SCELTE


POV ASHLEY

Okay. L'unico ostacolo è riuscire a tenere segreto questo incontro con Lucas il più possibile.

Tipo una decina d'anni.

Anche venti...

Magari, quando io David avremo il nostro secondo figlio, durante il travaglio potrei imprecare contro tutti gli uomini del mondo, contro il dolore, contro le contrazioni, contro gli attacchi terroristici, contro i vegani e tra un urlo e l'altro lasciarmi casualmente fuggire: "oh, e a proposito, nel lontano 2017 ho bevuto un caffè con Lucas a tua insaputa... Dio, che dolore, fatemi l'epidurale!!!".

Insomma, chi è l'insensibile che durante un parto ti fa una scenata di gelosia? E se proprio dovesse arrabbiarsi sono certa che non sarei in grado di rendermene conto. Quindi tutto sommato sarebbe come se non se non si fosse mai arrabbiato.

Intendiamoci, se le donne sostengono da centinaia d'anni che i dolori del parto si dimenticano, sarà uno scherzo dimenticare anche qualche piccola scaramuccia svoltasi in sala parto. No?

E se David dovesse arrivare in anticipo al Bic Grill e cogliere me e Lucas sul fatto? Questo potrebbe essere un grosso problema.

Quindi gli ostacoli in effetti sono due.

E poi ovviamente devo intrufolarmi nel bar senza che nessuno mi veda e corra a riferirlo a mia madre. E' incredibile come sia riuscita in così poco tempo ad allacciare legami e amicizie con gli abitanti del posto. Per carità, Colorado Springs è semplicemente un grosso paese e, gira e rigira, si incontrano sempre le solite facce, ma non le farebbe male essere un tantinello più discreta.

Sbircio oltre la vetrata del Bic Grill e scorgo i ricci biondi di Lucas spuntare da sopra alcune teste.

Dio, cosa sto facendo?

A testa bassa attraverso la strada, guardandomi attorno con circospezione, tolgo dallo zaino la prima cosa che mi capita - un opuscolo del mio liceo – e lo sollevo davanti al volto a mo' di scudo. So bene che come travestimento fa schifo, ma che diamine, da quando sono arrivata in questa città non c'è mai stato nessuno che mi abbia prestato particolare attenzione. Non vorranno cominciare tutti proprio oggi?

Pensandoci bene questa cosa mi fa risentire un poco. Sono così insignificante?

Scrollo la testa e sollevo l'opuscolo di qualche altro centimetro.

E' la prima volta che leggo un opuscolo del liceo e devo dire che ci sono scritte un mucchio di stronzate. Intendiamoci, la parte in cui viene illustrata la filosofia comportamentale e didattica potrebbe anche essere interessante... è tutto il resto che non ha senso. A chi importa se all'interno del liceo ci sono i cessi ad ogni piano?

"Salve", mi viene incontro un cameriere. "Vuole un tavolo?".

Mi guardo attorno e indico i ricci di Lucas. "Ho un appuntamento con un amico. Mi sta aspettando".

"Prego", sorride conciliante, retrocedendo per farmi passare.

Che poi, effettivamente, Lucas posso davvero considerarlo un amico? In effetti potrei, se non ci fosse il piccolo ma non insignificante dettaglio che mi ha vista nuda. E per nuda, non intendo senza mutande... ma proprio... vabhé...

Lo oltrepasso e Lucas si accorge immediatamente di me, sollevando un braccio per salutarmi.

Ho la netta sensazione di starmi cacciando in un mare di guai. Anche se, più che una sensazione, a giudicare dallo sguardo apprensivo di Lucas parrebbe una certezza. A quanto pare il controllo eccessivo di David si estende anche verso gli amici. Chissà come fa a vivere con questo peso addosso?

"Lo sai che se ci scopre passeremo dei guai?", esordisco, sedendomi di fronte a lui.

Scrolla le spalle, noncurante e mi porge il menù.

"Spero almeno sia importate ciò che hai da dirmi", continuo, sfogliando distratta la lista dei cappuccini.

Non li ho mai amati più di tanto ma quello con la cioccolata bianca sembra invitante. Chissà se fa venire la nausea?

"Come procede con tua madre?", domanda, richiudendo il menù e facendo un segno in direzione de cameriere.

"E' furibonda. Ma Ieri, David, è riuscito in qualche modo a calmarla".

Annuisce e nervosamente sbircia la porta d'ingresso. "Lui sarà qui a momenti".

"Lo so", mi irrigidisco.

"E sarà bene che io non mi faccia trovare".

Ci guardiamo attorno con circospezione, calmandoci leggermente solo quando il cameriere torna con le nostre ordinazioni.

"So che abbiamo già affrontato questo discorso ma, ragazzi, state correndo rischi enormi, ve ne rendete conto?", mi sgrida apprensivo.

"Fra tre mesi farò diciotto anni".

"E poi?".

"E poi cosa?".

"Andrai all'università?".

Annuisco. "Sto valutando diversi college, sì".

"Quindi te ne andrai?".

"Non è detto. Ho intenzione di fare domanda anche ad un college statale, qui in Colorado".

Le sue sopracciglia si sollevano di scatto, sorprese. "E tu vuoi rinunciare a college più prestigiosi per frequentarne uno qui in Colorado?".

Sorseggio il cappuccino lentamente, senza distogliere lo sguardo dal suo. "E' un'opzione".

"E' una costrizione", mi corregge.

"Che intendi dire?".

"Che se non ci fosse David nella tua vita, non avresti mai preso in considerazione l'idea di rinunciare a facoltà più prestigiose".

"Non vado benissimo a scuola. È probabile che non sarò accettata in molti college", tergiverso.

Ho ancora un'idea molto approssimativa di come sarà il mio futuro. Io e David non abbiamo mai approfondito il discorso perché la sua tesi è che parlarne, mi avrebbe senz'altro mandata in confusione. Mi ha sempre lasciata libera di scegliere, senza intromettersi e senza darmi suggerimenti che avrebbero potuto involontariamente ostacolare il mio libero arbitrio.

Per questo non ho permesso alla mia mente di viaggiare troppo lontano dal presente, immaginando scenari di me e David insieme, con una casa o dei figli.

"Dovresti provare a frequentare un college lontano da qui", propone.

"Perché?".

"Quanti ragazzi hai avuto prima di David?", cambia discorso, lasciandomi spiazzata.

Sembra volermi accusare di qualcosa, per questo ho un'esitazione prima di rispondere:

"Uno".

Il suo sguardo scettico mi spinge a specificare meglio: "Alle scuole medie".

"Appunto", si compiace, tutto soddisfatto.

E onestamente, magari, non mi dispiacerebbe sapere anche perché si senta così soddisfatto...

"E quindi?", scrollo le spalle.

"E quindi stai rinunciando ad esperienze importanti che non hai mai fatto per qualcosa di totalmente incerto".

"Ritieni incerti i nostri sentimenti?", mi indispettisco.

"Non è quello che intendevo".

Cerco di stare calma. "Cosa intendevi allora?".

"Intendo che se starai qui, per lui, non avrai possibilità di fare le normali esperienze di una normale adolescente".

"Non sai quali esperienza voglio fare".

"Invece lo so". Mi accarezza il palmo della mano. "Lo so perché ci sono passato prima di te. David non se lo perdonerà. Se penserà che stai rinunciando a qualcosa per lui, ti allontanerà".

Alzo lo sguardo, pronta a ribattere con un commento sarcastico, ma trovo il suo volto più vicino di quanto potessi immaginare. I suoi occhi ispezionano nei miei, l'espressione resta composta nonostante il mio nervosismo.

"E anche questo lo so perché ci sono passato prima di te", aggiunge più sicuro che mai. "Non lasciare che sia un sogno ad occhi aperti a prendere le decisioni al posto tuo. Se sono rose, fioriranno. Ma nel frattempo sperimenta, vivi, goditi i tuoi anni".

"Sembra che tu voglia allontanarmi da lui", lo accuso.

"Al contrario", nega, alzandosi e gettando sul tavolino un paio di banconote. "Voglio bene a David come ad un fratello. Per questo non vorrei mai vederlo accanto ad una donna che, anziché amare lui, ama i propri rimpianti".

Ammutolita lo osservo infilarsi il portafogli nella tasca interna della giacca e inforcare dei ray ban neri.

"Pensa a quello che ti ho detto. Hai ancora qualche mese prima del diploma. Costruite le vostre basi; se sono solide, resisteranno al tempo. Ci vediamo, bambina".

Lo saluto con un cenno della testa per poi abbassare lo sguardo sul cappuccino ancora quasi intatto.

La traduzione del suo discorso è piuttosto chiara. Per questo mi sta così tanto sulle scatole. Per questo mi da fastidio ammettere che la sua logica non fa una piega. Se io David riusciremo a legarci sinceramente, accantonando dubbi e castelli in aria, non basteranno cinque anni di college per sbriciolare la promessa con cui ci lasceremo il giorno che io me ne andrò.

"Non ti farà male tutta questa caffeina?".

La voce di David mi fa sobbalzare. Nel panico alzo lo sguardo su di lui per poi farlo scattare contro la vetrata del bar che si affaccia sulla strada. Lungo il marciapiede i ricci di Lucas si stanno allontanando, inghiottiti dalla folla, perciò mi concedo un respiro di sollievo.

"Ciao", lo saluto.

"Allora?", indica con un cenno della testa la tazzina da caffè vuota sul tavolino.

"Oh, non è mia", rispondo di getto, accorgendomi troppo tardi dell'errore.

La sua espressione comunque resta immutata. "Con chi eri?".

Mi umetto le labbra, in confusione. Quindi contraggo i muscoli della faccia in una smorfia colpevole.

"Con chi eri?", sospira, arreso.

"Lucas", ammetto, donandogli un sorriso tirato, di quelli che comunque non ti salveranno.

"Lucas!", aggrotta la fronte.

"L'ho incontrato per caso".

David ruota gli occhi e prende posto di fronte a me. "Ritenta. Non eri credibile".

"Nemmeno un po'?", piagnucolo.

Fa schioccare la lingua un paio di volte, scuotendo piano la testa.

"Voleva parlarmi".

"Di cosa?".

"Di... scuola".

Mi fissa per un momento in silenzio, quindi con un gesto della mano mi invita a ricominciare. "Non eri molto credibile nemmeno questa volta".

Affloscio le spalle. E' impossibile tenere qualcosa di nascosto ad un uomo simile. "Dell'università".

"Uhm...".

"Voleva sapere quali mi hanno accettato", spiego meglio.

"Uhm...".

"I tuoi mugugni cominciano ad essere inquietanti".

"Coda di paglia?", mi stuzzica con un sorriso malizioso.

Lo fisso male. "Non essere assurdo. Sai che non devi essere geloso di lui".

"Lo so?".

"Certo. Lucas è un tuo amico e ti vuole bene. Se ha voluto vedermi è per essere certo che io prenda ogni decisione con razionalità".

"Suppongo ti abbia suggerito di scegliere un college molto lontano da qui", tira le somme con uno strano sorriso.

"Non esattamente. Voleva solo essere sicuro che io non resti con te piena di rimpianti".

"Un discorso molto maturo", commenta.

"Non riesco a capire se è una critica o un commento benevolo".

"La seconda".

Fa cenno al cameriere di avvicinarsi e ordina una Sprite.

"Tutto qui?", mi sorprendo.

Provo a leggere l'espressione dei suoi occhi. Sembra pensieroso. Il resto lo tiene nascosto, ammesso ci sia un resto.

"Cosa ti aspettavi?", sorride acido.

"Di solito non reagisci bene sapendomi in compagnia di Lucas o di qualcun altro".

Un accenno di rabbia gli attraversa il volto, poi con un respiro profondo si ricompone. "Credo che in questo caso possa chiudere un occhio. In fin dei conti le sue motivazioni erano più che lecite".

Afferro il suo bicchiere e ne rubo un sorso di Sprite, giusto per tenermi occupata in qualcosa. E anche perché in effetti, il cappuccino alla cioccolata bianca fa veramente venire la nausea.

"A lui è concesso darti suggerimenti", dice, quando gli restituisco il bicchiere.

Non è una domanda né un'accusa. Solo una constatazione.

"Non ero a caccia di consigli. E' stato lui a tirare fuori l'argomento", mi difendo. "Ad essere sincera preferirei discuterne con te", aggiungo, incerta se addentrarmi in un simile discorso.

So bene quanto faccia fatica a proiettarci in un futuro. A stento riesce a immaginare ciò che ci accadrà domani. E non perché sia un pessimista.

"Accetteresti un mio consiglio?", accenna una smorfia.

"Certo".

E fa uno dei suoi sorrisi mozzafiato. Uno di quelli che manderebbero in subbuglio persino gli ormoni di una novantenne ma che comunque non fanno presagire nulla di buono.

"Mi piacerebbe se provassi a frequentare almeno un semestre in un college lontano da qui".

"Cioè lontano da te?".

"Anche", il suo sorriso non diminuisce.

Il mio si spegne completamente. David è ossessionato dal bisogno di non farmi perdere nessuna esperienza adolescenziale, incapace di capire che stare con lui è già di per sé un'esperienza. L'unica cosa che sento di desiderare è stare con lui, creare qualcosa insieme a lui.

Il mio amore cambierà in base al college che frequenterò?

Nella mia testa, frequentarne uno lontano ci terrà separati fisicamente.

Nella sua e in quella di Lucas, frequentarne uno più piccolo e insignificante a Colorado City, ci porterà a separarci con il cuore.

"Approvi il suggerimento di Lucas, quindi?", domando poi, ancora incerta di aver capito bene.

Annuisce. "Lo approvo perché le parole che ha usato, sono parole che io per primo gli ho detto".

Lo osservo senza cambiare espressione nonostante dentro di me un susseguirsi di emozioni mi fa tremare in bilico tra la sofferenza e la rabbia.

"Per questo era assolutamente certo del fatto che se io avessi rinunciato all'università, tu mi avresti allontanato", comincio a capire. "Per questo non te la sei presa quando ti ho detto che c'eravamo incontrati. Tu lo sapevi. Eravate d'accordo. Sei stato tu a dirgli di parlarmi".

Per un attimo mi fissa colpevole. "Sapevo che se fossi stato io a suggerirti di studiare in un'altra città lo avresti scambiato per un addio".

Mi sollevo di scatto. "Non voglio dirti addio".

"Ashley...".

"No!", lo interrompo, sollevando una mano quando prova a seguirmi. Quindi mi sporgo verso il tavolo, avvicinando il volto al suo. Nonostante la rabbia mantengo un tono composto. "Accetta il mio suggerimento ora: smettila di considerarmi troppo piccola per sapere cosa è giusto per me. L'unico suggerimento che ascolterò è quello che mi detterà la mia testa. Non la tua. Né quella di Lucas. Forse sono piccola, forse mi mancheranno esperienze che voi avete fatto, ma non sono stupida. So cosa mi fa stare bene e so quali cose mi fanno stare male. E una di queste cose in questo momento sei tu e la tua arrogante presunzione di poter decidere al mio posto. Fatti da parte, David. E lascia che sia io a decidere della mia vita".

Afferro la borsetta ed esco dal caffè, ritrovandomi nella strada affollata. Un attimo dopo sento una mano posarsi sulla mia spalla.

"Lo farei senz'altro se non ti amassi".

Per un momento ci fissiamo nel sole.

Il cuore mi batte forte, non so bene come replicare. Ma poi la rabbia porta a galla ogni dubbio che mi assale.

"Sei entrato nella mia vita ed ora te ne vuoi andare con la scusa dell'università", lo accuso, la voce terribilmente incrinata. "Hai detto di essere rimasto affascinato da me la prima sera che ci siamo incontrati, mi hai fatto credere a questa incredibile storia d'amore ed ora vuoi semplicemente scaricarmi".

"No. No, non è così", si passa una mano tra i capelli. "Hai capito male".

Certo!

Affretto il passo e mi fermo davanti alle strisce pedonali.

"Stammi a sentire", mi raggiunge subito. "Io non ti ho mai mentito. Non ti ho mai illusa di nulla e forse è per questo che non amo parlare di un futuro tra di noi".

"Perché non vuoi un futuro, è semplice".

"Che palle, Ashley, quando fai l'ottusa!".

"Io sarò anche ottusa ma tu sei presuntuoso. Un presuntuoso e un falso".

Attraverso la strada e la sua ombra si accosta alla mia sopra le strisce pedonali.

"Vuoi starmi a sentire?", mi trattiene per un braccio. "Sai perché voglio che tu te ne vada?".

Scrollo le spalle come a voler dire "se proprio ci tieni, dimmelo".

"Perché io sono disposto ad aspettarti per cinque anni. Ma non sono disposto a vederti accanto a me, giorno dopo giorno, ad aspettare una giovinezza che ti ho portato via. Non voglio che tu te ne vada per dirti addio, voglio che tu te ne vada per non dovertelo dire".

La testa mi gira mentre uno spiraglio di sole si intrufola tra di noi, colpendomi agli occhi. Per un istante ho l'impressione di essere saltata alla conclusione sbagliata.

"Se c'è un futuro per noi, non è solo qui ed ora che dobbiamo costruirlo", non demorde.

"E quando?", chiedo con un filo di voce.

"Piccoletta", mi accarezza veloce la guancia. "Non ti accorgi che lo abbiamo già fatto? Insistere ci porterebbe solo a distruggerlo. Accanirci per avere tutto subito ci toglierà ogni cosa. Segui la strada, amore mio, anche se per un po' di porterà lontana dalla mia. Seppur lontani andremo comunque nella stessa direzione".

Il cuore mi batte all'impazzata. Vorrei parlare, pensare, fare qualcosa, ma non ci riesco. Alla fine non riesco più a trattenermi: le lacrime escono a fiumi per il gran sollievo.

"Allora...", mi asciugo il naso con la manica, "questo significa che noi.. che noi due... siamo ancora insieme?".

Segue un silenzio intollerabile.

"Bé, potresti anche ripensarci", afferma impassibile, togliendo una busta bianca dalla tasca della giacca. "Perché ho un regalo per te e non so se porterà a qualcosa di buono".

Mi porge la busta e titubante lascio vagare lo sguardo tra lui e la carta bianca.

"Apri", sembra incerto.

Sollevo l'aletta e sbircio all'interno. "Quaranta dollari?".

"Cazzo... no", mi strappa la busta di mano. "Ho sbagliato busta". Rovista all'interno della tasca e ne toglie un'altra, identica. "I quaranta dollari sono per il nonno di Lucas, mi ha comprato un liquore italiano e... bé, questa busta è quella giusta".

Ancora più titubante ne estraggo il contenuto: è un biglietto del treno, andata e ritorno per Salt Lake City.

"Salt Lake City?", chiedo.

"La mia città. Voglio regalarti un fine settimana normale. Come una coppia normale. Voglio darti quello che qui non mi è permesso darti. Lì non saremo professore e alunna. Lì saremo noi. Veramente noi. Lì saprai prendere una decisione".

Mi asciugo l'ennesima lacrima. "Grazie".

"So che sei agli arresti domiciliari", fa una smorfia colpevole. "Fammi sapere quando potrai allontanarti per un paio di giorni e io mi prenderò delle ferie. Ammesso tu voglia venire", aggiunge. Di nuovo l'incertezza nel tono.

"Se non fossimo in mezzo alla strada, dove tutti possono vederci, ti abbraccerei", accetto commossa.

"Lì potrai farlo", ammicca e subito retrocede di un passo, raddrizzando la schiena. "Signorina McBerry, lieto di averla incontrata. Mi saluti molto sua madre".

Sulle prime non capisco, poi una signora ci passa accanto, rivolgendo un veloce saluto a David.

E lì capisco. Non mi ha appena regalato un semplice biglietto del treno. Mi ha regalato un breve sprazzo di ciò che sarà il nostro futuro.

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