SENZA FUTURO

POV DAVID

Voglio prendere a schiaffi il mio subconscio. Vorrei farlo uscire dal mio corpo e gettarlo in quello di un altro, perché, sia chiaro, è palesemente regredito. Così regredito che non è nemmeno più in grado di focalizzarsi su un pensiero solo, trasformandolo in una fantasia erotica degna di non cadere nel più banale dei cliché.

Invece no. Gli ho lasciato carta bianca, gli ho ordinato "vai, e fammi divertire" e quello in risposta cosa fa? Si fa prendere da un attacco di mancata immaginazione, portandomi a sognare Ashley in ginocchio davanti a me, con gli occhi languidi puntati contro i miei.

Intendiamoci, non ho nulla contro i pompini. Nessun uomo ha nulla contro i pompini. Ma Cristo! Almeno nella mia testa potrei farle di tutto, potrei toccarla, farla gemere, urlare, prenderla in tutti i modi possibili. Cose ben lontane dalla realtà. Perché ovviamente nella realtà lei mi concede al massimo un bacetto sul collo.

Potrei spingere la mia immaginazione oltre tutti quei pallosi limiti che le donne ti impongono, crogiolandosi in paturnie allucinanti pur di non concedersi troppo.

Potrei farle di tutto. Tutto!

Invece me la sogno inginocchiata. Punto. Stop. Fine del sogno.

Il mio subconscio è un fallimento totale. Fa schifo.

Accendo una sigaretta e digito veloce sul cellulare appena scatta il rosso.

"Vuoi che guidi io?", mi chiede Lucas.

"Perché?".

"Perché stai guidando, fumando e scrivendo contemporaneamente".

"In realtà sto anche ascoltando un rompi palle".

Accende la radio e tamburella le dita sul ginocchio a tempo di musica. Meno male ha capito al volo.

"Ma come siamo nervosi ultimamente", commenta dopo un po'.

E ci risiamo. Era troppo bello in effetti per essere vero.

Ispiro nervosamente. "Ho invitato Ashley a casa mia".

"Era ora".

"Solo che l'ho fatto davanti a Jason".

Le dita di Lucas si bloccano. "Non è vero".

Annuisco e ingrano la marcia, lasciando il messaggio sul cellulare a metà. Cazzo di traffico.

"Sono un coglione".

"Per la miseria, ne avevo il sospetto, ma ora non ho più dubbi sul fatto che lo sei".

Lo guardo male, gettandogli il fumo addosso. "Quel Jason la stava invitando fuori. Davanti a me. Cosa potevo fare?".

"Farti gli affari tuoi?".

"Lei sarebbe un mio affare, l'hai dimenticato?".

"E tu hai dimenticato che ha una lingua e un cervello?".

"Ma cosa centra?", sbotto, piantando i freni. "Maledetti semafori. Ma non ce l'avete una casa?", urlo dal finestrino, rivolgendomi alle macchine in generale.

"Dico che avresti potuto lasciare che Ashley lo liquidasse al posto tuo, anziché esporti", riprende.

Termino di digitare il messaggio, lancio il cellulare sul cruscotto e mi accendo un'altra sigaretta. Cosa diavolo mi è saltato in testa di invitarla a casa mia? E' logico che poi il mio subconscio vada in tilt. Il problema è che ci andrò pure io appena la vedrò da sola, lontana da occhi indiscreti, vestita sempre con quelle maglie che dovrebbero essere proclamate illegali per la salute mentale di noi uomini.

L'avrò tutta per me. A casa mia. Come cazzo farò a tenere la mani a posto?

"Sei completamente fuori di testa se pensi che le lasci la possibilità di farsi corteggiare da un altro", sentenzio appena il traffico davanti a noi si sblocca un po'.

"Io non ho detto questo".

"Era sottinteso".

"Sei esagerato".

"Esagerato? Quel poppante le sbava dietro e si permette pure di invitarla ad uscire davanti a me. A me!". Do un pugno al volante e suono il clacson, allungando il collo per vedere fin dove arriva la fila di auto davanti a noi. "Ma dove cazzo va tutta questa gente?".

"Ti è arrivato un messaggio", mi passa il cellulare. "E comunque hai frainteso quello che ti ho detto".

"Senti", mi pizzico il naso, nervoso. "Ashley non è in grado di toglierselo dalle palle da sola".

"Cosa te lo fa credere? Non è stupida".

"Lo so", urlo, abbassando lo sguardo sul cellulare.

Messaggio ricevuto alle 12.51

Da: Ashley McBerry

Stai tranquillo, Jason non sospetta di nulla. Ti ha pure dato del rompipalle J Mi manchi già...

Mi scappa un sorriso e metto via il cellulare.

"Chi era?", domanda Lucas.

"Ma chi sei? Mia madre?".

"Eddai... era Ashley?".

"Sì".

"Non le rispondi?".

"Era un messaggio autoconclusivo".

Credo. O, no? Cazzo. Dannazione a Lucas e alla sua lingua lunga. Osservo il cellulare e via con un'altra sigaretta. Se continuo così morirò di cancro prima di essermela scopata.

"Mi ha solo detto che Jason non sospetta di nulla". Quindi sorrido, orgoglioso.

"Perché sorridi?".

"Perché ha anche detto che gli manco".

"Allora non è un messaggio autoconclusivo". Ripesca il cellulare dal cruscotto e me lo passa. "Rispondile".

Corrugo la fronte, spiazzato. "E cosa dovrei scriverle? Che sono contento che Jason non sospetti di noi? E' scontato".

"No, idiota", sbuffa e scuote il cellulare. "Devi scriverle che anche lei ti manca".

"Perché?", sono allucinato.

"Perché le donne vogliono sentirsi dire queste cose, sapientone. Se non le risponderai ti terrà il muso per settimane. Avanti, forza, scrivile che...".

"So cosa scrivere alla mia donna", mi spazientisco.

"Eeh... meno male".

Rilascio lentamente il respiro in un tentativo di restare calmo. Attendo di arrivare all'ennesimo semaforo e gli strappo via il cellulare. Lo spazio dove inserire il messaggio è vuoto, bianco, con la barra spaziatrice che lampeggia, in attesa.

Mi volto a guardarlo. "Che dovrei scriverle?".

Lucas scrolla la testa come a volermi dire: "visto? Avevo ragione".

"Cara Ashley mi manchi tanto anche tu", suggerisce.

"L'ho vista un'ora fa".

"Quindi non ti manca?".

"Non ho detto questo".

"E allora cosa volevi dire?".

"Dio, che rottura di coglioni che sei oggi".

Digito veloce la frase, correggendo un errore di battitura nell'ultima parola giusto in tempo per vedere il semaforo scattare sul verde. Certo che mi manca. Mi bastano cinque minuti lontano da lei per farmi uscire letteralmente di testa. La vorrei accanto a me ogni istante e quando non è possibile, non faccio altro che pensare: Chissà se questo ad Aslhley piace? Chissà cosa ne penserebbe? Ma non è che scrivendole "mi manchi" dopo neanche un'ora risulti molto credibile. O sì?

Lei in effetti lo ha scritto...

Oh, faccio cagare in queste cose.

Fin che si tratta di abbordare una ragazza in un pub, portarla a casa e riportarla al pub nel giro di un'ora, è tutto semplice. Voglio dire, cosa c'è di complicato? Persino un idiota ci riuscirebbe. E' elementare. Ma con Ashley non c'è niente di scontato, niente che io possa programmare, perché è matematico che poi lei mi scombinerebbe i piani. La sua imprevedibilità è sfiancante, e più è imprevedibile più io le corro dietro.

"Perché l'hai invitata a casa tua con una giornata così bella?". Ecco che ricomincia.

Inserisco la freccia a sinistra e dopo aver controllato nello specchietto retrovisore effettuo un sorpasso piuttosto azzardato. Voglio solo uscire da quest'auto e starmene a casa in santa pace prima che arrivi Ashley. E magari riordinare un po' il caos in salotto. Chissà se ho tolto dal divano gli avanzi della cena di ieri?

"Perché è la mia ragazza", rispondo, distratto dalla suoneria del cellulare che mi avvisa dell'arrivo di un nuovo messaggio.

"Okay".

E magari anche togliermi dalle palle Lucas. Sia chiaro, è l'amico più fidato che ho e mi staccherei un braccio pur di non vederlo mai soffrire. Non si contano sulle dita di una mano le volte che l'ho aiutato ad uscire dai guai, e lui mi è stato accanto in ogni momento difficile. Però quando vuol fare il grillo parlante mi sta sul cazzo come pochi. Dio! E' peggio di avere uno psicologo nel cervello! Peggio ancora di avere Ashley che continua a fare domande a ripetizione, stile mitragliatrice che ti trapana il cervello.

"Aspetta un momento", si gira verso di me e noto che il suo sguardo è cambiato. "Non è che l'hai invitata a casa tua per scopare, eh?".

Mi volto anche io. Che problemi ha? Neanche stessimo parlando di sua sorella.

"E se anche fosse?".

"E' per questo che le sei stato dietro per tutto questo tempo?", mi fissa truce. "Per arrivare a portartela a letto? Per avere carne fresca?".

Strabuzzo gli occhi, limitandomi a fissarlo, anche se dentro di me gli ho già fatto saltare tutti i denti. Sono io ritardato o è lui che vuole prenderle? No perché non ci sto più capendo un beato cazzo. "Cosa?".

"Hai capito benissimo. Hai abusato del tuo ruolo di professore per raggirarla e portartela a letto".

"Ma sei fuori?", gli ringhio contro. "Sai bene che ho un ver interesse verso di lei".

"Se fosse vero non la tratteresti come tutte le altre".

"Come tutte le...", la rabbia mi impedisce di terminare la frase. "Ma che cazzo dici?".

"Quella ragazza è vergine, l'hai dimenticato".

"E questo cosa centra?".

"Vuoi davvero essere il suo primo uomo?".

"Di certo non voglio essere il secondo o il terzo".

Fermo la macchina nel vialetto di casa e scendo veloce, annaspando nelle tasche dei pantaloni alla ricerca delle chiavi. Lucas sbatte lo sportello con troppa foga e in un attimo mi raggiunge, strattonandomi per un braccio fino a farmi rallentare.

"Ma che cazzo vuoi ancora? Ashley è la mia donna".

"Fino a quando? Eh? Ci hai pensato?".

Lo ignoro, ma questa mia indifferenza ha il potere di rinnovare la sua rabbia. Con uno strattone mi costringe ad indietreggiare fino a sbattermi contro la porta di casa.

"Lei si fida di te. Si fida ciecamente. Come puoi portartela a letto sapendo che la vostra storia non ha un futuro?".

Ancora intontito lo fisso per un momento, riprendendomi con uno battito di ciglia. Me lo scrollo di dosso, facendolo barcollare indietro.

"Piantala", gli intimo. "Non la sto affatto usando. Non lo farei mai".

"Ah no? E cosa pensi che vi succederà se qualcuno scoprirà cosa provate? Sarebbe proprio interessante vedere in che modo porterete avanti questa relazione mentre sarai in galera", mi provoca, guadagnandosi un'altra spinta.

"Tu mi incoraggiavi, l'hai scordato?".

"Ti incoraggiavo quando pensavo che tu per lei eri solo uno sfizio. Quando ero più che certo che dopo un paio di uscite pure tu ti saresti stancato di lei. Ma ora", scrolla la testa, sdegnato, "ora tu vuoi portartela a letto. Puoi essere più coglione di così?".

Lo afferro per la camicia, avvicinando il suo volto al mio. "Ho detto che devi piantarla. Non devi nemmeno più nominarla la mia donna".

"Sai bene che la farai soffrire. La gente l'accuserà di essere la puttana del professore. La sua famiglia non ti accetterà mai. Glielo hai detto questo prima di invitarla a casa tua?".

Rinsaldo la presa sulla sua camicia, spingendolo con tanta forza da farlo ruzzolare sul vialetto. Ma appena il suo sedere tocca terra, con un balzo si getta in avanti, contro di me. Il gomito alzato e la mano chiusa in pugno. Schivo il colpo per pura casualità, bloccando il secondo con l'avambraccio.

"Glielo hai detto alla tua Ashley che la perderai? O hai intenzione di dirglielo solo dopo che te la sarai scopata?", continua a provocarmi.

"Tu non sai un cazzo!", urlo, incurante della mia vicina di casa che si è affacciata alla finestra, attirata dalle urla. "Non succederà niente di quello che stai dicendo. Sono tutte cazzate!".

"Devi essere onesto con lei. Devi lasciarle la possibilità di scegliere".

"Lei ha già scelto", scandisco lentamente.

"Lei è una ragazzina!", sbotta, colpendomi allo stomaco così all'improvviso da farmi piegare in avanti. "Il suo modo di vedere il mondo è completamente diverso dal nostro. E' ancora persa in fantasticherie romantiche. L'adulto sei tu. Sei tu che devi metterla in guardia. Sei tu che devi aprirle gli occhi.

In un attimo mi avvento su di lui, la rabbia che pompa nelle mie braccia che tentano di colpirlo nonostante i suoi tentativi di difendersi.

"E' facile prometterle un futuro eh? Dì? E' facile? Prova a elencarle le difficoltà che incontrerete. Prova a dirle cosa vi riserva il futuro e poi vediamo se sarà ancora contenta di correre nel tuo letto".

"Stai zitto!".

"No. Non me ne starò zitto a guardarti fare un'enorme cazzata. Ti voglio bene come a un fratello, Cristo. Lo sai".

Di scatto lascio la presa contro la sua camicia e ruoto le spalle, cercando di calmare il fiatone.

"Ed è mio dovere dirti quando ti comporti da coglione egoista". Alza lo sguardo verso la finestra della casa di fronte. "Signora, adesso può anche rientrare. Abbiamo finito".

La vecchia tira velocemente le tende e abbassa le persiane.

"Non la sto usando", ripeto a voce più bassa.

"Lo so".

Prendo il pacchetto di sigarette e me ne accendo una, inspirando l fumo lentamente, lasciando che si mescoli con la rabbia.

"David?", mi chiama, ma non mi volto.

Infilo le chiavi nella toppa e spalanco la porta, lanciando la sigaretta ancora a metà nel prato.

"David".

"Fuori dai coglioni, Lucas".

"Sii sincero con lei. Non mancarle di rispetto. Se lo fai, mancherai di rispetto anche a te stesso".

Volto la testa di lato, colpito dalle sue parole. Quindi mi copro il volto con le mani e prendo un profondo respiro. Non so cosa fare. Devo pensare. Devo pensare. Devo pensare.

Poi finalmente mi viene in mente un dettaglio che forse a lui è sfuggito.

"Sarà maggiorenne tra poco".

"E partirà per l'università. Cambierà città. O vorrai impedirglielo?".

"Dio, sembri tuo nonno".

"Pensaci bene, David".

"Dovrei lasciarla a un altro?". Riecco la rabbia.

"No. Ma prima di essere il suo primo amante, assicurati di poter anche essere il suo ultimo uomo".

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top