SII FELICE

POV ASHLEY

"Avresti dovuto dirmelo", lo accuso di punto in bianco, lasciando cadere la matita sopra gli appunti.

David non solleva nemmeno lo sguardo dal proprio libro. Resta comodamente sdraiato sopra il suo letto, le caviglie incrociate e le braccia intrecciate dietro la testa. La maglietta bianca è tesa sui muscoli ed è abbastanza corta da lasciar scoperta una piccola striscia di pelle all'altezza dell'ombelico.

"Dirle cosa, signorina McBerry?".

"Che la professoressa di greco ti fa il filo. E che questa notte non sei affatto tornato a casa a dormire e che odi fino alle viscere Harry Stiles e che...".

"A quanto pare, mia sorella si è fatta prendere un po' la mano, eh?".

Strabuzzo gli occhi.

Si è lasciata prendere un po' la mano? Solo un po'?

Sarebbe come dire che Trump è solo un tantino dispotico.

"Avresti dovuto dirmelo", ripeto, incrociando le braccia al petto per dare più incisività alla mia accusa.

Peccato che lui non mi sta ancora guardando. Chissà cosa starà leggendo di così interessante?

"Che odio Harry Stiles?", il suo tono è sospettosamente neutro.

"No, non questo. Ma magari avresti potuto accennarmi il fatto che questa notte non sei tornato".

"Ashley?", mi chiama dolce, sollevando gli occhi per un istante.

"Sì?".

Gli occhi tornano a concentrarsi sul libro. "Questa notte non sono rientrato".

Infastidita mi getto sul letto, accanto a lui, e il libro gli scivola dal petto. "Avresti dovuto dirmelo prima".

"E quando? Non ci siamo visti", ribatte serafico.

"Potevi telefonarmi".

"Per dirti?".

"Che non saresti rientrato", perdo le staffe. Possibile che non ci arrivi? Non so niente di relazioni, ma queste sono le basi santo cielo!

"Ashley, guarda che la storia degli uomini che se stanno fuori tutta la notte è per scoparsi una donna, è appunto una storia. Se avessi conosciuto una me ne sarei tornato molto prima".

Lo fisso incerta. "Perché saresti tornato prima?".

"Perché il sesso implica complicazioni se non si mettono da subito dei paletti".

"E i paletti sarebbero l'orario di rientro?".

Si stringe nelle spalle. "Nessun uomo vorrebbe risvegliarsi accanto a una donna di cui non ricorda il nome".

"Quindi, stasera posso rientrare anch'io alle sei del mattino?".

"Premesso che sono rientrato alle nove meno sette minuti", mi corregge, diventando serio, "per te è diverso".

"Perché?".

"Perché sei una donna".

"Suona un po' maschilistico".

"Lo so", ride, gettandosi indietro i capelli con una mano. "Ma che ci vuoi fare? Sono un uomo all'antica. Preferisco sapere la mia fidanzata a casa sua piuttosto che in giro per locali".

"Mentre tu puoi fare quello che vuoi", mi indigno.

"No. Io posso fare quello che vuoi tu, sciocca ragazzina". Mi acciuffa sotto le ascella e mi solleva sopra di sé. "Se ti da fastidio che faccia tardi, non hai che da dirlo".

"I professori non fanno le nove di mattina".

"I professori non fanno nemmeno questo", mormora, infilando una mano dietro alla mia nuca per avvicinarmi il volto al suo.

Le sue labbra schiudono lentamente le mie, senza fretta, godendosi i primi attimi di quel bacio che ha tutta l'aria di doversi trasformare in qualcosa di travolgente.

"Sei ancora arrabbiata?", mi domanda a un centimetro dalle mie labbra.

I suoi occhi scuri vagano nei miei, avvolti in un'espressione che oscilla tra l'urgente e l'ironico. E mi guardano. Mi guardano per davvero: immobili, implacabili. Scavano e scavano, alla ricerca di qualcosa che non voglio che riescano a trovare. Perché incontrerebbero tutti i miei dubbi. Dubbi che tra l'altro mi vengono solo quando le sue labbra toccano le mie.

Non ho ancora ben chiaro che potere abbiano, ma sembra che riescano a far riemergere la parte razionale che di solito mi impedisce di fare sciocchezze.

E baciare DaVid Sentfhort è la più grande idiozia che ho atto in tutta la ma vita.

Intendiamoci, ogni donna del pianeta, solo guardandolo, venderebbe l'anima al diavolo pur di farsi baciare da un uomo simile. Il punto è che io non sono una qualunque donna del pianeta.

Eppure, mentre ancora sto pensando a quanto reputi un'emerita idiozia lasciarmi coinvolgere da lui, abbasso il volto verso il suo. Lo faccio lentamente, prendendomi del tempo per cambiare idea e lasciandone a lui per respingermi.

Lo avvicino ancora di un centimetro, consapevole che mi sto muovendo nella direzione sbagliata e verso l'uomo sbagliato.

E al centimetro se ne aggiunge un altro, e un altro ancora. Finché la sua bocca entra di nuovo in contatto con la mia e, come temesse di vedermi fuggire, con la mano mi cattura la nuca, tenendomi legata a sé in quello che è il bacio più emozionante della mia vita.

Le sue labbra si nutrono delle mie, massaggiando, mordendo, succhiando in un rassicurante e allo stesso tempo folle desiderio che cancella come un colpo di spugna ogni mio dubbio.

Arriverà il momento in cui la realtà tornerà a bussare contro di noi ma, nell'attesa, perché privarci di quello che abbiamo? I rimpianti non sono forse più malinconici dei ricordi?

Pianificare la vita va bene, la rende serena e rassicurante. Ma è improvvisando che la rendiamo felice. E onestamente fingere che David Sentfhort non abbia questo particolare ascendente su di me alla lunga mi sta stancando. E' una inutile dispendio di forze.

"Avevo in mente di interrogarti, lo giuro", lo sento ansimarmi contro.

"Preferisco quando mi baci", rido.

"E' politicamente scorretto sedurre il professore", protesta.

"Sei stato tu a cominciare".

"Ma tu, ragazza, mi dai corda, eh".

Mi fingo scioccata, sgranando gli occhi in un'espressione inorridita. "Mi hai trasformata in una donna smaliziata e senza un minimo di pudore. Come hai osato?".

"Anche io ero un bravo ragazzo prima di incontrare te".

"Guarda che non sei più credibile".

"E da quando?".

"Da quando ho parlato con tua sorella".

Rassegnato si passa entrambe le mani tra i capelli e di nuovo a sua maglietta si tende sui pettorali. Seguo il movimento con gli occhi e lui se ne accorge, a giudicare dal sorrisetto malizioso.

"Che altro ti ha detto mia sorella?".

"Che...". Deglutisco e cerco di spostare lo sguardo, ma è incollato ai suoi bicipiti, assetato da quella vista. Incapace di farne a meno. E' assurdo il modo in cui riesce ad essere sexy in ogni posa.

"Piccola? Respira", mormora dolce, dandomi un colpetto col dito sotto il mento per sviarmi lo sguardo.

Sento le guance andare a fuoco.

"Cosa mi hai chiesto?", balbetto confusa.

Riecco il sorriso soddisfatto. "Ti avevo chiesto di mia sorella".

"Ah!". Mi schiarisco la voce, nel disperato tentativo di far riappacificare bocca e cervello. "Tua sorella mi ha detto che cambiavi donna ogni sera. Per questo non sei credibile quando dici che eri un bravo ragazzo. E obbiettivamente mi domando come tu possa aver scelto me tra tutte".

"Primo, io non ti ho affatto scelta. Sei tu ad aver scelto me. Secondo, tu sei il motivo per cui non ho più bisogno di cambiare donna ogni sera perciò, credimi, sono assolutamente un bravo ragazzo. E il fatto che tu sia ancora vestita lo dimostra largamente".

"Oh!", mi agito, accorgendomi solo adesso di essere ancora cavalcioni sopra di lui. "Ti sto provocando? Scusami".

Cerco di scendere ma con uno scatto veloce le sue mani mi imprigionano i fianchi, tenendomi dove sono.

"Sì, mi stai provocando", ammette con una smorfia. Le mani scivolano un po' più giù, verso le natiche. Poi sulle cosce. E infine, lentamente, tornano a posizionarsi contro i fianchi. "Bada che non ti sto rifiutando ma credo di poter resistere alla tentazione di rovesciarti sopra questo letto. Sai? Ci sarebbe mia sorella qua fuori".

"E se non ci fosse?", ipotizzo.

Un lampo seducente gli accende lo sguardo e la presa sui fianchi aumenta.

"Se non ci fosse...", prende un lungo respiro, lasciando scivolare lo sguardo contro il mio seno, "piccola, se non ci fosse la mia lingua non si sarebbe limitata ad assaggiarti la bocca. Eh no", mi rimprovera bonario, "è inutile che ora mi arrossisci. Non te lo ha insegnato nessuno che un uomo non va mai provocato?".

POV DAVID

Intendiamoci, non è che io abbia proprio qualcosa contro i romanticismo. Semplicemente lo reputo inutile.

E anche un po' una presa per il culo. Perché, sia chiaro, quando noi uomini ci nascondiamo dietro a una frase romantica o a un'emoticon su wattsapp, lo facciamo seguendo un istinto primordiale. E lo facciamo appunto per nascondere il fatto che non sempre riusciamo a mantenere il sangue freddo. Capita spesso di avvertire dell'attrazione verso qualche persona capace di sollecitare una reazione fisica da parte nostra e il più delle volte non ci prendiamo nemmeno il tempo di ragionarci sopra perché non merita la nostra considerazione. Ma c'è sempre l'eccezione. C'è sempre quella ragazza particolare che si insinua perversa e perfida nella nostra mente, scatenando impulsi assopiti. Ed ecco che allora scorriamo lo screen del cellulare alla ricerca di un adesivo carino e romantico che possa farci apparire meno carnali. Che possa far loro credere che noi uomini non siamo fatti solo di istinti, quando la realtà è che l'uomo è simile in tutto e per tutto alle altre razze animali.

E onestamente ci sarà un cazzo di motivo se le scimmie non si scambiano le banane sugli alberi ma passano subito al sodo, no?

Persino i cani, per corteggiarsi, si annusano il sedere!

Ora, non è che sto pretendendo che Ashley mi permetta di annusarle il fondo schiena. Voglio dire, fino a qui ci arrivo anche io. Ma starmi seduta sopra l'inguine, muovendosi ogni due secondi, sorridendomi come se fossi il migliore uomo di questo mondo e mugolando quando le mie mani le hanno stretto i fianchi, dovrebbe costituire un'attenuante per i miei bassi istinti.

Credo che nessun essere pensante e normodotato possa riuscire a pensare a una cazzo di frase romantica mentre ha una donna seduta sopra di sé.

Eppure io l'ho fatto. E non solo! Le ho anche permesso di tenersi tutti i vestiti addosso. Il ché mi fa dubitare fortemente delle mie capacità di giudizio. Perché è evidente che sono diventato un emerito coglione. Se lo sapesse Lucas mi penderebbe per il culo fino alla pensione. Probabilmente mi tirerebbe puro uno schiaffo. Cosa che tra l'altro sto facendo da dieci minuti mentre mi guardo riflesso allo specchio.

"Lo sai che le donne si schiaffeggiavano le guance quando ancra non avevano inventato il fard?", irrompe mia sorella nel bagno per recuperare il beauty.

"E che sarebbe il fard?".

"Una polvere magica che ci fa apparire più belle ai vostri occhi".

"Lo sapevo che voi donne eravate delle streghe. Dovrebbero riproporre il rogo. Non è giusto raggirarci con pozioni e incantesimi".

"E' un colore che mettiamo sulle guance, idiota". Estrae qualcosa dal beauty. "Eccolo qui".

Osservo la scatolina e torno subito a fissarmi allo specchio.

"Così, giusto per curiosità, hai bisogno che ti tiri qualche schiaffo pure io?", propone angelica.

"Credo di potermi arrangiare".

Lizzy si siede sul bordo della vasca e accavalla le gambe. "Forza! Dimmi che è successo".

"Ashley mi fa uscire di testa".

"Avete litigato?".

"No".

"E allora cosa?".

"E' piccola".

"Per piccola intendi immatura o...".

"E' piccola perché io possa toccarla".

"Quindi è per questo che non hai fatto sesso con lei", ci arriva finalmente.

Mi lascio sfuggire un verso disgustato. "Potesti evitare di pronunciare la parola sesso davanti a me? E comunque sì. E' questo il motivo. Peccato che a lei non sia ben chiaro. Infatti non fa altro che provocarmi".

"E gli schiaffi ti servono perché hai ceduto?".

"No, mi servono perché non sono riuscito a cedere. Il ché fa di me un coglione".

"Un coglione piuttosto contradditorio", sghignazza, spostandosi in avanti per bloccarmi un polso. "Basta adesso. Ti verrà la faccia gonfia e tra poco mamma e papà saranno qui. E, lo dico per te, ma sarebbe meglio che spostassi quel tappeto dalla veranda".

Mi volto di scatto. "Mamma e papà saranno qui?".

"Te lo avevo detto".

"E quando?".

"Lo scorso lunedì, al telefono. Essere innamorato ti rende un po' distratto, eh?".

"Non sono affatto innamorato. Sono...", mi blocco, cercando la parola giusta. Amarla? No, certo che no. Sono infatuato, questo sì, ma amarla è una parola molto grossa. Troppo grossa anche solo per pensarla. Anche se... perché, nonostante tutta la merda che abbiamo attorno, sto cercando comunque in tutti i modi di stare con lei? Cristo, non lo so! Non so un cazzo di ste cose. "Bha, lascia perdere. Non so nemmeno io cosa provo".

Esco da bagno e inforco gli occhiali da sole mentre cerco le chiavi di casa.

"Dove stai andando?", domanda Lizzy.

"A fare la spesa".

"Tu fai la spesa?".

Blocco la mano sul mobile dell'ingresso, sospendendo la ricerca delle chiavi. "Che c'è di strano?".

"Come fai a sapere cosa comprare se non sai cucinare?".

"I bastoncini Findus si cucinano da soli. E poi è un piatto italiano, farò un figurone".

"Non è un piatto italiano, è solo un surgelato. Se vuoi te la faccio io la spesa".

Riprendo la ricerca delle chiavi e appena le trovo incastrate sotto un libro di letteratura gliele passo. "Mi faresti un gran piacere".

"Potrei chiamare Lucas se non è di turno in ospedale".

"Lucas? Perché?".

"Per farmi aiutare con le borse, così tu intanto resti qui a sistemare casa".

"Non se ne parla".

Devo aver usato un tono troppo acido perché è raro lasciarla senza parole per più di due secondi di fila. E infatti ne impiega quasi dieci per ribattere:

"Perché?".

"Non ti manderei con Lucas nemmeno in chiesa".

"Sei sempre il solito esagerato. Ti comporti così anche con Ashley?".

Sorrido perfido. "Con lei molto peggio".

"Ti mollerà", decreta noncurante.

"Staremo a vedere".

"Ci vediamo dopo, fratellone", mi saluta, senza più insistere sulla faccenda Lucas.

Cosa che mi fa venire un cazzo di dubbio mentre sto rifacendo il mio letto. Getto il cuscino sopra il piumone e torno di là a cercare il cellulare. Come immaginavo trovo un messaggio vocale di Lucas:

Sono con tua sorella. Mi ha chiesto una mano e mi ha detto che tu sei d'accordo. Non ho intenzione di approfittarmi di lei nel parcheggio del market quindi evita di uscire di testa.

I miei pensieri prendono subito una brutta piega. Cosa cazzo deve fare un uomo per poter avere un attimo di pace? La donna che esce con me al momento sta vendendo vibratori a porci assatanati e mia sorella è in macchina con uno di questi. Ma come cazzo si fa?

Esco in veranda e mi accendo una sigaretta, guardando di sfuggita, in un gesto automatico, la villetta di Ashley, pur consapevole che essendo al sexy shop non ho alcuna possibilità di intravvederla mentre rientra a casa o affacciata alla finestra.

Mi capita spesso la sera di mettermi qui, seduto sul dondolo, a bermi una birra e a guardarla passare distratta davanti alle finestre, illuminata dalla luce artificiale dei lampadari. E tutte le volte è così dannatamente bella che poi non riesco a prendere sonno prima dell'alba. Non la guardo per spiarla ovviamente, anche se questo mi ha permesso di scoprire che non esce spesso la sera nonostante i numerosi inviti che sento rivolgerle dagli studenti.

Sto spegnendo la sigaretta sotto la suola della scarpa quando mia madre si affaccia sul vialetto, il braccio teso in alto in saluto.

"David!", urla felice ma subito si rabbuia. "Che ci fai seduto sui gradini qua fuori?".

"Fumavo una sigaretta".

"Dovresti smetterla di fumare. Te l'ho detto mille volte". Si avvicina e mi si siede accanto, cingendomi le spalle con un braccio. "Ciao, piccolo".

La bacio sulla guancia. "Ciao mamma. Dov'è papà?".

"Sta parcheggiando da qualche parte. Non so dove. Hanno tappezzato la via con cartelli di divieto".

"Ah, già", mi ricordo. "Questa notte effettueranno il lavaggio della strada. Avete fatto buon viaggio?".

"Lungo eterno", ruota gli occhi e sposta il braccio. "Tuo padre e la sua prudenza! Non ha mai fatto più delle cinquanta miglia. Nemmeno in autostrada. Lizzy è dentro?".

"E' con Lucas a fare la spesa", borbotto.

E devo aver borbottato proprio alla grande perché scoppia a ridere. Mia madre è la sola a sapere della scappatella che Lizzy ha avuto con Lucas, solo che, al contrario di me, ne è sempre stata entusiasta, tanto che quando la relazione durata cinque minuti esatti si è conclusa grazie a me, mi ha tenuto il muso per una settimana. Comunque le è passata quando le ho regalato una nuova padella per fare le crepes.

Controllo l'orologio sul polso. "Dovrebbe essere qui che arriva".

"Tu e Lucas siete propri due strani amici", commenta, guardando la strada. "Vi volete bene come fratelli ma alla prima occasione ve le suonate".

"E' lui che se le cerca".

"E forse sei tu ad essere intollerante", ammicca, complice.

"Entriamo?", taglio corto.

"No, restiamo qui ancora un po'. Mi piace la tua veranda, l'hai sistemata bene". Ruota i fianchi per guardare le sdraio in bambù che ho comprato ai saldi di fine stagione al mercato artigianale. "Quelle sdraio devono essere proprio comode eppure tu te ne stai seduto su dei gelidi gradini come un condannato".

"Perché credi che io sia un condannato?".

"Hai quella faccia... quella che metti sempre quando qualcosa ti impensierisce".

E deve proprio essere una faccia da condannato a morte perché tutto ad un tratto la sua mano si posa sul mio ginocchio, massaggiandolo in una carezza consolatoria. Mi scappa un sospiro; le madri e il loro cazzo di sesto senso. Come diavolo riescono a capirti ancora prima che tu abbia il tempo di spiaccicare verbo?

"Ho qualche pensiero, nulla di ché".

"E stai cercando di risolverlo seduto qua fuori? Lascia che te lo dica, David, la tua tecnica di riflessione è un po' da rivedere".

"Senz'altro. Anche perché non sembra funzionare un granché".

"Ah!", commenta, d'un tratto tutta sorridente.

"Che c'è?".

"Ah, centra una ragazza", commenta felice. "Speravo tanto che arrivasse il momento".

Scrollo la testa, sforzandomi di non reagire male. "Speravi di vedermi qui fuori a pensare ad una ragazza come un cane in pena?".

"A dire il vero speravo semplicemente che anche tu finalmente ti fermassi a pensare ad una sola ragazza".

"Smettila di essere così compiaciuta. Non hai mezza ragione per esserlo".

"Vedremo", sospira deliziata. "Quindi, qual è la triste confidenza che vorresti farmi ma che non hai il coraggio di dire?".

La guardo storta, tastando a terra alla ricerca del pacchetto di sigaretta. "Non è affatto triste è... complicata".

"Allora la semplifico io: è minorenne".

Mi volto di scatto e la sigaretta mi scivola tra le dita. Ma che cazzo...

"Come lo sai?", domando, cercando di apparire calmo.

"Me lo ha detto Lizzy", risponde ovvia.

E ti pareva...

"E io aggiungerei che stai rischiando grosso".

"Credi che non lo sappia? Almeno dieci anni di galera con l'accusa di plagio di minore".

"Come sei drammatico. L'hai toccata?".

"Mamma!", sbotto, espirando una lunga nuvola di fumo.

"Rispondi".

"No, eddai".

"No, non l'hai toccata o no, non voglio parlarne?".

"Tutte e due".

"Se non l'hai toccata non possono muovere accuse su di te". Mi studia dolce. "E so che non sei stato fermo senza informarti a riguardo. Quindi è inutile che ti fasci la testa prima del tempo".

Il brutto di confidarsi con le madri è che , avendoti cresciuto, sanno esattamente tutto ciò che fai senza nemmeno guardarti.

"E' ovvio che mi sono informato", concedo riluttante. "Il punto è che se questa storia dovesse saltare fuori, Ashley rischierebbe di passare per una poco di buono. Cosa mai dovrebbe pensare la gente di lei?".

"Che è innamorata?".

"Non puoi saperlo".

"Invece lo so".

"Lo dici solo perché sei mia madre. Per te è inconcepibile che qualcuna non possa amarmi. Non sei un soggetto obiettivo".

"Col carattere che ti ritrovi? Onestamente mi domando come sia possibile che qualcuna possa anche solo prendere in considerazione l'idea di uscire con te per più di un mese consecutivo. Scommetto che tu ed Ashley vi siete già fatti delle grosse litigate".

Sorrido mio malgrado. "Qualcuna".

"L'hai già segregata in casa?", cerca di scherzare.

"Ci mancavi solo tu guarda... ma quando arriva papà?".

Mi da dentro col gomito. "Stavo solo cercando di farti ridere. Non c'è nulla di male a essere gelosi e un poco insicuri quando si è innamorati".

"Stai usando parole grosse solo per vedermi reagire in qualche modo?".

"Confesso che mi piacerebbe sentirti finalmente ammettere che sei cotto come un qualunque mortale ma la realtà è che sto cercando di aprirti gli occhi sui rischi che stai correndo lottando contro te stesso per non concederti a lei. Perché, sia chiaro, la scusa che è minorenne fa acqua da tutte le parti".

"Li so i rischi che corro", cantileno annoiato.

"Ne sei sicuro? Perché da quello che ho sentito fino ad adesso, non mi pare che tu abbia preso in considerazione nemmeno per un secondo ciò che ti rende felice".

Butto fuori l'ultimo sbuffo di fumo e spengo la sigaretta. "La felicità è sopravvalutata".

"Quindi sei disposto a trascorrere la tua vita con una donna che non ti rende felice?".

"Cosa ti fa credere che io voglia allontanare Ashley dalla mia vita?".

"Il fatto che sei ancora seduto su dei duri gradini".

Sarà che mia madre sarebbe capace di far incazzare pure Madre Teresa di Calcutta, ma queste ultime parole mi hanno assestato un bel colpo, prendendomi pure allo sprovvista. E mi hanno fatto incazzare. Dio se ci sono riuscite.

Non ho mai preso veramente sul serio l'ipotesi di lasciare Ashley, per quanto abbia tentato di tenermi alla larga da lei. E cazzo se ci ho provato. Era sempre stato il mio piano iniziale: togliermi lo sfizio e poi lasciarla andare, libera di farsi la sua vita come una ragazza qualunque della sua età.

Peccato che il problema dei piani, anche i più machiavellici, è che prima o poi devono scontrarsi con la realtà. Uno si prepara sulla base di ciò che vuole e poi va sempre a inciampare su ciò che non sapeva nemmeno di desiderare. La verità vera è che io ho sempre saputo di non essere pronto per una persona come Ashley, peccato che a lei questo non passi nemmeno per l'anticamera del cervello. Mi vede come un eroe fatto e finito. Un uomo con una laurea, affermato e con un curriculum di donne infinito, con una casa propria e una carriera avviata e collaudata. Peccato che io non sono questo. Io non sono un eroe. E non sono migliore di lei. E, confessione per confessione, ho anche molta più fifa di lei ad ammettere che sono innamorato cotto.

"Cosa dovrei fare?", domando in soggezione. E' davvero deprimente che io mi ritrovi seduto per terra a farmi dare consigli sentimentali dalla mamma. Alla mia età poi! Eppure non riesco a farne a meno. Cazzo! "Dovrei fidanzarmi con lei e ignorare la sua giovane età? Le precluderei la possibilità di farsi le giuste esperienze".

"Per essere un uomo intelligente sai essere anche molto stupido", obietta.

"Prima o poi vorrà provare a uscire con qualcuno della sua età".

"E allora cerca di eliminare la concorrenza".

"E come?".

"Apprezzandola per quello che è. Senza spronarla a sembrare più grande, senza continuare a farle pesare che è giovane".

"Come se fosse semplice".

"E' semplice".

"E lei è a tutti gli effetti giovane".

"Lo sei anche tu", si ostina. E, cazzo, quando una madre si ostina sei fregato in partenza. Solleva il braccio per fare un cenno a mio padre che sta attraversando la strada, cercando di orientarsi tra le varie villette a schiera.

"Hai un consiglio sensato da darmi?", l'accuso in fretta.

"Sii felice, senza alcun timore di esserlo", annuisce, soddisfatta della sue frase, quindi mi da una pacca sul ginocchio e si alza. "E sposta quel tappeto dalla veranda, disgraziato".


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