POSTI LETTO
POV ASHLEY
Quando ho espresso a Kate i miei timori nell'affrontare un intero viaggio con David, mi ha suggerito di cacciare l'ansia pensando ai momenti più significativi della mia storia con lui. In pratica dovrei tracciare un quadro generale di come è iniziata e di come sta procedendo, in modo tale da sconfiggere l'agitazione, sostituendola con una specie di sogno ad occhi aperti.
Okay. Iniziamo.
Dio, sono emozionata.
Partiamo dal principio. Come ci siamo conosciuti?
Chiudo gli occhi e sospiro trasognata, unendo le mani in preghiera davanti al volto per nascondere a David un sorrisino soddisfatto.
Le ruote del treno stridono sulle rotaie incurvate verso le montagne, obbligandomi a sballottare sul sedile.
Riapro un occhio. Poi l'altro.
David è sempre qui, le cuffiette alle orecchie, gli occhi concentrati su alcuni test che abbiamo consegnato prima del week end. C'è anche il mio test ma quando gli ho chiesto di poterlo riavere indietro mi ha sorriso sghembo, sostenendo che il fatto di volermi non è un'attenuante. Tra le righe mi ha praticamente lasciato intendere che avrò un'insufficienza.
Mi volto verso il finestrino e resto per un po' a fissare il panorama; gli alberi sfrecciano veloci accanto a noi, tingendosi di un verde più scuro mano a mano ci avviciniamo alle montagne.
I momenti più significativi della mia storia con David sono tutti lì, confusi nella mia testa, in attesa che io ci trovi un ordine.
Solo che c'è qualcosa che non va nel brillante piano di Kate. Riapro immediatamente gli occhi, ripensando al terremoto, alle urla della gente, a me seduta sul ciglio della strada che racconto a uno sconosciuto tutti i miei segreti. Tutti! Anche che non sono certa che esista il Punto G. Il ché potrebbe anche essere possibile perché non è che non lo abbia proprio mai cercato!
Okay, mantieniti calma. Forse l'inizio della nostra storia non è dei più convenzionali, soprattutto la parte in cui gli ho spifferato che odio i perizomi. Ma tutto il resto è davvero meraviglioso.
Okay, tranne il momento in cui ho scoperto che il mio ginecologo è il suo migliore amico. Il ché già di per sé è piuttosto inquietante.
E tranne quando David ha scoperto che per lavorare in un sexi shop ho dovuto prendere lezioni dal suo amico.
E tranne quando durante scuola guida gli ho detto che non ho mai visto un uomo nudo.
E tranne quando ho cercato di provocarlo facendo espressioni sexi durante la lezione e lui mi ha quasi sbattuta fuori dalla classe.
E anche tranne quando...
Okay. Basta. Il piano di Kate fa schifo.
"La prossima fermata è la nostra", mi informa garbato, sollevandosi dal sedile.
Metto via l'i-pod e mi aggrappo alla valigia.
"Stai bene?", chiede, chinandosi in avanti per vedermi in volto.
"Perché me lo chiedi?", mugugno.
"Perché quando stai zitta per più di cinque minuti significa che, o ti ho fatta arrabbiare, o che stai per spifferarmi qualche cosa. Non che ormai ti sia rimasto più un solo segreto da rivelarmi", ammicca complice.
Abbasso lo sguardo sul finestrino ma la sua mano mi riacciuffa subito, posizionandosi sul mento in modo tale da costringermi a guardarlo.
"Andrà tutto bene", mi rassicura.
Annuisco.
"Ashley", perde la pazienza. "Dimmi cosa ti preoccupa".
"I tuoi genitori".
Il treno si ferma, le porte automatiche sbuffano e alcuni viaggiatori si accalcano per scendere, sospingendoci in avanti.
Il grande orologio appeso sopra l'uscita della stazione indica che siamo arrivati con qualche minuto di ritardo, perciò ci affrettiamo verso il parcheggio, dove la sorella di David ci sta aspettando.
"Perché ti preoccupano i miei genitori?", torna all'attacco. Posa una mano sul mio polso, facendo pressione per costringermi a lasciare la maniglia della valigia. "Lascia, te la porto io. Allora?".
"Potrebbero dire che sono troppo giovane per te".
"Ah, lo diranno, stanne certa".
"Sai, questo sarebbe il punto in cui dovresti rassicurarmi".
Mi invia un'occhiataccia. "E farti credere il falso?"
"Sì!", gracchio, contorcendomi le mani.
"C'è mia sorella", cambia argomento, sollevando il braccio.
"Ehi", ci viene incontro. "Ben arrivati. Ciao Ashley".
"Ciao", sorrido impacciata.
Lizzy mi prende sotto braccio, trascinandomi allegra verso l'auto parcheggiata in doppia fila. Poi si volta frettolosa verso David. "Ho appena avuto un piccolo scambio di opinione con un vigile, quindi muoviti con quelle valigie. Forza! Come stai?", torna a me.
Avvicino le labbra al suo orecchio. "Un po' preoccupata a dire il vero".
E poi commetto l'errore di guardarla in faccia. La sua espressione è così entusiasta da mandami nel panico assoluto. Oddio, ma che ci fa una come me a casa dei genitori di uno come David? E se si aspettano una collega di lavoro? E se inconsapevolmente hanno l'ambizioso desiderio di vedere il figlio accasato con una donna in carriera e raffinata?
Non posso andare da loro e dire che lavoro in un sexi shop. Devo inventarmi un lavoro. Devo inventarmi una vita brillante e ricca di soddisfazioni.
E magari cambiarmi d'abito. Forse potrei chiedere alla sorella di David se ha qualcosa nell'armadio che...
"Non devi preoccuparti, Ashley. Mamma impazzirà per te".
"Come fai ad esserne certa? Mi hai vista?".
"Ho visto David", sorride dolce, guardando di sfuggita oltre le nostre spalle prima di riportare lo sguardo su di me. "E ho visto come lui guarda te. Credimi, mamma ti adorerà".
"Quindi tu sei una sua studentessa?". La mandibola della madre di David è così spalancata che per un attimo sono quasi tentata di raccontarle una balla, prima di vederla staccarsi dal resto della faccia.
"Sono all'ultimo anno", gracchio.
Ma lei mi ignora. Posa il vassoio del pranzo al centro del tavolo e fa scattare gli occhi contro il figlio. "David? E' davvero una tua studentessa?".
In confusione mi ritrovo anch'io a fissarlo. Ovviamente lo trovo rilassato, quasi divertito dalla situazione.
"Sì, mamma. Tra l'altro non è nemmeno una delle migliori del suo corso. Ho appena corretto il suo test e...", prende un respiro profondo e assume un'aria contrita: "A proposito, McBerry, poi dovremo discutere di questo test".
"E' davvero una sua studentessa?", interviene un signore, avvicinandosi lentamente a noi. Ha un piede fasciato e per camminare è costretto a strisciarlo sulle piastrelle.
"Papà", lo saluta David.
"David", ricambia il saluto, senza però staccare gli occhi da me. "Ma è vero che sei una sua studentessa?".
"Lo sarebbe se studiasse. Si presuppone che un liceale, per essere chiamato studente debba dii tanto in tanto aprire un libro. Quindi, se proprio vogliamo essere precisi, no! Non la definirei una studentessa. Ma mia, sì", sorride sornione, sollevando entrambe le sopracciglia. "Eccome se lo è".
Quindi suo padre cerca di impostare il tono della voce in modalità severa, ma è evidente dal tremolio sulle labbra che sta faticando a trattenere una risata. "Nemmeno David apriva i libri. La sera, mia moglie ed io ci chiediamo ancora come sia riuscito a finire il college. Quindi, comprendimi, ho ancora una certa difficoltà a considerarlo "professore". Perciò, tu non sei precisamente una studentessa e lui non è propriamente un professore. Stabilito questo, cosa ne pensate di sederci a tavola?".
Fa qualche passo lungo il corridoio e poi si blocca per voltarsi verso di me. "Almeno sei maggiorenne?".
"Almeno sei maggiorenne?".
Disperata abbasso lo sguardo, preparandomi al peggio.
"Papà!", interviene Lizzy, prendendolo sotto braccio per trascinarlo veloce in cucina. "Lo sai che la figlia del vicino del macellaio ha una cugina che è amica della zia di...".
"Stai tranquilla", mi si affianca David. "Andrà tutto benissimo".
Ma certo, come no? Andrà tutto benissimo finché i suoi genitori scopriranno che ho praticamente dici anni meno di lui.
"Vieni Ashley, accomodati", mi invita sua madre. "Ho preparato il polpettone per l'occasione".
Prendo posto dove mi è stato detto, tra David e sua sorella e mi guardo attorno. La casa è semplice e luminosa, mi ricorda vagamente quella in cui abitavo insieme a mio padre. Il caminetto spento è sovrastato da alcune mensole dove spiccano delle cornici in ottone. Da dove sono non riesco a distinguere i volti nelle fotografie perciò torno a concentrarmi sulla madre di David che fa avanti e indietro dalla cucina con vassoi e stoviglie.
"Serve un aiuto?", chiedo educatamente.
"Stai seduta!", intima, falsamente seria. "Sei nostra ospite. David, servile le carote".
"Allora, come vi siete conosciuti?", domanda il padre.
"In un pub", racconta David. "Vuoi altre carote?".
Scrollo la testa. Sono così tesa che non riesco nemmeno a parlare.
"Ashley era andata lì con un'amica", si ferma, corruga la fronte, poi mi da dentro con il gomito. "Com'è che si chiama?".
Lo fisso male e lui scoppia a ridere, complice.
"Kate", ricorda. "Era Kate. Quanto eri carina quella sera".
"Ehm... grazie", abbasso lo sguardo.
"Era carina perché ha fatto di tutto per far colpo su di me", torna a rivolgersi al padre. "Mi ha spifferato tutti i suoi segreti".
"Non l'ho fatto per far colpo. Ero spaventata", mi difendo.
Sua madre mi fissa come se mi si stesse per staccare la testa. "Hai detto i tuoi segreti a un uomo?".
Lo so è stato abbastanza stupido", commento impacciata.
"Non si dovrebbero mai dire i propri segreti".
"Tu hai segreti?", si sorprende il padre.
"Certo che ne ho", ribatte altezzosa, allungando il braccio per tagliare un pezzo di polpettone.
Il marito le acciuffa il polso. "Tu. Hai. Dei. Segreti?".
"Oh, non fare il melodrammatico. Abbiamo tutti dei segreti".
"Io no", replica offeso.
"Perché sei un uomo, caro".
"E questo cosa c'entra?".
"C'entra col fatto che la vostra vita è piatta e prevedibile".
"Sarà", bofonchia, tornando poi a me. "E che segreti erano?".
Lo fisso stralunata. Non può volerlo sapere sul serio. Eppure, da come mi guarda incuriosito, mi ritrovo costretta a rispondere: "Sciocchezze. Anche i miei segreti sono piuttosto... prevedibili".
David scoppia a ridere. "Bé, non direi. Ma giuro che me li porterò nella tomba".
"Che farete più tardi?", si informa Lizzy.
"Pensavo di portarla al lago".
"Perché non ci andate subito?", propone la madre. "Più tardi farà un po' troppo freddo. Si alza sempre l'umidità. Hai una giacca pesate, Ashley?".
"Sì, l'ho messa in valigia".
"Allora vieni. Ti mostro la vostra camera dove potrai sistemarti. David, tu intanto aiuta Lizzy a sparecchiare".
"Aspetti", mi blocco, spaesata. "Ha detto la nostra camera? Nostra?".
"La tua e quella di David", conferma, ovvia.
Alle mie spalle sento la risatina di David mescolarsi a quella di sua sorella, ma decido di ignorarli. Non riesco a schiodare gli occhi da quelli improvvisamente preoccupati della madre.
"C'è qualche problema, cara?", si informa gentile.
"Bè, ecco... a dire il vero...".
"Nessun problema, mamma", interviene David. La risata nel tono. "Anzi, ti ringrazio per esserti aggiornata agli usi e costumi del ventunesimo secolo. Temevo l'avresti sistemata in cantina per la notte, piuttosto che con me".
Sto appunto per aprire bocca e dire che dopotutto la cantina non sarebbe una bruttissima idea, ma lei mi precede:
"Non ti avrei mai sistemata in una scomoda cantina, tesoro. E tu, David, piantala di dire sciocchezze", aggiunge, inviandogli un'occhiataccia, che svanisce appena torna a rivolgersi a me. "Mia cara, non so cosa ti abbia detto di me quel cafone, ma per me l'ospitalità è una cosa molto seria".
"Non lo metto in dubbio. Tuttavia la cantina non sarebbe stata una così cat...".
"Aslhey!", si intromette di nuovo David. "Va' a cambiarti, sbrigati. Non vedo l'ora di mostrarti il lago".
"Ah, già", sua madre sembra risvegliarsi di colpo e in tutta fretta mi sospinge verso le scale. "Muoviamoci prima che si alzi il vento".
Non so davvero come scusarmi per questo ritardo. Sono stata più volte tentata di sospendere la storia che tra l'altro non mi piace e non mi coinvolge. Tuttavia ho promesso di darvi un finale e quindi continuerò. Avviso per correttezza che i miei impegni lavorativi mi impongono di leggere, piuttosto che scrivere, e il tempo che ho a disposizione è davvero poco. Se volete abbandonare la storia per via dei ritardi vi comprenderò.
Se invece volete seguirmi e restare aggiornati sulle mie storie, sul mondo editoriale, se volete propormi il vostro manoscritto o farvi una semplice risata con gli articoli ironici sul mndo editoriale, mi trovate su fb nel gruppo "Se ti prendo sarai mia", oppure su instagram.
Un grazie di cuore a tutte.
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