. Sarò pietra. Una sfinge. La guarderò come si guarda fuori dalla finestra quando si è distratti e poi tornerò al registro. Magari farò persino spallucce, della serie: ti ho guardata, e allora?

Farò così. Sì, faro così. Nessuna emozione. Nessun cedimento. Ho tutto sotto controllo. E' solo una bella ragazza. Posso gestirla. Posso guardare una bella ragazza per tre secondi senza ritrovarmi a ragionare con l'uccello.

Ce la posso fare. Ce la posso fare!

"Ashley MacBerry", pronuncio quasi svogliato.

"Presente".

Non ce la faccio. Non ce la posso fare.

Merda quanto è bella.

Ma come si fa, dico io, a guardarla solo per tre secondi?

Mantieni la calma, David, e andrà tutto bene.

E magari adesso abbassa lo sguardo.

Abbassalo.

"Daniel Steckhouse", riprendo.

"Presente".

Non devo pensare che due giorni fa l'ho baciata. Non ci devo pensare. Ma lei è qui e mi sta mandando in confusione il cervello. Non so per quanto ancora riuscirò a tenere a bada i miei più bassi istinti. Perché lei li sta minacciando, mi rende incapace di intendere e volere, e la cosa assurda è che lo fa involontariamente.

Non ho nemmeno il tempo di finire l'appello che ho già pensato a milioni di scuse per allontanarla dall'aula con una scusa che non possa attirare su di noi l'attenzione del resto dei ragazzi presenti. Ma sono scuse del cazzo. La peggiore di tutte è chiederle di andare a prendere dei gessetti e poi raggiungerla con la scusa di dover parlare con un professore. Ma a che cristo servono dei gessetti in un'aula mentre si sta facendo un test?

"Un'ora di tempo da adesso", sentenzio. "In bocca al lupo".

L'aula piomba nel silenzio assoluto e con la scusa di controllare se sono tutti concentrati sul proprio foglio lascio vagare lo sguardo lentamente per l'intera stanza, banco dopo banco, faccia dopo faccia. Fino ad Ashley.

Le lancio un'occhiata di sottecchi e la trovo assorta, la penna stilografica infilata in bilico tra il labbro superiore e il naso.

Si volta e mi fa un sorriso timido, quasi nervoso.

"Ci stai pensando anche tu? Non è così?", cerco di comunicarle con lo sguardo.

Ma lei torna al suo compito prima che io possa rendermi conto di cosa le sta frullando per quella testolina. Dio! E' frustrante.

Le accarezzo il maglioncino con gli occhi tenendo contemporaneamente sott'occhio le ragazze che le stanno sedute vicino per essere certo che nessuno si accorga che sto sbavando come un san bernardo.

Francamente non è l'abbigliamento più eccitante che abbia mai visto addosso ad una donna ma, Gesù, come lo indossa lei... il suo corpo magro e minuto trasforma in sexi ogni cosa, rendendola ai miei occhi femmina allo stato puro. Ashley è la miccia che fa esplodere il mio testosterone.

Cerco di distrarmi fissando le lunghe file di neon appesa al soffitto ma è tutto inutile.

Quaranta minuti alla fine della lezione. Ce la posso fare. Calma, David, calma.

Con la coda dell'occhio vedo Ashley scostarsi una ciocca di capelli dalla spalla e il mio sguardo corre immediatamente al suo collo e alla striscia di pelle pallida che le scende dietro l'orecchio.

Immagino di leccarla proprio lì, su quella vena che pulsa al ritmo del suo cuore. E questa immagine mi proietta verso altre decine di immagini di me e lei. Di me sopra di lei. Delle sue piccole mani che mi stringono il collo in un abbraccio, dei suoi occhioni da cerbiatta che mi invitano a sfiorarle le labbra. Del suo profumo così buono che mi manda in estasi...

Oh, al diavolo le buone maniere. Me la scoperei senza alcun riguardo sopra quel maledetto banco, cazzo.

Frustrato cambio posizione sulla sedia e sistemo la stoffa dei pantaloni all'altezza del cavallo.

Non arriverò vivo alla fine della lezione.

Disperato premi i palmi sulle tempie e dal sadico che sono azzardo un'altra occhiata verso di lei. Vedo la sua lingua inumidire le sue labbra carnose, spoglie per me da qualunque artificioso rossetto, nude e in attesa di essere assaggiate.

E questo gesto consuma completamente la miccia, facendo eplodere il mio testosterone in mille pezzi mi martoriano il cervello.

In un attimo non capisco più niente.

Arraffo il cellulare e digito veloce un messaggio a Luke:

Ricordi il sistema che avevamo escogitato al liceo per svignarcela dall'ora di matematica? Tra due minuti, quarta aula al secondo piano.

La risposta mi arriva subito dopo: Arrivo.

Ed io mi lascio cadere sfinito sullo schienale.

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